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Autore: NPC_Stories    06/10/2022    1 recensioni
Writober 2022, non è stato dato un tema ma siccome siamo a ottobre e sento già profumo di Halloween, lo farò a tema non morti.
31 storie, una al giorno, stay tuned.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Genere: Fantasy
Personaggi: Erika

6. Fangs


1296 DR, città di Silverymoon

Operazione F.A.N.G.S., così la chiamavano. Fiduciaria Attività Notturna e Giornaliera di Sorveglianza, o qualcosa del genere. Non dicevano cosa dovessero sorvegliare, solo che era un compito assegnato sulla fiducia e che doveva essere svolto notte e giorno. L’oggetto di quella sorveglianza era suggerito fra le righe: fangs, la parola illuskan per zanne, indicava lei. Il vampiro di Silverymoon. Il vampiro a malapena tollerato, a Silverymoon.
Erika aveva sempre trovato che Operazione F.A.N.G.S. fosse un nome molto stupido per riferirsi a lei. Sì, aveva delle piccole zanne, si notava specialmente di notte (i suoi poteri erano resi più deboli dalla luce del sole, e quindi i suoi denti aguzzi tendevano a non mostrarsi di giorno). Però non è che fosse così rilevante. Per succhiare il sangue di un umano fino a ucciderlo ci volevano diversi sorsi, era questione di molti e molti secondi. Per uccidere qualcuno con un pugno in faccia le sarebbe bastato un istante.
Non che lei avesse intenzione di fare alcuna delle due cose. Però avrebbe potuto, e questo era un pensiero rassicurante.
"Non mi piace questo nome" annunciò di punto in bianco, mettendo il broncio.
"Hm? Quale nome?" Chiese distrattamente il sacerdote che stava sempre a un passo da lei.
"Fangs. Il nome che usate voi baciapile di Deneir per riferirvi a me. Mi sento oggettificata e feticizzata, io non sono i miei denti."
Il chierico la fissò in silenzio per quasi un minuto, chiedendosi se fosse uno strano scherzo di cattivo gusto.
"Nessuno ti sta feticizzando" rispose infine, con evidente fatica. "Ci fai ribrezzo."

