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Autore: Johnee    01/10/2022    1 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CW: Menzione di disordini alimentari

 

18 - Vhenas

 

Ritornare a Skyhold dopo un viaggio così estenuante fu bizzarro.
Le Valli avevano richiesto a Lavellan uno sforzo emotivo e psicologico considerevoli, tanto da farle mettere in dubbio molti aspetti della sua condizione. Da un lato, provava conforto a ritornare in un luogo che non richiamava alla provvisorietà tipica di un clan dalish, o della più recente Haven. Dall'altro, quel sentimento di stabilità proveniente dalle solide mura di Skyhold conviveva con uno strisciante senso di inappartenenza.
Lì Lavellan si sentiva a casa, ma allo stesso tempo sapeva che il suo ruolo aveva una data di scadenza, quindi c'era una buona probabilità che avrebbe dovuto andarsene. Più che una probabilità, era una certezza travestita da sussurro nell'orecchio.
Lei non apparteneva al mondo degli Umani, loro non esitavano a farglielo notare e ne aveva avuto la riprova nelle Valli. Era un'Elfa, una Dalish, e in quell'universo lei era un ospite sgradito. Nonostante ciò, Skyhold le aveva donato qualcosa che non faceva altro che accentuare la confusione che aveva in testa: una quotidianità. E questa aveva tutti i requisiti per assegnare alla sua condizione l'aggettivo "stabile".
Provare affetto per un posto fisico era una sensazione nuova e a lei la novità piaceva, solitamente. Il problema subentrava quando si soffermava a riflettere sulle implicazioni di quell'affetto; il quale, fortunatamente per lei, ma anche purtroppo per lei, era ricambiato.
D'altronde, aveva condotto una vita forzatamente nomadica per trentacinque anni, costringendosi a evitare di provare attaccamento per i luoghi in cui sostava il clan, poiché allontanarsi da essi bruscamente, come di solito succedeva, l'avrebbe portata inevitabilmente a soffrire.
Ogni radura, ogni grotta, ogni altopiano era un luogo di passaggio. Vivere di luoghi di passaggio, per poi fermarsi bruscamente, confonde.
La concezione di casa, vhenas, per un Dalish è data dalle persone. Quella era la stabilità, ed era quello che metteva ancora più in crisi Lavellan, perché il binomio di casa fisica e casa emotiva erano presenti dentro le mura di Skyhold. Infatti, possedeva ciò che aveva nel clan, ma con un tetto sulla testa.
A Skyhold, vhenas non era possedere un baule nell'aravel che Lavellan condivideva con gli altri cacciatori per risparmiare spazio, erano, tra le altre cose, un letto con rete e materasso, una biblioteca e la privacy che in un clan è impossibile ottenere.
Ma oltre a quello, vhenas era data dagli inquilini fissi di Skyhold che la conoscevano per nome e che, nonostante le dessero del lei, si comportavano come se fossero vicini di casa da una vita. La socialità era una routine connessa a un tetto e a delle pareti, non più a una necessità di sopravvivenza.
Vhenas erano Mastro Dennet e Harritt che ogni mattina facevano a gara per chi avesse il mal di schiena più forte.
Vhenas era il rumore delle esplosioni proveniente dalla fucina e il sorriso bianchissimo di Dagna ogni volta che se ne assumeva la responsabilità, coprendo Sera e Lavellan per spirito di squadra. Ma, soprattutto, vhenas erano i suoi colleghi.
Josephine e la misura cautelare di inzuppare il pennino nell'acqua salata per evitare di mordicchiarlo, facendolo comunque di riflesso con il risultato di esibirsi in una vasta rosa di espressioni contrite. Cassandra che si rannicchiava sulle poltrone quando leggeva della narrativa, abbracciando i suoi libri mentre il suo sguardo felino reagiva in maniera dinamica al contenuto della prosa. Leliana e l'indice sempre sporco d'inchiostro, con cui finiva per macchiarsi regolarmente il viso, già spruzzato con le briciole dei dolcetti e dei biscotti che divorava in vassoi. Cullen e la sua fronte che si aggrottava istantaneamente ogni volta che scorreva lo sguardo su un rapporto, per poi sciogliersi altrettanto rapidamente quando le sue colleghe gli rivolgevano la parola.
Quell'affetto era vitale per rendere normale ciò che Lavellan continuava a considerare estraneo ma, allo stesso tempo, la rendeva vulnerabile al pensiero che la necessità a cui loro cinque erano legati prima o poi sarebbe venuta meno, dividendoli.
Insomma, Lavellan varcò il grande portale d'accesso di Skyhold con un'espressione malinconica, che dovette scrollarsi di dosso nel notare che Josephine e Leliana aspettavano lei e Cullen in cortile, con un sorriso accogliente.
Se prima di vederle nascondere i suoi sentimenti costituiva uno sforzo, il calore che emanava la loro presenza ammorbidì i pensieri di Lavellan, permettendole di rilassarsi. La mano che le porse Cullen, per aiutarla a scendere da cavallo, guardandola come se per lui non esistesse altra cosa al mondo, fece il resto.
Era a casa, anche se non capiva bene i dettagli di quell'affermazione.
Lavellan rivolse un sorriso grato al suo compagno, poi discese da cavallo, soffermandosi di fronte a lui qualche istante, per godersi quell'ultimo momento di vicinanza, prima che entrambi ritornassero a tuffarsi nei loro doveri.
Quando ebbe raggruppato le forze per allontanarsi, si ritrovò a esalare un sospiro di sollievo, in risposta alla tensione che abbandonava il suo corpo.
Consegnò le redini del cavallo a mastro Dennet, il quale le lanciò un'occhiata carica di eccitazione. -Lei non ne ha idea! Non ne ha proprio idea!- disse lui, agitando una mano di fronte a sé, con enfasi.
-No, non ne ho proprio idea.- replicò lei, dubbiosa, osservandolo mentre si allontanava. -Di cosa dovrei avere idea?- domandò ad Harding, che si sgranchiva la schiena dopo essere smontata da cavallo.
-Non ne ho proprio idea.- replicò quella, ridendo. Ser Darrow, alle loro spalle, alzò gli occhi al cielo, sorridendo in risposta alla loro stupidità.
Lavellan si strinse nelle spalle, poi aprì gradualmente un sorriso carico di gioia nell'incrociare lo sguardo di Josephine, che agitava una mano in segno di saluto nella sua direzione. Le andò incontro a braccia aperte, poi si fece baciare le guance e sistemare il cappotto pesante, stropicciato dalla lunga cavalcata.
-Com'è andato il viaggio?- domandò Leliana, rivolgendo un sorriso sornione a Cullen, che le aveva appena raggiunte.
Lui si schiarì la voce, assumendo una posa marziale. -Ho preso visione del lavoro dei nostri nelle Valli e parlato personalmente con i generali del Granduca. Dopo le...-
-È andato bene.- lo interruppe Lavellan, rispondendo correttamente alla domanda.
Josephine scorse uno sguardo gioviale su entrambi, davvero contenta che fossero tornati. -Non vedo l'ora di sapere i dettagli dell'epica battaglia contro il drago!-
-A proposito, complimenti per il tuo nuovo titolo, comandante.- disse Leliana, allegramente. -Ser Cullen, Cavaliere Ventogelido e Rovina del Maestrale Maggiore delle Tombe di Smeraldo.- annunciò, applaudendogli con grazia.
Le guance di Cullen si tinsero d'imbarazzo, mentre lui spostava uno sguardo arcigno altrove. -Ho semplicemente aiutato il gruppo in un momento di difficoltà. I veri eroi dello scontro sono stati l'Inquisitrice e il maestro Pavus.- borbottò.
-Suvvia, non essere modesto! Se ti è stato dato un titolo, significa che te lo sei meritato.- intervenne Josephine, prendendo sottobraccio Lavellan per condurla al salone principale di Skyhold. -Ah, la comtesse De Fourier chiede il risarcimento per tutti gli elementi di arredo che avete fracassato mentre le stavate salvando la vita.- rivelò.
Cullen assunse immediatamente un'espressione contrita.
-Mi sono permessa di risponderle che se non invierà le sue scuse formali all'Inquisitrice e al Comandante per averli messi in condizione di pericolo inutilmente, farò presente ai miei contatti a corte che ha preferito dare asilo a un Maleficar, piuttosto che onorare ai suoi doveri di padrona di casa.- concluse Josephine, con una nota di seccatura nel tono di voce.
Lavellan le rivolse un'occhiata divertita, Cullen invece esalò un sospiro di sollievo. -E io che pensavo che ti saresti arrabbiata.- ammise lui.
Josephine ritrasse la testa, infastidita. -Così mi offendi! Per me, il vostro benessere viene prima di qualsiasi altra cosa.- affermò.
-Quindi la prossima volta posso anche evitare di indossare la divisa.- tentò Cullen.
-Non ci allarghiamo troppo, adesso. A meno che non sia previsto un torneo, durante gli eventi mondani puoi lasciare l'armatura nell'armadio.- decretò Leliana.
Lavellan le gettò un'occhiata madida di gratitudine, che la fece sorridere.
Quando furono giunti allo studio di Josephine, nell'anticamera della sala del consiglio, la padrona di casa fece accomodare i nuovi arrivati sul divano, occupando una delle poltroncine che erano state disposte davanti al caminetto.
Cullen si abbandonò a sedere scompostamente, realmente stanco. Lavellan, invece, si appollaiò su uno dei braccioli, recuperando un bicchiere di té freddo dalle mani di una collaboratrice di Josephine. La ringraziò con un bel sorriso, poi si rivolse a Leliana, che restava in piedi dietro alla collega, con le mani intrecciate dietro la schiena. -Ho sentito che stiamo cercando uno stilista per il ballo.- fece, rigirandosi il bicchiere fresco tra le mani.
Josephine annuì. -Ho selezionato diversi candidati. Aspettavo il tuo arrivo per sottoporteli.- disse, alzandosi per recuperare un faldone da un cassetto della sua scrivania. Si portò vicino a Lavellan e glielo appoggiò in grembo, aprendolo su una pagina già segnata.
-Pensavo all'atelier di Auguste Ninette di Val Royeaux, o a quello di Lille Vert di Lago Celestino.- propose, sfogliando per lei diverse pagine sulle quali c'erano i progetti di diversi vestiti, indossati da nobildonne orlesiani celebri durante ricevimenti risalenti all'anno passato.
Leliana le raggiunse, sporgendosi verso il faldone con aria interessata. Indicò a Lavellan uno splendido abito da sera verde e oro. -Questo me lo ricordo. Il corsetto era ricamato con filo di seta e ali di maggiolino.-
-Ali di maggiolino? L'insetto?- intervenne Cullen, inarcando un sopracciglio sopra un'espressione scettica.
