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Autore: lolloshima    10/10/2022    4 recensioni
Il giorno di vacanza tanto atteso da Oikawa e Iwaizumi si trasforma in un’avventura al limite della sopravvivenza. Riusciranno a cavarsela, da soli, in un’isola deserta, alle prese con le insidie del mare, bestie feroci, e la voglia di dimostrare il proprio coraggio?
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Questa storia partecipa al concorso “Shipwreck” del profilo @WattpadFanfictionIT
#fanfictioncontest
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Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2023 indetti dal Forum "Ferisce la penna".
Genere: Avventura, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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§ § § §

Oikawa sentì un boato assordante, e poi più nulla.

Tutti i suoi sensi erano attutiti, avvolti in un silenzio ovattato. L’acqua lo circondava completamente.

Il peso del suo corpo lo trascinava giù, negli abissi più profondi e bui dell’oceano. Il freddo intorpidiva tutto il suo corpo e gli rendeva difficoltoso ogni movimento.

Non poteva fare altro che lasciarsi andare.

Che strana fine, era quella.

Morire senza poter vedere niente, senza poter emettere un ultimo suono, un ultimo respiro.

All’improvviso, una morsa decisa e potente avvinghiò la sua maglietta, e si sentì trascinare a forza verso l’alto.

Man mano che risaliva, la luce si faceva più vivida, e lui poteva vedere i contorni sfocati e fluttuanti del sole attraverso la superficie dell’acqua.

Quando finalmente sentì l’aria fresca pizzicargli la pelle del viso, aprì la bocca e respirò a pieni polmoni.

Iwaizumi lo teneva stretto, circondando il suo petto con un braccio, mentre con l’altro tentava di tenere entrambi a galla, e di raggiungere una sagoma che galleggiava poco distante.

A fatica raggiunsero quella che era una piccola zattera di legno.

Iwaizumi fece prima salire di peso Oiwaka e poi si issò a sua volta, afflosciandosi stremato.

“Che cosa è successo?” chiese Oikawa boccheggiando, cercando disperatamente di riprendere fiato.

“Non lo so... credo che la barca sia andata a fuoco.”

“Ma come è possibile?” Oikawa sembrava terrorizzato.

“Forse un corto circuito, forse una bombola… tu stai bene?”

“No, non sto bene! Se non fosse stato per te, sarei sicuramente morto affogato!” rispose Oikawa tirandosi indietro con le mani i capelli fradici e mettendo il broncio.

Iwaizumi si tranquillizzò. L’amico stava decisamente bene, visto che non aveva perso la sua solita indole di lamentarsi e farei capricci.

“E… gli altri?” continuò Oikawa, facendosi improvvisamente triste.

“Non lo so… credo siano… morti?”

Oiwaka allargò gli occhioni castani su di lui.

“Tutte quelle persone… morte?” sussurrò, in preda alla tristezza.

“Ti faccio presente che quelle persone erano dei pirati! Che ci hanno rapito, non ricordi? Non meritano la nostra commozione.”

Iwa-chan aveva ragione, come sempre.

Non poteva neanche pensarci, a come erano finiti nelle mani di quei delinquenti. Avevano cercato in tutti i modi di scappare dalla barca di quegli aguzzini, e ci stavano anche riuscendo, quando all’improvviso la barca era esplosa. Se non fosse stato per quello scoppio, chissà che fine avrebbero fatto!

“E adesso cosa facciamo, Iwa-chan? Siamo nel mezzo dell’oceano, non si vede nient’altro che acqua tutto intorno, e in più siamo tutti bagnati!” piagnucolò Oikawa.

“Però siamo vivi. E per fortuna abbiamo trovato una zattera. Vedrai, prima o poi qualcuno ci troverà. E poi siamo insieme.”

Le parole di Hajime suonavano sempre rassicuranti alle orecchie di Tooru. Si sentiva sempre al sicuro, qualunque cosa succedesse, anche nelle situazioni più rischiose, quando era con lui.

Si distese a pancia in giù in quella striminzita scialuppa di fortuna, facendo aderire il fianco a quello dell’amico. Appoggiò la testa sulla sua spalla e si tranquillizzò.

