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Autore: MaxB    13/10/2022    5 recensioni
Questa è una storia che ho iniziato a scrivere dopo aver finito di leggere il secondo volume, quando ancora doveva uscire il terzo.
La considero una prosecuzione della storia originale come se il terzo libro non esistesse, e narra quindi delle vicende familiari che si sono succedute dopo la fine de Gli scomparsi di Chiardiluna, con leggere modifiche alla trama.
Sostanzialmente, Thorn e Ofelia saranno alle prese con la vita quotidiana da coppia sposata, cercando di capirsi, vivere insieme e prendere confidenza l'uno con l'altra.
E con un inaspettato desiderio di Ofelia...
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Io  non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate di questo capitolo, soprattutto la parte finale.
Ho fatto del mio meglio per rendere tutto il più esplosivo possibile e mi sono divertita da morire ahahahahahaha. Molti di voi hanno anche capito una cosetta che qui si svela...
Del resto, Terribile non è il soprannome di Tyr a caso. E grazie di cuore ad Alchimia96, adoro questo soprannome xD


Capitolo 76

La caccia andò così bene che l'intera famiglia rincasò due ore prima del previsto. Ofelia dalla sorpresa, e dalla paura che qualcuno fosse ferito, fece volare il libro che teneva in mano, che arrivò pericolosamente vicino a Salame. La zia Roseline le lanciò improperi mentre si chinava a raccogliere quella povera carta ferita, invece Salame le soffiò addosso. Sia a lei che a Renard, che si fiondò a separare Ilda e Balder quando i due si abbracciarono in modo un po' troppo "intimo" per i suoi gusti.
- Papino, fosse per voi la distanza consona da tenere sarebbe da un capo all'altro della stanza! - esclamò Ilda, che cercava sempre di rabbonire il padre iperprotettivo con dei nomignoli carini.
- Ecco, sì, sarebbe molto consono - concordò lui.
Ilda alzò gli occhi al cielo, separandosi suo malgrado da Balder. - Non era questo che intendevo...
Mira e Belle corsero ad abbracciare Ofelia, pronte a raccontarle tutto senza tralasciare nulla. Per Ofelia, che voleva sempre sapere i dettagli di ciò che accadeva, la parlantina delle figlie era una miniera d'oro. Non come con Thorn, a cui doveva porre una quantità di domande solo per ottenere delle informazioni minime. Lei sporse la testa per osservare il marito, che la scrutava già intensamente. Più intensamente del solito. Quello sguardo le fece venire i brividi, e non di freddo.
- È andata davvero così bene?
Lui annuì seccamente. - Anche un po' di più.
- Mamma, i ponti hanno dato una svolta alla caccia! - esclamò Balder, entusiasta, dimenticandosi per un istante che non poteva nemmeno dare un casto bacio sulla guancia a Ilda.
- Sì mamma, sì! - gioirono in coro le gemelle.
Ofelia rise. - Perché non tenete i racconti per cena? - domandò, cercando di non guardare Thorn. - Così potranno ascoltarli tutti, anche quelli che mancano all'appello.
- Ma mancano ancora tre ore alla cena - sbuffò Mira.
- Approfittatene per farvi una bella doccia calda, allora. E magari per bere un bel tè.
Ofelia si sentiva meschina a cercare di sbarazzarsi così delle figlie, ma le occhiate di Thorn sembravano... insistenti.
- Io ne approfitto per andare a fare una passeggiata. Per... scaricare la tensione, sapete, no? Vieni con me, Ilda?
La zia Roseline si raddrizzò borbottando. - Non senza di me.
Sul volto di Balder passò un lampo di tristezza. - Era sottinteso, zia.
- E non senza di me! - si intromise Renard, guardando quasi con malinconia la figlia.
Balder adorava Renard, ma non da quando lui lo considerava un rivale che aveva rubato il cuore della figlia. Sorprendendolo, però, l’omone gli diede una pacca sulla schiena e gli sorrise. - Forza, andiamo a fare quello che dev'essere fatto!
Ilda aggrottò la fronte, perplessa. - Cioè una passeggiata? Sembra che dobbiate andare in guerra!
Ofelia vide che Thorn si scambiava una strana occhiata con Renard, e poi annuì, come se stessero intrattenendo una conversazione nota solo a loro.
- Be', se voi qui siete a posto, io andrei a... lavarmi. E riposarmi - disse Tyr candidamente.
Troppo candidamente. Tyr non era mai stanco. Era iperattivo!
Ofelia lo guardò allontanarsi un po' dubbiosa, poi però sentì di nuovo gli occhi di Thorn addosso.
- Forza, andate a riposarvi un pochino. Poi mi racconterete tutto, va bene?
Le gemelle annuirono, e per fortuna di Ofelia sbadigliarono, come se si fossero rese conto solo in quel momento di essere stanche.
Tyr era sparito, Mira e Belle erano andate in camera loro, Balder e Ilda erano fuori con Renard e la zia Roseline, Berenilde si era adagiata sulla chaise longue con il suo bocchino di narghilé, in attesa dell'arrivo di Vittoria e...
Ofelia non fece quasi in tempo a chiudere la porta della camera che già Thorn la stava spogliando.
Avrebbe riso se non avesse sentito così tanto la sua urgenza.
Con il tempo aveva scoperto che negli uomini, e anche nelle donne, le situazioni adrenaliniche producevano due effetti: o un'improvvisa stanchezza che piombava addosso quasi improvvisamente, oppure un bisogno fisico di sfogarsi. Le gemelle erano stanche. Thorn non lo era mai. Anzi, a Ofelia sembrava pieno di energie.
