Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: coldcatepf98    15/10/2022    0 recensioni
Dopo che Historia decide di rivelare la sua vera identità, Erwin, indagando sulla faccenda, teme delle ritorsioni dal corpo di gendarmeria. Chiede quindi appoggio al comandante Pyxis, ma questo, non potendosi basare su fatti certi, concede al corpo di ricerca uno dei suoi soldati-spia che ha tenuto per sé gelosamente fino a quel momento: Siri, anche detta "il geco".
L'aiuto di Siri sarà fin da subito fondamentale per il corpo di ricerca, già provato dalle perdite dell'ultima spedizione, che avrà bisogno di un aiuto per affrontare il nuovo nemico: gli esseri umani.
Tuttavia Siri è una mercenaria, e non viene vista bene dagli altri soldati del corpo di ricerca, soprattutto dal capitano Levi che si mostra subito diffidente verso la ragazza sfacciata. Presto, però, si renderà conto che Siri non è quella che sembra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Capitolo 28 – Estranei a questo mondo

 
I petali del fiore si muovevano frenetici sotto la leggera brezza che entrava dalla finestra appena scostata. Il freddo era pungente, ma la sua stanza aveva bisogno di cambiare aria, per cui mise il mantello sulle spalle e continuò ad osservare la piantina sulla sua scrivania.
Gli prese le mani e gliele chiuse a coppa.
- Chiudi gli occhi. Me ne accorgo se spii.
Lui alzò un sopracciglio fingendosi annoiato: - Non faccio parte del tuo manipolo di spioni, saltimbanco.
Levi chiuse gli occhi e aspirò dal naso l’aria fresca, lasciandosi andare sullo schienale della sedia.
Sentì le mani diventare più pesanti dal regalo d’arrivederci che lei gli stava donando prima di partire per la sua prima missione a Marley.
- Va bene, apri gli occhi.
Levi osservò, nel buio in cui era avvolto l’esterno del locale, la piantina che aveva nelle mani, un paio di esili rametti da cui sbucavano piccoli boccioli dai toni violacei.
Una folata più forte gli fece aprire gli occhi: guardò i fiori che da allora erano sbocciati, illuminati dai raggi cerei del mattino. Si sporse quindi in avanti e portò una mano verso i petali, accarezzandoli con le punta delle dita.
Alzò lo sguardo su Siri, aspettando che aprisse bocca, quando poi finalmente si ricordò delle buone maniere le disse: - Grazie.
Lei sorrise benevola e indicò la piantina: - Adesso non puoi vederlo, ma questa è la violetta del pensiero, o viola tricolor se vuoi farti bello con gli amici. – fece un occhiolino a cui lui rispose ruotando gli occhi, restando in silenzio per invitarla a proseguire – Sono dei fiori davvero belli da vedere ma anche estremamente utili, si ottengono infusi ed estratti davvero interessanti da questa pianta.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per far durare quel momento quanto lo desiderasse, nulla poteva ripagarlo meglio di vedere quel sorriso ingenuo sul viso di Siri, quasi tratteneva il fiato pur di non interromperla e avrebbe messo a tacere qualsiasi rumore attorno a loro per farla continuare. Anche per ore, anche sotto le intemperie, col freddo e la fame.
- Se avessi i calcoli, cosa che non ti auguro assolutamente tra l’altro, ti aiuterebbe. Anche con la tosse e… la stitichezza. – ghignò soddisfatta, alche lui non riuscì proprio a tenere la sua espressione severa e rise sommessamente. Strinse delicatamente il vaso tra le mani abbassando gli occhi su di esso, mentre Siri, a guardarlo ridere, si sentì pervasa da un pizzicolio lungo tutto il petto che la fece sorridere a trentadue denti.
- Questo quindi è il motivo per cui hai deciso di regalarmi questo fiore?
- Non solo questo! È un bellissimo esemplare, inoltre mi piaceva molto la leggenda che c’è dietro.
Levi si strinse il mantello al petto e strofinò un petalo di uno dei fiori del vaso tra le dita, sentendo le sottili e lisce venature tra i polpastrelli. Quel colore viola, così acceso e intenso, gli sembrava quasi irreale, quasi come la nostalgia che quel ricordo gli stava dando. Un ricordo così bello, ma neanche troppo lontano.
- Una leggenda?
