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Autore: My Pride    07/10/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Footprints along the road Titolo: Footprints along the road
Autore:
My Pride
Fandom:
Batman Beyond
Tipologia:
One-shot [ 1957
parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Rating:
Giallo
Genere:
Generale, Azione, Malinconico
Avvertimenti:
What if?, Hurt/Comfort
Writeptember:
1. Pettinare qualcuno || 2. Sei così pallid*
 

 

BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Per quanto fosse consapevole che quella situazione fosse del tutto sbagliata, Jon non poteva fare a meno di pensare che in quel momento, seduto su quel materasso colmo di coperte variopinte e cuscini e i lunghi capelli sporchi di sangue riversi sulla schiena, Damian fosse l’uomo più bello che avesse mai visto.
    Da giovane aveva avuto delle piccole avventure, cotte adolescenziali che erano nate e finite nel giro di poche settimane e di cui se n’era lamentato anche con Damian stesso, ma nel profondo aveva sempre saputo che il suo cuore apparteneva al suo migliore amico. Aveva provato più e più volte ad ignorare i suoi sentimenti, a lasciar correre e continuare con la sua vita, ma quando alla fine non era più riuscito a tenersi tutto dentro ed entrambi si erano confessati i propri sentimenti nel medesimo istante, il destino aveva deciso per loro diversamente. C’erano state le invasioni, la partenza di Jon con la Legione e il ritiro spirituale di Damian, la lotta contro Darkseid e il satellite impazzito di Bruce che aveva quasi decimato la razza umana, e quando Jon era riuscito a tornare, sfuggendo ad un’astronave daxamita che lo aveva imprigionato in quanto kryptoniano, aveva trovato cambiata ogni cosa.
    Non appena rimesso piede sulla terra, Jon aveva subito sentito che qualcosa non andava. Il colore rossastro del cielo l’aveva messo in allerta ed era volato immediatamente a Metropolis, focalizzandosi sul battito del cuore di Damian e di tutte le persone a cui teneva; le orecchie si erano ben presto colmate di rumori e interferenze che non gli avevano permesso di trovare nessuno, e aveva vagato come una trottola impazzita solo per rendersi conto che era stato imprigionato per ben due anni. Lo shock era stato tale che aveva sgranato gli occhi e sentito un mancamento, chiamando a gran voce chiunque avrebbe anche solo potuto sentire le sue suppliche; aveva vagato per ore, giorni, vedendo solo distruzione e pochi sopravvissuti che cercavano di accaparrarsi un tozzo di pane nei vari rifugi, ma era stato allo scoccare del decimo giorno che le cose erano diventate finalmente chiare: Darkseid era tornato ma, qualunque cosa fosse successa, erano stati i daxamiti che fino a quel momento avevano tenuto imprigionato Jon a vincere.
    Col cuore in gola, Jon si era sentito sprofondare al pensiero di aver perso tutti coloro che amava, accasciandosi in ginocchio sul pavimento impolverato del vecchio appartamento che per anni aveva condiviso con Damian. Circondato dai loro ricordi, fotografie sbiadite dal tempo e mobili mangiati dal fuoco e ricoperti di cenere, si era lasciato andare al dolore coi palmi delle mani premuti contro il viso, senza accorgersi dei passi dietro di lui se non quando era stato troppo tardi; aveva sentito una spada alla gola, l’odore del piombo gli era arrivato alle narici e la lama stridente aveva percorso la sua carotide, ma si era spezzata nel momento stesso in cui aveva provato a recidere la sua pelle e Jon, con un lungo sospiro afflitto, aveva conficcato le unghie nella carne delle cosce e non aveva nemmeno provato a combattere, arrendendosi con le mani rivolte verso l’alto.
    «Non sono di Daxam. Se vuoi uccidermi, avrai bisogno di qualcosa di più forte del semplice piombo», aveva sussurrato al suo nemico, consapevole che gli abiti che aveva indossato per tutto il tempo della sua prigionia avrebbero tratto in inganno, ma era stato a quel punto che aveva percepito un flebile cambiamento nel battito cardiaco, coi poteri ancora in conflitto che cercavano di prevalere, sgranando le palpebre nel momento stesso in cui si era voltato e si erano entrambi guardati negli occhi.
    «Jon?»
    «Damian?»