Erika accolse le sue parole con un silenzio tanto profondo da ovattare perfino i suoni della città intorno a loro. Rimase solo il frinire dei grilli.
"Ribrezzo è una parola un po' forte per qualcuno che non mi conosce nemmeno."
"Sei un cadavere che cammina, un abominio contro natura. Nessuno vuole conoscerti. Dobbiamo solo sorvegliarti." Chiarì l'uomo, stringendo fra le dita il suo simbolo sacro. Se lei avesse tentato qualche trucco, lui era pronto a invocare il potere del suo dio.
"Ah…" era come un inizio di risata, ma sembrava una risata triste che non riesce nemmeno a sorgere completamente e si ferma ad uno sbuffo. La ragazza aveva abbassato la testa, si era tirata indietro sulla panchina per appoggiare bene la schiena allo schienale e aveva iniziato a far ciondolare le gambe che non toccavano più terra. Era sempre stata bassa per la sua età e ora che era morta non sarebbe più cresciuta. "Un sacerdote di Deneir che rivendica così fieramente il suo desiderio di restare ignorante. Non farai piangere il tuo dio in questo modo? Deneir non è un dio della conoscenza?"
"Sappiamo già tutto quello che c'è da sapere sui vampiri."
"Lo sapete? Davvero?" Il suo tono era di nuovo un misto fra la derisione e l'autocommiserazione. "Sapete quanto a lungo può resistere in vampiro senza bere sangue umano?"
"È una dipendenza mentale prima che fisica" il sacerdote recitò quelle parole come se avesse davanti un libro. "Il vampiro sente il desiderio di nutrirsi ogni giorno di sangue umano. In mancanza di sangue, la sete si fa intollerabile, l'astinenza lo porta alla pazzia trasformandolo in una belva senza autocontrollo. In questa fase il vampiro è estremamente pericoloso. Dopo un periodo variabile di alcuni mesi, il vampiro privato del sangue è troppo debole per muoversi e cade in una sorta di coma."
Erika accolse di nuovo le sue parole con il silenzio. Per qualche secondo raccolse le idee, poi si esibì in un sospiro teatrale.
"È il più grosso cumulo di inesattezze e luoghi comuni che io abbia mai sentito" lamentò. "Da che libro hai tratto questa perla, 'Rimedi della nonna contro i vampiri'?"
L'uomo corrugò la fronte. "Che cosa c'è di sbaglia…"
"Primo" la ragazza sollevò un dito "non è affatto vero che si tratta di una dipendenza mentale, è soprattutto una dipendenza fisica. Si può dominare attraverso la volontà, ma è solo perché i non morti in generale dominano il loro fisico attraverso la mente. Non abbiamo una padronanza sul nostro corpo come ce l'avete voi vivi, il nostro corpo è morto. Non posso abituare il mio stomaco a mangiare di meno facendo una dieta, posso solo impormi di non bere sangue grazie alla mia volontà. Però la dipendenza dal sangue, di per sé, è fisica.
Secondo." Sollevò un altro dito. "Non abbiamo bisogno di nutrirci di sangue tutti i giorni, anche se è piacevole farlo. Una volta ogni tre giorni basta e avanza per non sentire la fame bruciante. È un'altra, la dipendenza che scalpita tutti i giorni, che mette a dura prova i nostri nervi morti, e che è di natura mentale e non fisica: il bisogno di risucchiare energia vitale."
"Risucchiare che cosa?" Il chierico impallidì.
"Energia vitale. Non so dirti perché, ma ci fa sentire bene. Forse è una sorta di nostalgia della vita. Un solo giorno senza risucchiare energia vitale e ti senti già come se volessi spaccare qualsiasi cosa. Il che mi porta a dover specificare: non ci servono i denti, per quello. Una schicchera è sufficiente."
Erika alzò lo sguardo verso il cielo. Le poche nuvole stavano iniziando a tingersi di rosa, segno che il sole sarebbe tramontato in meno di un'ora.
"Non è neanche vero che abbiamo questa fissa per gli umani o per gli umanoidi. Sia il sangue che l'energia vitale possono venire da qualsiasi creatura, anche animali. Gli animali sono meno buoni, ma quando un vampiro vuole vivere in mezzo alla civiltà non ha scelta. Se è in incognito, bere da esseri senzienti prima o poi lo farà scoprire. Se è come me, sotto la sorveglianza delle autorità, deve mantenere una reputazione immacolata."
"Mi stai dicendo che non hai mai bevuto sangue umano? Allora come fai a sapere che è più buono di quello animale?" Inquisì lui, per nulla convinto.
Ho bevuto da un essere umano. Ho anche preso la sua energia vitale. Solo che l’ho sempre fatto con moderazione, perché il mio donatore era anche il mio amante, e non avrei mai voluto ucciderlo. Mi sono sempre assicurata che tornasse in buona salute, dopo.”
“Certo, se fosse morto avresti dovuto trovare qualcun altro da incantare con i tuoi poteri vampirici” replicò l’umano, in tono amaro.
“Che non funzionano a Silverymoon, a causa del mythal che protegge la città” puntualizzò lei, ricordandogli indirettamente che lady Alustriel proteggeva da sempre i suoi cittadini. “No, il nostro era un sodalizio vero. Il nostro sentimento era reale.”
“E poi?” incalzò lui, suo malgrado ormai coinvolto nella storia.
“E poi niente. Gli umani non vivono per sempre.” Concluse Erika, anche se era una mezza bugia: il suo ex amato era ancora vivo, e a modo suo era immortale. Lei, però, non avrebbe tradito quel segreto. Non come aveva fatto lui, spifferando alle autorità che la sua amante era una vampira. “Il sole sta tramontando, è ora che torni a casa mia.”
“Giusto. Non hai scelta.” Lui spostò il peso da un piede all’altro e fece un passo indietro, lasciandole spazio perché si alzasse dalla panchina.