Siri a quelle parole si mosse sui piedi, segno che stava di nuovo per parlare di qualcosa che l’appassionava molto più di quanto riuscisse ad esprimere a parole: - Tutte le piante e i fiori, in particolare, sono legati da un mito o una leggenda. Lacrime di dei, persone tramutate in alberi… – passò un dito lungo uno stelo, accarezzandone la superfice liscia e compatta – coltivare le piante, anche solo osservarle è come leggere un libro, raccontano delle storie, il più delle volte abbastanza tragiche. Quella della violetta del pensiero non è da meno.
- Avanti, sentiamola.
Siri alzò lo sguardo su di lui e sospirò mesta: - Va bene boss, ti ho mentito, non è fin troppo tragica, ma un po’ triste. C’era una ragazza così bella sulla terra che un dio se ne innamorò, il dio degli inferi: era così attratto da lei che la rapì e la sposò col permesso del padre degli dei. Chiaramente di chiedere alla ragazza stessa non gli passò per la mente, – Siri guardò altrove disgustata – un dio a quanto pare può fare ciò che gli pare. La madre della ragazza era distrutta dal dolore, consapevole del fatto che non avrebbe mai più rivisto sua figlia: il suo dolore era così grande che persino la terra non poté rimanere indifferente. Terribili carestie si abbatterono per mesi, fino a quando il padre degli dei non si accorse anche lui di quanto quel rapimento la distruggesse. Quindi, concesse alla ragazza di tornare dalla madre sulla terra ogni anno, dall’inizio della primavera fino alla fine dell’estate.
Levi aggrottò le sopracciglia: - E la violetta allora cosa c’entra?
Siri scosse la testa e gli diede un buffetto sulla spalla: - Come sei impaziente! La madre fu così felice di questa concessione che quando rivide sua figlia come promessole, nacque un fiore bellissimo, la violetta.
- E non mi dire: fiorisce dall’inizio della primavera fino alla fine dell’estate.
Siri piegò il capo per confermare la sua intuizione: - Va messa dove arriva luce e niente freddo troppo pungente. E, a differenza dei nostri commilitoni, beve con moderazione.
Era abbastanza semplice capire il perché di quel nome, ancor più in quel particolare momento. Avvicinò il vaso al viso sporto in avanti e annusò profondamente il piacevole odore che i fiori emanavano. Siri era via da tre settimane e lo sarebbe stata per un’altra ancora, ma era un arco di tempo che sembrava non terminare mai. Si chiese se, come la madre di quella leggenda così assurda, la terra, sentendo la sua nostalgia, avrebbe trovato un modo per far passare il tempo più in fretta, o, magari, farla tornare anche prima del previsto.
Siri, dall’altra parte del mare, non poteva desiderare qualcosa di diverso. Sin dal momento in cui aveva messo piede sulla nave diretta a Liberio si era sentita strana, colta da un’agitazione perpetua che non l’aveva lasciata nemmeno quando si erano finalmente sistemati nel confortevole appartamento concesso loro dagli Azumabito. Fino a quel momento aveva solo potuto leggere dai libri di Grisha Jeager, aveva solo potuto immaginare, ma vedere coi propri occhi quelle scene, tastare con mano la gravità delle discriminazioni l’aveva irrimediabilmente cambiata, rendendo ancora più profonda quella lacerazione che la spaccava da quando era piccola.
Aveva passato una vita a sentirsi diversa, la bambina strana che, a parte poche eccezioni, non avevano neanche tentato di conoscere, “quella con la mamma pazza”, come l’etichettavano amichevolmente i suoi coetanei: per cui, quando avevano scoperto la verità sul loro mondo e sulla loro natura, credette che ad essere diversa da tutti gli altri ci fosse abituata e che, anzi, in fondo questa rivelazione la sollevava. Qualcosa che la rendeva effettivamente diversa c’era, ed era nel suo sangue, nel suo essere e non poteva farsene una colpa. Credeva che lei sarebbe stata pronta, più degli altri, a far fronte alla situazione che si sarebbe presentata una volta sbarcata.
Ma non fu così.
Non era pronta e non lo sarebbe mai stata.
Aveva commesso un’ingenuità, come l’avrebbe chiamata il suo allenatore e che le avrebbe fatto pagare molto cara, tuttavia l’età e l’esperienza giocavano a suo favore: se non fosse abituata a nascondere continuamente la sua identità, molto probabilmente l’avrebbero scoperta al primo giro di perlustrazione della città per l’espressione stupefatta che le si dipingeva in volto. Nessuno però si accorse di lei, o del suo malessere, sentimento che la coglieva ogni volta nel pensare che, purtroppo,  ci sarebbe anche dovuta ritornare.