Non fecero in tempo a riposarsi, che un vento impetuoso si alzò all’improvviso, facendo agitare le acque tutto intorno.

“Tooru, guarda!” Iwaizumi aveva un braccio teso e con un dito indicava l’orizzonte.

Un’onda spaventosa si stava velocemente avvicinando, e li avrebbe in poco tempo travolti.

“Stringiti forte alla zattera, Toruu!” fece in tempo a gridare Hajime prima di essere investito dalla furia di quell’onda gigantesca.

Oikawa si aggrappò con tutte le forze alla tavola sulla quale era disteso e chiuse gli occhi.

La violenza dell’acqua li fece capovolgere, e spezzò in due la fragile zattera su cui si erano rifugiati.

Miracolosamente, entrambi riuscirono a rimanere aggrappati ad una parte del galleggiante, ma adesso erano separati.

Così com’era arrivato, all’improvviso il vento si placò, e la superficie dell’oceano tornò piatta.

Oikawa era accasciato senza forze, il busto appoggiato alla trave di legno, le gambe immerse nell’acqua, e non si muoveva.

Iwaizumi si mise a cavalcioni sul pezzo di tronco sul quale era rimasto aggrappato, e iniziò a remare con le mani nella direzione di Oikawa.

“Tootu! Tooru! Rispondimi! Svegliati!” urlò preoccupato, mentre si affannava a remare con tutta la forza che aveva.

Oikawa aprì un occhio e sollevò la testa, riprendendo lentamente le forze.

“Dammi la mano, forza! Guarda, l’onda ci ha fatto avvicinare alla costa. Vedi? Non siamo lontani. Se rimaniamo uniti e remiamo insieme, non ci metteremo molto a raggiungerla. L’importante è che non ci stacchiamo. Sei pronto?”

Oikawa obbedì. Si issò sul tronco e strinse forte la mano che Iwaizumi gli stava porgendo.

Seduti a cavalcioni ciascuno su un pezzo della zattera, le gambe a penzoloni sull’acqua, mano nella mano, iniziarono a remare insieme, scandendo il ritmo di ogni pagaiata.

Quando finalmente arrivarono vicini alla riva, erano entrambi sfiniti.

Scesero dai tronchi e si trascinarono fino alla spiaggia ansimando. Si afflosciarono sul bagnasciuga, e rimasero lì distesi per un po’, stanchi ma felici di essere finalmente al sicuro.

Quando si alzarono, si guardarono intorno. Si trovavano su una lunga spiaggia di sabbia chiarissima. Non c’era anima viva. Davanti a loro, solo l’infinita distesa dell’oceano. Alle loro spalle, quello che sembrava un muro impenetrabile, costituito da una vegetazione selvaggia e fittissima.

Più oltre, delle rocce che si stagliavano altissime verso il cielo.

“Dove siamo, Iwa-chan?”

“Non lo so…”

“Io ho freddo. E ho paura…”

“Vieni qui, Scemokawa” Iwaizumi prese Oikawa per le spalle e lo avvolse tra le braccia stringendolo forte al petto. Era ancora tutto bagnato, e tremava un po’. “Non piangere. E non aver paura. Ci sono io, con te.”

“Ma come ci siamo finiti in questo posto…” biascicò Oikawa, con la faccia affondata nella maglietta fradicia dell’altro.

“Non lo so…”

“Mi sembra che tu non sappia un bel niente!” replicò piccato Oikawa, staccandosi da lui.

“Cosa ti devo dire? Ne so quanto te! Finalmente eravamo al mare per una giornata di vacanza, ce ne stavamo tranquilli sulla spiaggia, poi sono arrivati quegli energumeni che ci hanno trascinato di peso fino alla loro nave, e ci hanno chiusi nella cambusa. Eravamo quasi riusciti a scappare e BUM! La nave è esplosa.”

“Ma cosa volevano da noi quei brutti ceffi?”

“Boh, informazioni, soldi, che ne so? Adesso siamo qui, e dobbiamo inventarci qualcosa per sopravvivere finché arriveranno i soccorsi. Perchè, vedrai, sicuramente verranno a cercarci!”

