Capitolo 7
Il fischio assordante dell’aria che fuoriusciva dall’hangar
riempì la cabina. Allo stesso tempo, uno scossone terribile segnalò lo sgancio
dei perni che tenevano il Freedom legato alla Pardatchgrat. Durò solo un
attimo, poi il silenzio totale. L’aria attorno alla navetta era sparita.
«Propulsori RCS attivi»
Quando Samantha riaprì gli occhi si trovò davanti
all’infinità del creato. Il nero profondo inghiottiva la luce delle poche
stelle visibili come piccole lucciole in una notte di pioggia. Lentamente,
Watts fece ruotare lo shuttle su sé stesso grazie ai piccoli propulsori posti
strategicamente in giro per la navetta e cominciò ad allontanarsi dalla nave
madre.
«E’ sempre meraviglioso. Non ci si stanca mai» disse Sarang
da dietro scrutando l’esterno. Nessuno ribatté, ma era chiaro che tutti fossero
d’accordo mentre guardavano fuori ammutoliti.
«Pardatchgrat, sgancio effettuato. Ci prepariamo alla
manovra»
‘Ricevuto Freedom. Riportate in posizione’
«Ok gente, siete pronti?» chiese Pimpez mentre si
stiracchiava sul suo sedile. «Diamo ufficialmente inizio all’operazione Pony
Onnipotente» sentenziò mentre picchettava con le dita sul suo MSU al polso.
Nessuno rispose: il generale sembrava l’unico a riuscire a
rilassarsi lì dentro. I pony militari fissavano ritti davanti a loro il pianeta
d’Equestria che pian piano compariva nel parabrezza. Stavano per tornare a
casa, e sebbene nessuno di loro ci fosse mai stato, il pensiero di vedere per
la prima volta la terra dei propri avi aveva reso tutti molto nervosi. E non
erano lì per una gita turistica: avrebbero ucciso Celestia, la loro
principessa. Probabilmente il più grave crimine che il suddito di un regno
potesse immaginare di compiere.
«Qualcuno qui ha portato sacchetti per il vomito? Speriamo
che il comandante sia clemente con noi» disse sarcastico Pimpez: era la prima
volta che qualcuno prendeva in giro Watts.
«Può stare tranquillo, generale» rispose atona la pony
grigia mentre posizionava lo shuttle con il joystick sulla traiettoria di
manovra. Samantha rimase ammutolita a guardare lo spettacolo che le si parava
di fronte: Equestria era perfettamente sotto di loro. Davanti al parabrezza la
luce del tramonto in arrivo colorava l’arco di atmosfera di mille tonalità
meravigliose. Questa volta però si distrasse abbastanza brevemente da non far
infastidire Watts.
«Pardatchgrat. Freedom è in posizione. Pronti alla manovra»
‘Freedom. I vostri dati
sono stati trasmessi al Comando Stellare. Autorizzati alla manovra di de-orbit.
Buona fortuna’ rispose questa volta la voce di Sparkey.
«Pressurizzazione cabina ok. Superfici di controllo ok.
Piattaforma inerziale ok» confermò velocemente Samantha controllando gli
schermi.
Watts annuì con un battito di ciglia «Ci siamo». La pony
cinerea raccolse nello zoccolo destro le manette dei motori orbitali e dopo
qualche secondo spinse a fondo. Tutti si strinsero nei sedili pronti al contraccolpo,
ma non accadde nulla.
«Che succede?» chiese nervosamente Springer da dietro. Watts
riprovò più volte ad alzare ed abbassare le manette senza alcun risultato.
«Allora?» insistette il pony paglierino.
«Non lo so. I motori orbitali non vanno»
«Cosa vuol dire “i motori non vanno”?»
«Vuol dire quello che ho detto, Springer». La pony roteò gli occhi mentre cominciava ad armeggiare coi
pulsanti.
«Maledizione Lasseter, che diavolo di controlli hai fatto?»
«Cosa c’entro io? Mica si testano i motori accesi
camminandoci davanti, razza di idiota»
«Merda…quanto tempo abbiamo prima di perdere la manovra?»
«Se steste zitti invece di blaterare, magari riuscirei a risolvere
il problema!» berciò Watts mentre faceva scorrere fiumi di informazioni tra gli
schermi davanti a lei.
Pimpez era rimasto in silenzio e Sammy non poteva vedere
quale fosse la sua espressione dietro di lei, ma non preannunciava nulla di
buono.
‘Freedom, qui
Pardatchgrat. Cosa succede? Perché non siete ancora partiti?’ chiese la
voce gracchiante di Sparkey.
