Fumetti/Cartoni americani > My Little Pony
Segui la storia  |       
Autore: agfdetre    02/10/2022    0 recensioni
Samantha Betz è un brillante ingegnere di rotta sulla nave interstellare USS Pardatchgrat che a tentoni cerca di tenere in piedi una vita fatta di fragili legami, una mente instabile ed una giovinezza tormentata.
Un'improvvisa missione segreta della nave forza Sammy a tornare in un luogo che pensava di aver dimenticato, sepolto nei ricordi di una vecchia vita. Sarà costretta a rivangare il suo passato ed affrontare l'orribile compito che le è stato imposto.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 7

Il fischio assordante dell’aria che fuoriusciva dall’hangar riempì la cabina. Allo stesso tempo, uno scossone terribile segnalò lo sgancio dei perni che tenevano il Freedom legato alla Pardatchgrat. Durò solo un attimo, poi il silenzio totale. L’aria attorno alla navetta era sparita.

«Propulsori RCS attivi»

Quando Samantha riaprì gli occhi si trovò davanti all’infinità del creato. Il nero profondo inghiottiva la luce delle poche stelle visibili come piccole lucciole in una notte di pioggia. Lentamente, Watts fece ruotare lo shuttle su sé stesso grazie ai piccoli propulsori posti strategicamente in giro per la navetta e cominciò ad allontanarsi dalla nave madre.

«E’ sempre meraviglioso. Non ci si stanca mai» disse Sarang da dietro scrutando l’esterno. Nessuno ribatté, ma era chiaro che tutti fossero d’accordo mentre guardavano fuori ammutoliti.

«Pardatchgrat, sgancio effettuato. Ci prepariamo alla manovra»

‘Ricevuto Freedom. Riportate in posizione’

«Ok gente, siete pronti?» chiese Pimpez mentre si stiracchiava sul suo sedile. «Diamo ufficialmente inizio all’operazione Pony Onnipotente» sentenziò mentre picchettava con le dita sul suo MSU al polso.

Nessuno rispose: il generale sembrava l’unico a riuscire a rilassarsi lì dentro. I pony militari fissavano ritti davanti a loro il pianeta d’Equestria che pian piano compariva nel parabrezza. Stavano per tornare a casa, e sebbene nessuno di loro ci fosse mai stato, il pensiero di vedere per la prima volta la terra dei propri avi aveva reso tutti molto nervosi. E non erano lì per una gita turistica: avrebbero ucciso Celestia, la loro principessa. Probabilmente il più grave crimine che il suddito di un regno potesse immaginare di compiere.

«Qualcuno qui ha portato sacchetti per il vomito? Speriamo che il comandante sia clemente con noi» disse sarcastico Pimpez: era la prima volta che qualcuno prendeva in giro Watts.

«Può stare tranquillo, generale» rispose atona la pony grigia mentre posizionava lo shuttle con il joystick sulla traiettoria di manovra. Samantha rimase ammutolita a guardare lo spettacolo che le si parava di fronte: Equestria era perfettamente sotto di loro. Davanti al parabrezza la luce del tramonto in arrivo colorava l’arco di atmosfera di mille tonalità meravigliose. Questa volta però si distrasse abbastanza brevemente da non far infastidire Watts.

«Pardatchgrat. Freedom è in posizione. Pronti alla manovra»

‘Freedom. I vostri dati sono stati trasmessi al Comando Stellare. Autorizzati alla manovra di de-orbit. Buona fortuna’ rispose questa volta la voce di Sparkey.

«Pressurizzazione cabina ok. Superfici di controllo ok. Piattaforma inerziale ok» confermò velocemente Samantha controllando gli schermi.

Watts annuì con un battito di ciglia «Ci siamo». La pony cinerea raccolse nello zoccolo destro le manette dei motori orbitali e dopo qualche secondo spinse a fondo. Tutti si strinsero nei sedili pronti al contraccolpo, ma non accadde nulla.

«Che succede?» chiese nervosamente Springer da dietro. Watts riprovò più volte ad alzare ed abbassare le manette senza alcun risultato.

«Allora?» insistette il pony paglierino.

«Non lo so. I motori orbitali non vanno»

«Cosa vuol dire “i motori non vanno”?»

«Vuol dire quello che ho detto, Springer». La pony roteò gli occhi mentre cominciava ad armeggiare coi pulsanti.

«Maledizione Lasseter, che diavolo di controlli hai fatto?»