 
- Piano! Sasha, se non ti dai una calmata non avrai nulla di quello che ho portato.
Hange si era premurata di tenere quell’incontro nel suo studio il più privato possibile, Siri e la sua squadra erano appena tornati da Marley e avevano portato con loro scatoloni di “souvenirs” che a malapena riuscivano a trasportare per quanto erano pieni. Gli unici invitati quella sera nel suo studio era la squadra di Levi al completo: nonostante fossero cresciuti, non riuscivano comunque a contenere l’entusiasmo vedendo arrivare Jean, Siri e Bernard carichi di oggetti e cibo a loro totalmente nuovi.
Levi, che teneva la porta spalancata, li vide sfilare davanti a lui uno dopo l’altro all’interno dello studio, dopo che anche Bernard fu entrato, si sporse nel corridoio: - Non manca Yvonne?
Siri, che stava posando lo scatolone che aveva tra le braccia sul tavolino attorno a cui i ragazzi avevano preso posto sulle poltrone, gli rispose non curante: - Ha proseguito in carrozza fino a casa sua.
Chissà perché, pensò Jean che ancora non sapeva come sentirsi riguardo quel “teatrino” che avevano messo su prima di partire. Yvonne per tutto il viaggio verso Marley si era chiusa nel silenzio, lanciando sporadiche occhiate verso Siri che fece finta di non vederla fino a quando non la rassicurò.
- Non gli farò nulla Yvonne. A meno che tu non mi dia un motivo per farlo, ma mi sembri abbastanza intelligente per capire che non ti conviene. – poi si era sporta verso di lei, un po’ traballante per i sobbalzi della nave in mare aperto – Voglio ricordarti che tu hai scelto di lavorare per me e per il corpo di ricerca. Ahimè, ci sono delle regole da rispettare. Altrimenti potevi fare la mercenaria in giro per le mura.
Era stato quasi un sussurro, ma erano riusciti a sentirla tutti nella cabina e a Jean venne la pelle d’oca: - Ma chissà che brutta idea lui si sarebbe fatto di te.
Jean smise di pensarci quando Sasha gli scrollò il braccio, riportandolo alla realtà: - Jean, ooohi?! Che cavolo! Ti ho fatto una domanda!
- Scusa, ehm, no, non portano strani cappelli diversi per ogni ora del giorno.
Hange assunse un tono autoritario: - Avanti ragazzi, calmatevi e fate spazio a Siri. – con la sua fermezza portò l’odine nel suo studio, soddisfatta si posizionò accanto alla spia, cercando di nascondere come poteva l’eccitazione di scoprire quale fosse il dono che le spettava.
Siri aprì uno degli scatoloni e cominciò a tirar fuori i regali che aveva portato per ognuno di loro: decise di iniziare da Sasha per tenersela buona e le porse una scatola in metallo con una trentina di dolcetti al suo interno, a Connie un gioco da tavolo, mentre Eren e Mikasa ricevettero rispettivamente un caleidoscopio e un cappello le cui rifiniture sembravano essere di grande valore.
- Armin, – il biondino fremette sul posto, aveva una vaga idea di cosa gli spettasse ed era a dir poco eccitato – credo che questi libri li troverai molto interessanti. Jean conveniva con me sul fatto che forse sarebbe stato un po’ triste come regalo, così…
Armin, che già teneva geloso le letture tra le braccia, non riusciva a capire come ricevere “solo” quei libri non potesse essere un regalo più che sufficiente. La donna gli allungò un piccolo cofanetto rettangolare rivestito in pelle nera che aveva tutta l’aria di essere particolarmente pregiato: lo aprì con delicatezza e all’interno c’era una penna stilografica dal nero lucente, coi dettagli in osso e le estremità del tappo e della penna in oro.
Levi, in piedi dietro Armin, osservò la penna oltre la spalla del ragazzo, per poi rivolgersi alla spia: - Ti sei data alla pazza gioia coi soldi degli altri. 
Approfittando della distrazione dei ragazzi, intenti ad ammirare i loro regali e parlottare tra loro, Siri pescò dallo scatolone che Bernard aveva tenuto da parte una pila di libri dall’aria accademica: - Gli Azumabito hanno preso molto sul serio i nostri accordi, farebbero qualsiasi cosa per le nostre risorse energetiche. – quindi si portò alla scrivania di Hange, sotto lo sguardo attento di quest’ultima che, come il ragazzino poco prima, fremeva dall’eccitazione.