«Uh…i motori orbitali sono in avaria» rispose incerta
Samantha mentre Watts continuava a sbracciarsi tra i comandi.
‘Freedom. Avete sei minuti prima che la finestra di manovra
si chiuda. Se non li attiverete in tempo dovrete rientrare’
«No!» urlò improvvisamente Pimpez. «L’Alto Comando ha dato
ordini precisi di massima urgenza. Non esiste che torniamo indietro»
«…ricevuto Pardatchgrat» rispose Sammy ignorando il generale
che non poteva essere sentito alla radio.
«Mi prendi per il culo Betz? Hai sentito cosa ho detto?»
continuò iracondo Pimpez attraverso l’interfono. Sammy si sentì grata di non
dover sostenere lo sguardo di quel pallone gonfiato in quella situazione. «Dì
immediatamente a quell’aborto giallo che non torniamo indietro, o ti giuro
che…»
«L’impianto del carburante non è pressurizzato» disse improvvisamente
Watts salvando Sammy. «O meglio, lo è fino a un certo punto. Sembra che un’elettrovalvola
non si sia aperta»
«Cazzo! E quindi? È grave?» chiese Springer sempre più
nervoso.
«Forse. Qualcuno deve andare fuori a vedere» disse Watts
volgendo lo sguardo freddo verso Samantha «Qualcuno che abbia un minimo
dimestichezza con valvole e pezzi meccanici»
Fantastico.
Qualche decina di secondi dopo, Samantha era già nel piccolo
airlock dello shuttle mentre indossava l’imbragatura sopra la tuta spaziale.
Lasseter agganciò il moschettone alla pony e diede qualche strattone al cavo
d’acciaio per testare la tenuta. Subito dopo, Watts le porse una pagina del
manuale operativo della navetta «C’è una piccola apertura accanto al timone di
coda. Lì c’è la nostra valvola»
Samantha annuì infilandosi il disegno in una tasca stagna,
prese la cassetta degli attrezzi e con un cenno salutò il gruppo mentre la
porta la separava dalla cabina. Pochi attimi dopo, Sammy udì il familiare
sibilo dell’aria e con una lieve spinta si trovò nel vuoto.
Ammirò l’infinità di nulla che la circondava ed il silenzio
assordante che avvolgeva la sua mente. Lì fuori eri solo con te stesso come in
nessun altro luogo. Le passeggiate spaziali erano una cosa di routine per una
come lei. Non era raro che le tante antenne della Pardatchgrat si
danneggiassero durante i lunghi viaggi, ed era compito suo e di Ashley garantirne
il funzionamento. Solitamente si portava dietro sempre un tecnico che potesse
subito intervenire in caso di danni gravi: era la prima volta che usciva da
sola. Completamente contro qualsiasi regolamento, pensò. Ma non c’era tempo per
questo.
‘Mi senti Betz?’.
La voce di Watts ruppe quel magnifico silenzio.
«Forte e chiaro, purtroppo»
‘Muoviti invece di fare la stupida. Abbiamo solo quattro
minuti’
Sammy si spinse lungo lo shuttle verso la parte posteriore:
la sua superficie scurissima quasi brillava sotto la luce del sole, e il grosso
timone di coda sembrava la guglia minacciosa di un castello stregato. Anche se
non udiva alcun suono, Samantha percepiva le vibrazioni di quella complessa macchina
quando la sfiorava: era tutto acceso, e avvicinarsi a quegli ugelli non
l’allettava proprio per niente.
Con pochi balzi fu alla base del piano di coda. Da lì poteva
vedere la Pardatchgrat fluttuare poco sopra di loro: era da un bel po’ che non
la vedeva per bene da lontano con i suoi occhi. Era così elegante, longilinea,
la sua casa tra le stelle. Avrebbe così tanto voluto spiccare il volo e tornare
sulla sua nave volteggiando nel nulla, tornare da Ashley.
'Allora? Ci sei o no?’
quella fastidiosa radio riportò mestamente Sammy alla realtà. Fece per tirare
fuori il disegno dalla tasca ma non ne ebbe bisogno: seguendo le linee della
fusoliera aveva subito identificato il pannello di servizio rettangolare.
«Quasi» rispose, e lasciò fluttuare davanti a sé la cassetta
degli attrezzi per prendere quello che le serviva. Con l’apposita chiave il
pannello si aprì rivelando la conduttura di idrogeno liquido che si dirigeva
verso i propulsori orbitali poco dietro. La grossa elettrovalvola che avvolgeva
il tubo era ferma in posizione chiusa.