«Cosa c’entro io? Mica si testano i motori accesi camminandoci davanti, razza di idiota»

«Merda…quanto tempo abbiamo prima di perdere la manovra?»

«Se steste zitti invece di blaterare, magari riuscirei a risolvere il problema!» berciò Watts mentre faceva scorrere fiumi di informazioni tra gli schermi davanti a lei.

Pimpez era rimasto in silenzio e Sammy non poteva vedere quale fosse la sua espressione dietro di lei, ma non preannunciava nulla di buono.

‘Freedom, qui Pardatchgrat. Cosa succede? Perché non siete ancora partiti?’ chiese la voce gracchiante di Sparkey.

«Uh…i motori orbitali sono in avaria» rispose incerta Samantha mentre Watts continuava a sbracciarsi tra i comandi.

‘Freedom. Avete sei minuti prima che la finestra di manovra si chiuda. Se non li attiverete in tempo dovrete rientrare’

«No!» urlò improvvisamente Pimpez. «L’Alto Comando ha dato ordini precisi di massima urgenza. Non esiste che torniamo indietro»

«…ricevuto Pardatchgrat» rispose Sammy ignorando il generale che non poteva essere sentito alla radio.

«Mi prendi per il culo Betz? Hai sentito cosa ho detto?» continuò iracondo Pimpez attraverso l’interfono. Sammy si sentì grata di non dover sostenere lo sguardo di quel pallone gonfiato in quella situazione. «Dì immediatamente a quell’aborto giallo che non torniamo indietro, o ti giuro che…»

«L’impianto del carburante non è pressurizzato» disse improvvisamente Watts salvando Sammy. «O meglio, lo è fino a un certo punto. Sembra che un’elettrovalvola non si sia aperta»

«Cazzo! E quindi? È grave?» chiese Springer sempre più nervoso.

«Forse. Qualcuno deve andare fuori a vedere» disse Watts volgendo lo sguardo freddo verso Samantha «Qualcuno che abbia un minimo dimestichezza con valvole e pezzi meccanici»

Fantastico.

Qualche decina di secondi dopo, Samantha era già nel piccolo airlock dello shuttle mentre indossava l’imbragatura sopra la tuta spaziale. Lasseter agganciò il moschettone alla pony e diede qualche strattone al cavo d’acciaio per testare la tenuta. Subito dopo, Watts le porse una pagina del manuale operativo della navetta «C’è una piccola apertura accanto al timone di coda. Lì c’è la nostra valvola»

Samantha annuì infilandosi il disegno in una tasca stagna, prese la cassetta degli attrezzi e con un cenno salutò il gruppo mentre la porta la separava dalla cabina. Pochi attimi dopo, Sammy udì il familiare sibilo dell’aria e con una lieve spinta si trovò nel vuoto.

Ammirò l’infinità di nulla che la circondava ed il silenzio assordante che avvolgeva la sua mente. Lì fuori eri solo con te stesso come in nessun altro luogo. Le passeggiate spaziali erano una cosa di routine per una come lei. Non era raro che le tante antenne della Pardatchgrat si danneggiassero durante i lunghi viaggi, ed era compito suo e di Ashley garantirne il funzionamento. Solitamente si portava dietro sempre un tecnico che potesse subito intervenire in caso di danni gravi: era la prima volta che usciva da sola. Completamente contro qualsiasi regolamento, pensò. Ma non c’era tempo per questo.

‘Mi senti Betz?’. La voce di Watts ruppe quel magnifico silenzio.

«Forte e chiaro, purtroppo»

‘Muoviti invece di fare la stupida. Abbiamo solo quattro minuti’

Sammy si spinse lungo lo shuttle verso la parte posteriore: la sua superficie scurissima quasi brillava sotto la luce del sole, e il grosso timone di coda sembrava la guglia minacciosa di un castello stregato. Anche se non udiva alcun suono, Samantha percepiva le vibrazioni di quella complessa macchina quando la sfiorava: era tutto acceso, e avvicinarsi a quegli ugelli non l’allettava proprio per niente.

Con pochi balzi fu alla base del piano di coda. Da lì poteva vedere la Pardatchgrat fluttuare poco sopra di loro: era da un bel po’ che non la vedeva per bene da lontano con i suoi occhi. Era così elegante, longilinea, la sua casa tra le stelle. Avrebbe così tanto voluto spiccare il volo e tornare sulla sua nave volteggiando nel nulla, tornare da Ashley.