“Sì, hai ragione”. Com’erano rassicuranti le parole di Iwaizumi! E, come sempre, erano in grado di riportargli il sorriso sulle labbra.

“Tra poco farà buio. Dobbiamo procurarci della legna per fare il fuoco. Servirà per scaldarci, e anche per segnalare la nostra presenza. Tu cerca qualcosa lì, dove cominciano le piante. Io intanto vedo se trovo qualcosa per costruire un riparo.”

Contento di potersi rendere utile, Oikawa corse fino al limitare della foresta e iniziò a raccogliere dei legnetti secchi e leggeri. Ai tronchi più grossi ci avrebbe pensato Iwa-chan, più tardi.

Quando tornò sulla spiaggia, vide Iwaizumi che teneva in una mano un grande pezzo di stoffa e nell’altra un contenitore di plastica.

“Tooru, siamo fortunati! Guarda cos’ho trovato sulla spiaggia, dietro quegli scogli” esclamò fiero, sollevando i due tesori. “Forse si trovavano nella barca andata in pezzi, e le onde li hanno portati a riva. Con questo telo ricaverò un riparo, e guarda qui. Hai fame?”

“Sì, tantissimo!”

Iwaizumi aprì la scatola di plastica. Conteneva una piccola confezione di biscotti e una bottiglietta d’acqua.

Con gli occhi che brillavano, Tooru si tuffò sui biscotti.

“L’acqua dovremo dividercela e razionarla. Non sappiamo quando ne troveremo ancora”.

Com’era saggio e previdente, Iwa-chan.

Si sedettero a gambe incrociate sulla sabbia calda, l’uno di fronte all’altro, mangiarono alcuni biscotti e bevvero un po’ d’acqua.

Poco dopo, Iwaizumi si alzò ed iniziò ad armeggiare con il telo ed alcuni pali di legno, per creare una sorta di capanna che potesse fornire loro un riparo per la notte. Nel frattempo, Oikawa con un rametto giocherellava distratto con la carcassa di un povero granchio stecchito, dopo aver raggruppato in un unico mucchietto i pochi legnetti sottili che aveva raccolto.

Improvvisamente, il sottofondo creato dalle onde che si infrangevano sulla spiaggia e dalla brezza che giocava con le foglie degli alberi fu spezzato da un potente ruggito, un ringhio prolungato e spaventoso che sembrò far vibrare l’aria.

“Iwa-chan, hai sentito? Che cosa è stato?”

“Forse un animale. Un enorme, cattivissimo animale.”

Non fece in tempo a finire la frase, che dal sottobosco sbucò un’enorme felino maculato, probabilmente un giaguaro, o una tigre, dalle dimensioni esagerate, che si avventò su di loro con le fauci spalancate.

“Corri Oikawa, scappa, svelto!”

Oikawa iniziò a correre con tutte le sue forze, seguito da Iwaizumi e subito dopo da quella gigantesca fiera assetata di sangue.

“Buttiamoci in acqua, non ci seguirà” urlò Iwaizumi.

Si gettarono entrambi in mare, nuotando fino ad arrivare dove non si toccava.

In effetti, il giaguaro non si era avventurato in acqua, e se ne stava paziente sulla riva, passeggiando mollemente a destra e a sinistra, in attesa.

“Dobbiamo escogitare qualcosa. Non possiamo stare in acqua tutta la notte…” Iwaizumi stava pensando concentrato, mentre muoveva braccia e gambe nel tentativo di rimanere a galla.

“Possiamo rinchiuderlo nella grotta” esordì Oikawa entusiasta.

“Quale grotta?”

“Prima, mentre sono andato a fare legna, ho visto che c’è un piccolo cunicolo tra le piante. Possiamo attirarlo lì, magari usando un’esca, e poi lo chiudiamo dentro.”

“E come facciamo a chiuderlo dentro?”

“Ho visto che ci sono delle grandi rocce vicino alla grotta. Prendiamo un masso abbastanza grande e lo mettiamo davanti all’apertura”.

“E come lo convinciamo ad entrare nella grotta?”

“Dovremo usare un’esca. Possiamo utilizzare quel granchio morto che c’è sulla spiaggia. Lo lanciamo dentro alla grotta, la belva ne seguirà l’odore e noi saremo pronti a chiudere l’ingresso con la pietra!”

