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Autore: babastrell    04/10/2022    2 recensioni
Hob Gadling aveva passato decine di anni credendo che il suo migliore amico fosse il Diavolo.
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Questa storia partecipa al Writober 2022 di Fanwriter.it
Prompt: Bagliore
Genere: Generale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hob Gadling, Sogno
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al Writober2022 di Fanwriter.it

Prompt: Bagliore (pumpINK)

No. parole: 532

 

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GLI OCCHI DEL DIAVOLO

 

Hob Gadling aveva passato decine di anni credendo che il suo migliore amico fosse il Diavolo. Aveva abbandonato quella convinzione molto presto, ancora prima che alcune allusioni nei discorsi criptici del suo amico gli facessero intuire che sì, il Diavolo esisteva, ma non era certo lui.

E in quel momento, mentre passeggiava a piedi nudi sull’erba morbida e verde smeraldo con gli occhi fissi su un cielo color pervinca dalle nuvole come batuffoli di cotone, ne era certo. Il Diavolo non avrebbe mai potuto creare qualcosa di così meraviglioso.

Non si era accorto subito di stare sognando. Era stato il corvo che saltellava tra i cespugli fioriti a farglielo intuire, era una nota stonata in quel giardino.

Addentrandosi tra le piante profumate raggiunse una piccola radura; come volevasi dimostrare, Sogno era seduto su una grossa pietra e ammirava lo stesso cielo. Una leggera brezza gli spettinava i capelli, e in quel luogo magico dai colori vividi stonava tanto quanto il suo corvo. A Hob veniva da sorridere guardandolo.

«Avevo capito che era un sogno» disse a voce alta. «Un posto così bello non può essere reale».

Sogno non si scompose. «Solo perché è un sogno non significa che non sia reale».

Hob si sedette sull’erba accanto a lui. «Che posto è?»

«Lo chiamiamo il Paradiso dei Marinai»

«Come l’aldilà? Quello del folklore britannico dell’Ottocento?»

«Ne sai parecchio»

«Insegno letteratura. E c’ero quando se ne parlava. Credevo che in questo posto ci fosse un violinista che suona in eterno e danzatrici che non smettono mai di ballare».

Sogno lo guardò. «Si può fare».

I suoi occhi mandarono un lieve bagliore, due scintille simili a stelle. Il dolce suono di un violino si diffuse nell’aria.

«Credo che le danzatrici siano laggiù, oltre la radura» aggiunse Sogno con un’alzata di spalle.

Hob era sicuro che dietro il suo viso algido si nascondesse l’ombra appena percettibile di un sorriso, che si rifletteva in quel luccichio degli occhi.

«Credo che resterò qui» disse mettendosi più comodo. «Non mi capita spesso di passare del tempo con i miei amici, mentre al giorno d’oggi posso trovare danzatrici e musica di violini ovunque».

La luce negli occhi di Sogno si fece più intensa per appena un momento. Hob suppose che questa fosse la cosa più vicina ad un’espressione felice che avrebbe mai ottenuto da lui.

Hob sorrise. «Allora, come vanno le cose?».

Il tempo nei sogni scorre diversamente, e la loro conversazione parve protrarsi per un altro secolo. Parlarono del lavoro di Hob, di quello di Sogno —almeno per quel poco che lui voleva condividere—, di come il mondo cambiava sotto i loro occhi, dei massimi sistemi e del tempo, perdendosi ogni tanto in sciocche digressioni su piccolezze prive di importanza come l’aumento del prezzo dei biglietti del cinema.

Quando poi infine la sveglia di Hob lo richiamò al Mondo della Veglia, dopo una notte di sonno durata anni, per qualche istante gli parve di avere ancora di vedere quegli occhi luminosi, un flebile bagliore che tradiva la natura del suo amico. Quale fosse esattamente questa natura Hob non l’aveva ancora completamente compreso, ma di una cosa era certo: gli occhi del Diavolo non potevano brillare così.

  
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