-Sì, gli staccano le ali e le imbevono di resina per mantenerle lucide. Nell'Orlais ci sono allevamenti appositi.- spiegò Lavellan, tranquillamente. -Dorian mi ha detto che sono molto usati nel Tevinter, assieme alle farfalle. A quanto pare una gonna decorata con ali di maggiolino costa più di una collana di zaffiri.-
Cullen assunse immediatamente una smorfia schifata, mentre Leliana indicava un altro vestito, molto più sobrio, dalle tinte primaverili. -Lei l'ho vista al ballo dell'equinozio della baronesse Chepinelle. Gli accessori erano fatti di filo d'oro e fiori essiccati. Pessime scarpe, però.-
Lavellan strinse le labbra su un'espressione incerta. -Posso vedere i portfoli che hai scartato?- domandò, perché non riusciva a riconoscere il suo stile nei modelli che stava guardando.
-Si, ma sappi che li ho scartati per un motivo.- la mise in guardia Josephine, recuperando il faldone tra le mani per estrarne un fascicolo e porgerglielo.
Lavellan lo sfogliò con attenzione, aggrottando la fronte sempre più intensamente nel notare vestiti talmente esagerati, o talmente mediocri da capire perfettamente perché Josephine non li avesse minimamente presi in considerazione.
Tutto d'un tratto, il suo sguardo assunse una scintilla di curiosità, attratto da un vestito dall'apparenza pedestre, ma che aveva una lavorazione talmente complessa e forme così eleganti da risultare avanti chilometri rispetto ai modelli che Leliana e Josephine tanto decantavano. Ogni abito era sviscerato sui fogli con piglio ingegneristico, come se si trattasse della pianta di una cattedrale e i suoi dettagli avevano almeno tre righe di spiegazioni, che si legavano alla composizione finale creando una narrazione vera e propria. Ciò che la intrigò maggiormente, però, era un particolare trait d'union che accomunava ogni modello e che solo una persona che condivideva la sua stessa esperienza di vita avrebbe compreso. In ogni vestito, infatti, c'erano velati richiami alla cultura elfica, talmente ben nascosti da poter essere tranquillamente scambiati dagli Umani per eleganti pattern decorativi.
-Ti piacciono questi?- domandò Josephine, osservando Lavellan con aria poco convinta.
-Tholomeus? Mai sentito.- disse Leliana, passando l'indice sul dettaglio di una cintura di cuoio di viverna, che vantava almeno tre lavorazioni diverse.
-Se è Tholomeus di Altura Perenne, capisco perché abbia attirato la sua attenzione.- commentò Cullen, ricevendo tre occhiate sorprese in tutta risposta. -È l'unica bottega del Ferelden a saper lavorare la pelle di drago. Dopo l'Emporio di Wade, ovviamente.- articolò. Dato che le tre continuavano a fissarlo con insistenza, si ritrovò a doversi giustificare. -Andiamo! Lo sanno tutti che Tholomeus era lo stilista personale di Re Cailan.-
-Per essere uno che non s'intende di sartoria, sai parecchie cose su questo gentiluomo.- disse Josephine, stringendo le palpebre su un'occhiata inquisitoria.
Cullen si voltò verso un messaggero che si stava dirigendo verso la sala del consiglio, attirando la sua attenzione con un cenno. -Travers, tu sei di Rainesfere, no?-
-Sissignore.- rispose il messaggero, fermandosi sul posto.
Cullen voltò un'occhiata eloquente verso Josephine. -Cosa ti viene in mente, quando dico "Tholomeus".-
-Tholomeus? Il sarto di Re Cailan?-
Cullen aprì le braccia, assumendo un'espressione soddisfatta. -Visto? Tutti sanno che Tholomeus era...-
-Abbiamo capito, Comandante.- lo liquidò Leliana, mentre il messaggero si allontanava con aria confusa.
-Posso tenerli? Vorrei riguardarli con più calma.- domandò Lavellan, che non riusciva a staccare gli occhi di dosso dal disegno di un mantello di velluto, con un intrico di piume di gufo stilizzate sul colletto e rami di tasso ricamati nella fodera.
Josephine le rivolse un bel sorriso. -Certo!-
-Grazie.- rispose Lavellan, ricambiando. -Vorrei comunque che voi due sceglieste un sarto a testa. Penso che sia il caso di fare una valutazione collettiva, per evitare di trovarci all'ultimo secondo con un'opzione che non comprenda tutti noi.-
-Grazie per avermi escluso.- mormorò Cullen, con una punta di gratitudine nello sguardo.
Lei gli fece l'occhiolino, poi tornò a mangiare con lo sguardo i modelli di Tholomeus, mentre Josephine e Leliana consultavano il faldone, scambiandosi opinioni accorate sulla questione.
Dal lato opposto del divano, misteriosamente, sul viso di Cullen si formulò l'accenno di un sorriso compiaciuto.

Dato che era una giornata assolata, Josephine aveva deciso di accogliere gli stilisti in uno dei solenni gazebi di pietra che decoravano il giardino.
Nonostante fosse molto impegnata, Lavellan fece di tutto per essere presente, arrivando addirittura in anticipo rispetto all'orario stabilito. Aiutò i domestici a sistemare un tavolo e a trasportare delle poltroncine per i colloqui, realmente impaziente di fare la conoscenza di individui votati alla creatività.
Quando ebbero finito, Mastro Dennet, che stava confabulando con Elan Ve'mal poco distante dal gazebo, le rivolse un gran sorriso e ripeté sommessamente un paio di -Non ne ha proprio idea!- in maniera talmente enigmatica da incuriosirla ancora di più. -Mi dia idea, la scongiuro!- intervenne Lavellan, ridendo nervosamente, ma Dennet si limitò a risponderle con un movimento circolare del braccio, prima di lasciare il giardino con aria allegra.
-Dottoressa Lavellan?-
Sentendosi presa in causa, quella si voltò verso il pozzo centrale. Là c'era un'Elfa che vestiva un abito grigio perla modesto, ma rigoroso, oberata da due borse cariche di pergamene e uno zaino fuori misura. Era mora, sulla sessantina e il suo viso era rotondo e pallido come la sabbia del deserto in una notte di luna piena. I suoi occhi color topazio erano astuti, severi e secernevano la durezza tipica di chi è abituato a portare sulle proverbiali spalle pesi ben più considerevoli di un paio di borse.
Riprendeva fiato, con un gomito appoggiato sul bordo del pozzo e le mani strette sulle cinghie dei bagagli, come se le dovessero cadere da un momento all'altro.
Lavellan accorse ad aiutarla, facendosi carico delle sue borse immediatamente. -È qui per il colloquio, immagino.- ipotizzò.
L'Elfa si concesse giusto un istante per ricomporsi, poi la seguì verso il gazebo. -Il mio padrone è qui per il colloquio, io sono qui per portargli le borse.- la corresse, con voce grave, reggendosi la schiena dolorante. -Questo posto è pieno di scale.- si lamentò, mentre prendeva posto in una delle poltroncine.
-Penso che sia fatto apposta. In caso d'assedio, i nemici con la sciatica rimangono fermi in cortile.- scherzò Lavellan, dopo aver riposto le borse con cura sotto al tavolo. -Comunque, non sono dottoressa, sono Inquisitrice.-
-Ha l'aria di una dottoressa.- disse l'Elfa, tamponandosi le tempie con un fazzoletto ricamato. -Una di quelle che ti danno un cucchiaino di miele dopo averti messo a soqquadro i visceri.-
Lavellan prese posto al suo fianco, osservandola con interesse. -Con chi ho il piacere di parlare?-
-Con una che è stata allevata dai cani, a quanto pare.- rispose immediatamente la sua interlocutrice, tendendo la mano nella sua direzione. -Mi chiamo Adra, sono l'assistente di mastro Tholomeus.-
Lavellan gliela strinse con decisione. -Oh, ora si spiegano tante cose!- commentò, con una scintilla di consapevolezza nello sguardo.
Adra inarcò un sopracciglio. -Ho l'accento marcato, dice?-
-No, no. È per via...- Lavellan si dovette interrompere, perché Josephine stava accompagnando gli ospiti al gazebo, conversando con loro amabilmente.
I candidati erano tre. Due orlesiani eccentrici, ricoperti di organza e seta marina e un fereldiano vestito di marrone e argento, che sembrava uscito da un combattimento all'ultimo sangue in una voliera di pavoni bianchi.
Adra diede un grugnito seccato, alzandosi per raggiungere il suo padrone e sistemargli il mantello sulle spalle, prima di accompagnarlo al suo posto.
Una volta che gli ospiti si furono accomodati, i colloqui ebbero inizio.
Lavellan e Josephine decisero di ricevere gli stilisti singolarmente, al tavolo, partendo dalla scelta di Leliana.
-La vedo con una gonna a campana di tulle bianco, tempestata di pietre gialle, arancioni e rosse, che risalgono verso il corsetto a creare una sfumatura.- propose il primo orlesiano, mastro Odet LaCombe di Serault, mostrando alle due una serie di schizzi in acquerello che raffiguravano un vestito primaverile smanicato con una gonna a ruota voluminosa.
-Vuole sapere una cosa buffa?- intervenne Lavellan, osservando gli schizzi con aria scontenta. -Io le sfumature del rosso non le so distinguere.-
Josephine si coprì la bocca con il leggio, per nascondere la sua espressività, perché al contrario della collega, lei le sfumature del rosso le sapeva distinguere bene e sembrava nutrire un’analoga perplessità nel visionare risultati che non erano au pair con le aspettative di Leliana.
-Sua Eminenza, non dev'essere lei a distinguerle, ma la corte dell'Imperatrice.- intervenne lo stilista, trascinando le parole con un tono marcatamente mieloso. -Lasci che sia io a pensare alle combinazioni cromatiche, che sono esperto.-
Lavellan sollevò uno sguardo incerto su Josephine. -Come mi sta il bianco?- le domandò.
-Bene, ma mi sembra più un colore da matrimonio. Il tulle bianco, poi, mi sembra decisamente inadatto per un'autorità del tuo calibro.- rispose quella, riprendendo a osservare gli schizzi. -Ha altre opzioni, signor LaCombe?-
Dopo aver scartato ogni idea che le era stata proposta, perché davvero troppo lontana dai suoi gusti, Lavellan congedò lo stilista con una stretta di mano e un sorriso falso come l’ottone. -Spero che la sistemazione sia di suo gradimento. Le faremo sapere il verdetto entro fine giornata.-
Frase che ripeté anche al secondo orlesiano, con meno entusiasmo, perché la proposta che le era stata fatta era analoga a quella precedente, se non peggiore. Tulle, pietre preziose e colori che il suo sguardo non poteva riconoscere e apprezzare.