Gli gettò le braccia al collo quando lui la sollevò per portarla a letto.
- Questa sera vengono anche Serena e Archibald - lo informò, sperando che dargli quella notizia in quella situazione potesse indorargli un po' la pillola.
- Mh... - rispose lui, passandole il naso sul collo prima di baciarle la clavicola e poi scendere.
Non era proprio la reazione che si era aspettata, ma almeno non aveva brontolato. E soprattutto, non si era fermato. E non si fermò nemmeno quando arrivò a baciarle la pancia, facendo scorrere le mani ovunque. Ovunque.
Ofelia inspirò il profumo di freddo dei suoi capelli ormai spettinati, sussultando quando Thorn le mordicchiò il fianco, passandoci poi sopra la lingua.
Un lungo sospiro.
C'era anche chi sentiva una fame improvvisa e impellente, in quei casi. Ofelia era sicura che Tyr avrebbe fatto una capatina alle cucine prima di cena, infatti.
Thorn, invece, aveva una fame di tutt'altro tipo, e aveva deciso di banchettare con lei.
 
Quello che Ofelia non presagiva nemmeno, era che anche l'appetito di Tyr fosse di altra natura.
Lui varcò lo specchio che già si stava spogliando, mentre la sciarpa, irrequieta e nervosa come lui, scivolò via come un serpente per andare ad acciambellarsi attorno al collo di Gabriella.
Gabriella, che sussultò quando lo vide, e poi gli gettò le braccia al collo, allacciandogli le gambe in vita.
Tyr sostenne il suo peso come se fosse una piuma, prima di adagiarla sul letto dopo averla baciata e morsa ovunque.
Si stava togliendo la canottiera lasciandole un succhiotto sotto la clavicola, quando lei lo fermò. - Non lì, Tyr, si vede.
Lui le lanciò un'occhiata impaziente e maliziosa. - Più giù, allora.
Gabriella non si lamentò più. Non fece nemmeno caso al fatto che Tyr non la spogliò, e non finì nemmeno di spogliarsi lui. La prese con urgenza, ma anche con gentilezza. Fu l'amplesso che durò meno da quando si erano conosciuti, ma anche quello più appassionato, pieno della gioia di essersi ritrovati, del bisogno di stare ancora più vicini, di fondersi. Gabriella pianse, sollevata finalmente. Era stata una giornata estenuante, passata ad aspettarlo, e lui le baciò via tutte le lacrime, mormorando: - Sono qui, sono qui Gabriella.
Soddisfatti, ma anche insoddisfatti, si presero poi il loro tempo per spogliarsi con calma, senza mai staccarsi, divorandosi con gli occhi, bevendosi uno la presenza dell'altra, felici di esistere insieme in quel momento perfetto. Gabriella rise quando Tyr le tolse le calze lasciandole una scia di baci sulla pelle nuda, dall'anca alla caviglia. Rise asciugandosi le lacrime.
- Basta piangere, bella Gabriella, o penserò che ti sto facendo un torto - sussurrò lui, baciandole anche la pianta del piede.
Possibile che quella donna profumasse e fosse perfetta dappertutto?
Gabriella si mise seduta, avvicinandoglisi ancora di più. - Non mi stai baciando, amore - mormorò, come se quello fosse il vero torto.
Tyr rimediò subito.
Un'ora dopo era sdraiato sopra di lei, stanco e appagato, mentre lei gli passava le dita tra i capelli fini e morbidi. Sotto la luce della lampada da comodino, l'unica che avevano lasciato accesa per rilassarsi di più, rilucevano come pagliuzze d'oro.
Tyr emetteva un mormorio che sembrava sgorgare direttamente dal petto e faceva vibrare la pancia di Gabriella, come le fusa di un gatto. Non voleva pensare al fatto che nel giro di un'altra ora se ne sarebbe dovuto andare per lavarsi e prepararsi alla cena con la famiglia. Lo avrebbe voluto per sé per tutta la notte, e poi per tutto il giorno dopo, e...
- Com'è che non ne ho mai abbastanza di te? - bofonchiò lui, togliendo romanticismo alle sue parole biascicandole.
Gabriella sorrise. - Creo dipendenza. Era scritto nel manuale d'istruzioni.
Tyr alzò il viso e le sorrise come un bambino, facendo accelerare il suo battito cardiaco. - Spero che tu crei dipendenza solo a me.
Gabriella sbuffò, ma continuò a sorridere. Era bello sentire che era geloso. A parole non era mai... espansivo.
- Non pensare di essere così speciale da avere l'esclusiva. O così capace...
Tyr fece una smorfia. - Non insinuare nemmeno certe cose quando siamo avvinghiati insieme nel tuo letto.
Lei alzò gli occhi al cielo. Poi si morse un labbro, racimolando quel coraggio che aveva cercato di raggranellare per giorni, in quel periodo. Non credeva ci fosse un modo giusto per dirlo, o un modo che avrebbe reso la situazione meno terrificante.
- Devo dirti una cosa...
- Mh... - mormorò lui, riempiendole la pancia di baci lenti e sensuali.
Gabriella si impose di non distrarsi. Doveva dirglielo. Subito. Era già passato fin troppo tempo.
- Sono incinta.
Tyr alzò di scatto la testa, sbalordito, raggelato, con la fronte aggrottata quanto quella di suo padre e occhi e bocca spalancati.
- Che?! In che senso?
- Nel senso che sono incinta.
Di fronte alla sua calma serafica, Tyr parve bloccarsi. Poi si allontanò da lei mettendosi seduto, le mani tra i capelli. - Mio padre mi ammazza.
- Be', ora sei tu a non dover tirare fuori tuo padre mentre sei a letto con me - gli disse lei, cercando di alleggerire la tensione.
