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Autore: DrkRaven    03/10/2022    7 recensioni
KAGEHINA | (dal testo) Perché Tobio è un corvo, e il suo istinto è quello di volare alto. La sua chioma è nera come la notte e il blu del cielo si riflette nei suoi occhi attenti. E soprattutto, ha le ali. Due ali lunghe ed eleganti, che plasmano l’aria e lo fanno arrivare sempre esattamente nel posto giusto al momento giusto. [...] “È vero che non sono alto. Però io so saltare!” è un pulcino a pronunciare queste parole. Non è ancora chiaro a che specie appartenga, ma lo sfida a testa alta e il suo sguardo è fiammeggiante così come la sua capigliatura. [...] |
Questa one-shot partecipa a “adoxografia – writing contest” di @-winterhunter su Wattpad - PROMPT N.3 - Battere le ali contro la tempesta avendo fede che dietro questo tumulto splenda il sole. (Virginia Wolf) |
| ⚠ BOY X BOY ⚠ | Parole: 2.446 |
⚠Questa storia è frutto della mia fantasia⚠
⚠Qualunque riferimento a trama, personaggi o eventi narrati in altre fan fiction di altri autori è assolutamente e del tutto casuale, ma vi prego di segnalarmelo se doveste riscontrare tale similitudine⚠
⚠E' assolutamente vietato copiare e riprodurre quanto riportato in questa storia⚠
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Sapeva di essere diverso, Tobio, ma non gli era mai importato granché. Non gli importava granché di nulla, in realtà. Solo della pallavolo. Del nonno, di Miwa e della pallavolo.

Il nonno era la pallavolo. Il primo ricordo di Tobio è il volto sorridente del nonno con una Mikasa sotto il braccio. Il nonno amava la pallavolo e amava Tobio. Grazie a lui, Tobio ha capito che la pallavolo sarebbe stata la sua vita. Gli ha insegnato che doveva diventare sempre più forte, per incontrare qualcuno ancora più forte di lui, che lo facesse volare ancora più in alto.

Anche il nonno è volato via, e a Tobio è rimasta solo la pallavolo.

E Miwa.

Miwa amava la pallavolo, ma amava ancora di più il suo ragazzo. Non si sarebbe mai piegata a quelle stupide convenzioni pur di giocare*. Tobio pensava che se fosse diventato abbastanza bravo, Miwa avrebbe avuto il suo riscatto attraverso lui.

La pallavolo è amica, compagna, anche se gli fa dei regali che al principio Tobio non riesce ad apprezzare: i polmoni che bruciano a fine allenamento, il sudore che si asciuga in brividi lungo la schiena, un’unghia spezzata. Imparerà, crescendo, che la limetta è la sua migliore alleata, ma a dodici anni le unghie le mangia ancora, e si strappa anche le pellicine ogni volta che Oikawa gli fa una linguaccia.

Anche Oikawa è la pallavolo, e per questo a Tobio importa di lui. Il suo gioco è pulito ed elegante, e Tobio vuole diventare come lui. Tobio lo osserva, quando sono in campo non riesce a staccare gli occhi dalle sue mani capaci, dalla sua schiena flessuosa, dalle sue gambe toniche. La ginocchiera bianca è un richiamo istantaneo durante il gioco, l’occhio cade sempre lì e Tobio si nutre di quei movimenti. Vorrebbe che anche il senpai lo guardasse, lo osservasse, lo consigliasse, ma Oikawa fa terra bruciata attorno a lui e Tobio forse riesce a capire il perché.

Anche a Oikawa importa solo della pallavolo, e Tobio è colui che vuole rubargliela.

Tobio non lo fa con intenzione, segue solo il suo istinto, il suo bisogno primordiale e viscerale, insito in lui da un imprinting di cui non è nemmeno consapevole.

Perché Tobio è un corvo, e il suo istinto è quello di volare alto.

La sua chioma è nera come la notte e il blu del cielo si riflette nei suoi occhi attenti. E soprattutto, ha le ali. Due ali lunghe ed eleganti, che plasmano l’aria e lo fanno arrivare sempre esattamente nel posto giusto al momento giusto. Forse è tutto troppo giusto. Ma cos’è giusto? Perché, nonostante la perfezione di quelle alzate, la palla ricade inutile a terra?

Quel tump è un colpo in mezzo al petto di Tobio.