«E’ molto strano che non reagisca. Forse si è congelata»
disse la pony iniziando leggermente a sudare: stare
alla luce diretta e maneggiare attrezzi in uno scafandro non era esattamente un
toccasana. Prese una grossa chiave inglese ed agì sulla vite forzando
l’apertura della valvola mentre faceva leva appoggiandosi con le zampe sulla
fusoliera dello shuttle. Con un po’ di insistenza la valvola scattò.
«Ecco fa…»
Le sembrò per un istante che Watts avesse detto una
parolaccia, il che era molto strano visto che non gliene aveva mai sentita dire
una. In un battito di ciglia i due propulsori orbitali si accesero e Samantha
venne scaraventata all’indietro nel vuoto cosmico. La pony
urlò così forte come mai aveva fatto in vita sua, in preda al terrore. Ma
nell’infinità dello spazio nessuno poteva sentirla.
Dopo una frazione di secondo per lei interminabile, il cavo
d’acciaio si tese strattonandola così forte che le parve di venire tranciata a
metà. Urlò ancora di più in preda al dolore mentre la cassetta degli attrezzi
le sbatteva addosso a grande velocità, colpendola ulteriormente.
Il cavo tesissimo a cui la sua vita era appesa oscillava minacciosamente
mentre tirava il corpo di Samantha dietro alla potente navetta spaziale. Con
gli occhi sgranati, Sammy vide ad uno zoccolo dal suo muso il gas violetto
incandescente che fuoriusciva dagli ugelli. Tra le sue urla gutturali, la pony percepì l’enorme calore che arrivava da quell’inferno
di fiamme. Ancora pochi secondi e il suo casco si sarebbe sciolto, lasciandola
indifesa alla morte certa dello spazio aperto.
Poi, come tutto era iniziato, cessò. I motori si spensero ed
il cavo smise di tendersi, lasciando Samantha senza respiro, immobile, poco
dietro l’astronave.
‘Betz! Betz, ci sei?
Rispondi maledizione’ la voce di Watts sembrava finalmente aver
acquisito un minimo di emotività.
Sammy ci mise ben più di qualche secondo a rispondere:
fluttuava immobile con la bocca spalancata e gli occhi rossi, annaspando. Cercò
di farfugliare qualcosa senza senso, ma tanto bastò a Watts per capire che non
era morta.
‘Il computer ha eseguito la manovra automaticamente,
non ho idea di come sia successo’
La manovra era stata completata? Samantha sgranò gli occhi
ancora di più.
‘Rientra subito o finirai incenerita. Saremo in
atmosfera tra un minuto e mezzo’
La pony perlacea alzò lentamente una zampa e si paralizzò
fissandola con terrore «La…la tuta è perforata»
‘Cosa?!’
«La cassetta degli attrezzi…ha tagliato la tuta» boccheggiò
Sammy mentre osservava una nuvoletta di aria umida uscire veloce dallo squarcio
sulla zampa.
Improvvisamente però, si sentiva calma come non lo era mai
stata. Fluttuare leggera nel silenzio era così rilassante ed avvolgente. Si
mise a fissare i piccoli puntini luminosi incastonati nel manto nero
dell’universo: magari poteva prendersi una pausa, no? In fondo quella giornata
era stata così stressante, era davvero stanca: avrebbe ripreso un attimo fiato
e poi sarebbe tornata da quei bagordi. Sì, era proprio una buona idea.
Ad un certo punto le parve che le stelle cominciassero a
muoversi volteggiando nel nulla a velocità assurda: certo era un fenomeno
interessante, pensò. La sua vista si offuscò e la voce di Watts che rispondeva
si trasformò in un ronzio ovattato sempre più lontano.
***
Samantha sbatté la porta con così tanta forza da far
tremare persino i muri. Rimase qualche secondo immobile, fissando la parete
spoglia di fronte a sé: poteva sentire chiaramente la rabbia che le fluiva in
corpo. Era una sensazione che aveva sempre avuto, sin da puledrina: la sua
psicologa aveva detto che un giorno sarebbe riuscita a controllarla, ma nel
frattempo le aveva dato degli esercizi di respirazione per contenere quelle
gigantesche esplosioni.
Un respiro profondo, poi due, tre, fino a dieci. Dopo
qualche secondo la pony sentì le sue membra che si
rilassavano e la morsa allo stomaco che si alleviava. Sospirò e percorse il
minuscolo corridoio che la separava dal salotto.
