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Autore: Bibliotecaria    01/10/2022    0 recensioni
In un mondo circondato da gas velenosi che impediscono la vita, c’è una landa risparmiata, in cui vivono diciassette razze sovrannaturali. Ma non vi è armonia, né una reale giustizia. È un mondo profondamente ingiusto e malgrado gli innumerevoli tentativi per migliorarlo a troppe persone tale situazione fa comodo perché qualcosa muti effettivamente.
Il 22 novembre 2022 della terza Era sarebbe stato un giorno privo di ogni rilevanza se non fosse stato il primo piccolo passo verso gli eventi storici più sconvolgenti del secolo e alla nascita di una delle figure chiavi per questo. Tuttavia nessuno si attenderebbe che una ragazzina irriverente, in cui l’amore e l’odio convivono, incapace di controllare la prorpia rabbia possa essere mai importante.
Tuttavia, prima di diventare quel che oggi è, ci sono degli errori fondamentali da compire, dei nuovi compagni di viaggio da conoscere, molte realtà da svelare, eventi Storici a cui assistere e conoscere il vero gusto del dolore e del odio. Poiché questa è la storia della vita di Diana Ribelle Dalla Fonte, se eroe nazionale o pericolosa ed instabile criminale sta’ a voi scegliere.
Genere: Angst, Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Nota dell’autrice
Primo punto: scusatemi, non era mia intenzione essere assente per così tanto tempo ma questo mese sono successe cose abbastanza importanti che mi hanno tenuta impegnata e non riuscivo a concentrarmi, scusatemi :(
Secondo punto: Ho scelto di dividere il capitolo in due parti per non lasciarvi totalmente a bocca asciutta per un altro mese. Anche se mi da fastidio farlo d’ora in avanti, se mi ricapiterà di essere in difficoltà, cercherò di pubblicare in questo modo per non lasciarvi totalmente senza nulla e concedermi un po’ più di tempo per cercare di andare avanti coi capitoli, dato che io non pubblico MAI la prima stesura e cerco sempre di rivederlo due o tre volte minimo prima di pubblicare
Terzo punto: Ho notato con piacere che il numero di letture sono aumentate, grazie mille per questo. Non ho parole per esprimere quanto questo mi renda felice, un grosso bacio a tutti
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
9. Momenti che definiscono la Storia
 
 
 
 
Generale Ribelle, 18 marzo 2047
 
 
 
I giorni che seguirono l’inizio della riconquista furono peggio dell’Oblio.
Eravamo stati costretti a spostare migliaia di veterani e reclute da tutti i perimetri disponibili e decidere come riorganizzarli per riuscire ad ottenere i numeri necessari per riconquistare il fronte e, al con tempo, non lasciare sguarniti i punti nevralgici dei nostri confini.
Per fare questo dovemmo rimescolare diverse compagnie da diverse postazioni, mischiarle tra loro in reggimenti totalmente nuovi e metterli sotto il comando di ufficiali diversi da quelli originali.
 
In parole povere riorganizzammo la gerarchia di comando in tempi record, in meno di una settimana eravamo pronti. Per questo devo anche ringraziare la collaborazione di tutti: nessuno osò fare storie per eventuali retrocessioni o smistamenti, probabilmente incoraggiati dalle mie minacce di morte e sgretolamento della Neo-repubblica se non muovevamo il culo.
 
Poi incominciò, migliaia di giovani vennero spostati verso est e mandati a combattere fino alla morte per riconquistare i territori perduti.
Oreon mi restò vicino tutto il percorso, parlavamo fittamente spostandoci a mano a mano sempre più vicini al confine di guerra per essere in grado di dare ordini rapidamente ed efficacemente poiché ogni secondo contava.
Il nostro progredire era lento in confronto alla rapida e distruttiva azione che il Governo ci aveva inflitto, ma ogni centimetro che recuperavamo, ogni città che sottomettevamo, ogni comune che andava sotto il nostro controllo restava nostro, eravamo un lento aratro, grosso e pesante che solcava la terra ristabilendo un nuovo ordine naturale nelle cose, riplasmando il terreno a nostro favore.
Non cedevamo, non ce lo potevamo concedere.
Dormivo sognando le strategie, mangiavo e contavo il rancio da dare ai soldati, pisciavo e pensavo a nuove strategie, a mille possibilità, ogni altra cosa era superflua.
 