'Allora? Ci sei o no?’ quella fastidiosa radio riportò mestamente Sammy alla realtà. Fece per tirare fuori il disegno dalla tasca ma non ne ebbe bisogno: seguendo le linee della fusoliera aveva subito identificato il pannello di servizio rettangolare.

«Quasi» rispose, e lasciò fluttuare davanti a sé la cassetta degli attrezzi per prendere quello che le serviva. Con l’apposita chiave il pannello si aprì rivelando la conduttura di idrogeno liquido che si dirigeva verso i propulsori orbitali poco dietro. La grossa elettrovalvola che avvolgeva il tubo era ferma in posizione chiusa.

«E’ molto strano che non reagisca. Forse si è congelata» disse la pony iniziando leggermente a sudare: stare alla luce diretta e maneggiare attrezzi in uno scafandro non era esattamente un toccasana. Prese una grossa chiave inglese ed agì sulla vite forzando l’apertura della valvola mentre faceva leva appoggiandosi con le zampe sulla fusoliera dello shuttle. Con un po’ di insistenza la valvola scattò.

«Ecco fa…»

Le sembrò per un istante che Watts avesse detto una parolaccia, il che era molto strano visto che non gliene aveva mai sentita dire una. In un battito di ciglia i due propulsori orbitali si accesero e Samantha venne scaraventata all’indietro nel vuoto cosmico. La pony urlò così forte come mai aveva fatto in vita sua, in preda al terrore. Ma nell’infinità dello spazio nessuno poteva sentirla.

Dopo una frazione di secondo per lei interminabile, il cavo d’acciaio si tese strattonandola così forte che le parve di venire tranciata a metà. Urlò ancora di più in preda al dolore mentre la cassetta degli attrezzi le sbatteva addosso a grande velocità, colpendola ulteriormente.

Il cavo tesissimo a cui la sua vita era appesa oscillava minacciosamente mentre tirava il corpo di Samantha dietro alla potente navetta spaziale. Con gli occhi sgranati, Sammy vide ad uno zoccolo dal suo muso il gas violetto incandescente che fuoriusciva dagli ugelli. Tra le sue urla gutturali, la pony percepì l’enorme calore che arrivava da quell’inferno di fiamme. Ancora pochi secondi e il suo casco si sarebbe sciolto, lasciandola indifesa alla morte certa dello spazio aperto.

Poi, come tutto era iniziato, cessò. I motori si spensero ed il cavo smise di tendersi, lasciando Samantha senza respiro, immobile, poco dietro l’astronave.

‘Betz! Betz, ci sei? Rispondi maledizione’ la voce di Watts sembrava finalmente aver acquisito un minimo di emotività.

Sammy ci mise ben più di qualche secondo a rispondere: fluttuava immobile con la bocca spalancata e gli occhi rossi, annaspando. Cercò di farfugliare qualcosa senza senso, ma tanto bastò a Watts per capire che non era morta.

‘Il computer ha eseguito la manovra automaticamente, non ho idea di come sia successo’

La manovra era stata completata? Samantha sgranò gli occhi ancora di più.

‘Rientra subito o finirai incenerita. Saremo in atmosfera tra un minuto e mezzo’

La pony perlacea alzò lentamente una zampa e si paralizzò fissandola con terrore «La…la tuta è perforata»

‘Cosa?!’

«La cassetta degli attrezzi…ha tagliato la tuta» boccheggiò Sammy mentre osservava una nuvoletta di aria umida uscire veloce dallo squarcio sulla zampa.

Improvvisamente però, si sentiva calma come non lo era mai stata. Fluttuare leggera nel silenzio era così rilassante ed avvolgente. Si mise a fissare i piccoli puntini luminosi incastonati nel manto nero dell’universo: magari poteva prendersi una pausa, no? In fondo quella giornata era stata così stressante, era davvero stanca: avrebbe ripreso un attimo fiato e poi sarebbe tornata da quei bagordi. Sì, era proprio una buona idea.

Ad un certo punto le parve che le stelle cominciassero a muoversi volteggiando nel nulla a velocità assurda: certo era un fenomeno interessante, pensò. La sua vista si offuscò e la voce di Watts che rispondeva si trasformò in un ronzio ovattato sempre più lontano.

***

Samantha sbatté la porta con così tanta forza da far tremare persino i muri. Rimase qualche secondo immobile, fissando la parete spoglia di fronte a sé: poteva sentire chiaramente la rabbia che le fluiva in corpo. Era una sensazione che aveva sempre avuto, sin da puledrina: la sua psicologa aveva detto che un giorno sarebbe riuscita a controllarla, ma nel frattempo le aveva dato degli esercizi di respirazione per contenere quelle gigantesche esplosioni.