«Ormai ho perso le speranze con te. Non hai un minimo
di rispetto»
Il padre di Sammy abbassò severo il giornale sul
tavolo. Il suo sguardo carico di sdegno era qualcosa che Samantha era abituata
a sentire su di sé, specialmente nell’ultimo periodo. La pony
fissò il pavimento ancora scossa dalla scarica di rabbia precedente.
«Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te in tutti
questi anni, è così che ci ripaghi?» continuò il pony dal manto verde scuro. Le
sue parole suonavano particolarmente colme di disprezzo: Samantha sentiva che
non sarebbe stata soltanto una banale ramanzina.
La ragazza provò flebilmente a rispondere. La sua voce
tremava «Io non ce la faccio più così. Non si può andare ava…»
«Tua madre è malata, Samantha! Molto malata! Lo
capisci? Noi dobbiamo starle vicino e sostenerla»
Il pony si alzò dalla poltrona furioso «Ma chiaramente
sei troppo egoista ed immatura per capirlo, e ti comporti in questo modo
spregevole»
Sammy non rispose rimanendo in silenzio. Le si
inumidirono gli occhi mentre suo padre la fissava iracondo a poca distanza. Lo
aveva deluso, di nuovo.
«Se non si alza dal letto da una settimana è colpa tua!
Con questo tuo carattere di merda!»
Samantha scoppiò a piangere singhiozzando «Ma cosa stai
dicendo? Io non ho fatto niente!»
«Invece sì! Perché se non ti rivolgessi con quel tono
ogni volta che le porti da mangiare si sarebbe già ripresa» continuò ad urlare
il pony. Veloce, alzò uno zoccolo e colpì Sammy sul viso con un rumore sordo
«Ingrata e maleducata!»
La ragazza aveva preso a piangere rumorosamente mentre
singhiozzava «Lei è mia madre! Io non sono la sua! Non può stare in quel letto
tutto il giorno minacciando di uccidersi e pretendere che io sia carina con
lei»
Dopo una breve pausa, Samantha inspirò a pieni polmoni
ed urlò «Avrebbe dovuto prendersi cura di me in tutti questi anni invece di
essere una depressa del cazzo!»
«Fuori» disse semplicemente suo padre con voce
tremolante. Il suo corpo vibrava colmo d’ira mentre fissava Sammy con odio. La pony si paralizzò, terrorizzata nel vederlo in quel modo.
«Ho detto fuori!» urlò, e nel farlo prese Samantha con
la forza e la spinse una prima volta contro la porta di casa. Subito dopo, aprì
mentre la pony singhiozzava e la gettò fuori brutalmente.
L’aveva spinta con talmente tanta forza che per poco Sammy non finì a rotolare
giù per le scale.
Si fissarono per qualche secondo. Samantha sembrava un
piccolo cucciolo impaurito con il viso colmo di lacrime: non aveva mai visto
suo padre in quel modo. Certo, il suo arrabbiarsi le era familiare, ma mai era
arrivato a fare o a dire una cosa del genere. L’altro, forse esitando un
istante, chiuse violentemente la porta dietro di sé.
Sammy si ritrovò sola nella tromba delle scale. Rimase
seduta ad ascoltare il rombo del portone sbattuto che riecheggiava verso l’alto
mentre le lacrime bagnavano lo zerbino. La pony fissò
quel tappetino per qualche secondo: parte delle setole era dipinta di rosso a
formare la scritta “Benvenuti” e subito sopra il disegno di una casetta; il
fumo che fuoriusciva dal comignolo creava un cuoricino stilizzato.
Se lo ricordava quel tappetino: lo avevano scelto lei e
sua mamma insieme al mercato qualche anno prima, quando stava ancora bene. O
meglio, quando stava non così male da ridursi in quello stato. Ma quel giorno
era stato sereno e divertente, e le due aveva comprato un sacco di cose carine d’arredamento
e suppellettili. Alla fine avevano pure preso un gelato prima di tornare a
casa.
Il pianto di Samantha si fece profondo e rumoroso
mentre il suo corpo si curvava su quello zerbino sporco, colmo di disperazione.
Era finita, pensò. Avrebbe voluto fuggire, scappare via per sempre da tutto,
dove nessuno l’avrebbe mai trovata.
Si voltò molto lentamente, affacciandosi dal corrimano:
la tromba delle scale del grande condominio scendeva ritta sotto di lei per
dieci piani, più due interrati. Il suo pianto sembrò interrompersi quasi
bruscamente, il suo sguardo era spento. Uno zoccolo tremante si appoggiò alla
balaustra, spingendo il corpo di Sammy fino a farla sedere a cavalcioni. La sua
criniera rossa volteggiava nel vuoto, pendendo minacciosa verso il lontanissimo
pavimento del garage.