Il resto dei confini li avevo lasciati nelle mani di persone fidate e avevo oppresso quella vocina in me che continuava a temere per le sorti del resto dei nostri confini. Per quei mesi non esistette nulla se non la regione di Calante, ogni mio singolo pensiero ricadeva in quella striscia di terra.
 
Attraversavo i territori conquistati e vedevo macerie, fuoco e corpi oramai abbandonati, vedevo profughi, gente che fino ad un mese fa considerava la guerra lontana avere quello sguardo di chi ha assistito alle atrocità del mondo che lasciavano solo ferite.
Cercavo di non perdermi in quelli sguardi, o sarei stata inghiottita pure io.
 
Persi lentamente il conto di quanti giovani stessero morendo, era inevitabile, ne ero conscia, ma vederlo ogni giorno logora l’animo. Soprattutto se si è consci che esisterebbe un modo per impedire tale massacro, e una vocina in me continuava a sussurrarmi di usare il nostro asso nella manica. Sapevo che era lì, pronto ad essere usato alla prima occasione, ma mi trattenni anche solo dal proporlo.
Denin era stato sibillino in ciò che poteva fare, quindi non aveva certezze e Tehor non era pronto, gli serviva ancora del tempo per comprendere a pieno lo strumento.
Quindi attesi, se il nostro asso nella manica, la nostra carta selvaggia, era veramente quel che Denin aveva promesso adesso avrebbe fatto solo tanto rumore, li avrebbe distratti per un giorno o due ma dopo si sarebbero ripresi e magari gli sforzi compiuti si sarebbero tradotti in nulla.
Se invece le previsioni di Denin erano errate allora sarebbe stata una speranza inutile e io non potevo giocare di Fortuna.
Non mi sarei mai perdonata di aver sprecato l’occasione di inginocchiare Jiuli con una sola mossa se effettivamente avrei potuto avere l’opportunità, dovevo essere paziente, dovevo essere una volpe in un mondo di leoni.
 
 
La presenza di Oreon fu cruciale per la mia sanità mentale, poiché lui aveva Nim che ci teneva aggiornati, stillava liste, faceva tutti quei lavori tediosi per cui nessuno di noi due aveva tempo da dedicare. Per quanto potesse essere cronicamente goffa e timida era estremamente efficiente, non si distraeva mai, lavorava fino a tardi senza battere ciglio mentre noi due con il passare delle settimane e dei mesi iniziavamo ad accusare la stanchezza.
Fu lì che il talento di Nim nell’essere una balia incredibile si rivelò cruciale: si assicurava che noi due badassimo a noi stessi, alle volte ci obbligava ad andare a letto e si assicurava che mangiassimo un po’ e che non compissimo qualche azione sconsiderata. Il suo lavoro poteva essere meno impegnativo sotto certi punti di vista ma era fondamentale. Era anche estremamente brava a fare da comunicatore tra noi e gli altri generali e alti ufficiali, lei e tutti gli assistenti si conoscevano e si scambiavano informazioni con la rapidità di chi è cresciuto con quelle tecnologie e la confidenza e schiettezza della giovinezza.
In quei tre mesi quei dieci anni di differenza si fecero sentire orribilmente.
 
 
Verso la fine della primavera i sacrifici diedero i loro frutti: piano piano sempre più città avevano una bandiera bianca con il loto colorato ad adornare gli edifici pubblici.
E in men che non si dica restarono solamente gli ultimi due obbiettivi di questa campagna: Calante e il forte che proteggeva a città dall’alto e se questo non fosse caduto non avrebbe importato se Calante andava nelle nostre mani, non saremmo riusciti a passare per l’antica strada elfica senza perdere ogni singolo componente dell’esercito.
Il nostro piano incominciò col trovare una posizione vantaggiosa da cui iniziare l’assedio. Quello fu semplice: i colli della zona fornivano una difesa naturale; non avrebbero potuto colpirci con i loro missili così facilmente ma, data la distanza, neppure noi avremmo avuto vita facile, saremmo stati costretti a combattere in campo aperto se desideravamo prendere il forte, ma si trattava d’una missione suicida, allo stato delle cose.
 