La frustrazione di Josephine era palpabile. Persino lei non riusciva a redimere i lavori che avevano appena vagliato.
Quando fu il turno di Tholomeus, Lavellan sperò con tutto il cuore che ciò che le avrebbe presentato fosse all'altezza dei suoi schizzi.
Fu Adra a disporli sul tavolo, con una cura maniacale, mentre Tholomeus si guardava intorno con aria curiosa.
-Orlesiani, eh?- commentò lui, sprezzante. -Se potessero riempirebbero persino i cessi con il tulle! Lasci perdere il bianco e il rosa, signora mia. Onestamente, io la vedrei bene con della seta che richiami i colori della notte.- indicò lo schizzo fatto a carboncino di un vestito dal taglio semplice, senza corsetto e con uno scollo a cuore. -Ha una tonalità di capelli biondo rossiccio e degli splendidi occhi verdi. Una tintura verde scura potrebbe esaltare i suoi colori. Che ne dice?-
Lavellan ci rifletté un istante, poi recuperò un foglio di carta di cotone dal tavolo, osservando un modello di vestito interessante, che esprimeva rigore. Una boccata d'aria fresca, rispetto alle proposte dei due stilisti orlesiani ed erano effettivamente degni di un re.
Josephine, altrettanto colpita, osservò il modello da sopra la sua spalla. -Disegna sempre in bianco e nero?-
Tholomeus diede un cenno d'assenso. -Preferisco aggiungere i colori in un secondo momento, dopo essermi consultato con il cliente.-
Con la coda dell’occhio, Lavellan notò Adra scorrere uno sguardo macchiato di condiscendenza su di lui.
-Vedo che ha preso in considerazione il mio retaggio culturale.- disse. -La mia richiesta è semplice: mi servirebbe un punto di connessione tra ciò che sono, un'Elfa dalish, e ciò che rappresento, ovvero l'Inquisizione. Se è vero che la moda è politica, vorrei essere in grado di mandare un messaggio.-
L'espressione di Adra si tinse di curiosità. Era da che Lavellan aveva iniziato a visionare gli schizzi che la osservava con aria attenta, scandagliando il suo viso alla ricerca di un verdetto.
-Un messaggio, dice? Che genere di messaggio intende mandare?- domandò Tholomeus, sporgendosi appena nella sua direzione.
-Il tipo di messaggio che manderebbe una donna fiera e competente che la nobiltà si ostina a trattare come un daino perso nei boschi. Ma, soprattutto, voglio che passi il messaggio che c'è un'Elvhen che non ha dimenticato il trattamento che l'Orlais ha riservato alla sua gente, privandola di una casa e di ciò che restava della sua cultura.- rispose Lavellan, con tono asciutto. -Lei che è fereldiano può capirmi, immagino.-
Tholomeus annuì. -Certamente. Potrei...-
-Potrebbe vestirsi di nero.-
Lavellan sollevò uno sguardo macchiato di soddisfazione su Adra, che finalmente aveva deciso di intervenire.
-Di nero? Per un ballo primaverile?- domandò Josephine, allibita.
Adra si prese qualche istante per elaborare, poiché il suo datore di lavoro le aveva appena assestato un’occhiata patibolare. -Il nero è il colore del lutto. Se vuole mandare un messaggio forte, allora è il caso di sconvolgerli.-
-Adra, non dire sciocchezze, su'.- la rimproverò Tholomeus, davvero seccato. -Mi scusi, Eminenza, a volte la mia assistente non sa tenere la bocca chiusa. Se è un messaggio che vuole mandare, potremmo studiare qualcosa insieme. Manterrei comunque uno stile sobrio ed elegante, che esalti i...-
-I miei colori, certo.- concluse Lavellan, per lui, riponendo il foglio sul tavolo. -La ringrazio, signore. Visionerò gli schizzi e le farò sapere un verdetto in serata. Grazie per la sua disponibilità.-
-Si figuri, Eminenza!- si affrettò a rispondere lui, inchinandosi profondamente. -È stato un onore.-
Josephine scoccò un'occhiata confusa a Lavellan, mentre lui si allontanava, lasciando che fosse Adra a riporre gli schizzi. -E adesso?- domandò, in difficoltà.
-Adesso sentiamo un parere che mi interessa davvero.- replicò Lavellan, seria come la morte. -Nero, ha detto?-
Adra sollevò appena la testa, rivolgendole un'occhiata severa. -Ci sono mille modi per inviare un messaggio. Il colore è la prima cosa che nota l'occhio, assieme alla forma.- spiegò, ordinando gli schizzi in una cartella di pelle con un livello di attenzione maniacale. -Già che è magra come un chiodo, bisognerebbe trovare un modo per evitare di ingombrare troppo la silhouette e alzare la sua figura, quindi il tulle e il velluto sono esclusi. Indossi qualcosa che indosserebbe una regina al funerale del principe consorte di cui le interessava solo il prodotto dei suoi lombi. Li faccia parlare. E se proprio vuole trovare un legame tra la sua cultura e il suo ruolo di Inquisitore, le direi di concentrarsi maggiormente sulla figura dell'Araldo di Andraste, che comprende entrambe le realtà. Oro e nero sono nati per sposarsi. Ci vedrei bene un'armatura cerimoniale che la fasci come le fiamme hanno avvolto Andraste sul rogo. Il suo però non dovrebbe essere un rogo, ma l’incendio da cui rinascono le fenici. Ecco, potreste coprirla con un vestito nero elegante, aperto sulle braccia e con un profondo scollo a vi per creare dinamismo. Ci vedrei anche uno spacco centrale, con un lieve strascico a...- Adra si bloccò, carezzando nervosamente la cartella sul tavolo. -Questa è la volta buona che mi licenzia.- borbottò.
Lavellan si affiancò a lei. -Sarebbe così grave?-
-Sono un'Elfa, dottoressa. Lo sa benissimo che dobbiamo accontentarci, soprattutto quando abbiamo qualcuno di cui prenderci cura.- rispose Adra. -Commissioni il vestito al mio padrone, ma sappia che qualsiasi cosa gli chiederà sarò io a realizzarla.-
-Non ho il tempo materiale di affidarmi a un tramite, signora. Voglio lei, non il suo datore di lavoro.-
Josephine si appoggiò una mano sul petto, mentre processava le informazioni appena ricevute. -Immagino che sia stata lei a produrre questi modelli, a questo punto.- suggerì.
Adra si limitò a sfiorarla con un'occhiata scettica. -Il signor Tholomeus gestisce un atelier, non è necessario che sappia tenere una matita in mano per farsi chiamare stilista. Lei, che è evidente che si interessi di moda, visto ciò che indossa, dovrebbe saperlo.- rispose. -Se commissionasse il vestito al mio padrone, manterrei un lavoro stabile e le apparenze. Oppure, potrei creare questo vestito indipendentemente, perdere il lavoro e ritrovarmi a dovermi svendere a un padrone che mi paga un millesimo di quanto non prenda alle dipendenze di Tholomeus.- aggiunse. -Vi prego di tenere conto della situazione in cui mi state mettendo.-
-Si da il caso che l'Inquisizione abbia urgentemente bisogno di uno stilista di corte.- intervenne Lavellan. -Dovrebbe curare il mio guardaroba e quello dei miei consiglieri in base alle stagioni, disegnarci una divisa ufficiale e occuparsi di un laboratorio in loco. Da quello che ho capito, ha molti anni di esperienza alle spalle e un ottimo orecchio per ascoltare le esigenze dei suoi clienti. Potrebbe essere la persona che fa al caso nostro. Che ne pensi Josephine?-
Quest'ultima, che era poco convinta, si prese i suoi tempi per rifletterci, poi esalò un sospiro stanco. -Penso che la scelta spetti a lei, ma semmai dovesse accettare questa proposta, faremmo di tutto per compensare il suo disturbo, a partire dalla retribuzione.- replicò, mentre Lavellan osservava con aria soddisfatta l'espressione di Adra assumere una sfumatura di sorpresa. -Quanto la paga Tholomeus, attualmente?-
-Cinquanta pezzi d'argento ogni due mesi per i lavori di sartoria e un terzo del compenso a commissione.- si affrettò a rispondere Adra. -Mia madre è in una casa di cura ad Altura Perenne, se potesse...-
-Posso.- affermò Lavellan. -E posso fare qualcosa anche per trasformare quei cinquanta pezzi d'argento in due pezzi d'oro, al mese, se l'Ambasciatrice Montilyet non ha niente da obbiettare.-
-Un pezzo d'oro, Inquisitrice. Non siamo la Banca di Rialto.- obiettò immediatamente Josephine. -Ma le commissioni le verrebbero pagate a prezzo pieno e le verrebbe fornito un alloggio adeguato alla sua posizione.-
Adra ci rifletté a lungo, indugiando con le dita sulla cartellina. Quando fu pronta a dare una risposta, però, lo fece con convinzione. -Suppongo che Tholomeus dovrà imparare a usare ago e filo.- fece. -Quando posso iniziare?-
-Adesso, per favore.- replicò Josephine, con una scintilla di sollievo nello sguardo. -Vado a stilare il contratto immediatamente. La prego di raggiungermi nel mio studio fra un paio d'ore, così possiamo rileggerlo insieme.-
Adra aggrottò la fronte, rivolgendole un’occhiata perplessa. -Avrò voce in capitolo sui suoi termini?-
A quella domanda, Josephine mostrò perplessità a sua volta. -Siamo partner commerciali, è la norma.-
Adra annuì, poi le rivolse un sorriso composto. -Grazie, signora.- disse, chinando appena il capo in segno di rispetto.
Josephine fece altrettanto, indietreggiò di un passo, poi si congedò, dirigendosi verso il suo studio con un sorriso soddisfatto e un problema in meno a cui pensare.
-Diamine, allora è vero che i tempi stanno cambiando!- commentò Adra, con una palese nota di scetticismo.
Lavellan recuperò le borse per lei, facendole cenno di seguirla. -Mi tolga una curiosità. Tholomeus è mai stato il sarto personale di re Cailan?- le domandò, una volta che la ebbe affiancata.
Adra le scoccò un'occhiata eloquente. -Tholomeus sa fare bene solo tre cose: ricalcare, lavorare la pelle di drago e prendere le misure sul cavallo.- le rispose.
Lavellan non riuscì a trattenere un sorrisetto, mentre la prendeva sottobraccio. -Oh, non vedo l'ora di vedere la faccia di Cullen quando lo verrà a sapere!-

-Stia rilassato, ingegnere.-
Cullen, a petto nudo, esalò nervosamente il fiato che stava trattenendo da che era iniziata quella tortura. -Non potrebbe andare a occhio?- domandò, continuando a fissare la libreria del suo studio, con aria tesa.