Peccato che la voce le uscì strozzata, spaventata.
Dopo un minuto di silenziosa immobilità, con Tyr che sembrava essere diventato una scultura nuda, Gabriella sentì improvvisamente freddo. Si coprì con la coperta e gli prese il viso tra le mani.
- Tyr, dì qualcosa.
- Non può essere... un ritardo? Tu non sei mai stata regolare.
Gabriella cercò di non dare a vedere che l'aveva sorpresa l'affermazione di Tyr. Certo, con la sua memoria era automatico che tenesse traccia di certe cose, però le faceva lo stesso un certo effetto.
- Dovresti sapere meglio di me che un ritardo di un mese è troppo.
- Magari è saltato?
Gabriella sospirò. - Tyr, ho gli ormoni impazziti e piango costantemente. Se non piango sono irritata. Ho la nausea. Penso di essere già a due mesi di gravidanza. Ti basta come spiegazione?
Tyr strinse i pugni. - Che guaio. Com'è potuto accadere?!
Gabriella iniziava ad innervosirsi. - Pensavo sapessi come accadono queste cose - commentò pungente.
Tyr le lanciò un'occhiataccia. - Sì, ovvio, ma... pensavo che fossimo stati attenti.
- A parte in due occasioni.
Tyr sbuffò. - Non pensavo bastassero due occasioni!
- Ne basta una, Tyr. Una.
- Non te la prendere con me!
- E con chi dovrei prendermela, scusa?! - sbottò Gabriella, scoppiando a piangere.
Tyr strinse i pugni, infuriato contro se stesso. Si allungò verso Gabriella, cercò di tirarla verso di sé. Quando vide che lei però non gli facilitava il compito, si mosse per andarle vicino. La avvolse, abbracciandola stretta al di sopra delle coperte e dandole un lungo bacio sulla tempia, appoggiandoci poi la fronte.
- Scusami, scusami, non volevo alzare la voce. Ti prego, non piangere. È... una bella notizia. Scandalistica, inaspettata, esplosiva, ma è una bella notizia. No?
Gabriella continuò a piangere, allungandosi sul comodino per prendere un fazzoletto. Poi però tornò a rifugiarsi tra le braccia di Tyr. La sciarpa si allungò sul letto fino al suo ventre, dove si acciambellò come un cuscino. Era un maldestro tentativo di confortarla, maldestro come il suo proprietario.
- Dimmelo t-tu se è una be-bella notizia o-o meno - singhiozzò.
Tyr le diede un altro bacio. - In che senso?
- In che senso? Tyr, stiamo in-insieme da mesi e non mi hai mai detto che mi ami. Non mi hai... n-non mi hai mai fatto intendere che vo-vorresti sposarmi, un giorno. A volte mi sembra che tu c-ci tenga a me, altre vo-volte mi sento solo... usata.
Tyr raggelò, inorridito. - Usata? Usata?! Gab, dimmi che non è vero. Dimmi che hai parlato a sproposito. Perché se tu pensi che io ti abbia usata per tutto questo tempo, abbiamo buttato via dei mesi. Io ho buttato via dei mesi, se non sono riuscito a farti capire che ti amo più della mia stessa vita. Sei il mio pensiero fisso, vorrei vederti ad ogni minuto di ogni ora di ogni giorno, e fidati che per uno Storiografo la consapevolezza del tempo è estremamente precisa e tediosa. Voglio passare la mia vita con te, Gabriella. Pensavo che i miei intenti fossero chiari.
Gabriella si raggomitolò ancora di più contro di lui, respirando erraticamente. Tyr fu paziente, lui che paziente non lo era proprio, e lasciò che si calmasse, che esaurisse le lacrime e finisse di singhiozzare per riuscire a parlare. Nel frattempo continuò ad accarezzarle la schiena, a cercare di rassicurarla con i gesti.
Finalmente, Gabriella prese un respiro profondo e sembrò nuovamente in grado di parlare. - Scusami, davvero. Come ho detto, sono gli ormoni. Io... so che ci tieni a me. Non sono così stupida. Però, sai, i maschi sono impulsivi e... non abbiamo mai parlato del nostro futuro. Non mi hai mai detto a parole di amarmi. Ho visto tanti ragazzi piantare in asso delle ragazze dopo averle corteggiate come se ne andasse della loro vita, solo perché si erano stufati.
Tyr le baciò la tempia. - Ma io non ti ho corteggiata come se ne andasse della mia vita.
La battuta riuscì a strappare un sorriso a Gabriella, anche se sembrava più una smorfia. - Potresti dirmi delle cose dolci un po' più spesso, però...
- Pensavo di dirtene abbastanza quando facciamo... sai...
Gabriella scosse la testa, questa volta esasperata. - Quelle non valgono! E la maggior parte delle volte sono sconcezze.
Tyr si offese. - Non è vero. E poi lo sai che non sono proprio tipo da formulette amorose.
Dopo aver accarezzato la sciarpa, lei rispose: - Non ti sto chiedendo di dedicarmi poesie ogni giorno, Tyr. Ti chiedo solo qualche parola in più, per farmi capire che la nostra relazione non è solo fisica. Ne ho bisogno.
