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Autore: Quebec    08/10/2022    1 recensioni
In una città invasa da un'epidemia di vampiri e sigillata dall'esercito, un uomo e un bambino tentano una fuga disperata.
Genere: Drammatico, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'uomo spinse a lato il vampiro, ma lui gli balzò di nuovo addosso e scattò i denti aguzzi a pochi centimetri dal suo collo. L'uomo gli sferrò un pugno sul fianco e scattò in piedi. Il succhiasangue gli saltò ancora una volta addosso, ma lui si spostò dalla traiettoria. Appena il vampiro si voltò, l'uomo gli piantò il martello in fronte.
Il vampiro crollò sul pavimento, il corpo percorso da violenti fremiti.
L'uomo riprese fiato. Doveva andarsene da lì. La centrale poteva essere una trappola mortale. Nessuna traccia di sangue e nessun corpo da quando ci era giunto. Doveva capirlo prima che c'era qualcosa di strano.
Si precipitò fuori dall'edificio e si guardò intorno. Le strade deserte. Se fosse stata una trappola i vampiri dovevano già saltargli addosso.
Si diresse lungo la strada secondaria che portava a una delle entrate del condotto fognario che si snidavano sottoterra per chilometri. Non sapeva se fosse una buona idea andare a darci un'occhiata, ma doveva farlo. Non poteva portare qui il bambino senza prima controllare che non ci fosse un covo di vampiri all'interno.
Quando arrivò nello spiazzo che portava alle fogne, una pila di corpi era ammassata ai piedi della porta di ferro. Ethan era tra loro, la testa pallida, la pelle secca.
L'uomo si portò una mano sulla testa con fare sconvolto. Erano tutti morti. Questo spiegava perché non c'era sangue nella centrale di polizia, ma non spiegava perché Ethan avesse lasciato pistola e distintivo sulla scrivania. Che senso aveva? Che le avesse dimenticati?
Si alzò e raggiunse i cadaveri rivolti verso la porta. Avevano tentato di aprirla. Allora perché erano fuggiti senza prima accertarsi che fosse aperta?
L'uomo girò la maniglia. Chiusa. Forse erano stati chiusi fuori? Probabile.
Si allontanò dalla porta e lanciò un'occhiata ai tetti dei palazzi che lo attorniavano. Nessun vampiro lo osservava dalla cima. Chi aveva banchettato con il sangue dei sopravvissuti ormai doveva essere molto lontano. Si disperdevano sempre dopo aver ucciso la preda.
Lasciò lo spiazzo e proseguì lungo le strade secondarie. Il vento ululava tutt'attorno. Un colpo di pistola lontano. Un urlo. Qualcuno era morto.
Aumentò il passo finché cominciò a correre. Dopo tre isolati si fermò a riprendere fiato.
Quando svoltò l'angolo, un autobus si fermò davanti a un supermercato, l'intera carrozzeria protetta da lastre di metallo. Un veicolo corrazzato su ruote. L'uomo si nascose dietro un furgone e sbirciò. Un gruppo di uomini armati scese dal veicolo. Due si piazzarono all'entrata, gli altri entrarono dentro.
L'uomo sgattaiolò da un veicolo all'altro e si nascose dietro una fila di siepi. Dall'interno provenivano delle voci.
- ...interessa. Cazzo, guarda! C'è ancora della roba!
- Dove?
- Qua! Vieni!
- Ma non basta per tutti.
- Che cazzo ti aspettavi? Ogni fottuto negozio è stato saccheggiato!
L'uomo fiancheggiò il muro del supermercato, superò il piccolo spiazzo posteriore, scavalcò il basso muretto e proseguì sulla strada. Ogni tanto si guardava alle spalle per paura che quegli uomini lo stessero seguendo. Se avessero trovato il suo rifugio, avrebbero ucciso lui e il bambino. Doveva tenerli lontani.
Svoltò un angolo, appoggiò le spalle contro il muro e sbirciò nella direzione da cui era venuto per un lungo momento. Non sembravano averlo seguito. E poi come minimo gli avrebbero sparato addosso prima di inseguirlo. E se fossero tipi svegli? Allora si sarebbero limitati a seguirlo. Sparare voleva dire attirarsi addosso i vampiri nei paraggi. L'uomo stesso non aveva portato il fucile per non essere tentato di usarlo.