Adra, che gli stava prendendo le misure sul torace, gli gettò un'occhiata veloce al di sopra degli occhiali da vista. -No.- rispose, secca, per poi riavvolgere il metro in uso sulla mano nel dirigersi verso la scrivania. Una volta là, si chinò sullo schizzo di un manichino e registrò le misure velocemente, prima di tornare all'opera.
-È solo una perdita di tempo.- si lamentò Cullen, tirandosi su i pantaloni con un gesto brusco.
-Per niente la dottoressa ha chiesto espressamente a me di misurarla.- disse Adra, facendogli alzare le braccia. -Sono rapida e non mi interessano le chiacchiere.- aggiunse, avvolgendogli lo stomaco con il metro sbrigativamente. -Sarebbe ora che se li togliesse.-
Cullen contrasse i muscoli del viso in una smorfia di fastidio. -Non si può proprio fare a meno?-
-No.-
-La smetta di chiamarmi ingegnere almeno.-
-No.-
-Attenta, ha le mani fredde!-
Adra si appuntò gli ultimi dati, poi gli misurò la lunghezza che intercorreva tra il collo e il bacino. -Credevo che non volesse perdere tempo, invece è un chiacchierone.- si interruppe per stringere lo sguardo, allontanando lievemente la testa dal metro per leggere correttamente un numero. -Ma d'altronde è risaputo che quando un uomo è nervoso, la prima cosa che fa è muovere la lingua a caso.-
Cullen deglutì, spostando la testa altrove, realmente in difficoltà. -D'accordo. Facciamola finita.- bofonchiò, aspettando che lei avesse finito per sfilarsi i pantaloni.
Sulle labbra sottili di Adra si formulò l'ombra di un sorriso. Finì di appuntare le ultime misure della parte superiore del corpo, poi si piegò per stendere il metro a terra. -Ci posi sopra il piede.- suggerì.
-Serviva farmi spogliare per questo?- protestò Cullen, finalmente in mutande.
-Se vuole inizio subito dal cavallo.-
Cullen sbuffò sonoramente, ma si affrettò a fare come gli era stato chiesto. -Ho già degli stivali. Vestono perfettamente.-
-Presto ne avrà un paio in più. Ordini dall'alto.-
-Non ne ho bisogno.-
-Mi tolga una curiosità, si lamenta perché non vuole che le metta le mani addosso, o perché non sono intenzionata ad assecondare i suoi capricci?-
Cullen spalancò lo sguardo, allibito. -Mi lamento perché c'è una guerra là fuori, mentre lei è qui a misurarmi il girovita!- sbottò.
La risposta non convinse assolutamente la sua interlocutrice. -No, non è solo questo.- fece, mentre gli misurava l'ampiezza del polpaccio destro. -Lei non vuole rendersi ridicolo di fronte alle sue colleghe e ha paura di metterle in imbarazzo con la sua inadeguatezza. È uno che ha studiato tutta la vita per impedire a se stesso di fare la figura dell'imbecille, ma sa che nessuna delle sue premure sarà utile in un contesto del genere. Anche se si preparasse, non riuscirebbe a sottostare alle meccaniche del Gioco, perché è un concetto che aberra.- fece una pausa. -Lo tiene a destra o a sinistra?-
Cullen, che stava ponderando sulle sue parole, alla ricerca di un modo per contraddirla, si ritrovò ad arrossire violentemente. Dopo esattamente due minuti di profondo imbarazzo, durante i quali Adra gli aveva fatto il piacere di evitare il suo sguardo, le indicò la direzione con un cenno del polso, permettendole di annotare discretamente la risposta.
-Può rimettersi i pantaloni, ingegnere. Abbiamo quasi finito.- disse lei, dandogli finalmente le spalle per permettergli di rivestirsi senza doversi preoccupare di avere addosso gli occhi di un'estranea più a lungo del previsto.
-Sia ringraziato il Creatore!- esalò Cullen, affrettandosi a ritrovare il decoro perduto.
-Visto? Ci abbiamo messo poco.- minimizzò Adra, chinandosi sui suoi appunti per controllare che tutto fosse al suo posto.
Cullen si allacciò velocemente la sotto-cotta sul fianco. -Pensavo peggio.- commentò, a voce bassa.
Adra lo ignorò.
-Se le interessa saperlo...-
-No, ma ho la netta sensazione che me lo dirà comunque.-
Cullen alzò gli occhi al cielo. -Per la cronaca, preferirei combattere a mani nude contro un'orda di demoni, piuttosto che affrontare una pista da ballo piena di orlesiani pronti a giudicare ogni mia singola mossa.- dichiarò.
Adra infilò con cura i suoi appunti dentro a una borsa. -Un'altra cosa che ha in comune con Re Cailan.- disse.
Cullen sollevò le sopracciglia su un'espressione sorpresa. -Ah! E l'altra sarebbe?-
Adra evitò di rispondere, aspettando pazientemente che lui finisse di rivestirsi, prima di voltarsi nella sua direzione. -Le interessa dare un'occhiata ai bozzetti della nuova divisa, o preferisce delegare la scelta alle sue colleghe?- gli domandò, piuttosto.
Cullen si sistemò il mantello sulle spalle, poi scosse la testa. -Mi affiderò al loro giudizio, come sempre in questioni di questo tipo.-
-Strano. Ho sentito che sono state le sue parole di lusinga nei confronti del mio precedente padrone a convincere la dottoressa a convocarci.-
-Lusinga, ha detto? No, ho semplicemente detto loro che chiunque nel Ferelden è a conoscenza che Tholomeus fosse lo stilista di Re Cailan. Niente di più, niente di meno.-
Adra lo guardò di sottecchi. -Non insulti la mia intelligenza, ingegnere. Ho visto il faldone: la sua collega ha evitato di selezionare stilisti che non fossero orlesiani e, da quello che mi risulta, l'Inquisizione non ha mai chiesto a Tholomeus di inviare una selezione dei suoi lavori.- incrociò le braccia sul petto, assumendo un'espressione scettica. -È stato lei a infilare quei bozzetti nel faldone, perché era certo che alla dottoressa sarebbe piaciuto il mio lavoro.-
Lui non provò minimamente a negare. -Lavellan ama tutto ciò che è possibile sviscerare e i vestiti di Tholomeus sono capolavori d'ingegneria, con chiari riferimenti alla sua cultura.-
-La ringrazio per il complimento indiretto, ma allo stesso tempo mi chiedo cosa la freni dall'esprimere la sua opinione.-
-Perché verrebbero a chiedermela più di quanto non lo facciano già e farebbero comunque di testa loro.-
-E farebbero bene!- disse lei, con aria severa. -Quei bozzetti sono indegni, soffrono dell'inconsistenza tipica di chi vuole inserire troppi elementi slegati tra loro in un'unica composizione e per giunta sono vecchissimi, dato che risalgono al regno di re Maric. Spero che non le siano costati una fortuna.-
Cullen rimase in silenzio un po’, prima di articolare una replica. -Me li ha fatti avere una consorella del Circolo di Kinloch.- ammise. -Li aveva lasciati un mercante Formari di passaggio, quando ero ancora una recluta e il nostro diretto superiore ce li ha regalati per darci qualcosa di utile da fare nei tempi morti.- le spiegò, prendendo a sfilarsi un guanto. Diede un breve sorriso, poi lo rivoltò per mostrarglielo.
Adra strinse le palpebre, raddrizzandosi gli occhiali nel capire cosa le stesse mostrando. -Un sottopunto?- domandò, sollevando uno sguardo inquisitorio su di lui.
-Un buon sottopunto.- la corresse Cullen, strattonando i due lembi di pelle per dimostrare la solidità della cucitura. -Quel poco che io e i miei confratelli di Kinloch sappiamo sul rammendo, l'abbiamo imparato da quei bozzetti.-
Adra sospirò, stancamente. -Mi consola sapere che dopo quarant’anni e passa di carriera almeno qualcuno abbia imparato qualcosa da me.- disse, assumendo un'espressione corrucciata. -La smetta di farmi favori, ingegnere. Sta diventando seccante. Di questo passo, mi toccherà confezionare un vestito da sera pure a lei.-
-Oh, assolutamente no! La prego!- esclamò lui, alzando le mani in segno di resa. -Penso che dopo questo ballo mi incollerò addosso l'armatura e abbaierò contro chiunque cercherà di farmi indossare qualcosa di diverso.-
Adra gli rivolse un'occhiata eloquente. -Tanto ho già le sue misure.- disse, muovendosi tranquillamente verso l'uscita. -Mi faccia sapere cosa ne pensa dei bozzetti che le ho lasciato sulla scrivania, o dirò all'avvocato di rivolgersi a un'altra stilista.- concluse, abbandonando l'ufficio senza salutare.
Cullen osservò la porta richiudersi con aria sofferente.

-No, non ci siamo ancora. Le lingue di fuoco devono essere più organiche, come nel progetto.-
Harritt lasciò cadere sul piano da lavoro dell'Inquisitrice il quinto corsaletto che Adra scartava, opera che gli aveva rubato cinque ore di lavoro. Fulminò la donna con uno sguardo impregnato di frustrazione. -Ho seguito il progetto alla lettera!- protestò.
-E allora perché è venuta una schifezza?-
Lavellan, che stava sperimentando dei nuovi tonici con Dagna, poco distante, si affrettò a prendere provvedimenti, frapponendosi ai due con aria stanca. Sollevò le mani per suggerire loro di calmarsi. -Non è possibile che ogni volta che scendo alla fucina vi trovi ad accapigliarvi.- si lamentò.
-Non le va mai bene niente!- sbottò Harritt, additando Adra con una mano tesa. -Sa quante volte ho dovuto rifare quei maledetti parabracci? Undici. Un-di-ci. Lo sa che ho altro da fare oltre a questa cosa, vero?-
Adra sollevò un lembo del corsaletto scartato con aria insoddisfatta, per poi lasciarlo ricadere sul tavolo. -L'armatura è la parte più importante dell'ensemble. Mi rifiuto di mettere la mia firma su un lavoro tutt'al più mediocre!- affermò.
-Le pare un lavoro mediocre?- domandò Harritt, indicando a Lavellan con un cenno deciso una pila di corsaletti eccezionalmente belli che erano stati abbandonati in un angolo. -Questa donna esige l'impossibile!-
-L'unica cosa che esigo è che la mia visione venga rispettata. Sua Eminenza non merita niente di meno che la perfezione e, cascasse il mondo, da me non otterrà nient'altro che quella.-
-Che se lo faccia da sola allora!-
-Lo farei, oh, se lo farei! Vent'anni di meno e mi sarei già messa all'opera!-
-Ora basta!- gridò Lavellan.