A Tyr si strinse il cuore. Si chinò per darle un lungo e tenero bacio sulle labbra, delicato e profondo allo stesso tempo. - Io pensavo che gesti come questo fossero già una dichiarazione di per sé. Lo sai che sono più... che ho bisogno di cose tangibili. Non è questione di avere una relazione fisica, è questione di... Come faccio a fartelo capire? - borbottò, irritato con se stesso perché non riusciva ad esprimersi bene. - Fin da quando mi hai baciato la prima volta, forse da prima, ho capito che tu saresti stata l'unica per me. È un dato di fatto, la mia mente non concepisce nemmeno che io un giorno possa stare con un'altra come sto con te. E la mia mente di cose ne concepisce fin troppe, fidati. Da quel momento, da quando questa rivelazione mi ha colpito dentro, senza bisogno di spiegazioni verbali da parte del mio cervello, tu sei mia. Io sento... un inestinguibile bisogno di te perché tu sei parte di me. Quando hai freddo non pensi a decantare paroline dolci alla coperta, te la prendi e ti ci avvolgi. Quando hai fame, non espliciti il tuo amore ad un panino col salame, lo prendi a morsi.
Gabriella ridacchiò, anche se ricominciò a piangere. - Come sei poetico.
Tyr sbuffò. - Hai capito cosa intendo?
Lei annuì, soffiandosi il naso.
- Quello che provo quando sono lontano da te è come un'amputazione. Mi manca un braccio. E io il braccio me lo vengo a riprendere, non gli dico che è un bravo braccio. Per me le parole non valgono con te, ho bisogno di toccarti, di sentirti. E non parlo solo di... dell'intimità. Io sarei felice anche solo tenendoti la mano tutto il tempo.
Gabriella inarcò un sopracciglio, facendogli spuntare sulle labbra un sorriso quasi timido. - Va bene, no, ovviamente sono molto più felice se facciamo qualcosa di più che tenerci per mano. Quello che intendevo dire è che per me non è tutto qui, Gabriella. Ti amo più di me stesso.
Lei gli gettò le braccia al collo. - Vorrei avere la tua memoria per ricordarmi per sempre ogni singola parola che hai detto.
- Ce l'ho io quella memoria. Basta chiedermi di ripetertele. Quando vuoi. Lo farò così spesso da farle imparare anche a te.
Gabriella si asciugò le lacrime e sorrise. - Magari possiamo rivedere qualcosa di questa dichiarazione, come la parte del panino al salame.
- Quella era la parte migliore! Essere paragonati al salame è un gran complimento.
- Anche la parte del braccio. È un po' macabro pensare che ti manca un braccio e che ci parli prima di riattaccartelo alla spalla.
Tyr inorridì. - Ma a cosa pensi?! Sicura di sentirti bene?
- Guarda che sono cose che hai detto tu! - lo prese in giro lei, mentre la sciarpa si agitava tra di loro.
Pochi secondi dopo, però, i sorrisi svanirono.
- Tyr, rimane la questione del bambino.
- Lo so, lo so. Ci sposeremo. Andrà tutto bene.
- Ne dubito. La mia famiglia odia la tua. Mi faranno un sacco di storie. Potrebbero recidere il legame che hanno con me.
- Non ti sei mai trovata bene con i tuoi, che male ci sarebbe?
Gabriella rabbrividì. Tyr l'abbracciò stretta pensando che dipendesse dal freddo, ma scaturiva dalla paura. - Recidere il contatto mentale con qualcuno è... devastante. Doloroso. E pericoloso. Molto pericoloso. Se decidessero di farlo, potrei non sopravvivere.
- Non accadrà. Dovranno vedersela con i miei artigli, se ti metteranno in pericolo. E poi c'è di mezzo un bambino... un bambino! Diventerò padre, Gabriella!
Lei alzò gli occhi al cielo. - Per essere uno con la mente iperattiva, a volte sei a scoppio ritardato.
- Mi ci vedi a fare il padre? - chiese lui, ignorandola.
- Sinceramente? No. Come io non riesco a vedermi madre. Fra qualche anno di sicuro. Ma ora...
- Ci giocherò a palla! – decretò Tyr. – E se piangerà troppo, lo farò addormentare con i ponti.
Gabriella si scostò, inorridita. Prese la vestaglia per coprirsi, invece Tyr sembrava completamente a suo agio nudo in mezzo al letto. Felice come un bambino senza pannolone.
- Tyr, non funziona così con i bambini! Non puoi… drogare un neonato! E non puoi nemmeno giocarci a palla! E se fosse una femmina?
Tyr fece spallucce. – Chi dice che le femmine non possano giocare con la palla, scusa? Ilda giocava con noi ed era la migliore. Aveva una mira… sai quante pallonate in faccia mi sono preso?
- Tyr! – lo richiamò Gabriella, cercando di riportarlo sull’argomento giusto.
- E poi i ponti non sono droga. Mi offendi, anzi, offendi Balder se dici così. E sai che lui è permalosetto…
- A dire il vero, no, non lo so. Non sono stata presentata alla tua famiglia ufficialmente. Ma comunque non puoi fare niente del genere con un bambino!
Tyr si strinse nelle spalle, come se non ne fosse pienamente convinto. Poi afferrò un ricciolo di Gabriella e se lo avvolse attorno al dito con aria meditabonda.
- Tyr? – chiese Gabriella, dopo un silenzio talmente lungo da essere preoccupante, per uno come Tyr. Per non parlare della sua immobilità.
- Che c’è?
- Cosa stai aspettando?
Lui aggrottò la fronte. – Sto pensando, cosa devo aspettare?
- A cosa stai pensando?
- Al nome! Che ne dici di Fredrik? Oppure Sigvard! Fa molto da duro! Sigvard, il Flagello delle Bestie. Oppure un nome corto come il mio, come Alf o Jon!
Gabriella lo spinse per buttarlo giù dal letto, cogliendolo così alla sprovvista da riuscirci.
- Ahia, Gab, ma che male! Sono atterrato su quel sedere che ti piace tanto afferr…
Una cuscinata in faccia lo zittì. E lo fece anche ridere.