Samantha respirava piano, il volto ancora arrossato e
solcato dalle lacrime. Come un automa, chiuse gli occhi e trattenne il respiro.
«Ma che fai? Ti arrendi?»
La pony sobbalzò trovandosi
davanti Ashley Reed, anche lei a cavalcioni sul corrimano. La sua assistente la
guardava accennando un sorriso mentre si accarezzava la lunga criniera blu.
«Io…voglio andare via. Non ce la faccio più» bisbigliò Sammy
fissando il vuoto sotto di sé.
«Lo so Sammy, la vita non è stata generosa con te. Ma
non importa quanto ci troviamo in basso, possiamo sempre risalire»
Ashley accarezzò il suo viso asciugandole le lacrime
«Tu hai me, non dimenticarlo»
«E avevi me»
Anna sedeva sul pianerottolo di fronte, fissando Samantha
con sguardo truce.
«Lasciami in pace» si lamentò Sammy, quasi tornando a
piangere.
«Non sono qui per parlare di noi, Samantha. Non ogni
cosa nella vita può funzionare. Anzi, spesso sono molti di più i fallimenti e
le sofferenze»
La pony beige si alzò fluttuando nel mezzo della tromba
delle scale, raggiungendo Sammy ed Ashley «Ma prima o poi le gioie arrivano.
Devi combattere per queste, Sammy. E devi essere felice per tutte le piccole e
grandi cose che hai»
Ashley annuì sorridendo «Adesso devi svegliarti. Non
arrenderti, hai capito?»
«Cosa?» chiese Sammy disorientata.
«Riprendi a respirare e torna là dentro. La vita è un
dono meraviglioso Sammy: lotta per questo» disse infine Anna prima di
volteggiare verso l’alto.
«Ricordati che devi tornare da me» disse Ashley
gettando un ultimo dolce sguardo alla pony perlacea; poi seguì Anna.
Le due volarono insieme verso il tetto che non c’era
più. Una luce accecante comparve improvvisamente dall’alto mentre un vento
fortissimo cominciava a soffiare. Samantha urlò mentre si teneva aggrappata al
corrimano: cercò di resistere per quanto poté, ma dopo poco si ritrovò
scaraventata verso la luce da quella corrente poderosa. La sua vista si annerì mentre
tratteneva il respiro.
***
Sammy riaprì gli occhi mentre l’aria fresca le riempiva i
polmoni. Attraverso il casco appannato poteva intravedere il viso di Springer
che la teneva stretta a sé. Il pony aveva delle grosse bombole sulla groppa e
stava tirando il cavo d’acciaio per riavvicinarsi al portellone: si trovavano
già poco dietro le ali della navetta spaziale.
Samantha si guardò la zampa da cui pochi attimi prima aveva
visto la sua vita scivolare via. Springer aveva ricoperto lo strappo con del
resistentissimo nastro adesivo e stava rifornendo direttamente il suo sistema
di supporto vitale con dell’aria supplementare.
Il modo in cui il pony si muoveva era estremamente nervoso.
Dopo pochi secondi la mente di Sammy riprese a funzionare: il rientro
atmosferico! Quanto tempo era passato? Springer si diede un ennesimo strattone
ed i due sbatterono contro la fiancata dell’astronave. Non appena ebbero
raggiunto il portellone, la pony si accorse con orrore
che le superfici dello shuttle stavano cominciando a circondarsi di un’aura
sempre più giallognola.
Veloce, Springer fece scattare la chiusura appena in tempo,
sigillandoli nell’airlock. Qualche secondo ed un forte rumore di
pressurizzazione dopo, la coppia fu nuovamente all’interno della cabina.
«Presto! Mettetela al suo posto» urlò Springer lanciando
Sammy semicosciente verso Watts. Lasseter e Pimpez la legarono velocemente al
sedile del pilota mentre il pony paglierino si fiondava al suo.
«Per un soffio, Steven. Ti deve ben più di qualche birra»
disse Lasseter mentre assicurava la ragazza.
«C’è un modo per darle l’ossigeno da lì?» tagliò corto
Springer, ignorando la battuta del compagno.