Scacciò dalla mente quegli uomini e si incamminò rasente agli edifici. Quando raggiunse l'incrocio, l'autobus blindato veniva alla sua sinistra. L'uomo si abbassò e si rifugiò dietro una macchina.
L'autobus si fermò davanti al veicolo. Un vociare concitato giungeva dall'abitacolo, ma l'uomo era troppo lontano per capire cosa dicessero. Poi l'autobus si allontanò e svanì dietro una curva.
L'uomo restò al suo posto per un lungo momento. Forse l'avevano scorto all'incrocio o al supermercato. Allora perché non erano scesi?
Si alzò e si inoltrò per gli stretti vicoli, dove l'autobus non poteva passare. Ma più camminava, più aveva la sensazione di essere seguito. Eppure non c'era nessuno alle sue spalle, nessun motore acceso. E non credeva che sarebbero scesi dall'autobus per seguirlo.
Quando arrivò a tre isolati dalla stazione di benzina, una raffica di spari echeggiò tra i palazzi. Urla, strilli, gemiti. L'uomo sbarrò gli occhi e corse a perdifiato lungo il marciapiede. Forse i vampiri erano riusciti a entrare nel rifugio. Come poteva aver abbandonato il bambino? Forse l'avevano già ucciso.
Girò l'angolo e si pietrificò. Più di un centinaio di vampiri affollavano la strada. Una fitta allo stomaco lo piegò in avanti, i sensi di colpa arrivavano come pugnalate nello stomaco.
Altri spari e urla. Grida deliranti. L'autobus spiaccicava i vampiri al suo passaggio e dondolava sotto i loro corpi. Gli uomini sparavano dai finestrini un poco abbassati e ridevano a crepapelle, gli occhi spiritati.
- Centrato!
- Ventotto!
- Come cazzo fai a essere a ventotto, se poco fa eri a tre?
- Non rompermi i coglioni!
- Sei un fottuto bugiardo!
- Pensa a sparare, coglione!
- Stronzo!
- Vaffanculo!
- Vaffanculo tu!
I vampiri si lanciarono contro l'autobus. Alcuni si arrampicarono sopra al tettuccio e cominciarono a tartassarlo di pugni. Gli uomini a bordo chiusero un altro po' i finestrini e altri spararono contro il tettuccio. Ridevano, ricaricavano l'arma e ridevano.
L'uomo non capiva perché si fossero buttati in mezzo ai vampiri. Solo dei pazzi l'avrebbero fatto e forse lo erano per davvero.
Gli strilli dei succhiasangue soppressero le urla degli uomini. Alcuni ne arrivavano dalle strade adiacenti e altri saltavano giù dai tetti o dalle finestre come una cascata umana. L'autobus blindato si bloccò sui corpi, le ruote posteriori che ruotavano alla massima velocità e maciullava la faccia di un vampiro morto. I vampiri si ammassarono sul veicolo fino a farlo scomparire sotto i loro corpi.
L'uomo sgattaiolò rasente al muro e arrivò davanti alla stazione di benzina. Centinaia di vampiri crivellati di pallottole giacevano attorno all'edificio. Serrò gli occhi e corse all'interno. Quando trovò la botola chiusa, tirò un sospirò di sollievo. I vampiri non erano entrati. Allora chi aveva attirato tutti quei succhiasangue? L'autobus? Era improbabile. Certamente gli spari ne avevano attratti di nuovi e altri ne sarebbero arrivati nelle ore successive.
Bussò alla botola. Attese. Bussò di nuovo. - Sono io, apri.
La botola si aprì con uno scatto e l'uomo la sollevò.
Il bambino era ai piedi della scala e cercava di alzare a fatica il fucile più grande di lui. Quando si accorse che oltre la botola c'era l'uomo, sgranò gli occhi per la felicità.
Lui chiuse la botola e scese la scala. Il bambino lo abbracciò con le lacrime agli occhi.
- Non eri sicuro che ero io? - chiese l'uomo.
- No.
- Allora perché hai aperto?
- Mi sembrava la tua voce.
L'uomo lanciò uno sguardo nello scantinato e trovò la donna seduta sul letto con gli occhi vacui. Sembrava appena uscita da una crisi isterica.
Lui si chinò verso il bambino. - Stai bene?
- Sì.