“Tooru, tu sei un genio! Geniokawa! Ma… e chi porterà l’esca fino alla trappola?”

Oikawa, che faticava sempre di più a tenersi a galla, voltò il viso stanco verso l’amico e si fece serio.

“Di noi due, il più forte sei tu. Solo tu puoi spostare la roccia per chiudere l’apertura della grotta. Ma in compenso io sono più agile. Riuscirò a farmi seguire dalla belva, e a gettare l’esca.”

“No, Oikawa, è troppo pericoloso! Potrebbe sbranarti.”

“Iwa-chan. Fidati di me.”

Senza dire altro, restarono in acqua molti, lunghissimi minuti, mentre l’animale attendeva famelico sulla riva.

Ormai non sentivano più gli arti, tanta era la stanchezza. Finalmente, quando ormai sentivano di essere sul punto di cedere, si accorsero che il grosso animale si era assopito sulla spiaggia.

“Ecco, è il momento!” sussurrò Oikawa, riprendendo vigore.

Nuotando lentamente, raggiunsero la riva, stando attenti che l’animale non si accorgesse di loro.

Quando uscirono dall’acqua, la bestia aprì gli occhi e li vide.

“Corri, scappa Tooru!”

Oikawa fece ricorso a tutte le sue forze e si mise a correre. Raccolse al volo la carcassa di granchio dalla sabbia e volò verso l’entrata della grotta.

La belva con un balzo gli fu dietro. Oikawa correva più che poteva, gli mancava il fiato e la sabbia rendeva ancora più difficoltosa la sua fuga.

Finalmente individuò la grotta. Iwaizumi era già posizionato dietro un grande masso, pronto a spostarlo davanti all’imboccatura.

Oikawa continuò la sua corsa verso la caverna ma, subito prima di entrare, sterzò all’improvviso di lato e contemporaneamente lanciò all’interno, il più lontano possibile, la sua esca.

Come avevano sperato, la belva seguì l’odore della carcassa, e si precipitò dentro il cunicolo.

In quel momento, Iwaizumi, lanciando un grido disperato, si gettò di peso sul masso, riuscendo a spostarlo fino a farlo combaciare con l’entrata della grotta.

La belva era bloccata.

Senza fiato, si accasciarono entrambi, con la schiena appoggiata al masso appena spostato. Dall’interno del cunicolo, si sentivano ancora i latrati inferociti dell’animale appena catturato.

“Sei stato grande Iwa-chan” disse Oikawa, sinceramente ammirato dalla prodezza dell’amico.

“Anche tu, Oikawa. Sei stato davvero coraggioso.”

Rimasero qualche momento fermi, in silenzio, seduti uno accanto all’altro, a riprendere le forze.

“Torniamo alla spiaggia. Ci sono ancora un paio di biscotti. E poi dobbiamo pensare a come accendere il fuoco.”

In effetti, non era sfuggito a nessuno dei due che la parte più complicata della faccenda sarebbe stata quella di accendere il fuoco. Non avevano accendini o fiammiferi, e nessuno dei due aveva la più pallida idea di come si potesse accendere un fuoco dal nulla.

Ma preferirono non affrontare l’argomento e si misero rannicchiati, uno di fronte all’altro, sotto il riparo che Hajime aveva costruito con il telo, godendosi gli ultimi raggi del sole e mangiando i biscotti rimasti.

Oikawa disegnava cerchi sulla sabbia con un legnetto. Si era fatto pensieroso, anche se il suo viso era sereno e un po’ arrossato, forse dal sole o dalla fatica. Mandò giù un grumo di saliva e si fece coraggio.

“Iwa-chan…?”

“Che c’è?”

“Io volevo dirti che…”

“Cosa?”

“Iwa-chan, volevo dirti che sto bene con te.”

“Anche io, sei un amico vero, e affidabile. E oggi lo hai dimostrato.”

“Sì, anche. Ma io non intendevo quello. Io sento qualcosa… nella pancia…”

“Hai mal di pancia? Forse hai mangiato troppo biscotti.”