Un respiro profondo, poi due, tre, fino a dieci. Dopo qualche secondo la pony sentì le sue membra che si rilassavano e la morsa allo stomaco che si alleviava. Sospirò e percorse il minuscolo corridoio che la separava dal salotto.

«Ormai ho perso le speranze con te. Non hai un minimo di rispetto»

Il padre di Sammy abbassò severo il giornale sul tavolo. Il suo sguardo carico di sdegno era qualcosa che Samantha era abituata a sentire su di sé, specialmente nell’ultimo periodo. La pony fissò il pavimento ancora scossa dalla scarica di rabbia precedente.

«Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te in tutti questi anni, è così che ci ripaghi?» continuò il pony dal manto verde scuro. Le sue parole suonavano particolarmente colme di disprezzo: Samantha sentiva che non sarebbe stata soltanto una banale ramanzina.

La ragazza provò flebilmente a rispondere. La sua voce tremava «Io non ce la faccio più così. Non si può andare ava…»

«Tua madre è malata, Samantha! Molto malata! Lo capisci? Noi dobbiamo starle vicino e sostenerla»

Il pony si alzò dalla poltrona furioso «Ma chiaramente sei troppo egoista ed immatura per capirlo, e ti comporti in questo modo spregevole»

Sammy non rispose rimanendo in silenzio. Le si inumidirono gli occhi mentre suo padre la fissava iracondo a poca distanza. Lo aveva deluso, di nuovo.

«Se non si alza dal letto da una settimana è colpa tua! Con questo tuo carattere di merda!»

Samantha scoppiò a piangere singhiozzando «Ma cosa stai dicendo? Io non ho fatto niente!»

«Invece sì! Perché se non ti rivolgessi con quel tono ogni volta che le porti da mangiare si sarebbe già ripresa» continuò ad urlare il pony. Veloce, alzò uno zoccolo e colpì Sammy sul viso con un rumore sordo «Ingrata e maleducata!»

La ragazza aveva preso a piangere rumorosamente mentre singhiozzava «Lei è mia madre! Io non sono la sua! Non può stare in quel letto tutto il giorno minacciando di uccidersi e pretendere che io sia carina con lei»

Dopo una breve pausa, Samantha inspirò a pieni polmoni ed urlò «Avrebbe dovuto prendersi cura di me in tutti questi anni invece di essere una depressa del cazzo!»

«Fuori» disse semplicemente suo padre con voce tremolante. Il suo corpo vibrava colmo d’ira mentre fissava Sammy con odio. La pony si paralizzò, terrorizzata nel vederlo in quel modo.

«Ho detto fuori!» urlò, e nel farlo prese Samantha con la forza e la spinse una prima volta contro la porta di casa. Subito dopo, aprì mentre la pony singhiozzava e la gettò fuori brutalmente. L’aveva spinta con talmente tanta forza che per poco Sammy non finì a rotolare giù per le scale.

Si fissarono per qualche secondo. Samantha sembrava un piccolo cucciolo impaurito con il viso colmo di lacrime: non aveva mai visto suo padre in quel modo. Certo, il suo arrabbiarsi le era familiare, ma mai era arrivato a fare o a dire una cosa del genere. L’altro, forse esitando un istante, chiuse violentemente la porta dietro di sé.

Sammy si ritrovò sola nella tromba delle scale. Rimase seduta ad ascoltare il rombo del portone sbattuto che riecheggiava verso l’alto mentre le lacrime bagnavano lo zerbino. La pony fissò quel tappetino per qualche secondo: parte delle setole era dipinta di rosso a formare la scritta “Benvenuti” e subito sopra il disegno di una casetta; il fumo che fuoriusciva dal comignolo creava un cuoricino stilizzato.

Se lo ricordava quel tappetino: lo avevano scelto lei e sua mamma insieme al mercato qualche anno prima, quando stava ancora bene. O meglio, quando stava non così male da ridursi in quello stato. Ma quel giorno era stato sereno e divertente, e le due aveva comprato un sacco di cose carine d’arredamento e suppellettili. Alla fine avevano pure preso un gelato prima di tornare a casa.

Il pianto di Samantha si fece profondo e rumoroso mentre il suo corpo si curvava su quello zerbino sporco, colmo di disperazione. Era finita, pensò. Avrebbe voluto fuggire, scappare via per sempre da tutto, dove nessuno l’avrebbe mai trovata.