Gli posò una mano sulla spalla, prese il fucile e raggiunsero il tavolo. Mentre il bambino si sedeva, l'uomo si avvicinò alla donna. - Ehi.
La donna mormorava parole senza senso.
- Ehi!
Lei lo guardò dritto negli occhi. - Stanno arrivando.
- Chi?
- I vampiri. Loro arrivano sempre.
L'uomo guardò le unghia arrossate e insanguinate che la donna continuava a tormentarsi e le posò una mano sul polso per fermarla. La donna tentò di graffiargli la faccia, ma lui si spostò appena in tempa. - Ehi, non voglio farti del male! Calmati.
La donna lo fissava con gli occhi infiammati.
Lui mantenne lo sguardo per un momento, poi si girò e raggiunse il bambino. - Da quanto è così?
- Da un po'.
- Ti ha fatto del male?
- No. Io...
- Cosa?
- Ho attirato i vampiri. E lei è impazzita. È colpa mia.
L'uomo gettò uno sguardo alla donna, poi al bambino. - Sei uscito?
- No, no. Voleva mutare la musichetta del gioco, invece ho alzato al massimo. Ma poi l'ho mutato. Davvero. È stato un incidente. Non volevo farlo.
L'uomo sospirò. Adesso capiva la presenza di tutti quei vampiri. - Non preoccuparti.
- Sei arrabbiato con me?
- No.
- Sicuro?
- Sicuro.
Il bambino abbassò lo sguardo afflitto dai sensi di colpa.
L'uomo gli spettinò i capelli con una mano. - Va tutto bene. Davvero.
Una raffica di spari, gli stessi calibri usati dagli uomini sull'autobus. Erano ancora vivi.
La donna si rannicchiò nel letto dando loro le spalle.
- Sono i tuoi amici? - chiese il bambino.
- No.
- Se non sono i tuoi amici, allora chi sono? Non dovevi vedere un amico? Dov'è adesso? Ci porterà via di qui? Dov'è?
L'uomo raggiunse la botola e controllò che fosse chiusa. Poi si levò lo zaino dalla spalla e cominciò a riempirlo di cibo e acqua, il bambino che lo seguiva in silenzio.
L'uomo posò lo zaino contro la parete e osservò la spessa porta di ferro arrugginita. Non sapeva cosa si celasse oltre. Forse era un sottopassaggio che conduceva fuori città. Lo sperava, ma forse pretendeva troppo.
Lo scantinato era stato trasformato in una specie di bunker dal proprietario della stazione di benzina patito della sopravvivenza. E l'uomo se n'era servito quando l'epidemia si era diffusa a macchia d'olio sulla citta. Lui e l'amico l'avevano condiviso per due giorni. Al terzo giorno l'amico era scomparso come centinaia di altre persone inghiottite negli abissi della città.
E ora l'uomo fissava la porta divorato dai dubbi.
Il bambino lo raggiunse. - Dobbiamo andare, vero?
- Sì.
- Dove andremo?
- Lontano da qui.
- A casa mia?
L'uomo lo guardò. - Molto più lontano.
- Dove non ci sono vampiri?
- Sì.
Il bambino sorrise, poi si voltò verso la donna. - Viene con noi?
- Non lo so.
- Lei ha paura dei vampiri. Forse viene, se glielo chiedo. Ma credo sia ancora arrabbiata con me.
L'uomo gli mise una mano sulla spalla. - Magari dopo.
Il bambino aggrottò la fronte con fare confuso. - Perché?
- Deve riposare.
Il bambino gettò uno sguardo alla donna e si sedette sul letto.
L'uomo posò le mani sulla manovella e girò con tutta la forza che aveva in corpo. Quella grattò sugli ingranaggi e si spostò un poco. L'uomo mollò la presa, stiracchiò le dita, li appoggiò sulla manovella e girò, la faccia arrossata per lo sforzo. Mollò la presa e si asciugò il sudore dalla fronte con la manica dell'impermeabile. Ci riprovò.
La manovella scattò.
L'uomo afferrò il martello e aprì lentamente la porta, i palmi delle mani arrossati e doloranti.
La galleria proseguiva a perdita d'occhio, illuminata a intervalli da lampadine che correvano lungo la parete.
L'uomo e il bambino spalancarono gli occhi sorpresi.
- È come nei film di guerra - disse il bambino. - Forse ci sono i soldati. Cosa facciamo se ci sono i soldati?