Tobio è sempre stato diverso, ma adesso un pochino gli importa. Pensa che forse dovrebbe fare tutto da solo, perché nessuno riesce a tenere il suo ritmo. Nessuno risponde ai suoi palleggi come faceva il nonno. Ma può giocare con nessuno?

Tobio capisce di essere un corvo solitario, e combatte le sue battaglie in silenzio. Ma la battaglia più grande che Tobio combatte è con sé stesso. Perché a quindici anni è tutto molto più chiaro. La pallavolo è sempre l’unica cosa di cui gli importi. Ma alla pallavolo non importa di lui.

Non capisce come mai il suo talento non basti. Non bastano le due ore di corsa prima dell’alba. Non bastano i cento servizi in salto che fa ogni giorno (quelli che Oikawa non gli ha mai voluto insegnare ma che ha imparato ugualmente). Non basta che la sua alzata sia sempre perfetta, se nessuno è in grado di schiacciarla.

Il vento lo sospinge forte, lo stordisce, lo confonde, e Tobio capisce che deve atterrare e cercare di nuovo la sua direzione.

“È vero che non sono alto. Però io so saltare!” è un pulcino a pronunciare queste parole. Non è ancora chiaro a che specie appartenga, ma lo sfida a testa alta e il suo sguardo è fiammeggiante così come la sua capigliatura.

Tobio lo osserva a metà tra il fastidio e la curiosità. Ma resta ammaliato dalla sua luce. Quello scricciolo brilla, non certo sul parquet del campo, ma ha la sua stessa brama di inseguire la pallavolo. Sa davvero fare solo una cosa: saltare. Ma quando salta, risucchia l’aria attorno a lui, cattura tutta la luce e brilla ancora di più. Quando salta, ha le ali. Forse anche lui è un corvo. Ma Tobio non ha mai incontrato un corvo che brillasse così.

La tempesta lo sballotta ancora, lo disorienta, ribalta tutti i suoi punti di riferimento, e a un certo punto Tobio non sa nemmeno più chi è. Si guarda allo specchio e non si riconosce più. Ha sempre un cipiglio spaventoso ma qualcuno gli ha detto che gli verranno le rughe con quel cipiglio, e quindi se lo stira ogni giorno con le dita. Tobio ora ha qualcuno. Ha diversi qualcuno. E giocare a pallavolo è diventato più bello. Più divertente. Più difficile, anche, perché nessuno è come lui. Ma se vuole giocare, deve dare le sue stesse ali anche agli altri corvi.

Perché il cielo è pieno di pericoli, e anche la terra lo è, e un corvo solitario è destinato a soccombere. Ma uno stormo di corvi può sconfiggere una grande aquila bianca, o un gruppo di gatti randagi.

La meta di Tobio sembra un po’ più vicina, ora, ma più avanza e più il vento si fa insidioso, i punti cardinali si confondono, e Tobio ha bisogno di qualcuno che segua la sua stessa rotta se vuole arrivare lontano senza perdersi ancora. Qualcuno che abbia la sua stessa destinazione. Qualcuno che condivida la sua stessa fame.

“Tu puoi saltare ancora più in alto!”

Perché ha le ali, Hinata, è un corvo adulto ormai e si libra alto nel cielo. Per un po’ segue la sua stessa rotta, ma la sua fame è ancora più grande, e il suo volo non è lineare. È caotico e istintivo, e vola su, sempre più su, verso il sole. Tobio non riesce più a seguirlo con lo sguardo, il sole lo abbaglia e i suoi occhi blu sono feriti da quei raggi splendenti.

Hinata è il sole, e Tobio ne è accecato.


∼☀∽


“Vado in Brasile, a giocare a beach volley.”

“Tornerai?”

“Certo che tornerò! Siamo 751 per me contro 770 per te. Tornerò quando sarò ancora più forte. E allora io ti batterò, Kageyama!”

Tobio non ribatte, raccoglie da terra la giacca della divisa scolastica e il suo diploma, e si incammina verso il parcheggio delle biciclette.

Hinata tentenna davanti alla sua bici, l’euforia di aver ricevuto senza difficoltà l’ultimo servizio di Kageyama ha lasciato il posto alla tristezza. Forse quella è l’ultima volta che si vedono.

I suoi occhi si riempiono di lacrime e si getta contro il petto di Kageyama circondandogli la schiena con le braccia.