Si voltò molto lentamente, affacciandosi dal corrimano: la tromba delle scale del grande condominio scendeva ritta sotto di lei per dieci piani, più due interrati. Il suo pianto sembrò interrompersi quasi bruscamente, il suo sguardo era spento. Uno zoccolo tremante si appoggiò alla balaustra, spingendo il corpo di Sammy fino a farla sedere a cavalcioni. La sua criniera rossa volteggiava nel vuoto, pendendo minacciosa verso il lontanissimo pavimento del garage.

Samantha respirava piano, il volto ancora arrossato e solcato dalle lacrime. Come un automa, chiuse gli occhi e trattenne il respiro.

«Ma che fai? Ti arrendi?»

La pony sobbalzò trovandosi davanti Ashley Reed, anche lei a cavalcioni sul corrimano. La sua assistente la guardava accennando un sorriso mentre si accarezzava la lunga criniera blu.

«Io…voglio andare via. Non ce la faccio più» bisbigliò Sammy fissando il vuoto sotto di sé.

«Lo so Sammy, la vita non è stata generosa con te. Ma non importa quanto ci troviamo in basso, possiamo sempre risalire»

Ashley accarezzò il suo viso asciugandole le lacrime «Tu hai me, non dimenticarlo»

«E avevi me»

Anna sedeva sul pianerottolo di fronte, fissando Samantha con sguardo truce.

«Lasciami in pace» si lamentò Sammy, quasi tornando a piangere.

«Non sono qui per parlare di noi, Samantha. Non ogni cosa nella vita può funzionare. Anzi, spesso sono molti di più i fallimenti e le sofferenze»

La pony beige si alzò fluttuando nel mezzo della tromba delle scale, raggiungendo Sammy ed Ashley «Ma prima o poi le gioie arrivano. Devi combattere per queste, Sammy. E devi essere felice per tutte le piccole e grandi cose che hai»

Ashley annuì sorridendo «Adesso devi svegliarti. Non arrenderti, hai capito?»

«Cosa?» chiese Sammy disorientata.

«Riprendi a respirare e torna là dentro. La vita è un dono meraviglioso Sammy: lotta per questo» disse infine Anna prima di volteggiare verso l’alto.

«Ricordati che devi tornare da me» disse Ashley gettando un ultimo dolce sguardo alla pony perlacea; poi seguì Anna.

Le due volarono insieme verso il tetto che non c’era più. Una luce accecante comparve improvvisamente dall’alto mentre un vento fortissimo cominciava a soffiare. Samantha urlò mentre si teneva aggrappata al corrimano: cercò di resistere per quanto poté, ma dopo poco si ritrovò scaraventata verso la luce da quella corrente poderosa. La sua vista si annerì mentre tratteneva il respiro.

***

Sammy riaprì gli occhi mentre l’aria fresca le riempiva i polmoni. Attraverso il casco appannato poteva intravedere il viso di Springer che la teneva stretta a sé. Il pony aveva delle grosse bombole sulla groppa e stava tirando il cavo d’acciaio per riavvicinarsi al portellone: si trovavano già poco dietro le ali della navetta spaziale.

Samantha si guardò la zampa da cui pochi attimi prima aveva visto la sua vita scivolare via. Springer aveva ricoperto lo strappo con del resistentissimo nastro adesivo e stava rifornendo direttamente il suo sistema di supporto vitale con dell’aria supplementare.

Il modo in cui il pony si muoveva era estremamente nervoso. Dopo pochi secondi la mente di Sammy riprese a funzionare: il rientro atmosferico! Quanto tempo era passato? Springer si diede un ennesimo strattone ed i due sbatterono contro la fiancata dell’astronave. Non appena ebbero raggiunto il portellone, la pony si accorse con orrore che le superfici dello shuttle stavano cominciando a circondarsi di un’aura sempre più giallognola.

Veloce, Springer fece scattare la chiusura appena in tempo, sigillandoli nell’airlock. Qualche secondo ed un forte rumore di pressurizzazione dopo, la coppia fu nuovamente all’interno della cabina.

«Presto! Mettetela al suo posto» urlò Springer lanciando Sammy semicosciente verso Watts. Lasseter e Pimpez la legarono velocemente al sedile del pilota mentre il pony paglierino si fiondava al suo.

«Per un soffio, Steven. Ti deve ben più di qualche birra» disse Lasseter mentre assicurava la ragazza.

«C’è un modo per darle l’ossigeno da lì?» tagliò corto Springer, ignorando la battuta del compagno.