- Non ci sono.
- Sicuro? Secondo me ci sono. Nei film ci sono sempre.
- Qui non ci sono.
- E se ci sono i vampiri?
L'uomo non rispose. Potevano esserci e come. Era questo che lo aveva spinto a non aprire la porta. Ma ora l'aveva fatto e tornare in superficie non era impossibile. Gli spari continuavano senza sosta, segno che gli uomini nell'autobus stavano facendo una carneficina. E lui non voleva trovarsi di mezzo.
- Ci sono i vampiri? - chiese il bambino spaventato.
- Non ci sono.
- Come fai a saperlo?
- Lo so.
- Sì, ma come lo sai?
- Perché non vivono sottoterra.
Il bambino piantò le mani sui fianchi e lo fissò con fare incerto. - Non ti credo.
L'uomo raggiunse la donna ancora rannicchiata sul letto. - Noi stiamo per andare. Vuoi...
La donna si voltò di scatto, gli occhi arrossati, le labbra screpolate. - Non lasciarmi qui, ti prego.

Mezz'ora dopo proseguivano lungo la galleria.
L'uomo aveva socchiuso la porta nel caso fossero ritornati di corsa al rifugio, ma sperava che non ce ne fosse bisogno.
- Quanto manca ancora? - chiese il bambino. - Mi fanno male i piedi.
- Continua a camminare - rispose l'uomo.
La donna li osservava in silenzio. Si era calmata e aveva riacquisito la ragione. Tutto quello che l'era capitata poca prima le sembrava solo un sogno. Un orrendo incubo che voleva cancellare.
Venti minuti dopo arrivarono a un incrocio a T.
La donna e il bambino guardarono l'uomo. Lui spostava lo sguardo da un corridoio all'altro. Non sapeva quale percorrere. Cercò un segno o una traccia sui muri che indicasse l'uscita, ma non trovò niente.
- Da che parte andiamo? - domandò il bambino.
L'uomo scrutò in fondo ai due corridoi. Forse entrambi portavano lontano dalla città o fuori città. Ormai si era messo in testa che doveva essere così. Doveva crederci.
Il bambino gli tirò un lembo dell'impermeabile. - Allora?
- Da questa parte - rispose l'uomo.
Seguirono il corridoio di sinistra. Un'altra lunga camminata, finché si fermarono a un punto in cui alcune luci erano spente a intervalli irregolari.
La donna si mise dietro di loro.
Il bambino guardò l'uomo. - Andiamo dall'altra parte.
Lui osservò le zone buie e quelle illuminate che si intervallavano senza fine. Poi spostò lo sguardo sulla donna e sul bambino. - Statemi accanto, ok?
- Non voglio andarci - rispose il bambino spaventato. - E se ci sono i vampiri?
- Non ci sono. Qui non c'è nessuno.
- Perché alcune lampadine sono spente?
- Si sono rotte.
- Le hanno rotto i vampiri?
- Si sono rotte da sole.
Il bambino non era tanto convinto. - Ma possono essere stati i vampiri?
L'uomo si piegò in avanti. Doveva mentire. - Ascolta, questa è l'unica via che ci porterà lontano da qui, magari fuori città. E posso assicurarti che qui dentro c'è nessuno. Posso giurartelo, se vuoi.
- Giurarlo.
L'uomo si fece la croce sul cuore. - Lo giuro.
Il bambino si strinse a lui. - Ti credo, però io resto attaccato a te.
- Va bene.
La donna li guardava con un mezzo sorriso. La scena le aveva riportato in mente lei e suo padre. Quando era bambina non voleva che lui andasse a lavoro e si attaccava alle sue gambe con tutta la sua forza. Abbozzò un sorriso triste.
Quasi un'ora dopo arrivarono davanti a una porta di ferro arrugginita. L'uomo ci si avvicinò cauto, girò la manovella e la aprì lentamente.
I tre inorridirono.
Le pareti erano invase da sacche o bubboni organici che pulsavano di vita. Una sostanza rossastra appiccicosa colava dal soffitto e dai muri. Il pavimento cosparso di ossa e vampiri morti. Cosa ci facevano i vampiri qui sotto? Alcuni sembravano bassi come bambini.