- Smettila di sbavare manco avessimo catturato uno dei tuoi preziosissimi esemplari.
Alle parole di Levi, la comandante si passò il polsino ad un angolo della bocca e si accostò all’amica cercando di trattenere l’istinto del gettarsi sui libri che le aveva portato.
- Proprio per mettere un limite a questa tua insana ossessione, non sono letture sui giganti.
- COSA?! – il grido di Hange a malapena distolse i ragazzi che ora attorno al tavolo avevano iniziato a giocare col regalo di Connie – Sei una sottoposta crudele!
Bernard poggiò sulla scrivania con un tonfo un volume alto e pesante, attirando su di sé l’attenzione: i tre dall’altra parte del tavolo lo guardarono impassibili.
- Il mio lavoro credo sia finito qui, vado via. Questo è il dizionario.
Siri annuì compita: - Grazie Bernard. Ci aggiorniamo presto. – i due accanto a lei, dopo che Bernard ebbe abbandonato la stanza, guardarono interrogativi la compagna. Era abbastanza raro che si rivolgessero la parola civilmente quei due, in qualsiasi veste, che fosse professionale o informale. La spia se ne accorse e guardò prima uno e poi l’altra: - Che c’è? – sospirò sonoramente quando capì a cosa si riferissero – Siamo stanchi. È stato…
Era impossibile non notare la difficoltà con cui Siri stava cercando le parole per spiegarsi, ancor più dall’espressione ricca di malessere che le si dipinse improvvisamente in volto. Quasi con un fil di voce disse: - … logorante.
Hange la guardò intensamente dapprima sorpresa, poi più decisa, quindi si voltò verso i cadetti: - Va bene, vi sembra il luogo adatto per fare ricreazione? Prendete le vostre cose e andate altrove.
Si levarono lievi moti di protesta, Sasha in particolare azzardò una lamentela più accorata: - Ma io volevo sentire i racconti della sign… di Siri!
La spia continuò a dare le spalle ai ragazzi a testa bassa, ma a quella lamentela ebbe un lieve sussulto e si morse il labbro inferiore per farlo smettere di tremare. Levi, rimastole accanto, ebbe un tonfo nel petto, sperava di non dover intervenire lui stesso per farli uscire di lì quanto prima.
La comandante corrugò le sopracciglia e mettendo le mani sui fianchi continuò autoritaria: - Mi sembra che anche Jean ci sia stato, potrai fargli tutte le domande che vorrai. Adesso Siri deve fare rapporto, cercate di non farvi sentire dal resto del plotone.
Si diressero mal volentieri verso l’uscita ancora borbottando, quando finalmente la porta si chiuse dietro di loro facendo calare una pace piacevole attorno a loro, Hange sospirò e tornò dagli altri due, con un braccio cinse le spalle della compagna: - So che era solo una scusa, ma se preferisci puoi fare rapporto adesso, così non dovrai parlarne anche domani.
Siri annuì brevemente mentre strofinava con le dita le copertine dei libri del cui contenuto non aveva ancora parlato. Levi la osservò poi si avviò verso la porta: - Vado a preparare della tisana.
 
Quando Levi tornò col bollitore fumante, le due avevano già preso posto l’una di fronte all’altra e lo stavano aspettando, apparentemente, in silenzio. Siri aveva gli occhi lucidi, ma non sembrava aver pianto e non lo fece neanche quando, tenendo la tazza calda tra le mani, iniziò a raccontare della sua esperienza in territorio nemico.
- Levi, ti dispiace prendere tu appunti mentre Siri parla? Tra i due sei il più veloce e conciso.
Lui prese il documento precompilato e la penna, sedendosi poi accanto ad Hange, si sporse sul tavolino per prendere appunti.
- Dovete scusarmi. Di solito… Beh, mi conoscete, sono ben più attenta.
Entrambi i suoi interlocutori concordarono tacitamente con sua affermazione, la loro amica poteva essere una persona molto emotiva, ma non si sarebbe mai lasciata andare compromettendo la sua professionalità, erano anche perfettamente consapevoli che non l’aveva fatto nemmeno a Marley. Ed era proprio questo il motivo per cui in quel momento aveva ceduto alle emozioni: un lungo mese in territorio nemico, sempre all’erta per non essere scoperti, dovendo reprimersi continuamente, lontani da tutti i propri affetti. Siri era stata a dir poco perfetta, in pochissimi altri sarebbero stati capaci di tenersi così tanto dentro, persino Bernard, come Hange e Levi avevano potuto notare in quei pochi minuti che avevano passato con lui, sembrava abbastanza provato.