Watts annuì senza dire una parola ed indicò a Pimpez la maschera d’emergenza sul lato destro del cockpit. Il generale la prese con agilità e la pose sul volto di Sammy dopo averle tolto il casco. Subito dopo, lui e Lasseter tornarono ai propri sedili appena prima che il plasma incandescente cominciasse a ricoprire il parabrezza.

«Pardatchgrat. Manovra completata, entriamo in silenzio radio» disse Watts non potendo contare su Samantha. La risposta non arrivò dato che era troppo tardi: lo shuttle aveva iniziato a precipitare a folle velocità nell’atmosfera del pianeta che si faceva sempre più densa. La gigantesca resistenza e forza d’attrito scaldava così tanto l’aria da trasformarla in plasma, mentre la navetta perdeva quota e decelerava.

Samantha socchiuse gli occhi, accecata da quella forte luce davanti a sé. Cominciò lentamente a riprendersi mentre lo shuttle vibrava e si scuoteva come un carrello delle montagne russe. Nessuno parlava mentre Watts manteneva la navetta sul giusto angolo di rientro: quella fase così critica generava sempre grande nervosismo, anche in chi l’aveva vissuta decine di volte.

«Stai bene, Betz?» chiese infine il generale Pimpez quando notò che il viso di Sammy si era finalmente voltato: il forte bagliore del plasma tingeva il suo manto di un giallo acceso. Lei rispose a fatica di sì con un cenno del capo, ma la sua espressione amebica dava ben altro da pensare.

***

La giovane cavalla dal manto roseo risaliva con grazia le scale di pietra mentre il suo volto accennava una smorfia di disappunto. Come ogni sera, lui non era sceso all’orario stabilito e così toccava a lei andarlo a chiamare. L’aria era riempita dal soffuso brulicare di gente che rincasava. Rallentò quando ormai aveva raggiunto la cima di quell’antica torre così ricca di ghirigori, e con estrema riverenza posò gli zoccoli sul tetto.

«Padre, la cena è pronta» disse poi con voce lieve. Il suo fastidio era scomparso davanti all’ombra imponente del cavallo che armeggiava con un grande telescopio dorato.

«Ti chiedo scusa Moon Breeze» rispose una voce profonda e possente «Stasera ci ho messo qualche minuto in più»

Come sempre… Pensò lei annuendo con fare accondiscendente.

«Dovresti sapere bene quanto sia importante osservare il cielo per noi» proseguì avendo notato quella punta di irrequietezza negli occhi della figlia.

Il sole ormai sotto l’orizzonte tingeva il cielo di una vampata che andava dal rosso acceso al violaceo profondo: uno spettacolo magnifico in cui soltanto poche stelle grandi e luminose erano visibili.

«Vieni qui, avanti» disse il padre allungando uno zoccolo verso di lei «Mostrami cosa hai imparato».

Moon Breeze si avvicinò in silenzio e con lo sguardo fisso sul meraviglioso telescopio davanti a lei. Su quella torre di pietra chiara la sua aura dorata spiccava notevolmente: grossi ed arzigogolati rilievi di foglie ed altri ornamenti si districavano su tutta la sua superficie, mentre all’interno le grandi e delicate lenti piegavano la luce permettendo di osservare corpi celesti lontani.

«Ormai dovresti essere in grado di trovare la Stella Maggiore in un batter d’occhi» disse lo stallone invitandola a sedersi davanti al delicato apparato ottico. Svariate ruote e leve permettevano di orientare lo strumento in tutte le direzioni e di regolarne il fuoco.

«Ma padre, la cena…»

«Non discutere» tuonò indicando ancora il telescopio.

Moon Breeze sospirò lievemente, cercando di mantenere la maggior compostezza che poteva. Mentre si sedeva, il suo sguardo si perse verso i candidi tetti delle case sotto di loro. Quella torre era una delle più alte di Neighad e da lì era possibile ammirare l’interezza della città cresciuta attorno ad una piccola oasi. Lo sconfinato deserto dell’Arabia Sellata si stagliava all’orizzonte tingendosi anch’esso di un rosso acceso.

Lentamente, la giovane cercò di ricordare ciò che il suo maestro le aveva insegnato ed iniziò a ruotare il telescopio dopo qualche istante di esitazione.

«Iniziamo male Moon Breeze, sembra che non ti sia esercitata abbastanza» disse il cavallo con voce dura.