Tobio è sorpreso da quel gesto, le interazioni tra lui e Hinata non sono mai state fisiche (tranne quando si picchiano) ma dopo un istante lo racchiude in un abbraccio e appoggia la guancia sui suoi riccioli fulvi.

I capelli di Hinata profumano, sanno di biancheria stesa al sole ad asciugare, sanno di vento e di mare e di tramonti infuocati.

Tobio sente crescere il calore in mezzo al suo stomaco, o forse è il corpo di Hinata contro al suo che non smette mai di ardere nonostante la neve che li circonda.

Le sue labbra sfiorano ancora quella chioma soffice e profumata, e per un solo istante Tobio che sa che deve fare qualcosa, ma davvero, davvero, non sa cosa.

“Io resto qui ad aspettarti, boke!”

Tobio ripiomba nell’oscurità. Hinata è il sole, accecante e magnifico, e Tobio ha capito che è sempre stata quella la sua meta. La pallavolo, uno strumento, un mezzo. Hinata, il suo fine.

Ma con Hinata dall’altra parte del mondo lo sguardo di Tobio è spento, vuoto, il blu dei suoi occhi è opaco perché riflette un cielo grigio, senza sole. Il cipiglio è tornato tra le sue sopracciglia e nemmeno il bianco degli Schweiden Adlers, o il rosso della Nazionale, riescono a far tornare brillanti i suoi occhi cupi.

La tempesta sembra essersi placata ad un occhio poco attento. La sua vita procede costellata di successi. La sua meta sembra essere stata finalmente raggiunta. Ma il vento non ha smesso di soffiare. Si è solo spostato all’interno di Tobio. Soffia forte, gli ulula nei timpani e gli scombina anche quello che ha dentro. Il cuore e il cervello si sono mescolati, insieme a un altro organo che pulsa dentro di lui e che non sapeva nemmeno di avere, ma che si accende e brucia ogni volta che su YouTube vede un video di Ninja Shōyō.

Si sente spento e vuoto senza Hinata e, per la prima volta, si sente imperfetto, incompleto.

Shōyō brucia anche a migliaia di chilometri di distanza, e Tobio ha bisogno di quel calore.


Da Hinata-boke: Kageyama! Guarda chi ho incontrato in spiaggia! Il Grande Re ti saluta!


Quella chat resta senza risposta, l’immagine allegata è finita dritta nel cestino, salvo che poi Tobio l’ha recuperata e la tiene nella galleria nascosta protetta da password.

Ogni tanto la riguarda, le due persone che per lui hanno sempre brillato di più gli sorridono facendosi quasi beffe di lui. Non vuole nemmeno indugiare su cosa ci possa essere dietro a quei sorrisi, ma vuole continuare a credere in Shōyō.

Perchè Oikawa è come un diamante, prezioso e scintillante, che riflette la luce in una miriade di arcobaleni colorati. Oikawa ti ammalia, ti confonde, ti irretisce con la sua perfezione. Ma Hinata è il sole e la sua luce parte da dentro, dal suo cuore grande e generoso, dal suo entusiasmo incontenibile. Dal suo amore immenso per la pallavolo.

Hinata è la pallavolo. Hinata è tutto. Ora Tobio lo sa senza più alcun dubbio, e vuole credere con tutto sé stesso che prima o poi tornerà.


∼☀∽


Il corridoio davanti ai bagni è il posto dove si incontrano di nuovo, come la prima volta.

Ma loro sono due persone nuove. Diverse.

“Hai ancora la diarrea prima della partita?”

La maglia dei MSBY Black Jackals gli tira sulle spalle e sui pettorali, mettendo in evidenza un fisico atletico e scattante, forgiato sotto al sole rovente di Rio. Hinata è cresciuto, è cambiato, ma la sua chioma è sempre luminosa e il suo sguardo brucia ancora.

“No, ma speravo di incontrarti qui. Pare che i Re amino passeggiare davanti al bagno prima delle partite importanti.”

Gli occhi blu di Tobio tornano a brillare, così come il suo sorriso. La sua fronte è distesa, anche se anni di cipiglio gli hanno lasciato dei solchi che non andranno più via.