L'uomo vagò con lo sguardo in mezzo a quel macabro panorama da film di fantascienza, finché i suoi occhi si posarono sul fascio di luce. Era il sole. Il corridoio portava fuori città. Un formicolio di felicità gli pervase la testa.
La donna si precipitò in quella direzione, i passi che sguazzavano nelle pozzanghere appiccicose e maleodoranti. Quando stava per arrivare alla scalinata, un tentacolo uscì dall'ammasso organico nella parete e la schiacciò sul pavimento. Il sangue schizzò tutt'attorno.
Il bambino urlò in lacrime e si strinse al fianco dell'uomo.
Lui fissò la testa della donna rotolare lungo il pavimento, l'espressione di gioia ancora impressa nel suo volto insanguinato. - Almeno non si è accorta di niente...
Il bambino alzò lo sguardo. - Cosa? - Posò gli occhi sui resti della donna e affondò la testa nel fianco dell'uomo.
- Va tutto bene - disse lui.
- Ho paura.
- Siamo quasi fuori.
- Non voglio andare di là.
- È l'unica via di uscita.
Il bambino lo guardò. - E se quella cosa ci schiaccia?
- Non ci schiaccia.
- Ma ha schiacciato lei.
L'uomo non se la sentiva di mentirgli di nuovo. - Forse ci schiaccerà, oppure no. Ma non possiamo restare qui o tornare indietro. Dobbiamo passare.
- Perché non possiamo tornare indietro? Prendiamo l'altro corridoio.
- Non sappiamo dove conduce.
- Non lo sapevamo nemmeno di questo.
L'uomo scosse la testa con un sorriso. Il bambino era davvero cocciuto e sveglio.
- Perché sorridi?
- Niente.
- Dai, perché sorridi?
- Così.
Il bambino lo scrutò con fare guardingo. - Non ti credo.
L'uomo guardò oltre le spalle del bambino e sbarrò gli occhi scioccato. Un ammasso di vampiri si precipitava verso di loro. Nessun suono, nessuno grido, nessun gemito. Niente. Correvano silenziosi come foglie al vento. Erano nudi e alti quanto un bambino di cinque anni, la pelle pallidissima, le teste e le spalle sproporzionate al corpo e gli occhi rossi che mandavano vividi bagliori come alimentati da un fuoco interno, malvagio.
- Che c'è? - chiese il bambino. Poi si voltò e restò paralizzato dalla paura.
L'uomo mollò il fucile, prese il bambino e si precipitò verso la fine della galleria. Doveva solo compiere una cinquantina di metri e sarebbe stato fuori. E poi? I vampiri li avrebbero inseguiti e fatti a pezzi. Erano molto più veloci di quelli incontrati in città.
Scivolò sulla sostanza appiccicosa e crollò sul pavimento, ma non lasciò andare il bambino. Scattò in piedi e corse. L'unica priorità era il bambino. Lui era la speranza, non poteva morire. Si fermò davanti al tentacolo, si tolse lo zaino dalle spalle e lanciò il bambino dall'altra parte. Lui atterrò su un ammasso organico e si mise subito in piedi.
Poi l'uomo gli lanciò lo zaino. - Mettitelo sulle spalle! Adesso!
I vampiri erano vicini.
Il tentacolo si sollevò e scaraventò l'uomo contro la parete organica. Non lo prese in pieno, ma quanto bastava per fargli mancare l'aria dal petto per un momento.
Il bambino urlò.
L'uomo si rialzò. - Scappa!
- No!
- Scappa! Mettiti in salvo!
Il bambino non sapeva cosa fare.
Il tentacolo si sollevò e si scagliò contro l'uomo, ma lui si getto a terra in tempo. I piccoli succhiasangue si riversarono nel corridoio organico come tante formiche uscite dal formicaio.
L'uomo sorrise per l'ultima volta al bambino in cima alla corta scalinata e scomparve sotto i piccoli corpi dei vampiri. Un attimo dopo il tentacolo li schiacciò a più riprese. Altre ossa e corpi si aggiunsero a quelli semisepolti nella massa organica che colava dai muri al pavimento e li inghiottiva.
Il bambino osservò l'impermeabile dell'uomo chiazzato di sangue. Lo cercava con gli occhi, lo aspettava, le spalle che sussultavano per il singhiozzavo, il muco che colava dal naso.
Abbassò gli occhi arrossati dal pianto e chiuse il cancello di ferro.

   
 
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