Prima ancora che potesse ribattere, la ragazza sobbalzò sbigottita davanti a quello che stava vedendo attraverso le lenti: non capiva se il telescopio avesse qualche malfunzionamento dato che tutto ciò che riusciva a vedere era una massa vicinissima e molto luminosa. Appena voltatasi vide suo padre guardare qualcosa verso l’alto ad occhio nudo: una grande cometa brillante era apparsa in cielo.

«Padre, cos’è quella?» chiese preoccupata mentre seguiva quello strano fenomeno con lo sguardo.

Dopo un istante un tremendo boato riempì il silenzio della sera. Le pareti ed il pavimento vibrarono mentre l’acuto rumore dei vetri infranti si materializzava di colpo. Moon Breeze cacciò un urlò di terrore cadendo a terra e tappandosi le orecchie con gli zoccoli.

Durò solo un attimo, poi il nulla: tutto era tornato come prima. La giovane si rialzò e cercò smarrita lo sguardo del padre: notò con orrore che quella strana cometa non era svanita e che viaggiava veloce nel cielo.

«Per tutti gli Dei» mormorò il padre con un filo di voce.

Sotto di loro le urla ed il vociare si erano fatti fortissimi, mentre un fiume di cavalli si riversava nelle strade colme di vetri rotti, terrorizzati da quanto appena successo.

«Torna subito da tua madre» tuonò improvvisamente lo stallone fissando sua figlia negli occhi: la sua espressione la fece rabbrividire.

***

«Pressione atmosferica in aumento» sentenziò Watts mentre il plasma brillante si diradava sempre di più e lasciava spazio ad un cielo blu scuro. Il forte rumore delle vibrazioni stava venendo lentamente sostituito dal soffiare forte del vento.

«Altimetro barometrico e anemometro attivi» continuò la comandante «Velocità all’aria…»

«Mach sette» rispose Samantha dal sedile di destra. Watts gettò una velocissima occhiata sorpresa per poi tornare a concentrarsi alla guida dello shuttle: la piccola ingegnere si era ripresa.

«Siamo sette volte più veloci del suono?» chiese Lasseter da dietro quasi incredulo.

«Non per molto. Iniziamo la decelerazione» rispose Watts dando un netto colpo alla cloche. Lo shuttle rollò deciso verso sinistra iniziando una lunga curva.

Sammy respirò profondamente mentre l’accelerazione improvvisa la schiacciava sul suo sedile. Come previsto avevano iniziato le grandi curve ad S: sotto di loro poteva vedere il blu dell’oceano che si mescolava con il cielo scuro del tramonto. Con quelle curve avrebbero allungato il tragitto rispetto alla linea retta: il forte attrito dell’aria avrebbe fatto da freno. Allo stesso tempo, inclinare la navetta permetteva di disperdere la gigantesca portanza improvvisamente generata dalle ali in una direzione che non li avrebbe sbalzati nuovamente verso l’alto.

Dopo qualche decina di secondi, Watts mosse nuovamente la cloche ed una accelerazione annunciò il cambio di curva. La pony dalla criniera rossa non disse nulla mentre cercava di raccogliere i propri pensieri dopo essere stata ad un passo dalla morte.

In pochissimi minuti attraversarono il grande oceano e la terra d’Equestria spuntò veloce all’orizzonte.

«Mach due» disse Sammy guardando gli strumenti. Watts digrignò i denti: mentre sorvolavano la costa del continente, la pony cinerea curvò improvvisamente per l’ennesima volta dirigendosi verso sud.

«Che diamine sta succedendo?» urlò Pimpez da dietro.

«Siamo troppo veloci» tagliò corto Watts mentre si allontanavano dalla loro destinazione.

«Com’è possibile? Le manovre sono andate lisce come l’olio» pensò ad alta voce Springer mentre si guardava attorno sperduto.

«Betz, aerofreni» berciò il comandante guardando fisso davanti a sé.

Sammy sgranò gli occhi sbigottita mentre lo shuttle vibrava forte attorno a loro.

«Maledizione! Muoviti Betz!»

«Ma a questa velocità si distruggeranno!» rispose l’ingegnere fissando la leva del comando.

«Fallo e basta!» urlò Watts per la prima volta da quando l’aveva conosciuta.

Samantha deglutì e le si gelò il sangue nelle vene mentre tirava la leva degli aerofreni. Il rombo dell’aria e le vibrazioni aumentarono notevolmente mentre lo shuttle decelerava sempre di più. Pochi secondi dopo l’ala sinistra vibrò tremendamente con un colpo ed il rumore del metallo che si squarciava riempì la cabina. Sammy urlò di terrore mentre tutto sembrava una gigantesca lavatrice impazzita.