Lo sparuto personale della fucina si zittì immediatamente, per guardarla. Persino Dagna si ritrovò ad alzare la testa dal suo lavoro, con aria stupita.
Lavellan, la stessa donna che non aveva alzato la voce nemmeno quando Corypheus in persona l'aveva minacciata di morte, era livida. Il suo sguardo era teso, categorico e il suo viso era contratto. -Trovate un compromesso.- scandì, prendendosi diversi secondi per assestare a entrambi un'occhiata di rimprovero. Alla fine, afferrò il corsaletto e lo gettò nel mucchio con una mossa decisa, ritornando a lavorare al fianco di Dagna, che continuava a fissarla con tanto d'occhi.
Anche Adra la osservò, a lungo e con aria guardinga, soffermandosi a ricercare il motivo scatenante di quella reazione con cura. Una volta che ebbe tratto le sue conclusioni, appoggiò una mano sulla spalla di Harritt, accompagnandolo alla forgia. Lavorarono silenziosamente per ore, parlando il minimo indispensabile nel confrontarsi in maniera educata. Nonostante quel miglioramento, il malumore di Lavellan sembrava restare immutato.
Trafficava con il meccanismo di una trappola a scatto come se stesse sviscerando la carcassa di un daino, infilzando viti e strappando ingranaggi con un brusco automatismo; il suo viso era corrotto da un fastidio che puzzava di preoccupazione.
Adra, che nel frattempo stava lavorando su un cartamodello, sollevava di tanto in tanto lo sguardo verso di lei, più incuriosita che adirata nei suoi riguardi per la reazione decisamente fuori dal personaggio che aveva avuto. Una volta riposto gran parte del suo lavoro in una cartella, tornò da Harritt, senza distogliere l’attenzione da Lavellan. -Quanto tempo ci vorrà ancora per i parabracci?- gli domandò.
Lui, che li stava incidendo sui bordi per sistemare l’ingresso delle cinghie, le lanciò un'occhiata veloce. -Due ore. Monterò il dettaglio sul gomito e sulla polsiera quando Dagna sarà disponibile. Se tutto va bene, oggi riusciremo a concludere gli arti e la tiara.- fece una pausa. -Sempre che non mi faccia scartare anche quelli.- mugugnò.
Adra incrociò le braccia. -Tu lavora bene e io non avrò modo di lamentarmi.- disse, osservando Lavellan che se ne andava, con aria curiosa. Si affrettò a recuperare la cartella, poi la seguì, con tutte le intenzioni di raggiungerla.
-Dottoressa!- la chiamò, arrampicandosi faticosamente sulle scale che portavano al salone.
Lavellan si voltò verso di lei con aria seccata, fermandosi per confrontarla, ma il fastidio si dissolse immediatamente sul suo viso quando realizzò che Adra stava avendo difficoltà a mantenere il passo. Allora la raggiunse, per prenderla sottobraccio e permetterle di sorreggersi a lei.
-Questa fortezza ha davvero troppe, troppe scale.- biascicò Adra, senza fiato, una volta giunte nel salone.
Lavellan l'accompagnó a sedersi al tavolo più vicino, a sinistra della rampa di scale che portava alla fucina. Quindi, le versò un bicchiere d'acqua, consegnandoglielo con attenzione.
Dopo che Adra ebbe ripreso le forze, esalò un sospiro di sollievo. -Domani, la prima prova si terrà all'orario stabilito.- disse. -Siamo nei tempi, dottoressa. Non deve preoccuparsi.- la rassicurò.
Lavellan infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, scorrendo uno sguardo venato d'inquietudine su di lei. -Perfetto.- disse, semplicemente.
Adra la guardò con scetticismo. -Il tuo fabbro non è un incapace, ma allo stesso tempo, non è Wade.- affermò.
-Ha sempre curato lui le mie armature. Anche se dovesse volerci qualche giorno in più, ho bisogno che sia lui a forgiare le componenti del cambio. Su questo non transigo.- dichiarò Lavellan.
Adra si passò una mano sulla fronte. -Dottoressa, si rende conto che questo è il primo lavoro che ho la possibilità di firmare dopo più di quarant'anni di carriera?-
-Lo so benissimo.-
-Non c'è solo questo. Quel vestito trasuda ricchezza, è provocatorio ed è deliziosamente irriverente. Se il risultato finale non rispecchia il progetto, il messaggio fallirà ad arrivare a chi di dovuto e la nostra gente vedrebbe il suo tentativo di rappresentare rispettosamente la nostra condizione come l'ennesimo sputo in un occhio. Uno sputo con la mia firma.- detto ciò, Adra si rialzò, accettando di farsi aiutare nuovamente.
Lavellan l'accompagnò all'esterno, per proseguire la loro conversazione in un luogo più tranquillo. -In quel caso, non penso che sarebbe un vestito a deluderli.- le suggerì.
-Non penso che uno di noi le farebbe una colpa, semmai le capitasse di prendere a schiaffi qualche nobile orlesiano. Io per prima, dato che sono nata durante l'occupazione.-
Lavellan reagì con un sorriso tirato. -Non penso che l’Ambasciatrice gradirebbe, purtroppo.-
Raggiunsero uno degli edifici che si affacciavano sul cortile, dov'era localizzato l'ampio laboratorio di sartoria. Lavellan tenne aperta la porta ad Adra, quindi la seguì all'interno.
Nonostante pullulasse di sarti e assistenti, in quel momento il locale era quasi deserto, fatta eccezione per un Nano adornato con una vestaglia eccentrica che stava esaminando una spedizione di tinture.
Adra appoggiò la borsa su una scrivania disordinata, sbrigativamente e per non disturbare, Lavellan si accomodò sullo sgabello antistante a un ampio tavolo da disegno vicino al mobile, soffermandosi a guardarsi attorno con aria interessata. Dall'ultima volta che era entrata in quella stanza, allora desolata e polverosa, erano cambiate un sacco di cose.
Dopo che era stata pulita e ridipinta, erano stati montati due scaffali parietali, che raggiungevano il soffitto. Il primo era riempito di libri e appunti, il secondo invece ospitava un archivio di campioni e una collezione di stoffe da fare invidia a un laboratorio di sartoria nevarriano. Attorno al tavolo da disegno e alla scrivania, oberati di note e cartamodelli, c'erano quattro manichini, già provvisti di imbastitura e rotoli di stoffe sparsi dovunque, sulle postazioni e sul pavimento.
Lavellan osservò con aria rapita gli schizzi a carboncino che imbottivano il tavolo da disegno, soffermandosi ad accarezzare con lo sguardo una serie di opzioni per le divise ufficiali dell'Inquisizione. -Stupende.- mormorò, ritrovandosi a sorridere. -Non vedo l'ora di vedere il risultato finale.-
Adra rise sommessamente, poi recuperò un foglio da una cartellina e glielo mostrò. Lavellan lo prese per gli angoli, usando cura, dato che si trattava del modello definitivo. Le toccò assumere un'espressione sorpresa, nel riconoscere la calligrafia di Cullen in una nota a bordo pagina. -Pensavo che non gli interessasse.- ammise, confusa.
Adra si strinse nelle spalle. -E io pensavo che fosse a conoscenza del fatto che gli Elfi vedono i colori diversamente dagli Umani.- disse. -Fortuna che ho l'occhio allenato. La regina Anora ha indossato tutti i rossi possibili e immaginabili, tanto che ho dovuto imparare a distinguerli.-
-Ma Leliana ha i capelli rossi.- intervenne Lavellan, con aria scettica. -Non penso che le andrà molto a genio questa scelta.-
Adra recuperò due campioni di stoffa dal secondo scaffale e glieli mostrò, tenendoli uno vicino all'altro per permetterle di notare le differenze. -Questo è il colore che l'ingegnere ha selezionato.- disse, sollevandone uno, poi fece lo stesso con l’altro. -E questo è il colore dei capelli della signora. Vede che si sposano bene?-
-Vedo solo che sono lievemente diversi.- le confidò Lavellan.
-Allora si fidi di me e del suo collega. È un bel rosso con una punta di blu, starà bene a tutti e tre.- la rassicurò Adra, riponendo i campioni. -Nel caso non piacesse alle signore, ripiegherò sul porpora, che ho già pronto.- aggiunse, indicando un rotolo di stoffa vellutata che teneva appoggiato sul bordo della scrivania.
-Allora non è poi così negato.- commentò Lavellan, con lo sguardo fisso sulla nota.
Adra le rivolse un'occhiata tinta di scetticismo. -Ha i suoi gusti, ciò non significa che abbia buoni gusti. Mai fidarsi degli ingegneri!-
-Perché lo chiama ingegnere, poi?-
-Perché se avesse testa sarebbe un architetto.-
Lavellan ridacchiò, poi le ritornò il foglio con aria finalmente serena. Adra le pizzicò una guancia che poi carezzò, dolcemente. -Vuole vedere l'imbastitura della divisa dell'avvocato?- le domandò, ingentilendo di poco il tono di voce.
Lavellan le rivolse un sorriso, poi annuì con decisione.
Rimasero in compagnia per molto tempo, a parlare di moda e di cuciture, perché anche se a Lavellan non interessava imparare il mestiere, Adra era una persona che dimostrava amore e competenza nei confronti del suo lavoro. Inoltre, era molto diversa dagli anziani del suo clan, che preferivano imbellettare le loro esperienze di vita, usandole come arma e monito nei riguardi dei più giovani. Adra raccontava la sua vita nel modo in cui si era svolta, scevra delle caratteristiche di una fiaba dotata di allegorie e morali.