- Insomma, si può sapere che problema c’è? Mi sto interessando attivamente di nostro figlio, no? Nostro figlio. Io penso che sia una bella notizia. Devi farci l’abitudine, sì, però alla fine io di bambini ne volevo quindi…
Gabriella si sporse per zittirlo nell’unica maniera possibile: con un bacio. Si scostò apposta quando lui si mosse per avvicinarsi a lei e approfondire il contatto.
- Davvero, mi commuove che tu stia cercando il nome maschile per un bambino che potrebbe benissimo essere femmina, però, sai, ci sarebbero questioni leggermente più urgenti da trattare. Tipo, non so, il nostro matrimonio? Parlare con tuo padre?
Tyr rabbrividì. – Preferivo cercare nomi. Meglio Alf o Ulf?
Gabriella si scostò, sbuffando. – Sei un tale immaturo a volte.
Tyr si rialzò, pettinandosi, o meglio spettinandosi, i capelli già sparati in ogni direzione. – Vado ad organizzare tutto, tu rilassati e stai tranquilla. Lo stress non fa bene a mio figlio.
- O a nostra figlia… - sbottò Gabriella, al limite della sopportazione, cadendo di faccia nella trappola di Tyr. Per una volta, la stava davvero solo provocando.
- Preparati perché quando tornerò potresti doverti fidanzare.
Tyr si voltò, ma si fermò subito, con un piede già nello specchio, quando Gabriella lo richiamò.
- Che c’è? Qualcosa non va? O volevi solo un bacio d’arrivederci?
Gabriella inarcò un sopracciglio, prendendosi il tempo per guardarlo dalla testa ai piedi. – Sei nudo.
Tyr abbassò lo sguardo. – Oh.
- E poi, visto che non hai capito nulla di quello che ti ho detto prima, gradirei una dichiarazione come si deve, invece di vederti piombare qui questa notte o domani e mettermi un anello al dito come se mi stessi passando un asciugamano.
Tyr le fece l’occhiolino, si pettinò sul serio, e poi si inginocchiò davanti al suo letto.
- Perdona la mia mise, ma credo che questo sia il mio miglior completo, se posso permettermi di dirlo. E so che piace pure a te.
Gabriella si schiarì la voce, invitandolo a tagliare corto.
Tyr prese un respiro profondo. – Gabriella del Clan della Rete, abitante del Polo, candidata ad essere la futura ambasciatrice del sire Faruk, secondogenita di Pazientina, a sua volta secondogenita di…
- Tyr! – sibilò Gabriella, temendo che ripercorresse tutto l’albero Genealogico.
- Meraviglia delle arche, dolce, bella, intelligente donna, vuoi farmi l’onore di sposarmi?
Gabriella sospirò. – È stato pietoso, ma la parte finale ti ha salvato. Sì, Tyr, voglio sposarti.
Non poté fare a meno di sorridere quando Tyr le si avventò contro per baciarla, sulle labbra, sulle guance, sulla fronte, sul collo, facendola ridere per il solletico.
- Visto che sono ancora nudo… sarebbe un peccato non approfittarne, no?
A Gabriella mancò il fiato. Tyr era davvero troppo troppo troppo iperattivo.
- E poi ormai non rischiamo più che tu resti incinta, no? Non dobbiamo, sai… stare attenti…
Gabriella avrebbe voluto buttarlo di nuovo giù da letto. Lei non rischiava di rimanere incinta perché lo era già, dal momento che lui non era stato attento.
Però di fronte ai suoi occhioni chiari pieni di aspettativa, di amore, di venerazione nei suoi confronti, non poté fare a meno di stringerlo a sé, rotolando poi per mettersi sopra di lui.
Erano in un mare di guai, il loro futuro era incerto, una piccola parte di sé era terrorizzata, inerme, come una bambina spaurita e incapace di alzarsi da terra... Ma Tyr le teneva la mano, gliela stringeva con forza e dolcezza, e non si sarebbe mai allontanato da lei. La guardava come se fosse la prima vera stella che vedeva nella sua vita, e a lei non serviva altro per racimolare il coraggio e fronteggiare il domani.
Così chiuse gli occhi e si perse nel mare di stelle in cui Tyr la faceva sempre nuotare.
 
Ofelia si stava sistemando i riccioli ancora umidi nello studio di Thorn, accanto al caminetto acceso. Thorn era chino sulla sua scrivania a redigere il rapporto di caccia che il giorno successivo avrebbe consegnato all’intendenza. Era concentrato, stranamente rilassato, eppure Ofelia avvertiva su di sé il suo sguardo, di tanto in tanto.
Si sentiva arrossire come una ragazzina, e sperava che lui non se accorgesse. Dopo le cacce era come se Thorn indossasse, per poco tempo, un’altra pelle. Quella di un predatore, sicuro di sé, letale, preciso. Era… diverso. Ed era inebriante.
Quando il suo sguardo si fece decisamente insistente, Ofelia si voltò e si diresse da lui. Si appoggiò alla scrivania di fianco a lui senza guardarlo, allungando le dita per prendere il suo orologio da taschino. Thorn però glielo sfilò di mano con le lunghe dita pallide.
- Mancano trentadue minuti alla cena, se è questo che ti stavi chiedendo.
Ofelia fece una smorfia impercettibile. – Allora manca poco all’arrivo di Serena. Di solito arriva mezz’ora prima ed è precisa come solo tua figlia potrebbe essere.
Thorn parve non sentire nemmeno le sue parole. Le mise una mano, possessiva, sul fianco, e si allungò ancora di più verso di lei. Come se già non fosse abbastanza alto.