Siri prese un sorso di bevanda calda e, molto più a suo agio, si sistemò più comodamente tra i cuscini del sofà: - La situazione, da quando Grisha è scappato è migliorata, ma non sicuramente come speravamo. Gli eldiani sono ancora costretti a portare quelle fasce sul braccio e sono reclusi nei loro ghetti, anche se, come ho detto, c’è un po’ più di tolleranza. Perlopiù grazie al sistema di reclutamento dei soldati. Il sistema politico è molto ingarbugliato, credo di dover… indagare più a fondo per riuscire a capirci qualcosa.
Purtroppo, aggiunse nella mente.
Siri continuò a parlare a lungo delle altre cose che aveva visto e imparato su Marley, affermando però comunque di non poter sapere con la giusta accuratezza alcuni dettagli: - La storia è molto rimaneggiata, dubito esistano libri affidabili per capire meglio il nostro passato, forse qualcuno ben protetto dalla censura, ma io, per ora, non sono riuscita a trovarlo. Tuttavia… – bevve l’ultimo sorso dalla tazza e, dopo averla posata sul tavolino davanti a sé, si alzò per raggiungere la scrivania – Non sono comunque tornata a mani vuote.
Prese uno dei libri che aveva poggiato lì in precedenza e lo portò con sé sul sofà, sprofondandoci nuovamente: - Questo, assieme agli altri, è un manuale di letteratura eldiana antica. Dice come leggere ed interpretare i testi in eldiano, non ce ne sono molti poiché i testi della nostra popolazione sono trattati come spazzatura, eppure sono riuscita a procurarmene qualcuno, oltre che un buon dizionario.
Hange socchiuse le labbra, non riusciva a credere alle proprie orecchie: - Vuoi dire che… per davvero… saremo in grado di tradurre l’arazzo?
Siri la guardò e sorrise, l’unica buona notizia che poteva darle fu interrotta da un pensiero che le attraversò la mente, così tagliente che gli altri due poterono vederlo arrivare attraverso le sue iridi marroni che persero in qualche modo la luce, schizzando verso il basso.
C’è… c’era una cosa a cui pensavo continuamente. Mi era tornata in mente la battaglia di Shiganshina e poi quando abbiamo saputo dei giganti nelle mani di Marley, abbiamo avuto tanta fortuna, ma anche tanta forza. – calcò il tono sull’ultima parola prima di inchiodare lo sguardo su Levi – Non avete mai pensato cosa sarebbe successo se gli Ackerman fossero rimasti nel continente? Perché io ci ho pensato e… qualcuno capace di ridurre la vita di bambini innocenti a pedine sacrificabili, perché la loro vita vale meno di un’altra… Cosa avrebbe impedito ai Marleiani di usare gli Ackerman per…
Siri scosse la testa cercando di rifiutare quella sua deduzione, quando dopo aver deglutito il groppo che aveva in gola prese coraggio per terminare la frase, Hange la interruppe, avendo intuito dove volesse andare a parare: - Ma non è successo. È inutile interrogarsi su questioni meramente ipotetiche, non trovi, Levi?
L’uomo si voltò verso l’altra che invece guardava la spia con una fermezza degna di un forte e capace comandante. Nonostante non fosse sicurissimo di cosa le due stessero parlando, capì che comunque la cosa giusta da fare era non dare adito ai pensieri paranoici di Siri: - Sì. Hange ha ragione. Non c’è alcun motivo di fare supposizioni inutili.
Siri mosse gli occhi da una direzione all’altra, cercando di mettere evidentemente in ordine i pensieri e poi annuì. Dopo essersi assicurata di ciò, Hange si alzò e raccolse le tazze: - Bene, grazie a entrambi. Siri, domani hai il giorno libero. Adesso, per amor del cielo, fatti una dormita.
Levi tenne aperta la porta facendo uscire Siri, prima di seguirla lanciò un’occhiata ad Hange che ricambiò con un cenno della testa verso la spia: si erano intesi perfettamente, la spia aveva bisogno di non essere abbandonata a sé stessa.