-I miei nonni erano Dalish, si.- ammise Adra, che stava cucendo la manica della divisa di Leliana con una fluidità impressionante, seduta di fronte a Lavellan. -Mia madre però era una donna irrequieta e preferiva il caos della città ai monti e alle foreste. I suoi Vallaslin sono sbiaditi presto, così come il suo attaccamento al Nume che rappresentavano. All'epoca le sembrò ideale allontanarsi dal suo clan per trasferirsi a Denerim.- fece una pausa, per rivolgere a Lavellan un'occhiata eloquente, al di sopra degli occhiali da vista. -Il primo mese si è indebitata con mezza città e il secondo è rimasta incinta di me. Sa, non sono neanche troppo sicura che l'uomo che è andata a sposare sia realmente mio padre, dato che va a raccontare a tutti che sono nata prematuramente, ma l'unica complicazione di salute di cui abbia mai sofferto è questo dannato mal di schiena dovuto alla mia professione.-
-Posso capire. Penso di avere un fratello in ogni clan in cui mio padre ha stazionato.- le rivelò Lavellan, tranquillamente. -L'unico che conosco è davvero nato prima del tempo.-
-Lo è realmente, o anche nel suo caso è una scusa per mascherare una certa promiscuità?-
-Realmente. A mio padre non servivano scuse e, semmai le avesse volute, nessuno gliele avrebbe fornite.-
Adra sospirò. -Ciò non fa che confermare la mia teoria.- affermò. -Ma non ha importanza, davvero. Quando si è disperati, costretti a vivere in un'enclave, bisogna farsi crescere l'astuzia.-
-Già. Ho visto l'enclave di Porto Brullo. Non sono bei posti.-
-Non è nemmeno la peggiore. Denerim è desolante. Ci tornavo ogni inverno per visitare mia madre, poi quando sono riuscita a risparmiare una somma decente l'ho presa con me e non mi sono mai più guardata indietro.-
-Com'è che da Denerim è finita ad Altura Perenne? Non è esattamente dietro l'angolo.-
-Appunto per quello mi sembrava il posto perfetto per stare per conto mio.- rispose Adra, procedendo con perizia nel lavoro che stava compiendo. -Mia madre voleva una figlia, mio padre un figlio. Diciamo che per un po' ho accontentato lui, finché ho realizzato che non ne valeva assolutamente la pena. Dopo quella che lui chiamava una ribellione, lui e gli anziani dell'enclave mi hanno fatto velatamente capire che stavo attirando un po’ troppo l’attenzione e mi hanno dato un ultimatum.- fece una pausa. -“Torna a mettere i pantaloni, o te li infiliamo noi a forza.”-
Lavellan aggrottò la fronte. -Come ne è uscita?-
Adra si strinse nelle spalle. -La mia fuga non è andata poi così male, tutto considerato. Il precedente proprietario della bottega di Tholomeus mi ha offerto un lavoro come- aprì virgolette con un cenno della mano che reggeva l’ago -domestica per via della mia bella presenza e io ho accettato al volo. Quando ha realizzato che sapevo cucire decentemente, mi ha spostata subito alla sua bottega. Sai, prima che Tholomeus fosse un atelier era una cuoieria. È stato il mio lavoro sulla stoffa ad attirare l'attenzione della dinastia Theirin e, di conseguenza, la mia utilità come amante è cessata in virtù del mio valore come stilista.- lanciò a Lavellan un'occhiata veloce. -È davvero divertente vedere quanto velocemente gli uomini riescano a reprimere i propri istinti quando gli metti una borsa piena d'oro sotto al naso.-
-Divertente come il manrovescio di un qunari.- intervenne Lavellan, raccogliendo le mani in grembo. -Non ha mai pensato di venire da noi?-
-Dai Dalish, dice? Ammetto che il pensiero mi ha sfiorata un paio di volte, ma ho desistito istantaneamente, dato che l'unica cosa a cui avrei potuto fare l'orlo lì sarebbe stata la vela di un aravel.- rispose Adra. -Mi piace il mio lavoro, dottoressa. Se lo scotto da pagare per perfezionare la mia arte è l'anonimità, mi sta bene. Penso che sia lo stesso anche per lei, no?-
Lavellan sorrise appena. -Però il mio contrappasso non è poi così tanto severo. Non so se l'ha notato, ma la gente si prostra quando mi vede, chiamandomi "eminenza".-
Adra ridacchiò. -L'ho notato eccome! È uno dei motivi che mi hanno spinta a partecipare a questa pazzia. Lei e i suoi colleghi siete totalmente fuori di testa, nel modo migliore possibile. Penso che i nostri antenati ci stiano guardando dall'aldilà con il binocolo da opera, dividendosi una vasca di frutta secca.-
-In realtà, penso che siano molto confusi.- ammise Lavellan, spostando lo sguardo altrove.
Adra si soffermò a osservarla, poi chiuse l'orlo della manica e se lo appoggiò in grembo con cura. -Come si sente?- le domandò.
Lavellan la raggiunse con un'espressione curiosa. -Mi sento benissimo.- affermò. -Come le ho detto, non ho niente di cui lamentarmi.-
-La cosa mi sorprende. Una donna nella sua posizione ha sempre qualcosa di cui lamentarsi.-
-Non io.-
Adra si sfilò gli occhiali, riponendoli in una tasca del vestito, mentre assumeva un'espressione severa. -Sono un'Elfa anch'io, dottoressa, quindi so che certe cose passano inosservate agli occhi degli Umani.- iniziò. -L'ho osservata tanto, in questi giorni. Per una persona che conduce uno stile di vita come il suo, lei è pericolosamente sottopeso.-
Il viso di Lavellan prese immediatamente una sfumatura di perplessità, che corresse in sorpresa quando si rese conto delle implicazioni di quell’affermazione. -Ah.- disse, semplicemente.
-Ho vestito molte nobildonne, durante la mia carriera.- proseguì Adra. -Non è la prima figura importante con cui interagisco che ha problemi con il cibo.-
-Se non fosse che io non ho problemi con il cibo.- dichiarò Lavellan, con sicurezza. -Non i problemi che intende lei, almeno. È stato un periodo stressante, tutto qui.-
Adra studiò il suo viso con attenzione, poi annuì. -Capisco.- disse. -Quando avrà voglia di parlarne e nessuno con cui si sente a suo agio a farlo, sappia che sono a sua completa disposizione.- aggiunse, addolcendo il tono di voce.
Lavellan si alzò, raddrizzandosi la giacca nervosamente. -Non c'è niente di cui parlare. Come ho detto, è solo stress.- decretò. Fece passare qualche secondo, per riprendere il controllo, poi rivolse alla sua interlocutrice un sorriso tirato. -Grazie per la chiacchierata.- disse, allontanandosi verso l'uscita.
Adra la seguì con lo sguardo, finché non se ne fu andata, poi esalò un sospiro stanco, passandosi una mano sul viso.

Mancava solo una settimana e mezzo alla partenza per Halamshiral e l'Inquisizione intera era in fermento per terminare i preparativi tempestivamente.
Lavellan aveva appena concluso una discussione sulla logistica con Josephine, quando incontrò Cullen, nel salone. Più che incrociarlo, quasi lo travolse, perché diretta di rincorsa verso la Rotonda, dove Solas l'aspettava per il controllo periodico dell'Ancora.
Cullen la afferrò per le braccia giusto in tempo per evitare che gli andasse addosso, poi entrambi si scambiarono un sorriso imbarazzato.
-Ci siamo visti stamattina, eppure sembra che non stiamo insieme da settimane.- disse lui, una volta che lei ebbe finito di farsi visitare la mano. Si mossero verso l'esterno, in direzione del cortile.
Lavellan sospirò stancamente. -Perché è così.- affermò, dopo che ebbero disceso le scale d'accesso al mastio. -L'ultima volta che ci siamo ritrovati da soli ero talmente sfibrata che invece del rapporto sull'Accesso Occidentale ti ho fatto firmare una ricevuta d'acquisto.-
Cullen ridacchiò. -Ero esausto anch'io. Dovevi vedere la faccia che ha fatto Leliana quando le ho consegnato il foglio, totalmente ignaro del suo contenuto.-
-Coraggio! Finirà presto.- lo rassicurò lei, passandogli una mano sulla schiena.
-Lo spero, ma ho come l'impressione che i nostri problemi non scompariranno improvvisamente dopo il ballo.-
Lavellan gli scoccò un'occhiataccia. -Perché mi sono fidanzata con un brontolone?- borbottò. -Non ce la fai proprio a essere positivo, per una volta?-
Cullen sorrise, chinando la testa con aria divertita. -A dire il vero, ti stavo proprio cercando per darti una buona notizia.-
Lavellan osservò con aria perplessa un gruppetto di halla che pascolavano indisturbati tra i manichini d'allenamento. Li indicò al suo interlocutore con il pollice. -Ha a che fare con loro?- domandò.
-Un pochino.- rispose lui, porgendole l'avambraccio. Lavellan scorse un'occhiata inquisitoria sul suo viso, poi si lasciò condurre verso le scalinate che portavano al livello inferiore. Mano a mano che si muovevano, gli halla aumentavano di numero.
-Puoi darmi un indizio?- chiese Lavellan, spingendo con la mano libera il viso di un halla adolescente via da un cespuglio d'alloro, dannoso per il suo stomaco. Quello prese a trotterellarle appresso, scambiando il gesto per una carezza.
-Posso.- rispose Cullen, allegramente. -Siamo diretti alle stalle.-
-Dennet ha preso un cavallo nuovo? Un dracolisco?-
-Meglio.-
-Un unicorno di palude?-
-Per carità!-
Lavellan gli strattonò il braccio, gemendo un verso di fastidio. -Cullen, andiamo! Cos'è?-
Lui si limitò a rivolgerle un sorriso enigmatico, aumentando di poco il passo di marcia.
Raggiunsero lo stabile in poco tempo. Lavellan allora notò che gli halla erano presenti in gregge ed erano accompagnati da una discreta scorta di Dalish. Questi stanziavano attorno alle stalle, controllando che gli animali fossero al sicuro e guardandosi attorno con aria circospetta.
Lavellan riconobbe diversi membri del clan di Brecilian e del clan Ralaferin, tra cui due sue vecchie conoscenze: Mithra e Ashana, con cui aveva stretto amicizia durante l'ultimo Arlathven, dividendo con loro una delle migliori caccie della sua vita.
-Da'len!- la chiamò Ashana, rivolgendole un ampio sorriso.
Lavellan lasciò immediatamente Cullen per correre ad accoglierla. -Aneth ara, lethallin.- la salutò, dopo averla stretta tra le braccia. Porse lo stesso saluto a Mithra, che le appoggiò con decisione una mano sulla spalla.
Lavellan rise dalla felicità, saltellando sul posto per poi racchiuderle entrambe in un nuovo abbraccio. -Se è questa la sorpresa, puoi scordarti l'unicorno di palude!- disse, voltandosi appena verso Cullen, che si era messo a sedere sul bordo del pozzo che stava in mezzo al giardino delle stalle. In tutta risposta, lui rise a sua volta, scuotendo piano la testa.
Mithra si distanziò appena per scorrere su di lui uno sguardo dubbioso. -Siamo qui per onorare il Vir Sulevanin, Ankh.- annunciò, dopo che anche Ashana si fu allontanata. -La tua Inquisizione ci ha garantito passaggi sicuri durante tutto l'inverno, siamo qui per onorare il patto.-
Lavellan inarcò un sopracciglio. -Pensavo fosse stato ampiamente ricambiato.- ammise, rivolgendole un sorriso incerto.