- Perché la cosa dovrebbe infastidirti? – le chiese, facendo audacemente scivolare la mano più in basso.
La porta si spalancò all’improvviso, facendo automaticamente allontanare Ofelia e Thorn. Allontanare così tanto che Ofelia finì per terra per lo spavento. La sciarpa si mise alla ricerca degli occhiali che le erano caduti mentre Thorn allungava una mano per aiutarla a tirarsi su, come se fosse una tazzina o un cucchiaino.
- Serena, si dovrebbe bussare – disse freddamente Thorn, facendo vibrare l’aria di un tipo diverso di elettricità, rispetto a quella che c’era stata fino a pochi secondi prima.
Serena aveva il fiatone, e Ofelia le si avvicinò di corsa quando la mise a fuoco e vide in che stato era: sconvolta. Serena era come Thorn, raramente lasciava trapelare le emozioni in quel modo. Il fatto che fosse tanto turbata la diceva lunga sul suo stato d’animo.
Ofelia le prese la mano tra le sue. – Tesoro, che succede? Stai bene? È successo qualcosa ad Archibald?
- Ti ha fatto qualcosa? – si intromise Thorn, con il solito tono da gendarme.
Un lampo di dolore passò negli occhi di Serena, affranta all’idea che il padre pensasse sempre il peggio del marito. Fortunatamente, svanì subito. Serena abbracciò Ofelia, cogliendola di sorpresa: la figlia era restia quanto Thorn alle effusioni. Erano così speculari l’uno all’altra, così simili… possibile che la frattura fra loro fosse così grande?
Ofelia ricambiò l’abbracciò cercando di non sentirsi piccola tra le braccia della gigantesca figlia. Anche se per lei, tutti i suoi figli erano giganteschi.
Quando si staccò, Ofelia vide che aveva gli occhi lucidi. Riprese la sua mano e gliela strinse, sorridendo tra le lacrime.
- Sono incinta. Diventerete nonni.
Il rumore della sedia che si spostava bruscamente fino a crollare per terra fece sussultare entrambe. Thorn era chino sulla scrivania, vi si appoggiava con le braccia come per non perdere l’equilibrio. Una scena brutalmente familiare che fece accostare ancora di più madre e figlia.
- Dov’è Archibald?
Serena impiegò qualche secondo a recuperare la parola. Aveva la voce rotta. – In salotto. Volevo darvi io la notizia, personalmente. Abbiamo pensato che… fosse meglio così. Oh, Archibald vi fa le congratulazioni, dice che sta preparando lo champagne per brindare e… - le lacrime la sopraffecero, impedendole di continuare. – Pensavo che sareste stati felici di diventare nonni.
Ofelia le sorrise incoraggiante, commuovendosi anche lei. Le baciò la mano che stringeva tra le sue. – Certo che siamo felici, Serena. È… è una notizia meravigliosa. Io non…
Le parole di Ofelia vennero meno, come sempre quando era così piena di emozioni da non riuscire a tradurle in parole. Anche Serena le sorrise per farle capire che comprendeva. E per ringraziarla della solidarietà.
Nessuna delle due si accorse della presenza di Thorn finché lui non si chinò su Serena, abbracciandola impacciatamente. Lei fu così presa alla sprovvista da sospirare di paura.
Fu la scena più ambigua che Ofelia vide da diversi anni a quella parte, con Thorn che stringeva rigidamente Serena a sé e lei che se ne stava immobile, inflessibile come un palo, con una mano stretta in quella di Ofelia.
Però poi Serena si sciolse, ricominciò a piangere, si godette l’abbraccio di Thorn. Un abbraccio che aveva atteso per tre lunghi, lunghissimi anni. Un abbraccio che non si era resa conto le fosse mancato così tanto.
Una scena ambigua, sì, ma non così estranea a Ofelia, che sorrise e si asciugò le lacrime con la mano libera.
Era una scena già vista, una scena agognata. Il finale che si era aspettata anche lei tre anni prima, ma che infine, con un po’ di ritardo, era arrivato. Vittoria non aveva sbagliato, non aveva infierito. Le aveva dato una speranza che purtroppo Ofelia aveva lasciato avvizzire nel cassetto del suo comodino, dove riposava, dimenticato, il disegno della cugina.
Il disegno che finalmente si era avverato.
Thorn si scostò e rapidamente si levò una lacrima ribelle dall’angolo dell’occhio: niente poteva sfuggire al suo controllo serrato. Però gli occhi arrossati non mentivano
- Spero che quell’imbecille di tuo marito sappia ciò che fa.
- Papà! – lo redarguì Serena, che però si mise a ridere per l’assurdità della cosa e per la tensione accumulata.
- In ogni caso, io sarò presente. Ho una discreta esperienza in fatto di bambini. Anche un po’ di più.
Ofelia batté le palpebre come se non riuscisse a metterlo bene a fuoco. – Saremo presenti, vorrai dire.
Chi avrebbe mai detto che sarebbe servito un bambino per sistemare le cose tra padre e figlia? Tra nonno e madre, nel giro di pochi mesi.
- Di quanto sei? Quando l’hai scoperto? – chiese Ofelia, facendo una smorfia quando si rese conto che anche lei aveva preso da Thorn.
- Quattro mesi. Volevamo essere sicuri che fosse tutto regolare prima di dirvelo. Lo cercavamo da tanto.
La bocca di Thorn ebbe un guizzo quasi involontario prima di riassumere la consueta linea rigida e impassibile. Forse il pensiero di sua figlia e Archibald che cercavano di avere un bambino non gli era proprio congeniale. In effetti, Thorn era solo contento all’idea di diventare nonno, non è che avesse all’improvviso iniziato ad amare Archibald.