Il forte aveva le dimensioni di una città murata, mura in cemento armato, una cittadella che di fatto era un bunker a prova di bomba in cui si rifugiavano gli ufficiali. Era situato sulla cima più alta nel raggio di dieci chilometri e sapevo che avevano un arsenale bellico in grado di fare invidia a qualunque esercito. E sapevo che si erano preparati a dovere per accoglierci nella maniera più calorosa possibile. Una buona parte della foresta e dei vigneti erano stati disboscati lasciando almeno cinque chilometri di campo aperto, le case dei contadini erano state evacuate e mezze distrutte per impedirci di avere una qualche sorta di riparo. Il terreno era stato sicuramente disseminato di mine, almeno nei punti in cui il terreno era più agevole qualsiasi debolezza quell’antico forte avesse posseduto era stata serrata.
Noi d’altro canto cosa avevamo? Tende, trincee, caverne, qualche arma decente e qualche mezzo utile. La riconquista aveva assottigliato le file e spossato i soldati rimasti, molte armi che avevamo erano mezze distrutte e tutto ciò che era in nostro possesso era stato rattoppato in qualche occasione. Non avremmo mai vinto in uno scontro frontale e un assedio se fosse durato troppo a lungo ci avrebbe causato qualche problema coi nostri alleati Ashiari e la promessa che ci eravamo scambiati. Compresi che era giunto il momento di tirare fuori qualche vecchio trucco appreso all’inizio della guerra, quando non avevamo ancora nulla e dovevamo giocare al gatto e al topo per vincere.
 
 
La prima riunione su come far cadere la città avvenne all’interno di una grotta mentre i soldati costruivano le trincee in cui avremmo dovuto vivere per i prossimi mesi.
Osservammo a lungo la mappa: la tecnica più semplice per far cadere il forte era metterlo alla fame ma non sarebbe stato facile. Il primo grosso problema era che Calante era uno snodo commerciale vitale per raggiungere l’Est, quindi, anche se i rifornimenti non sarebbero arrivati da Ovest, l’Est avrebbe provveduto ai bisogni di Calante e della sua fortezza. Pertanto, dovevamo impedire la facilità di trasporto, il che significava colpire la ferrovia, l’avremmo potuta rendere inagibile abbastanza facilmente, la stazione era il punto più semplice da colpire ma anche mettere fuori gioco la linea ferroviaria che connetteva Calante alla fortezza sarebbe stato importante per ridurre i rifornimenti: un treno può trasportare molta più roba con maggiore facilità e velocità di un camion. Per quello avevamo delle cellule in città, le avevamo inserite un anno fa in previsione della presa di Calante, ovviamente non avremmo saputo se le avremmo mai usate ma avere un gruppo discreto e fedele nei posti giusti è stato uno dei modi in cui avevamo tirato avanti in quella maledetta guerra.
Poi dovevamo trovare un modo per rendere il forte indifendibile per il Governo o sarebbe risultato una scocciatura di una durata eccessivamente lunga.
Come se non bastasse era giunta voce che sulle Tre Cime la situazione si stava facendo movimentata, non avrebbero tenuto il Ferir a lungo se continuava così. Eravamo stati costretti a ridurre il numero di uomini impegnati a Calante per poter mandare rinforzi sulle montagne a Sud, le Tre Cime, e, lentamente, iniziò la carneficina anche sulle montagne.
Oreon dopo un’attenta lettura della mappa mi propose un’idea, lo ascoltai. Il piano pareva fattibile ma non sarebbe stato facile. Però non ci sono mai piaciute le cose facili.
 
Due giorni dopo la stazione ferroviaria di Calante era esplosa nel cuore della notte, mentre i treni con i primi rifornimenti per il forte venivano preparati.
Forse non potevamo affrontare il fronte e non potevamo scendere a valle su Calante senza decimare l’esercito ma adesso la cittadinanza e quelli ai piani alti avevano ricevuto il messaggio: possiamo entrare e uscire dalla città come ci pare, possiamo conquistarla senza il bisogno di un esercito. E la paura è un’arma potente, poiché quando la gente ha paura fa cose stupide che a lungo andare si ritorcono contro. In questo caso i rastrella menti furono la loro mossa sciocca. I nostri uomini sapevano come cancellare le loro tracce erano stati addestrati al non farsi notare, i rischi per loro, paradossalmente, erano molto più bassi adesso che si compivano indagini sommarie. E anche se fosse erano soldati addestrati, se avessero compreso che la loro posizione era stata compromessa si sarebbero dati alla macchia o sarebbero morti nel tentativo.
 