-I nostri cacciatori sono ritornati in sicurezza e che ci hanno riferito di essere stati trattati da pari durante tutta la loro permanenza a Haven, grazie a te.- replicò Mithra. -Sono stati persino scortati dai vostri esploratori durante il tragitto.-
-Mi sembrava il minimo che potessi fare, dato che ci hanno aiutato in un momento di massima difficoltà.-
-Accetta e basta, da'len.- intervenne Ashana, carezzando gentilmente il dorso di un halla che si era avvicinato per partecipare alla conversazione. A dire il vero, non era il solo ad aver mostrato interesse per il dialogo.
Lavellan si voltò di scatto verso le stalle, soffocando un gemito di sorpresa mentre le corna imponenti di un cervo halla facevano capolino dalla porta d'ingresso, seguite dalla massiccia presenza del loro proprietario. Aveva il manto color terra bruciata, smezzato da sfumature crema e da un folto ciuffo che discendeva dai palchi alle narici, poi era alto il doppio degli esemplari che costellavano il cortile e le sue zampe erano lunghe e muscolose.
Curioso, l’halla rosso si mosse lentamente verso il gruppetto, allungando il muso in direzione di Ashana per ricevere una coccola a sua volta.
-Li abbiamo scortati fin qui da Brecilian.- disse Mithra, mentre Lavellan si sporgeva per accarezzare il muso del nuovo arrivato, osservandolo con aria rapita. -Le Guardiane si sono raccomandate di consegnarli direttamente nelle tue mani.- aggiunse, scoccando un'occhiataccia nei confronti di Mastro Dennet, che stava riempiendo una mangiatoia di biada e radice elfica.
-Gliel'avevo detto che non ne aveva idea, Inquisizione!- esclamò quello, realmente divertito dalla situazione.
Lavellan allora si rese conto della presenza di un Passosicuro e di un Reale Sedici, che esploravano le stalle con aria curiosa. -Non so cosa dire, lethallin. Grazie.- mormorò, grattando il cervo sotto al mento. Si voltò allora verso Cullen, che indossava un sorriso soddisfatto. -Da quant'è che lo sapevi?- gli domandò.
Lui fece spallucce, fingendo noncuranza. -Da qualche giorno. Ero stanco di sentirmi dire "non ne ha idea, non ne ha proprio idea" e sono andato a chiedere spiegazioni a Leliana.- rispose.
-Però quando gliel'ho chiesto io non ha voluto rispondermi.- protestò Lavellan.
-Perché le ho detto espressamente di non farlo.- ammise lui, ridendo. -Ne è valsa la pena, eh, mastro Dennet?-
-Oh, decisamente!- replicò quello, osservando con soddisfazione il Reale Sedici mentre si abbuffava di biada. Il Passosicuro, nel frattempo, si era avvicinato al pozzo, per annusare i fiori bianchi che crescevano attorno a esso. Cullen allungò una mano nella sua direzione per accarezzarlo, ma venne costretto a fermare l'azione a causa di un'occhiataccia di Mithra. Allora, giunse le mani in grembo, spostando lo sguardo altrove. -Belle bestie.- commentò, visibilmente abbacchiato
-Ce ne sono pochissimi al mondo.- disse Lavellan, rivolgendo un bel sorriso all'halla rosso con cui stava facendo amicizia. -Il mio clan ne ha accolti un paio nel branco, quando ero ancora una bambina.- fece una pausa. -Era come se Ghilan'nain stessa fosse venuta da noi, per guidarci.- aggiunse, in un sussurro.
Ashana la raggiunse con una sella e delle briglie che posò su un ceppo limitrofo. -Sono certa che fosse così. Questi tre hanno scelto di venire qui di loro spontanea volontà. Trattali con rispetto.-
-Non serve che me lo dica.- disse Lavellan, che nel frattempo stava facendo amicizia anche con il Passosicuro, che le si era avvicinato con aria curiosa. -Mastro Dennet dovrà impedirmi di viziarli.- ammise, passandogli una mano sul dorso.
Ashana la guardò con aria di rimprovero. -Sarà quello shem a occuparsene?- domandò.
-Non essere diffidente. Mastro Dennet è lo stalliere più competente che conosco. Non affiderei questo lavoro a nessun altro.-
Mithra e Ashana si scambiarono un'occhiata tinta d'inquietudine. -Ankh, ne sei sicura?- domandò la seconda. -Sono più che rari. Un segno che i Numi vegliano sul tuo cammino.-
-Non è proprio possibile che sia uno di noi a occuparsene?- intervenne Mithra, avvicinandosi a Lavellan di un passo. -Hanno bisogno di qualcuno che li capisca e gli shem sono noti per trattare le loro cavalcature come bestie.-
-Mastro Dennet è con l'Inquisizione fin dall'inizio. Mi fido di lui incondizionatamente.- ribatté Lavellan, con decisione.
-Incondizionatamente?- ripeté Mithra, scettica. -Non è dei nostri, da'len. Arriva sempre il momento in cui gli Umani si ritrovano a scegliere tra la nostra amicizia e il loro benessere. Non serve che ti dica quale sia il risultato di questo dilemma morale.-
Lavellan si dovette impedire di rispondere a tono. -Non sono i banditi che scacciamo dal perimetro dell'accampamento, sono famiglia.- disse.
-Una famiglia che, se non stai attenta, ti assalirà alle spalle quando non gli sarai più di nessuna utilità.- intervenne Ashana, dubbiosa quanto Mithra.
-Non è stato il tuo clan per primo a incoraggiare la comunione culturale con le altre razze?- domandò Lavellan, appoggiando le mani sui fianchi, irritata. -So chi sono, so da dove vengo e sono in grado di distinguere gli amici dai nemici.-
-Non ci stiamo riferendo solo a uno stalliere.- suggerì Mithra, abbassando drasticamente il tono di voce. -Gli Umani ti chiamano Araldo di Andraste. La donna che ci ha promesso le Valli che i suoi seguaci poi ci hanno tolto. Va sempre a finire così, con delle concessioni, come se avessimo bisogno della loro carità.- le appoggiò una mano sulla spalla. -Non ti avrebbero mai dato questa carica se non fosse stata giustificata dalla benedizione della loro santa eroina.-
-Non è assolutamente vero.- intervenne Cullen, rimettendosi in piedi. -Lavellan ricopre la carica di Inquisitrice per merito, non per concessione divina.-
-Se fosse semplicemente una sopravvissuta del Conclave, scevra di magia del Velo, a quest'ora sarebbe ancora incatenata nelle segrete della vostra chiesa, accusata ingiustamente di una tragedia di cui non è stata responsabile.- precisò Mithra, fulminandolo con lo sguardo. -Non prendiamoci in giro.-
Lavellan alzò immediatamente una mano in segno di ferma. -Apprezzo che mi vogliate difendere, ma non sono una sprovveduta, lethallin. Così come io mi sono dovuta guadagnare la loro fiducia, loro si sono dovuti meritare la mia e adesso siamo in un rapporto di parità.- fece una pausa. -L'Inquisizione è tanto degli Umani quanto delle altre razze, Elvhen in primis.-
Mithra sbuffò una risata secca, spostando un’espressione scettica altrove. -Sei un simbolo, un feticcio, un mezzo per chi ti sta intorno di fare il suo gioco. Per loro avrai importanza finché conviene, poi…- lasciò la frase a mezz’aria, per indicare con enfasi i cancelli di Skyhold.
Lavellan rimase in silenzio per diversi istanti, senza togliere alla sua interlocutrice gli occhi di dosso. -Li varco ogni volta che rischio la vita in prima linea per difendere chi è disperato. Perché chi è disperato non riflette, io sono quella che riflette al posto suo.- disse, esibendo una tranquillità esemplare, nonostante fosse stata posta di fronte all’ennesima valutazione denigrante.
-Questo finché sarai al comando.- intervenne Ashana.
-E sta' sicura che non mi schioderò dalla fottuta poltrona fino allo scioglimento dell’Inquisizione.- affermò Lavellan, con sicurezza. -Nel frattempo, potete rassicurare i Guardiani che possono contare sul mio supporto incondizionato per qualsiasi cosa, anche senza avvalersi del Vir Sulevanin.-
Le due la osservarono a lungo, poi Mithra esalò un sospiro stanco. -Vogliamo solo il tuo bene, da'len.- mormorò, passandole una mano sul braccio. -Il nostro è un legame che non si spezza facilmente, al contrario del concetto volubile di amicizia degli Umani. Quando arriverà il momento in cui sarai in difficoltà, non dimenticarti la via di casa.-
Ashana si sporse direttamente verso di lei, avvolgendola in un bell'abbraccio al quale si aggiunse anche Mithra, quasi subito. Lavellan ricambiò, cercando di deglutire il nodo in gola che le provocava poter finalmente interagire con la sua famiglia di sangue, quella santificata dal vincolo del Vir Tanadhal. Assorbì quell'affetto il più a lungo possibile, soffrendo incredibilmente quando le due si distanziarono, per rivolgerle un sorriso emozionato tanto quanto quello che stava indossando lei.
-C'è, ah...- Lavellan si schiarì la voce. -C'è un buon pascolo, poco distante da qui. Se Tarasyl'an Te'las non vi sembra sicuro per gli halla, potete accamparvi lì. Vi accompagnerò io stessa.-
Mithra lanciò un'occhiata veloce a Cullen. -Ma serannas, da'len.- disse. -Ma hanno già pensato a tutto i tuoi collaboratori. Mi auguro che verrai a farci visita nel pomeriggio, così potremmo condividere un po' di racconti.-
Ashana ridacchiò. -Abbiamo sentito che hai cacciato tre draghi.- disse, pizzicandole il mento con affetto.
-Quattro.- precisò Lavellan, rivolgendole un sorriso malizioso. -L'ultimo sputava ghiaccio.- aggiunse, voltandosi appena verso Cullen, ancora infastidito da quello scambio. -Vi farò un resoconto dettagliato dello scontro, più tardi.-
Ashana e Mithra accettarono quella promessa con piglio soddisfatto, poi entrambe si congedarono.
-Falon'Din'enaste, lethallin.- le salutò Lavellan, rivolgendo a entrambe un sorriso pieno. -Dareth shiral.-
Le due ricambiarono, poi si diressero verso il gruppo di Elfi che le stavano aspettando, radunando gli halla per raggiungere il loro accampamento fuori dalla fortezza.
Lavellan allora tornò a coccolare l'halla rosso, con aria malinconica, aspettando che Cullen la raggiungesse per sorridergli. Lui, che era tutto fuorché allegro, sbuffò un sospiro dal naso. -Lo so che non si fidano, ma sentirle mettere in dubbio il nostro rapporto in quel modo non è stato piacevole.-
Il sorriso di Lavellan prese una sfumatura malinconica. -Lo so.- mormorò.