- Lui come l’ha presa?
Serena sospirò. – Archibald? È più felice di me. Fosse stato per lui lo avremmo avuto subito, ma io volevo prima ambientarmi con il lavoro, il matrimonio e… tutte le novità. Non… sono stati anni facili, non volevo mettere al mondo un bambino in un contesto familiare disastrato.
Thorn sostenne il suo sguardo, alzando un sopracciglio quando si sentì sfidato dalle asserzioni di Serena.
Lei cercò la sua mano, stringendo tra le sue, guantate, quelle di entrambi i genitori. – Potete mettere via i dissapori, per favore? Penso che Archibald abbia ampiamente dimostrato che i suoi intenti sono più che seri.
Le labbra di Thorn ebbero di nuovo quel fremito difficilmente interpretabile. – Dal momento che non è ancora scappato dopo la notizia della gravidanza, posso concedergli un due percento di fiducia in più.
Serena alzò gli occhi al cielo, pensierosa. – Lui dice che almeno un venti percento è doveroso. E dice anche che Ofelia come nonna sarà deliziosa.
Thorn aggrottò la fronte così tanto da far quasi sparire la cicatrice sulla tempia, mentre la sciarpa di Ofelia strisciava pigramente sulle sue spalle.
- Non è il caso di allargarsi.
Serena ridacchiò, contenta di quell’accoglienza di gran lunga migliore di quella che si era aspettata.
Accoglienza che invece non sarebbe stata tanto buona per qualcun altro…
- Gabriella è incinta! – esclamò Tyr piombando nella stanza a piedi scalzi, con i capelli ancora umidi e la camicia fuori dai pantaloni, oltre che mal abbottonata.
Almeno i pantaloni erano allacciati…
- Chi?! – chiese Ofelia, trasecolata, mentre Thorn aggrottava le sopracciglia ancora di più.
Il suo viso pareva un foglio accartocciato su cui brillavano due sottili fessure di metallo.
- La figlia di Pazientina? La possibile futura ambasciatrice? – chiese invece, con un tono così gelido da far calare la temperatura nella stanza.
Tyr annuì, sconvolto. Non era stata la sua migliore entrata, ma una volta tornato in camera sua, dopo la doccia, lo aveva preso il panico.
- Perché dovrebbe interessare te? – lo incalzò Thorn, scandendo così lentamente ogni parola che ad Ofelia sembrarono macigni che le crollavano nello stomaco.
Aveva un brutto, bruttissimo presentimento…
Tyr parve colto alla sprovvista. Si passò la mano tra i capelli. – Be’, perché il figlio è mio…
Ofelia si portò una mano alla bocca, sconvolta. Sentì le gambe cedere e si aggrappò a Thorn per impedirsi di cadere… e per impedire a Thorn di commettere qualche azione inconsulta.
Serena era rigida, immobile, ma mai quanto Thorn che sembrava scolpito nel marmo. Ofelia aveva paura che al primo movimento che avesse fatto, si sarebbe crepato, rotto in mille pezzi.
- Com’è successo?
Tyr avvampò. – L-lo sapete come accadono queste cose, papà. Me lo avete spiegato voi!
Thorn strinse i pugni, contrariato. – Non era quello che intendevo – sibilò. – E comunque io ho spiegato a te e a tuo fratello anche la questione dei contraccettivi. Pensavo l’avessi capita!
Tyr si grattò la testa, a disagio. – Sì, l’avevo capita. Cioè, l’ho capita. Ma… sono cose che capitano, no?
Ofelia stentò a sentire la sua voce spezzata quando disse: - Ma non siete nemmeno fidanzati Tyr! Come hai potuto…
La vista della delusione di Ofelia fece crollare quel poco di spavalderia che Tyr ancora conservava. All’improvviso parve tornare bambino, un bambino che aveva combinato una marachella più grande di sé. Tyr il Terribile.
- M-mi dispiace, ma… ci sposeremo. Sistemeremo tutto!
- Non avresti nemmeno dovuto avvicinarti a una ragazza senza la nostra supervisione, Tyr! – sbottò Thorn, facendolo sussultare.
Per quanta paura incutesse, Thorn non alzava mai la voce. Era troppo controllato.
- B-be’… - balbettò lui, cercando di giustificarsi, scusarsi, redimersi. – Non è che Balder e Ilda siano stati poi così controllati in questi anni!
- Che cosa?! – esclamò Balder, entrando in quel momento con Ilda a braccetto, il cui sorriso raggiante si spense immediatamente.
Alle loro spalle, Renard doveva aver sentito la frase di Tyr, perché si frappose con forza tra la figlia e Balder.
- Vi sposerete e sistemerete tutto? – esclamò Serena, perdendo pure lei la pazienza, come il padre.
Ofelia si sentiva schiacciata da tutte quelle personalità notoriamente pacate che perdevano le staffe. Persino Balder sembrava sul punto di… esplodere, in qualche modo. Aveva le lenti degli occhiali rosse di rabbia
- Il papà mi ha fatto passare le pene dell’inferno per un solo, misero errore. Quindi scusami, Tyr, ma anche se sei mio fratello spero che verrai punito a dovere pure tu! – continuò imperterrita. Poi si voltò verso Thorn: - Mi avete sempre insegnato che non esistono due pesi e due misure!
Thorn serrò la mascella. – Verrà punito. Ma tu cosa ci fai qui, Balder?