    Per quanto fosse cresciuto, si fosse fatto crescere i capelli e avesse ormai indossato le vesti della Testa del Demone, Jon aveva riconosciuto quegli occhi verdi prima ancora di rendersi conto di chi aveva davanti. Era stata una riunione toccante. Incredulo, Jon si era alzato in piedi e aveva afferrato il viso di Damian con entrambe le mani, sentendo quelle dita callose carezzargli il dorso come a volersi assicurare che era davvero lì, realmente davanti a lui, sussurrando il suo nome più e più volte prima che Jon stesso lo mettesse a tacere con un bacio; era stato un bacio rude, un cozzare di denti e labbra e lingue intrecciate che avevano sentito la necessità di assaporarsi e, stretti in un abbraccio e con la fronte premuta luna contro l’altra, si erano raccontati tutte le cose accadute in quei lunghi anni.
    Jon era venuto a conoscenza dell’attacco di Darkseid, dell’invasione di Daxam e della loro lotta per la supremazia sul pianeta, del modo in cui i daxamiti avevano soggiogato gli esseri umani e sconfitto la Justice League, e come Damian, solo, sconfitto e disilluso, si fosse unito a suo nonno nel tentativo di abbattere i nemici e riprendersi il pianeta, ma la lotta si era protratta per anni e gli invasori non erano stati sconfitti; avevano ottenuto poche vittorie, massacrato daxamiti su daxamiti nonostante il parere contrastante dei pochi superstiti della Justice League, ma Damian aveva continuato sulla sua strada fino a quel momento. E Jon, durante quei sei mesi, aveva apertamente compreso la posizione di Damian. Avevano entrambi perso i genitori, le loro famiglie, gli amici a cui avevano voluto bene e la loro terra… per quanto suo padre avesse sempre cercato di risolvere le cose senza combattere o uccidere, quei nemici non avrebbero reso loro vita facile e non ci avrebbero pensato due volte a privarli della vita. Quindi, sì, su carta la situazione poteva sembrare sbagliata… ma Jon non avrebbe avuto cuore di criticare le decisioni di Damian quando lui stesso aveva usato i suoi poteri per combattere all’ultimo sangue contro gli abitanti di Daxam.
    «Puoi avvicinarti. Non mordo».
    La voce di Damian lo distolse dai suoi pensieri e Jon scosse la testa, volandogli in contro per fluttuare dietro di lui e sfiorargli i capelli con le dita per portarseli alle labbra prima di inspirare a fondo il loro odore. Per quanto sporchi di terra, sangue e sudore, Jon fece scivolare ogni ciocca sul palmo della sua mano e le intrecciò intorno ai polpastrelli, baciandole una ad una con devozione mentre sentiva Damian rabbrividire leggermente sotto al suo tocco; lo vide inclinare la testa di lato e la chioma scivolò verso la spalla, scorgendo l’espressione stanca che si era dipinta sul suo viso.
    «È stata una lunga battaglia. Dovresti riposare», sussurrò Jon di rimando, affondando il viso fra i suoi capelli mentre cercava di districare ogni ciocca dal sangue incrostato su di esse, ma Damian scosse brevemente il capo.
    «Sto bene». Si sfiorò il fianco le cui bende erano già macchiate di sangue. «Ho solo bisogno di prendermi un momento».
    «Eppure sei così pallido…» Jon si sporse verso di lui, baciandogli un angolo della bocca. «Fai un bagno, rilassati, prenditi un momento. Ti cambierò le bende quando avrai finito».
    Damian si voltò verso di lui col volto sporco di sangue, le occhiaie e il colorito della sua carnagione ben diverso da quello a cui Jon era abituato, eppure gli sembrava ancora l’uomo più bello che avesse mai visto; si sporse a baciargli le labbra screpolate e avvertì il sapore del sangue anche su di esse, carezzandogli un’ultima volta i capelli prima di lasciarlo andare e seguirlo con lo sguardo mentre Damian si dirigeva verso il bagno; durante l’attesa chiamò Koru e gli ordinò di portargli l’occorrente che gli sarebbe servito per medicare Damian e, alla domanda se servisse loro il medico di corte, Jon scosse la testa e accennò che ci avrebbe pensato lui e che nessuno dei due avrebbe tollerato intrusioni da parte di terzi. Koru si era battuto una mano sul petto e, accennando un “Come il Pugno del Demone comanda”, era tornato una decina di minuti dopo con quanto richiesto per porre poi Goliath come guardiano della loro privacy, accennando a non esitare comunque a chiamarlo se fosse servito.