Lui, che era già pronto a stilare un panegirico dedicato a lei e all’Inquisizione, si impose di bloccarsi. A sorpresa, dato che non era incline alle dimostrazioni pubbliche d’affetto, le circondò le spalle con un braccio, traendola a sé quel poco che bastava per trasmetterle la sua vicinanza.
Lavellan deglutì, mentre raggiungeva con le dita il fazzoletto che portava al collo, il suo pegno. -Una cosa non esclude l’altra.- disse, mantenendo basso il tono di voce.
-Pensavo che sarebbe stata una bella sorpresa.- si giustificò lui, altrettanto fiocamente. -A saperlo, ti avrei avvisata.-
Lavellan strinse la presa sulla stoffa, mentre cercava delle parole adatte da offrirgli. -Lo è stata, vhenas, non preoccuparti. Ci sono abituata.-
-Non dovrebbe essere così, vita mia. Non devi provare niente a nessuno.-
In risposta a quella rassicurazione essenziale, lei si costrinse a scrollarsi di dosso l’atteggiamento difensivo che si ritrovava ad assumere quando chi le stava attorno dubitava della sua persona e del suo giudizio, proprio perché Cullen era lì per contraddire quella valutazione ingiusta. Fece un respiro profondo, poi raggiunse la mano libera del suo compagno per sollevarla. La portò di fronte al naso dell'halla rosso, che l'annusò con aria curiosa, poi la lasciò, permettendo all'animale di strusciarci il muso.
Fu amore a prima vista, per entrambi, perché la cavalcatura riconobbe al volo la mano del cavaliere, intuendo che di fronte a essa ci fosse un individuo che la rispettava. Lui, di rimando, si rendeva perfettamente conto del senso di orgoglio che emanava la creatura e ricambiò quel rispetto fin dalla prima carezza.
Cullen però ci stette davvero poco a coccolarla, sovvertendo le aspettative di Lavellan, che era certa di avere intravisto la delusione nel suo sguardo quando gli era stato impedito di approcciare il Passosicuro. Prima ancora che potesse articolare una domanda, quelle stesse aspettative che erano state sovvertite si ritrovarono a fare i conti con un’asticella che scattava più in alto di diversi tasselli.
Infatti, lui appoggiò la mano libera sul suo viso, la attirò lievemente a sé e la baciò.
Si trattò di un bacio breve, delicato, di conforto, seguito dal dolce sfiorarsi delle loro fronti. Ogni intervento esterno apparve attutito, schermato da una barriera protettiva al cui interno esisteva solo un gran senso di sollievo.
Cullen indugiò sul labbro inferiore di Lavellan con il pollice, sfiorandolo delicatamente, poi le consegnò un nuovo bacio, altrettanto pacato.
-Pensavo volessi mantenere un atteggiamento professionale, quando siamo fuori.- sussurrò lei, agognando un’intensità che non era il caso di esibire in pubblica piazza.
Lui, che era nelle stesse condizioni, sorrise istintivamente. -Tu sei più importante.-
Era una rassicurazione molto potente, nonostante fosse mascherata da parole semplici; Lavellan poteva sentirla fisicamente.
Fu lei a innescare il terzo bacio, così come fu lei a prendersi la responsabilità di smorzare la tensione che percepiva chiaramente nell’aria che li circondava, frizzante come il profumo di essenza di elettricità che emanava la persona che amava.
-D’accordo, puoi assistere Mastro Dennet mentre gli dà da mangiare.- disse, con una voce forzatamente lamentosa. -Non serviva dare spettacolo.- finse di rimproverarlo, per permettergli di prendersi i suoi spazi, uscendo da una situazione rischiosa.
Lui ridacchiò. -Ah, no?- domandò, guardandola come se effettivamente fosse l’unica cosa che contasse per lui in quel momento.
Lavellan, realizzando che non si era ancora distanziato, reciprocó il suo sguardo. -No, ma se per buona misura mi baciassi di nuovo, non mi verrebbe da lamentarmi.-
-Cos’è, un invito?- mormorò lui, posando gli occhi sulle sue labbra, mentre le sorrideva in maniera intrigante.
-Una raccomandazione.- precisò lei, appoggiando le mani sul suo petto. E quell'ultimo bacio che si scambiarono le confermò che lui non aveva per niente intenzione di lasciarla andare.
Il pensiero che lui diventasse la costante che dissipava la sua confusione le restituì la tranquillità che era sicura di aver perso da che aveva affrontato le Valli. Assegnargli la responsabilità di essere la sua vhenas non sembrava così gravoso, anche perché lei sapeva che era una rivendicazione condivisa.
-Tornerai da loro, quando tutto sarà finito?- le domandò Cullen, schiudendo lo sguardo dopo l'ennesimo bacio idiomatico di un desiderio più profondo. Evidentemente, anche lui era arrivato alla conclusione che era il caso di allentare la tensione.
-Dipende da come finirà.- ammise lei. -Dovrò tornarci per forza, comunque.- gli rivolse un sorrisetto. -Non è forse costume umano conoscere i parenti della propria compagna per rassicurarli sulle proprie intenzioni, quando le cose si fanno serie?-
Cullen soffiò una risata nervosa, spostando lo sguardo altrove. -Benedetta Andraste, e io che speravo che aberrassi certe tradizioni.-
Lei inarcò un sopracciglio. -Quindi non sei proprio… contrario all'idea di conoscerli.-
Di fronte a quell'intervento, lui rimase interdetto. Per un attimo parve regredire a quei tempi in cui non riusciva a ragionare di questioni private con lei per paura che le cose si facessero troppo personali.
-Lo so, è presto per parlarne.- si affrettò a dire Lavellan, ritornando ad assumere un'espressione malinconica. -Lasciami un po' perdere su queste cose, tendo a proiettare la mia testa troppo avanti nel futuro quando sono presa da un'idea. E tu, onestamente, sei un'ottima idea.-
Lui si prese qualche secondo per studiare il suo viso, come se stesse cercando le parole adatte per esprimersi, poi esalò un sospiro nervoso. -Non voglio lasciarti perdere.- ammise. -Mi andrebbe di…- fece una pausa, per rivolgerle un'occhiata decisa. -Fare quello che va fatto, insomma.-
Fu il turno di Lavellan di rimanere interdetta.
A quella reazione, lui reagì con un'espressione colpevole. -Solo perché voglio andarci piano, non significa che le mie intenzioni nei tuoi riguardi siano superficiali.-
-Non l'ho mai pensato, vhenas.- lo rassicurò lei. -Peró, ecco, per me questa è una cosa nuova.- sorrise, con aria incerta. -Di solito, se ne vanno prima.-
-Pensi che non durerà?-
-Con la sfortuna che ho, è una possibilità.-
-E poi sono io il pessimista!-
Lavellan lo ringraziò di cuore, mentalmente, per quell'uscita. Si ritrovò a buttare fuori una risata, alla quale si unì anche lui, poi lo abbracciò, per quanto la sua armatura glielo permettesse, guardandolo con un'intensità tale da dimostrargli che anche per lei quando erano insieme non esisteva altro al mondo.
Purtroppo, quell'"altro" si manifestò prima del previsto, sotto forma di soldato.
-Comandante?-
-Puó aspettare.- decretò Cullen, rispondendo al nuovo arrivato senza togliere gli occhi di dosso a Lavellan.
-Signore, non la disturberei se non fosse urgente.- tornò alla carica il soldato, con una punta di nervosismo nel tono di voce.
Lavellan, pur soffrendo dello stesso fastidio del suo compagno, si sforzò di fare un passo indietro, metaforicamente e fisicamente. Si allontanò appena, seguita dall'espressione desolata di Cullen.
Quest'ultimo esalò un sospiro stanco, poi si voltò verso il suo sottoposto. -Dí al Capitano di passare nel mio ufficio. Vi raggiungerò fra cinque minuti.-
-Il Capitano, signore?-
-Il Capitano Rylen, chi altri?-
Ci fu un istante di silenzio, in cui Lavellan tentennò e il soldato assunse un'espressione smarrita. -Il Capitano è tornato?- domandò il secondo.
Cullen ammiccò, altrettanto confuso. -Tornato?- gli fece eco. Gli ci volle un istante per prendere coscienza di quello che stava capitando. -Vedi cosa succede a dormire con un buco sul soffitto? Prende freddo il cervello.- borbottò, con tutta l’intenzione di minimizzare. -Trova Ser Camille e spiegale la situazione. Vi raggiungo subito.- ordinò.
Il soldato si mise sull'attenti e si dileguò, lasciandoli soli.
Lavellan scorse uno sguardo preoccupato sul suo compagno, che dissimulò con un sorrisetto e un'alzata di spalle. -La vecchiaia che avanza.- scherzó lui.
Lei però, al contrario del soldato, non si bevve quella scusa. -Che succede, vhenas?- chiese, abbassando il tono di voce.
Cullen si sporse su di lei per sfiorarle le labbra con un bacio. -Succede che dovremmo tornare. Ho ancora un sacco di lavoro da sbrigare e Leliana si starà chiedendo che fine hai fatto.- disse.
-Dovremmo anche stare un po' da soli.- mormorò Lavellan, realizzando che in un contesto del genere non si sarebbe mai aperto con lei. -Ceniamo insieme, stasera. Ti prego.-
Lo sguardo di Cullen assunse una sfumatura di desolazione. -Stasera devo istruire la scorta designata per il ballo, amore mio, mi dispiace. Potrei passare più tardi, però.-
Lei schioccò la lingua sul palato, spostando uno sguardo seccato altrove. -No, sarò impegnata tutta la notte con le prove del vestito.-
Cullen annuì piano, poi fece un respiro profondo e tornò a sorriderle. -Non ce la facciamo proprio, eh?- disse, prendendola sottobraccio per guidarla verso la sala del consiglio.
-A quanto pare.- affermò lei, ricambiando con un sorriso macchiato di nervosismo. Ed entrambi proseguirono silenziosamente verso l'obiettivo, con la delusione dipinta in faccia.


 



-Nota-

Questo capitolo in una gif: https://i.makeagif.com/media/1-18-2016/IG0pka.gif
Bonus: “Sarebbe ora che se li togliesse”
Lav: https://media.tumblr.com/dfa46f83bd9a8a24f473babccf41adbe/tumblr_inline_n3coyiMJqX1qkosys.gif
Trash a parte, stesso disclaimer che feci per il capitolo 4: se il modo con cui sto trattando certi temi risultasse superficiale, od offensivo, non fatevi problemi a dirmelo, in modo che possa sistemare le cose.

 

   
 
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