Watts rimase impassibile e con uno strattone virò nuovamente a sinistra verso il centro d’Equestria.

«Quella è Canterlot» disse Sarang attraverso il forte rumore indicando un monte avvolto dalle nuvole fuori dal parabrezza. Sulla sua cima svettava un castello dalle guglie appuntite.

«Ci siamo quasi. Betz, imposta la prua della pista» ordinò Watts mentre combatteva vistosamente con la cloche per tenere la navetta in assetto. Quello squarcio sull’ala aveva sicuramente danneggiato gli alettoni, ma grazie al cielo sembrava che potessero ancora volare.

La pony perlacea cercò di calmarsi in preda alla tachicardia mentre ruotava le manopole davanti a lei: la vibrazione era talmente forte che gli strumenti sembravano scapparle da sotto gli zoccoli.

«Quanto siamo veloci?» chiese il generale Pimpez con voce leggermente nervosa. Watts lo ignorò mentre Samantha era troppo impegnata per starlo a sentire. In pochi secondi il castello di Canterlot svanì dietro di loro mentre il suolo si faceva sempre più vicino.

«Vedo la pista!» urlò improvvisamente Sammy svegliandosi dal suo torpore. Watts annuì di rimando ed inclinò ulteriormente il muso dello shuttle: la navetta rispose rombando e deformandosi sotto le tremende forze aerodinamiche mentre si fiondavano a velocità folle verso terra.

«Al mio tre carrelli giù ed aerofreni al massimo» disse la pony cinerea mentre continuava a combattere con quella navetta che sembrava un toro impazzito. Samantha deglutì un’ennesima volta ed annuì pronta ad eseguire.

«Uno…»

«Ehi aspetta! Siamo troppo veloci, salterà tutto in aria!» urlò Springer rompendo la sua compostezza.

«Due…»

«Che il Grande Imperatore ci protegga» bisbigliò Lasseter gettando un’occhiata verso il pony paglierino.

«Tre!»

Samantha abbassò la leva dei carrelli ed estrasse completamente gli aerofreni. Watts tirò la cloche con tutte le sue forze verso l’alto mentre lo shuttle urlava come una bestia ferita. La decelerazione improvvisa fu talmente forte che Sammy si sentì quasi strappare dal suo sedile malgrado fosse legata.

One hundred

La voce robotica del radioaltimetro annunciò i cento piedi dal terreno. Il rumore era tale che ormai nessuno avrebbe più potuto comunicare all’interno della cabina.

Fifty…forty…thirty

La lunga pista nera era ormai davanti a loro e si avvicinava ad una velocità folle. Sammy trasalì capendo che non ce l’avrebbero mai fatta.

Twenty…ten…five

Watts sbatté con forza le ruote del carrello contro l’asfalto. La sbandata che ne seguì fu tremenda ma la pony cinerea riuscì per un pelo ad evitare che lo shuttle uscisse di pista e si ribaltasse. Tutti si misero ad urlare tranne Pimpez e la pony comandante che con uno sguardo di ghiaccio si piantò sui pedali dei freni con una forza tale da quasi romperli.

Con un lunghissimo stridio, lo shuttle frenò lungo la pista per un tempo che parve interminabile: per l’ennesima volta Sammy si sentì come se ogni centimetro del suo corpo venisse strappato violentemente dal sedile. Continuò ad urlare con tutte le sue forze mentre la navetta oltrepassava la fine della pista.

Poco dopo però, lo shuttle si fermò con un ultimo strattone piantandosi nell’erba fresca del prato. Lo sferragliare cessò di colpo ed un silenzio sinistro cadde attorno alla squadra SOG. Samantha aveva gli occhi rossi, la gola le bruciava terribilmente e le orecchie le fischiavano come se avesse una locomotiva nella testa.

La pony perlacea rimase imbambolata a fissare le fronde degli alberi al limite del prato che ondeggiavano dolci e lente seguendo la brezza. Per lunghi secondi nessuno emise un suono, finché Sammy non si voltò lentamente alla sua sinistra: Watts era sempre lì con il suo imperturbabile sguardo glaciale, ma persino lei ansimava fissando il parabrezza.

Il comandante si slacciò le cinture, ruotò il suo sedile e volse lo sguardo al resto della squadra sconvolta «Benvenuti su Equestria»

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > My Little Pony / Vai alla pagina dell'autore: agfdetre