Accompagnò la ragazza fin nella sua stanza, l’aiutò a sistemarsi senza essere troppo attento o premuroso, l’ultima cosa di cui lei potesse aver bisogno era compassione per fu ben attento a limitarsi nei gesti, in caso contrario se ne sarebbe accorta e il pensiero di essere penosa l’avrebbe fatta crollare. Prima di andarsene, Levi temporeggiò qualche secondo sulla porta della sua stanza, sperando che gli chiedesse qualcosa da fare per lei, ma quando la vide infilarsi sotto le coperte si limitò ad augurarle la buonanotte.
Stava per chiudere la porta quando si sentì chiamare.
- Levi.
Riaprì e si sporse verso l’interno, in ascolto.
- Potresti… stare qui con me? – gli chiese quasi supplichevole, inconsapevole del fatto che lui non stesse aspettando altro.
Entrò e si stese accanto a lei che si schiacciò a lui, quasi sollevata. Le accarezzò la testa e prese a fissare il soffitto sovrappensiero.
In quanto tempo si sarebbe abituata anche a quell’inferno?
Aspettò che si addormentasse, il che avvenne abbastanza in fretta, per poi sfilarsi dal suo abbraccio e tornare in camera.
 
[inizio anno 853]
 
Era calato un silenzio carico di tensione tra Siri e Hange, incredibile ma vero, nessuna delle due sapeva cosa dire.
Una fissava assorta l’arazzo, l’altra continuava a sfogliare la traduzione definitiva di quest’ultimo con un certo sconcerto. Dalla finestra spalancata entrava il rumore lontano dei soldati che si allenavano, i nitriti dei cavalli e tutto faceva pensare fosse una normalissima e soleggiata mattinata invernale. Ma in quella stanza, dopo quasi un anno di interpretazioni, letture e riletture, le due avevano fatto la scoperta più importante degli ultimi cento anni ed era incredibile pensare che, in quell’esatto momento erano le uniche ad essere a conoscenza di un segreto così importante, tramandato per generazioni, nascosto sotto gli occhi di tutti.
Siri alzò lo sguardo dal tessuto e inspirò sonoramente, batté le mani e disse con nonchalance: - Io dico… facciamolo.
Hange abbassò i fogli e scosse la testa: - Che vada fatto, non ci sono dubbi. Ma abbiamo troppe cose da sistemare prima di poterlo fare.
L’altra si scompigliò i capelli, per una volta, sciolti dalla treccia: - Ma se lo facciamo prima che le cose possano peggiorare, perché peggioreranno…
- Va bene! Allora va a chiamare Mikasa o Levi e lo facciamo, qui e adesso, sempre che uno dei due acconsenta, e poi Eren, non sappiamo cosa potrebbe accadergli!
Siri si strofinò il dorso della mano sulla fronte, sapeva perfettamente di essere nel torto, eppure essere davanti a quella scoperta e non poter fare assolutamente nulla la rendeva nervosa. Non dopo tutto quello che avevano dovuto affrontare.
Hange sospirò: - Siri, so come ti senti. Anch’io sono eccitata e nervosa, ma dobbiamo… agire d’astuzia. Dobbiamo prima sistemare i nostri rapporti con Marley.
- Hai detto niente.
Sospirarono entrambe. Sembrava di essere di nuovo in un vicolo cieco. Era ormai ovvio che Siri sarebbe dovuta tornare in territorio nemico al più presto per poter elaborare un piano con Hange. L’anno precedente era riuscita a fare solo un’altra missione, si era rivelata parecchio interessante perché era riuscita a scoprire alcuni giochi politici marleyani, oltre che nuove tecniche mediche avanzatissime, ma non era stato sufficiente: le due avevano bisogno di altre informazioni per essere precise e garantire un futuro all’isola.
Le nocche di qualcuno alla porta le riportò sul pianeta terra, Hange si alzò per andare dietro la scrivania: - Avanti.
Armin entrò salutando allegro anche Siri che invece, sbracata sulla poltrona, non lo degnò neanche di uno sguardo. Poco dopo però, la bruna, tenendo la testa sul poggiatesta, si voltò a guardare il nuovo arrivato e un’idea, più un sesto senso, la punse nel vivo dei suoi pensieri.
- Armin…
Lui alzò lo sguardo dai documenti che stava passando diligente al superiore accanto a lui: - Sì?
- Sei ancora in buoni rapporti con Mikasa ed Eren, giusto?
Lui ridacchiò divertito: - Beh, abbastanza.
Hange guardò Siri scambiandosi un’occhiata complice.
- Ti dispiacerebbe rimanere qui per un po’? 
  
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