Watts annuì senza dire una parola ed indicò a Pimpez la
maschera d’emergenza sul lato destro del cockpit. Il generale la prese con
agilità e la pose sul volto di Sammy dopo averle tolto il casco. Subito dopo,
lui e Lasseter tornarono ai propri sedili appena prima che il plasma
incandescente cominciasse a ricoprire il parabrezza.
«Pardatchgrat. Manovra completata, entriamo in silenzio
radio» disse Watts non potendo contare su Samantha. La risposta non arrivò dato
che era troppo tardi: lo shuttle aveva iniziato a precipitare a folle velocità
nell’atmosfera del pianeta che si faceva sempre più densa. La gigantesca
resistenza e forza d’attrito scaldava così tanto l’aria da trasformarla in
plasma, mentre la navetta perdeva quota e decelerava.
Samantha socchiuse gli occhi, accecata da quella forte luce
davanti a sé. Cominciò lentamente a riprendersi mentre lo shuttle vibrava e si
scuoteva come un carrello delle montagne russe. Nessuno parlava mentre Watts
manteneva la navetta sul giusto angolo di rientro: quella fase così critica
generava sempre grande nervosismo, anche in chi l’aveva vissuta decine di
volte.
«Stai bene, Betz?» chiese infine il generale Pimpez quando
notò che il viso di Sammy si era finalmente voltato: il forte bagliore del
plasma tingeva il suo manto di un giallo acceso. Lei rispose a fatica di sì con
un cenno del capo, ma la sua espressione amebica dava ben altro da pensare.
***
La giovane cavalla dal manto roseo risaliva con grazia le
scale di pietra mentre il suo volto accennava una smorfia di disappunto. Come
ogni sera, lui non era sceso all’orario stabilito e così toccava a lei andarlo
a chiamare. L’aria era riempita dal soffuso brulicare di gente che rincasava. Rallentò
quando ormai aveva raggiunto la cima di quell’antica torre così ricca di
ghirigori, e con estrema riverenza posò gli zoccoli sul tetto.
«Padre, la cena è pronta» disse poi con voce lieve. Il suo
fastidio era scomparso davanti all’ombra imponente del cavallo che armeggiava
con un grande telescopio dorato.
«Ti chiedo scusa Moon Breeze» rispose una voce profonda e
possente «Stasera ci ho messo qualche minuto in più»
Come sempre… Pensò lei annuendo con fare accondiscendente.
«Dovresti sapere bene quanto sia importante osservare il
cielo per noi» proseguì avendo notato quella punta di irrequietezza negli occhi
della figlia.
Il sole ormai sotto l’orizzonte tingeva il cielo di una
vampata che andava dal rosso acceso al violaceo profondo: uno spettacolo
magnifico in cui soltanto poche stelle grandi e luminose erano visibili.
«Vieni qui, avanti» disse il padre allungando uno zoccolo
verso di lei «Mostrami cosa hai imparato».
Moon Breeze si avvicinò in silenzio e con lo sguardo fisso
sul meraviglioso telescopio davanti a lei. Su quella torre di pietra chiara la
sua aura dorata spiccava notevolmente: grossi ed arzigogolati rilievi di foglie
ed altri ornamenti si districavano su tutta la sua superficie, mentre
all’interno le grandi e delicate lenti piegavano la luce permettendo di
osservare corpi celesti lontani.
«Ormai dovresti essere in grado di trovare la Stella Maggiore
in un batter d’occhi» disse lo stallone invitandola a sedersi davanti al
delicato apparato ottico. Svariate ruote e leve permettevano di orientare lo
strumento in tutte le direzioni e di regolarne il fuoco.
«Ma padre, la cena…»
«Non discutere» tuonò indicando ancora il telescopio.
Moon Breeze sospirò lievemente, cercando di mantenere la
maggior compostezza che poteva. Mentre si sedeva, il suo sguardo si perse verso
i candidi tetti delle case sotto di loro. Quella torre era una delle più alte
di Neighad e da lì era possibile ammirare l’interezza della città cresciuta
attorno ad una piccola oasi. Lo sconfinato deserto dell’Arabia Sellata si
stagliava all’orizzonte tingendosi anch’esso di un rosso acceso.
Lentamente, la giovane cercò di ricordare ciò che il suo
maestro le aveva insegnato ed iniziò a ruotare il telescopio dopo qualche
istante di esitazione.
«Iniziamo male Moon Breeze, sembra che non ti sia esercitata
abbastanza» disse il cavallo con voce dura.
Prima ancora che potesse ribattere, la ragazza sobbalzò
sbigottita davanti a quello che stava vedendo attraverso le
lenti: non capiva se il telescopio avesse qualche malfunzionamento dato
che tutto ciò che riusciva a vedere era una massa vicinissima e molto luminosa.