Sorpreso di essere stato interpellato, Balder si allontanò da Renard, come se percepisse pure in lui la corrente elettrizzante degli artigli. – Intanto ci tengo a precisare che io e Ilda abbiamo osservato ogni regola del buon costume in tutti questi mesi. Nulla di sconveniente è…
- Di questo parleremo dopo, vieni al punto – lo interruppe Thorn.
Balder boccheggiò come se avesse ricevuto un pugno. – Visto che ci tenete così tanto a saperlo… - borbottò, con la voce che grondava sarcasmo. - Volevo annunciarvi il mio fidanzamento ufficiale con Ilda! – esclamò allungandosi nonostante Renard per prendere la mano di Ilda e mostrare a tutti l’anello.
- Congratulazioni! – mormorò Serena, già pentita della sua sfuriata, sorridendo sinceramente al fratello e all’amica.
Ilda riuscì a rispondere con un sorriso striminzito, prima di tornare ad incenerire Tyr con lo sguardo.
Thorn invece si premette le mani sulla fronte, visibilmente esausto. – Non è il momento Balder, non abbiamo bisogno di ulteriori problemi.
Balder sgranò gli occhi. – Problemi?! Il mio fidanzamento sarebbe un problema? Scusate, ma voi due che cosa fate qui?! – chiese alla volta dei fratelli.
- Io sono incinta – rispose Serena, appoggiandosi ad Archibald quando entrò di soppiatto nella stanza, forse temendo che gli animi si surriscaldassero.
- Anch’io – rispose Tyr, mordendosi un’unghia. – Cioè, ho messo incinta Gabriella.
Balder e Ilda spalcarono la bocca all’unisono mentre Renard si metteva le mani tra i capelli.
- Gabriella?! Ma non mi avevi detto che non c’era nulla tra voi?
Tyr assunse un’aria colpevole e alzò le mani come se chiedesse pietà, non sapendo più a chi appellarsi.
Balder si accigliò. – Scusate, io qui sono l’unico che fa le cose come si deve e vengo definito un problema? Tyr ha… disonorato sé stesso, Gabriella e la famiglia, Serena è incinta di un uomo che voi odiate, papà, senza offesa Serena, e noi siamo il problema?
- Io però le cose le ho fatte come si deve. Almeno al settanta percento – brontolò Serena, che venne inglobata dall’abbraccio comprensivo di Archibald.
Thorn stava per perdere le staffe, era così evidente che Ofelia fece un passo indietro per via della corrente che gli scorreva sotto pelle. Gli strinse il braccio per cercare di calmarlo, ma la cosa non sortì alcun effetto.
- Mi sono espresso male – ringhiò Thorn. – Permetterai che mi esprima male, quando ci sono dei veri problemi da risolvere.
Ofelia scosse la testa. – Congratulazioni ragazzi, siamo davvero felici per voi.
Ilda inarcò un sopracciglio, mettendo in dubbio le sue parole dato il clima eufemisticamente teso dello studio.
Ofelia si parò davanti a Thorn temendo che la situazione potesse sfuggire di mano. – Perché non ne discutiamo a cena? Festeggiando, ovviamente, per la gravidanza di Serena e il fidanzamento di Balder e Ilda!
- Che coraggio, ragazzo… - mormorò Renard, che si allontanò leggermente di fronte allo sguardo pericoloso di Thorn.
- Hai davvero detto festegg… - intervenne infatti lui, minaccioso.
Lo interruppe Vittoria, che si infilò tra Renard e Balder con nonchalance, seguita da un preoccupato Tom, e si diresse verso Serena senza degnare nessuno di un’occhiata.
- Ti stavo aspettando, cugina – disse con quella sua voce dolce ed eterea, impalpabile.
Serena le sorrise, un po’ preoccupata però per la comparsa improvvisa di Vittoria. E incuriosita. – Mi stavi aspettando?
Vittoria sorrise guardando qualcosa al di là di lei, al di là di tutti loro. Le toccò la pancia e Serena lottò per non sottrarsi a quel contatto, poco avvezza com’era ad essere toccata.
- Perché rimanessimo incinte insieme. Le nostre bambine nasceranno tra cinque mesi e mezzo.
A Balder andò di traverso la saliva, e iniziò a tossire così forte che Renard dovette dargli delle pacche fin troppo energiche sulla schiena.
- C’è qualcuna che non è incinta, qui? – domandò quasi sovrappensiero il gigante dai capelli rossi e bianchi, scosso da ciò che stava succedendo.
Senza distogliere gli occhi da Vittoria e Serena, Ilda alzò la mano in risposta.
- Le nostre bambine? – chiese pacatamente Serena, sapendo come interagire con Vittoria per riuscire a cavarle di bocca una conversazione sensata.
Vittoria sorrise. – Sì, la mia Bernadette e le tue gemelle.
Archibald incespicò ed ebbe un mancamento quando udì quelle parole. Thorn gli lanciò un’occhiata di bruciante e tagliente ghiaccio quando lo vide sbiancare, come a sfidarlo di lasciare sua figlia. Avrebbe visto quali sarebbero state le conseguenze…
- E io? – pensò poco opportunamente di intervenire Tyr, curioso anche lui di sapere.
- Un maschio. Fra sette mesi – rispose seraficamente Vittoria, come se non fosse piombata lì all’improvviso e non stesse profetizzando tutte le nascite dei mesi successivi.
Tyr lanciò un pugno in aria, gioioso come se non fosse sua la causa di quel delirio all’interno della biblioteca che suo padre usava come studio.
Vittoria lo ignorò e si girò verso Ilda, che si irrigidì e cercò di nascondersi dietro Balder.
- Il tuo turno sarà tra un anno e mezzo, Ilda.
E questa volta, nessuno poté impedire a Renard di svenire.
Né a Balder di soffocarsi.
  
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