    Quando Damian lo raggiunse una ventina di minuti dopo, Jon vide che non si era nemmeno preso la briga di rivestirsi. Completamente nudo e con i lunghi capelli drappeggiati su una spalla, si avvicinò in punta di piedi per mostrarsi a Jon nella sua interezza, con la pelle ambrata segnata da pallide cicatrici su petto, braccia e schiena brillante sotto la luce delle fiamme; sorrise appena, la mano premuta sul fianco, e prese posto fra quelle coperte, distendendo le lunghe gambe prima di stiracchiarsi sotto lo sguardo di Jon. Nel corso degli anni, Damian era diventato muscoloso ma longilineo, il suo volto affilato era incorniciato da quella lunga chioma ancora umida, e Damian la scosse via con una mano, gettando un’occhiata verso di lui.
    «Sto aspettando», sussurrò nel togliere la mano dalla ferita, facendola scivolare lungo la coscia come a voler richiamare verso il basso l’attenzione di Jon in un gesto inconsciamente erotico; Jon dovette far fronte a tutta la sua forza di volontà per concentrarsi sulla ferita e non sul modo lascivo in cui Damian sembrava invogliarlo, cominciando a disinfettare quel taglio con estrema attenzione.
    Non gli sfuggirono i mugolii di Damian né il modo in cui aveva reclinato il capo all’indietro, le reazioni del corpo sotto i suoi tocchi in bella vista e il piccolo sospiro che Jon fu certo avesse dato vita per stuzzicarlo, ma cercò solo di concentrarsi sul ricucirlo nel punto in cui la ferita si era riaperta e nel fasciarlo stretto, divenendo l’unico punto di pelle coperta che Damian gli mostrò. Fu solo a quel punto che gli diede la schiena, facendo scivolare una mano al di sotto della chioma per scansarla un po’ e farla ricadere di nuovo sulle spalle, guardando Jon di sottecchi da quella posizione prima che quest’ultimo, sporgendosi, poggiasse un bacio nell’incavo del suo collo.
    «Posso?» sussurrò rauco nello sfiorargli un orecchio, e Damian, dopo un attimo di esitazione e un piccolo brivido, annuì.
    «Puoi» Abbassò le palpebre, allungando un braccio sotto al cuscino quanto bastava per recuperare una spazzola di legno e porgerla a Jon. «La Testa del Demone ti dà il suo consenso».
    Jon sorrise e afferrò quella spazzola, conscio di quanti anni ha Damian fosse geloso dei suoi capelli e come pochi eletti potessero avere l’onore di toccarli in un momento così intimo; baciando ancora una ad una quelle ciocche, cominciò a pettinarlo con lentezza e devozione, districando delicatamente i nodi e sentendo Damian rabbrividire sotto il suo tocco e bearsi del modo in cui le dita passavano in esse. Per quanto tempo potesse passare, per quante cose si fossero ritrovati ad affrontare e per quante volte Damian potesse indossare vesti diverse, niente avrebbe cambiato i sentimenti che per anni aveva provato per lui e Jon, adesso ne era consapevole, avrebbe fatto qualunque cosa per lui. Persino uccidere.
    «Fermo», ordinò di punto in bianco Damian, sollevando una mano per frenare quelle spazzolate a metà chioma e lasciare Jon abbastanza sorpreso.
    «Non ho ancora--»
    Jon non ebbe il tempo di replicare: la spazzola gli venne letteralmente strappata via dalle mani e Damian lo sovrastò con la propria mole, poggiando le mani sulle sue spalle e conficcando nella pelle le unghie laccate di nero; sollevando lo sguardo per incontrare i suoi occhi, Jon vide un lampo verde in quelle iridi e lo fissò, vedendo Damian leccarsi le labbra prima di impossessarsi della sua bocca con un bacio rude.
    «La Testa del Demone te lo ordina», mormorò contro la sua pelle nello scendere lungo il collo, e Jon sospirò.
    «Come comandi, Maestro», sentenziò nel tornare a baciarlo fino a bearsi dei gemiti a cui Damian diede voce, con la spazzola ormai dimenticata fra cuscini e lenzuola.






_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per l'undicesimo giorno del #writeptember sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia 
Ambientato sotto un regime dispotico, storia che molto probabilmente riprenderò dalle origini stesse ma che adesso è solo uno scorcio h/c perché io sono un clown e per la challenge non avevo proprio idea di che cosa inventarmi, ah ah
Nah, la verità è semplicemente che mi piace Damian nelle vesti della Testa del Demone e Jon come suo braccio destro, quindi alla fine le cose sono andate in questo modo ed è uscita una cosetta abbastanza strana che alla fin fine gioca proprio su questo strano rapporto tra servitore e maestro
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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