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Autore: babastrell    15/10/2022    0 recensioni
Hitoshi ha l’abitudine di trascorrere le notti in cui non riesce a dormire sul tetto del dormitorio. Questa volta però non è solo.
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Questa storia partecipa al Writober 2022 di Fanwriter.it
Prompt: “Con te”
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hitoshi Shinso, Kaminari Denki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al Writober2022 di Fanwriter.it

Prompt: "Con te" (pumpNIGHT)

No. parole: 894

 

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SUL TETTO

 

I tetti dei dormitori del liceo Yuuei erano zona vietata per gli studenti. Fortunatamente, Hitoshi aveva un permesso speciale grazie alla sua abilità di scassinare lucchetti. La notte era più fresca di quanto si aspettava, un venticello dispettoso minacciava di infilarsi nello scollo del suo pigiama e l'umidità rendeva il freddo rigido e persistente. Rabbrividì.

C'era molto silenzio, interrotto solo dallo squittio di qualche pipistrello, così flebile da dover tendere l'orecchio per sentirlo.

Hitoshi aveva con sé un thermos pieno di caffè che aveva preso dalla cucina del dormitorio, con l'intenzione di sedersi sul bordo del tetto e aspettare l'arrivo del mattino. Cercare di dormire sarebbe stato inutile, ormai mancava solo qualche ora al suono della sveglia e il cielo già cominciava a schiarire sulle cime degli alberi, deprimersi sul tetto era un’opzione migliore di continuare a rigirarsi tra le lenzuola attorcigliate.

Camminò tranquillamente verso il bordo, ma dopo un paio di passi si bloccò, le orecchie tese. C’era qualcosa sui tetti. O qualcuno.

Si guardò intorno. Non era un terreno ottimale per combattere, c'era il rischio di cadere e poco spazio per nascondersi. Senza contare che, certo, Aizawa lo stava addestrando in segreto, ma non era lontanamente pronto ad affrontare un supercattivo da solo.

Il suono di passi sul cemento sembrava venire dagli edifici del Corso Eroi. «Chi c'è?» chiese Hitoshi a voce alta.

Era una mossa azzardata, rivelare la sua presenza così, ma se la persona gli avesse risposto avrebbe potuto prendere il controllo della sua mente e guadagnare il vantaggio. Aveva dalla sua parte il fatto che nessuno fuori dalla scuola conoscesse le condizioni del suo quirk. Se però non gli avesse risposto nessuno sarebbe stato spacciato.

Non sentì voci umane, solo un suono secco e vibrante. Merda.

Ci fu un flash accecante, il suono di una scarica elettrica. Hitoshi fu costretto a coprirsi gli occhi e le orecchie, pregando che almeno lo uccidessero in fretta.

«Sapevo di averti visto!».

Hitoshi raggelò. Conosceva quella voce.

Sbirciò tra le dita della mano che gli copriva gli occhi. Oh no, non lui.

Denki era in piedi sul bordo del tetto, le tempie strette tra le dita come se stesse cercando intensamente di non lasciarsi friggere il cervello dall'elettricità. «Ach! Fa malissimo!» si lamentò.

«Abbassa la voce. Se ci beccano quassù siamo rovinati».

Il ragazzo prese un respiro e si obbligò a rilassare le spalle. «Scusa»

«Siamo già fortunati che non hai svegliato tutta la scuola con quella scarica» disse Hitoshi incrociando le braccia.

«Non avevo scelta per venire qui. Il salto da un tetto all'altro è di quasi tre metri, non potevo farcela senza un booster»

«Potevi anche non venire» replicò lui, asciutto.

Girò i tacchi e gli diede le spalle, andando a sedersi sul bordo opposto. Sperava che capisse l'antifona e lo lasciasse in pace, non aveva né il tempo né la voglia di gestire un ragazzo iperattivo. Specie uno per cui aveva una cotta spaventosa a cui non aveva intenzione di dare seguito. Tenerlo a distanza era il modo migliore per toglierselo dalla testa il prima possibile e tornare a concentrarsi sull'obiettivo di diventare un eroe.

«Mi annoiavo» disse Denki sedendosi accanto a lui. Decisamente non capiva il linguaggio non verbale. «Avevo in programma di guardare un video e poi andare a dormire, ma poi ho trovato una serie dove una ragazza raccontava le storie dei serial killer più famosi e alla fine non ho dormito per niente, non ho nemmeno sonno».

Hitoshi annuì, più per educazione che per interesse.

«E tu, invece?» lo incalzò il ragazzo. «Che fai quassù?».

Scrollò le spalle. «Insonnia» bofonchiò, strisciando di lato per mettere qualche centimetro in più tra loro.

«Ah, chiaro». Denki piegò la testa e gli rivolse un sorriso disarmante. «E ci vieni spesso? Non ti avevo mai visto»

«Ogni tanto. Ma di solito resto dall'altra parte, oggi sono venuto qui perché avevo sentito i tuoi passi».

Si stava avvicinando di nuovo, forse preso dalla conversazione. Hitoshi cercava disperatamente un modo per spostarsi ancora senza che fosse ovvio che non lo voleva troppo vicino. Anche se non intendeva farsi degli amici, il pensiero di offenderlo non gli piaceva. Specialmente perché quel ragazzo sembrava seriamente contento di stare lì con lui, e la cosa gli faceva provare una sensazione calda e piacevole alla pancia. Cavolo, levarselo dalla testa si stava rivelando più difficile del previsto.

Non sapendo come fare a mettere distanza tra loro, svitò il tappo del thermos e buttò giù una lunga sorsata di caffè.

«Shinsou! Guarda!» esclamò il ragazzo prendendolo per un braccio.

Hitoshi quasi rovesciò il thermos. «Ma che-?!».

Denki puntava l'indice verso l'orizzonte, come un bambino. Il cielo blu era rapidamente diventato arancione e il disco del sole stava finalmente facendo capolino dalle cime degli alberi.

«Non avevi mai visto l'alba?» chiese alzando un sopracciglio.

Denki scosse la testa. «L'ho vista. Ma è sempre bella, non trovi?». Si girò verso di lui con quel sorriso enorme, sembrava felice.

La luce del sole disegnava il contorno del suo viso e dei capelli biondi arruffati. Hitoshi si costrinse a guardare l'alba, dolorosamente consapevole della mano ancora sul suo braccio e del fatto che erano seduti troppo vicini e di quel formicolio al petto che cercava di convincersi fosse per colpa dell'elettricità nel corpo di Denki.

«Sì, è bellissima» mormorò, guardandolo di sottecchi.

  
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