In breve tempo i giornali si fecero riempirono di persone fucilate perché sospettate di essere partigiani ma per ora se la stavano prendendo con civili che non centravano nulla per spingerci a ritirare le nostre truppe o ad interrompere gli attacchi. Mossa inutile, lo sapevano entrambe le fazioni.
 
 
“Bastardi…” Sussurrai gettando il giornale del 1° giugno 2043 nella pattumiera. “Concordo, ma cosa dobbiamo fare? Se ci ritiriamo adesso perdiamo tutti i progressi attuati.” Oreon non lo disse ma era sottinteso che nell’istante in cui avevamo dato l’ordine di attaccare la ferrovia eravamo ben consci della possibilità che le paranoie generate da un attacco simile sarebbero sfociate in violenza. Ma non osammo pronunciare questa verità, difficile dire se per noi o per chi ci circondava.
Vidi Nim raccogliere il giornale dalla pattumiera e lo iniziò a sfogliare. “Nim che cerchi?” Domandò Oreon paziente. “Tutto e niente, voglio solo aggiornarmi sulla propaganda di Calante.” Disse Nim sfogliando le pagine fino a quando non ne incrociò una che attirò la sua attenzione. “Le procedure per lo stato d’emergenza si sono inasprite. A quanto pare adesso bisogna avere dei permessi scritti per muoversi per la città.” Oreon sospirò mentre in lontananza esplose una bomba, intuii che si trattasse di un terra-terra Azra-12k dal rumore, erano quelli in dotazione all’esercito del Governo, non poteva colpire il campo in cui eravamo ma di sicuro metteva tutti noi sotto pressione.
“Non ne sapevo nulla di questi inasprimenti.” Continuò Nim una volta che il rombo fu concluso. “Voi ne sapevate qualcosa, giusto?” Oreon la guardò dolcemente e le fece un mezzo sorriso che parlava da sé. Era ovvio che ne sapevamo già parecchio, ma la Camera aveva deciso di non farne parola e aveva deciso di arginare la stampa su tale argomento. “Generale, ho il permesso di chiedere perché questa cosa non è riportata da nessuna parte?” Domandò Nim guardando Oreon dritto negli occhi, questi sospirò. “Nim, sei una ragazza intelligente. Credo che tu possa capire che il popolo non apprezzerà particolarmente un trattato di pace tra la Neo-repubblica e il Governo, preferiamo non gettare altra benzina sul fuoco, allo stato delle cose non serve a nulla.” “Ma…” “Nim, capisco il tuo punto di vista ma la situazione attuale la conosci molto bene. Sai che a breve saremmo costretti a stipulare un trattato di pace. Ci restano solo tre anni, dopo i fondi finiranno o peggio non avremmo più un centesimo.” Nim abbassò lo sguardo. “Questo lo so. È solo che… mi sento in colpa, mi sembra quasi di aver abbandonato a loro stessi tutte quelle persone che sono costrette dall’altra parte del confine. E di tradirli perché attueremo un patto con chi è causa della loro sofferenza.” La confessione di Nim non ci era estranea, era però un sentimento nato da un desiderio talmente altruistico da diventare egoista. “Nim non possiamo salvare tutti e fare patti con dei mostri è necessario. Se non lo avessimo fatto non ci sarebbe una sola fabbrica funzionante in tutta la Neo-repubblica. Conosco queste emozioni ma se posso scegliere tra una resa pacifica e il rischio di un cambio di rotta preferisco fare quel patto con un bastardo.” Nim rimase in silenzio, non saprei dire se lo fece perché aveva compreso di essere nel torto o perché conscia che non ci avrebbe fatto cambiare idea.
Seguirono giorni di logoramento. Eravamo in un perpetuo stato di apparente attesa, mentre tra le ombre iniziavamo a muovere i fili che ci avrebbero condotti alla vittoria. Peccato che le cose non vanno mai lisce, mai, e tutto quello che si può fare è improvvisare e usare quel che si ha e quel che si sa.
   
 
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