Appena voltatasi vide suo padre guardare qualcosa verso l’alto ad occhio nudo: una
grande cometa brillante era apparsa in cielo.
«Padre, cos’è quella?» chiese preoccupata mentre seguiva
quello strano fenomeno con lo sguardo.
Dopo un istante un tremendo boato riempì il silenzio della
sera. Le pareti ed il pavimento vibrarono mentre l’acuto rumore dei vetri
infranti si materializzava di colpo. Moon Breeze cacciò un urlò di terrore
cadendo a terra e tappandosi le orecchie con gli zoccoli.
Durò solo un attimo, poi il nulla: tutto era tornato come
prima. La giovane si rialzò e cercò smarrita lo sguardo del padre: notò con
orrore che quella strana cometa non era svanita e che viaggiava veloce nel
cielo.
«Per tutti gli Dei» mormorò il padre con un filo di voce.
Sotto di loro le urla ed il vociare si erano fatti
fortissimi, mentre un fiume di cavalli si riversava nelle strade colme di vetri
rotti, terrorizzati da quanto appena successo.
«Torna subito da tua madre» tuonò improvvisamente lo
stallone fissando sua figlia negli occhi: la sua espressione la fece
rabbrividire.
***
«Pressione atmosferica in aumento» sentenziò Watts mentre il
plasma brillante si diradava sempre di più e lasciava spazio ad un cielo blu
scuro. Il forte rumore delle vibrazioni stava venendo lentamente sostituito dal
soffiare forte del vento.
«Altimetro barometrico e anemometro attivi» continuò la
comandante «Velocità all’aria…»
«Mach sette» rispose Samantha dal sedile di destra. Watts
gettò una velocissima occhiata sorpresa per poi tornare a concentrarsi alla
guida dello shuttle: la piccola ingegnere si era ripresa.
«Siamo sette volte più veloci del suono?» chiese Lasseter da
dietro quasi incredulo.
«Non per molto. Iniziamo la decelerazione» rispose Watts
dando un netto colpo alla cloche. Lo shuttle rollò deciso verso sinistra
iniziando una lunga curva.
Sammy respirò profondamente mentre l’accelerazione
improvvisa la schiacciava sul suo sedile. Come previsto avevano iniziato le
grandi curve ad S: sotto di loro poteva vedere il blu dell’oceano che si
mescolava con il cielo scuro del tramonto. Con quelle curve avrebbero allungato
il tragitto rispetto alla linea retta: il forte attrito dell’aria avrebbe fatto
da freno. Allo stesso tempo, inclinare la navetta permetteva di disperdere la
gigantesca portanza improvvisamente generata dalle ali in una direzione che non
li avrebbe sbalzati nuovamente verso l’alto.
Dopo qualche decina di secondi, Watts mosse nuovamente la
cloche ed una accelerazione annunciò il cambio di curva. La
pony dalla criniera rossa non disse nulla mentre cercava di raccogliere
i propri pensieri dopo essere stata ad un passo dalla morte.
In pochissimi minuti attraversarono il grande oceano e la
terra d’Equestria spuntò veloce all’orizzonte.
«Mach due» disse Sammy guardando gli strumenti. Watts
digrignò i denti: mentre sorvolavano la costa del continente, la pony cinerea
curvò improvvisamente per l’ennesima volta dirigendosi verso sud.
«Che diamine sta succedendo?» urlò Pimpez da dietro.
«Siamo troppo veloci» tagliò corto Watts mentre si
allontanavano dalla loro destinazione.
«Com’è possibile? Le manovre sono andate lisce come l’olio»
pensò ad alta voce Springer mentre si guardava attorno sperduto.
«Betz, aerofreni» berciò il comandante guardando fisso
davanti a sé.
Sammy sgranò gli occhi sbigottita mentre lo shuttle vibrava
forte attorno a loro.
«Maledizione! Muoviti Betz!»
«Ma a questa velocità si distruggeranno!» rispose l’ingegnere
fissando la leva del comando.
«Fallo e basta!» urlò Watts per la prima volta da quando
l’aveva conosciuta.
Samantha deglutì e le si gelò il sangue nelle vene mentre
tirava la leva degli aerofreni. Il rombo dell’aria e le vibrazioni aumentarono
notevolmente mentre lo shuttle decelerava sempre di più. Pochi secondi dopo
l’ala sinistra vibrò tremendamente con un colpo ed il rumore del metallo che si
squarciava riempì la cabina. Sammy urlò di terrore mentre tutto sembrava una
gigantesca lavatrice impazzita.