Vengono raggiunti dai compagni di squadra e in un istante il corridoio è affollato e pieno di ali. Non solo i gufi o le aquile o i gabbiani, ma anche le volpi hanno le ali, e le donnole. Sono dei veri e propri mostri. Sono tutti mostri con le ali e tutti volano in alto, verso la luce, verso il calore. Hinata è il catalizzatore di tutti loro; compagni e avversari, tutti volano in quella direzione.

Tobio è costretto ad aspettare che la partita sia finita, e per la prima volta l’amarezza della sconfitta passa in secondo piano rispetto all’eccitazione di poter parlare di nuovo con Hinata.

Ha capito tante cose, è un adulto ormai, e per quanto la pallavolo è e sarà sempre la cosa più importante della sua vita, ha bisogno di qualcuno che condivida quella stessa passione. Quel qualcuno che lo ha fatto crescere e migliorare negli anni, quel qualcuno che lo ha tirato fuori dal guscio del suo egoismo e gli ha insegnato a guardarsi intorno con occhi nuovi e fiduciosi.

“Sei tornato per restare?” Kageyama lo aspetta nel corridoio dell’Hotel di Sendai dove alloggiano entrambe le squadre.

“Non lo so.”

Tobio fa un passo verso Shōyō e si scioglie nei suoi occhi come una statua di cera.

“Mi sei mancato.” sussurra.

Gli occhi di Shōyō si spalancano per la sorpresa e Tobio deve socchiudere i suoi per non restare accecato da quella luce.

“Entra, così parliamo con calma.”

Shōyō si richiude la porta alle spalle e ci si poggia contro.

Si conoscono da sette anni, ormai, e che fossero separati dalle colline di Miyagi o da un oceano, entrambi sanno che il legame che li lega è speciale.

Il loro rapporto li ha fatti crescere, migliorare, volare sempre più in alto, le ali sospinte verso il cielo dallo stesso amore per la pallavolo.

Si sono detti tante cose, in quegli anni, e molte di più quelle che non si sono detti. E in quella stanza di un Hotel a quattro stelle c’è solo una parola che ancora vibra tra di loro.

“Boke!”

Shōyō sorride e allunga una mano verso Tobio per tirarlo a sé.

Hinata è il sole, è fuoco puro, e Tobio accoglie con gratitudine le sue labbra ardenti. Non ha più paura di bruciarsi; se il suo destino sarà quello di dissolversi tra le fiamme perché si è avvicinato troppo al sole, lo accetta con serenità.

Il calore di Hinata lo avvolge completamente, dentro e fuori, e Tobio è stordito da tutta quell’energia che non sa bene come incanalare. La tempesta al suo interno è stata completamente annientata dal fuoco, il cuore e il cervello hanno ritrovato il loro posto, e quella massa incandescente continua a pulsare in un punto imprecisato e sempre più grande, mentre raccoglie e annienta tutte le altre sensazioni.

C’è solo Shōyō, la sua energia, e Tobio si sente di nuovo perfetto, completo.

Le sue labbra scorrono sulla pelle calda e ancora abbronzata dal sole del Brasile. Miriadi di lentiggini catturano il suo sguardo, e Tobio vorrebbe accarezzarle tutte, una per una, e spera di avere il tempo per farlo in futuro, perché le sue mani ora volano impazienti tra i capelli di Shōyō. La sua bocca lo cerca ancora, e il suo corpo freme di desiderio al bisogno di congiungersi con lui ed essere finalmente una cosa sola.

Tobio brucia, arde, si consuma in quel calore che lo accoglie lentamente dentro di sé, incandescente come lava liquida, e nel buio della stanza Hinata brilla di una luce sfolgorante. I suoi occhi fiammeggianti lo cercano e quelli blu di Kageyama si illuminano di riflesso, di nuovo splendenti e radiosi.

Tobio comprende in un istante che quello è sempre stato il suo destino: due cuori che battono in sincrono, persi nello stesso respiro, i corpi avvinghiati e le loro anime che finalmente raggiungono insieme il punto più alto del cielo.


∼☀∽


* Nel numero 45 del manga viene spiegato che nei club di pallavolo liceali le ragazze sono implicitamente “obbligate” a tenere i capelli corti. Il ragazzo di Miwa però li preferisce lunghi.


∼☀∽


Ti ringrazio di cuore per aver letto la mia storia. Spero che ti sia piaciuta e che vorrai lasciarmi le tue impressioni.


   
 
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