“Voglio dire… quando sono vicino a te io sento qualcosa che si muove nella pancia. E poi sento dei brividi, come di freddo, ma non è freddo...”

“Vieni a sederti qui, vicino a me.”

Oikawa si spostò carponi, finché gli fu accanto. Appoggiò la testa sulla sua spalla e continuò, come se volesse spiegare quello che provava più a se stesso che al compagno.

“Insomma, io con te mi sento al sicuro, sì, ma anche bene. Proprio bene, bene.”

“Ho capito. Anch’io mi sento bene, quando sono con te. E quanto ai brividi… so cosa intendi. Li sento anch’io.”

Oikawa allungò timidamente una mano verso di lui e la appoggiò delicatamente sulla sua coscia. Il contatto li fece rabbrividire. Iwaizumi aveva il volto in fiamme e sperò che Oikawa non si voltasse e lo vedesse in quello stato. Abbassò la testa affondando il viso sui capelli arruffati dell’amico. Aspirò a fondo il suo profumo, misto a quello della salsedine, e chiuse gli occhi.

“Iwa-chan. Io vorrei…”

“Tooruuuu! Tooruuuu! Hajime-kun!!”

Alzarono le teste di scatto. Qualcuno li stava chiamando.

“Tooru, Hajime! Bambini, dove siete?”

La mamma di Oikawa si stava avvicinando a grandi passi.

“Ah, finalmente vi ho trovati! Quante volte vi ho detto che non dovete allontanarvi e dovete rimanere sulla spiaggia vicino agli ombrelloni, dove posso vedervi! Forza, andiamo, dobbiamo tornare a casa!”

“Dai mamma, ancora un pochino… dobbiamo ancora accendere il fuoco…”

“Ma quale fuoco e fuoco, Tooru! E’ ora di andare. E’ tutto il giorno che siamo in spiaggia. E poi domani c’è scuola. Ma guarda come siete conciati, siete tutti bagnati! Avete fatto il bagno con la maglietta? Forza, raccogliete i materassini, tirate giù l’asciugamano e prendete il contenitore della merenda. Hajime, tesoro, prenderai freddo con la maglietta bagnata. Toglila così la cambiamo con una asciutta e poi ti porto a casa.”

“Sì signora Oikawa.”

“E togliete tutti questi legni dalla spiaggia, qualcuno potrebbe farsi male…”

“Ma mamma…”

“Niente ma! Sistemate tutto e andiamo.”

I bambini uscirono dal loro nascondiglio e si alzarono controvoglia, iniziando a raccogliere, con una lentezza esasperante, i giochi che avevano sparso tutto intorno.

Si stavano divertendo un mondo, e la mamma aveva rovinato tutto!

“Ah, per caso avete visto il gatto della signora Misaka? Lo sta cercando da un po’, ha detto che era venuto da questa parte.”

“E’ nella caverna” affermò orgoglioso Oikawa.

“Ma quale caverna…”

Dei miagolii straziati si udirono dalla piccola baracca in legno alle spalle della signora Oikawa.

“Non avrete mica chiuso quel povero animale nella cabina dello spogliatoio? Di nuovo?” la mamma era furiosa.

“Svelti, andate subito a liberare quella bestiola e riportatela alla sua proprietaria. E scusatevi con la signora Mikasa!”

Con il broncio aprirono la porta dello spogliatoio e un grosso gatto tigrato si lanciò fuori scappando a tutta velocità.

A testa bassa e con i musi lunghi i bambini si avviarono dietro la mamma, senza parlare.

Dopo pochi metri, Iwaizumi accelerò il passo per affiancare Oikawa.

“Ehi, domani andiamo a scuola in bici?”

“Sì certo” rispose allegro Tooru.

“Passo a prenderti.”

“Passiamo per il parco?… anche se è un po’ rischioso. Nel bosco potremmo incontrare dei banditi.”

“Sì, e anche qualche bestia feroce.”

I loro volti sprizzavano gioia e un grande sorriso era tornato sulle loro labbra.

“Ma se ci sei tu, io non ho paura.”

Adesso, dietro alla signor Oikawa, i due bambini saltellavano, carichi di un nuovo entusiasmo, e pronti per una nuova avventura.

   
 
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