Watts rimase impassibile e con uno strattone virò nuovamente
a sinistra verso il centro d’Equestria.
«Quella è Canterlot» disse Sarang attraverso il forte rumore
indicando un monte avvolto dalle nuvole fuori dal parabrezza. Sulla sua cima
svettava un castello dalle guglie appuntite.
«Ci siamo quasi. Betz, imposta la prua della pista» ordinò
Watts mentre combatteva vistosamente con la cloche per tenere la navetta in
assetto. Quello squarcio sull’ala aveva sicuramente danneggiato gli alettoni,
ma grazie al cielo sembrava che potessero ancora volare.
La pony perlacea cercò di calmarsi in preda alla tachicardia
mentre ruotava le manopole davanti a lei: la vibrazione era talmente forte che
gli strumenti sembravano scapparle da sotto gli zoccoli.
«Quanto siamo veloci?» chiese il generale Pimpez con voce
leggermente nervosa. Watts lo ignorò mentre Samantha era troppo impegnata per
starlo a sentire. In pochi secondi il castello di Canterlot svanì dietro di
loro mentre il suolo si faceva sempre più vicino.
«Vedo la pista!» urlò improvvisamente Sammy svegliandosi dal
suo torpore. Watts annuì di rimando ed inclinò ulteriormente il muso dello
shuttle: la navetta rispose rombando e deformandosi sotto le tremende forze
aerodinamiche mentre si fiondavano a velocità folle verso terra.
«Al mio tre carrelli giù ed aerofreni al massimo» disse la
pony cinerea mentre continuava a combattere con quella navetta che sembrava un
toro impazzito. Samantha deglutì un’ennesima volta ed annuì pronta ad eseguire.
«Uno…»
«Ehi aspetta! Siamo troppo veloci, salterà tutto in aria!»
urlò Springer rompendo la sua compostezza.
«Due…»
«Che il Grande Imperatore ci protegga» bisbigliò Lasseter
gettando un’occhiata verso il pony paglierino.
«Tre!»
Samantha abbassò la leva dei carrelli ed estrasse
completamente gli aerofreni. Watts tirò la cloche con tutte le sue forze verso
l’alto mentre lo shuttle urlava come una bestia ferita. La decelerazione
improvvisa fu talmente forte che Sammy si sentì quasi strappare dal suo sedile
malgrado fosse legata.
One hundred
La voce robotica del radioaltimetro annunciò i cento piedi
dal terreno. Il rumore era tale che ormai nessuno avrebbe più potuto comunicare
all’interno della cabina.
Fifty…forty…thirty
La lunga pista nera era ormai davanti a loro e si avvicinava
ad una velocità folle. Sammy trasalì capendo che non ce l’avrebbero mai fatta.
Twenty…ten…five
Watts sbatté con forza le ruote del carrello contro
l’asfalto. La sbandata che ne seguì fu tremenda ma la pony cinerea riuscì per
un pelo ad evitare che lo shuttle uscisse di pista e si ribaltasse. Tutti si
misero ad urlare tranne Pimpez e la pony comandante che con uno sguardo di
ghiaccio si piantò sui pedali dei freni con una forza tale da quasi romperli.
Con un lunghissimo stridio, lo shuttle frenò lungo la pista
per un tempo che parve interminabile: per l’ennesima volta Sammy si sentì come
se ogni centimetro del suo corpo venisse strappato violentemente dal sedile.
Continuò ad urlare con tutte le sue forze mentre la navetta oltrepassava la fine
della pista.
Poco dopo però, lo shuttle si fermò con un ultimo strattone
piantandosi nell’erba fresca del prato. Lo sferragliare cessò di colpo ed un
silenzio sinistro cadde attorno alla squadra SOG. Samantha aveva gli occhi
rossi, la gola le bruciava terribilmente e le orecchie le fischiavano come se
avesse una locomotiva nella testa.
La pony perlacea rimase imbambolata a fissare le fronde
degli alberi al limite del prato che ondeggiavano dolci e lente seguendo la
brezza. Per lunghi secondi nessuno emise un suono, finché Sammy non si voltò
lentamente alla sua sinistra: Watts era sempre lì con il suo imperturbabile
sguardo glaciale, ma persino lei ansimava fissando il parabrezza.
Il comandante si slacciò le cinture, ruotò il suo sedile e
volse lo sguardo al resto della squadra sconvolta «Benvenuti su Equestria»