“Peccato, però. Mi piace rimanere in questo angolo a osservare il fiume. Una volta qui era tutta campagna, sai? Ci si veniva a fare i pic-nic nei giorni liberi.”
“Sì, lo so. Ho familiarità con la storia dello sviluppo urbanistico.” Rispose lui con ben poco sentimento. “Nemmeno la casa dove abiti esisteva fino a pochi decenni fa.” Indicò la strada davanti a loro, che conduceva al quartiere-dormitorio dove sorgeva la casetta della vampira. “Come l’hai acquistata? Insomma, avevi… documenti falsi o…”
“Una donazione da parte del mio amante. Era un funzionario cittadino, aveva accesso ai documenti dell’anagrafe, e faceva in modo che in ogni generazione spuntasse fuori una signorina Lesmiere. Fece intestare la casa a Karola Lesmiere, che formalmente era mia madre.”
“Ereditare il cognome per via matrilineare. Insolito.”
“Ma non illegale” puntualizzò Erika. “Da quando la linea maschile dei Lesmiere si è estinta, ho vantato solo antenate che hanno avuto una figlia fuori dal matrimonio. Discendo da una fiera genealogia di sgualdrine… che in realtà ero sempre io” Erika si esibì in un ghigno soddisfatto. “Ho ancora la magione storica della famiglia Lesmiere, ma è un rudere, non è abitabile.”
“Ma che ti importa? Sei morta. Non ti serve restare al caldo o all’asciutto, e nemmeno ti polverizzi sotto il sole…” il purtroppo rimase lì, ad aleggiare, non detto.
“Ho bisogno di un posto dove riporre la mia collezione di teschi di sacerdoti che fanno domande stupide. Oh guarda! Siamo arrivati” indicò la sua casa, un edificio uguale a tutti gli altri ma tinteggiato di azzurro. “Grazie per avermi accompagnata fino a casa.”
“Non avevo scelta.”
“Allora buonanotte” lo congedò, armeggiando con le chiavi per aprire la porta.
“Aspetta” lui la fermò sulla soglia. “Non mi hai più confermato o smentito se è vero che i vampiri vanno in stato catatonico quando non si nutrono da un po’.”
Erika sorrise, e nel crepuscolo i suoi piccoli canini cominciavano già a farsi vedere.
“Prima o poi, sì. Ma prima o poi per un vampiro molto potente vuol dire anni. E appena sente la presenza di un vivo, potrebbe essere in grado di risvegliarsi. Non è un coma, è più… risparmiare le energie, entrare in uno stato alterato di coscienza per non soffrire la terribile sete. Io l’ho fatto, quando lady Alustriel ha giudicato che fosse corretto tenermi in isolamento in una segreta per un anno intero.”
“L’hai fatto… perché stavi soffrendo troppo per l’astinenza?”
“L’ho fatto perché stavo soffrendo per l’astinenza e perché la tentazione di spaccare tutto e uscire si faceva ogni giorno più forte.”
“Ma… eri in una segreta” balbettò il chierico. “Mi hanno detto dov’eri, molti metri sotto il livello del terreno, con le porte murate con la magia, pareti spesse come un tronco di quercia e…”
Con tutta calma, Erika si chinò e raccolse un sasso decorativo che teneva per terra accanto all’uscio. Qualcuno un tempo vi aveva dipinto sopra un gatto acciambellato, ma ormai la vernice era tutta scolorita.
“La pietra non mi può fermare” senza interrompere il contatto visivo, strinse il sasso fra le mani e quello iniziò a creparsi. Dopo un istante si spezzò, dividendosi in schegge e pezzettoni. La vampira si lavorò i pezzi di roccia fra le mani finché non divennero sassolini, poi sabbia, il tutto in una manciata di secondi. “La mia volontà . Per fortuna è più forte delle stupide mura di una prigione.”
Le parole di lei erano rassicuranti, ma l’atteggiamento era tutto l’opposto. Era solo una ragazzina magra e minuta, di solito era fastidiosa e basta, ma al calare delle tenebre il prete si ricordò con assoluta chiarezza che lei era un vampiro. Perché un conto era saperlo, un conto era vederlo. Le ombre del tramonto avevano fatto sprofondare quella strada di periferia nell’oscurità, e la pelle di lei sembrava ancora più pallida per contrasto. L’espressione neutra della donna rafforzava l’impressione che fosse non viva, ma non come un cadavere, più come una statua di alabastro.
Il chierico si rese conto all’improvviso che non c’era nessuno lì, a quell’ora, oltre a loro due. Il suo volto si fece cinereo e l’uomo barcollò all’indietro, inciampando quasi nei ciottoli della strada.
“P-per… per la grazia di Deneir…” balbettò, afferrando il simbolo sacro e tenendolo alto davanti al volto, fra lui e la vampira. “Immonda creatura, io… io…”
Tu niente. Hai troppa paura per farti udire dal tuo dio.” Lo schernì Erika, con una voce che era la stessa di sempre eppure era anche la voce di una dea che parlava dall’altra parte del velo della morte. Non era cambiata all’aspetto, ma c’era tutto un nuovo peso nella sua presenza. Era come se fosse gigantesca e proiettasse un'ombra immensa su di lui. “Poniti un obiettivo più alla tua portata, sciocco ometto. Per esempio, tornare al tuo tempio senza pisciarti addosso. E vai a dire ai tuoi compari che Fangs è un nome davvero stupido.”
La vampira si ritrasse in casa sua, sbattendosi la porta alle spalle… e all’improvviso era tutto finito. Quella sensazione di oppressione si dissipò nell’aria della sera come se non fosse mai esistita.
E, in effetti, né per polverizzare il sasso né per intimidire il chierico Erika aveva avuto bisogno di usare le zanne.
   
 
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