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Autore: Zikiki98    18/10/2022    0 recensioni
- Avevo iniziato a scrivere questa storia qualche anno fa, lasciandola incompleta. La sto modificando e sto aggiungendo delle parti per renderla più piacevole e completa. Potete trovarla sia su Wattpad sia qui su Efp. I primi 9 capitoli li ho pubblicati tutti insieme, in modo che la storia segua lo stesso ritmo della pubblicazione su Wattpad. Spero vi piaccia -
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E se Bella provenisse da un mondo diverso da quello in cui siamo abituati a vederla?
Dopo la battaglia terrificante contro i demoni, avvenuta circa cento anni fa, non si è più sentito parlare di Shadowhunters, ovvero, di Cacciatori di Demoni. Da quella strage di Nephilim, tutte le creature del mondo invisibile, vale a dire vampiri, licantropi, maghi e fate, hanno creduto che si fossero estinti.
E se non fosse così? E se si fossero solo nascosti?
I demoni stanno ripopolando il mondo e la vita, non solo degli esseri umani, ma anche delle creature mitologiche presenti nelle favole dei bambini e nei racconti terrificanti degli adulti, è a rischio.
Chi li manda? Come possono uscire dalla loro dimensione? La terra potrà tornare ad essere un pianeta "sicuro"?
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Instagram: _.sunnyellow._
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FanFiction su Twilight e Shadowhunters.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Quileute | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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THE WORLD OF DEMONS
IL PORTALE DEI DEMONI


29. Be Careful
 
 
POV EMMETT
 
I biglietti disponibili per Huston erano solamente quattro e questo significava che non potevamo partire tutti insieme. Jasper e Isabella decisero che era meglio far venire con loro Carlisle e Alice. Cercai di non polemizzare eccessivamente quella decisione, ma in realtà, anche solo l’idea che andassero senza di me, mi faceva impazzire. Non tanto perché mi sentissi escluso o non volessi perdermi quell’adrenalina che mi ricordava il mio passato da cacciatore, caratteristica che ancora dopo tanti anni sentivo che mi apparteneva. Stavolta non era per quello. La verità era che avevo paura di essere così lontano da lei da non riuscire a proteggerla.
Anche se lei aveva smentito il mio pensiero sul fatto che io fossi suo padre, in realtà il mio istinto, il mio cuore, non riuscivano a farsene una ragione. Avevo passato mesi a credere che fosse lei la mia dolce e scatenata Bella, come la chiamavo spesso quando era bambina, e adesso era difficile togliersi dalla testa quella convinzione.
Mentre Alice correva in tutta la casa per sistemare i bagagli, Jasper ridefiniva gli ultimi dettagli del piano e Carlisle si era recato in ospedale per sistemare le cose prima della sua imminente partenza, io ero in salotto a guardare Isabella dalle vetrate. Lei era fuori, seduta sugli scalini dell’ingresso, a guardare il bosco e sentire il rumore del ruscello lì vicino. Indossava ancora la tenuta da combattimento, ma con Alice in giro, sarebbe durata ancora poco.
Ero indeciso se andare da lei oppure no. Volevo approfittare di quel momento, dove Rosalie era fuori a caccia con Esme, per assicurarmi che stesse bene. Non che volessi tenere mia moglie all’oscuro o fare qualcosa di male, ma non volevo che si facesse strane idee. In fondo, che motivo avevo di andare a parlarle se lei mi aveva confermato di non essere mia figlia? Nessuno.
Ma le mie gambe si mossero da sole e in men che non si dica mi ritrovai fuori, seduto sui gradini accanto a lei. Lei mi guardò con la coda dell’occhio, poi arrossì e, con le mani, spostò una grossa ciocca di capelli scuri tra di noi, come per creare una barriera. Non potei fare a meno di pensare a quanto il colore dei nostri capelli fosse simile. Decisi di scacciare subito quel pensiero.
- Sei nervosa? – chiesi, non sapendo bene come rompere il ghiaccio.
Ci mise un po’ a rispondere - Più che nervosa, per ora non riesco a smettere di pensare al fatto che dovrò rinchiudermi in una “cosa” che vola -.
Scoppiai a ridere – Si chiama aereo -.
Alzò le spalle con finto disinteresse – Quello che è -.
Capivo quanto fosse difficile per lei. Idris era un paese antico che viveva senza elettricità e senza tecnologia. Venire qui sarà stato sicuramente uno shock temporale, proprio come lo era stato per me dieci anni fa.
- Ti posso assicurare che è uno dei mezzi di trasporto più sicuri al mondo -.
- Se lo dici tu, non posso fare altro che crederti – disse, con un velato sarcasmo che non compresi.
Innocentemente, percepii quella frase come se ci fosse stato un doppio senso alla base, ma in quel momento non ci diedi troppo peso. Sembrava parecchio nervosa e, date le circostanze, non poteva essere solamente per la paura di volare.
La vita dei Cacciatori era difficile da gestire. Fin da piccoli c’erano tantissime regole da rispettare e troppe responsabilità di cui farsi carico. Probabilmente stava anche pensando alla sua famiglia che, in quegli ultimi giorni, le aveva voltato le spalle. E tutto questo perché, per gli Shadowhunters, prima dell’amore e della famiglia venivano il Conclave e le sue leggi.
- Volevo assicurarmi solamente che tu stessi bene e che non ti servisse altro prima della partenza – le dissi, cercando di risultare tranquillo.
Lei mi guardò e forzò un sorriso – Sto bene. Grazie, Emmett -.
Una volta compreso che era il momento di lasciarla di nuovo da sola, tra i suoi pensieri, mi alzai in piedi e feci per andarmene, quando mi venne in mente una cosa. Scesi di nuovo i gradini di casa, mi posizionai davanti a lei e le porsi il mio avambraccio muscoloso. Per un secondo restò interdetta, poi sorrise timidamente, si alzò in piedi e, quando lo fece, non potei non notare la differenza d’altezza fra di noi. Sembrava ancora una bambina in confronto a me. Dopodiché, avvicinò il suo avambraccio al mio, stringendolo con forza. Era la stretta di mano dei soldati romani, simbolo di fiducia e rispetto, riutilizzata spesso da noi Cacciatori prima di una battaglia.
Non riuscii a resistere. La tirai verso di me di scatto e l’abbracciai. Lei si irrigidì e rimase per qualche secondo con le braccia lungo i fianchi, ma alla fine, tentennante, ricambiò il gesto.
Abbassai il viso e al suo orecchio le sussurrai – Ti prego, fai attenzione -.
 
 
POV BELLA
 
Erano passati solo dieci minuti da quando ci avevano fatti imbarcare sull'aereo. Avevamo deciso che saremmo partiti io, Carlisle, Jasper e Alice per Huston. Invece Emmett, Rosalie ed Esme sarebbero rimasti a casa di vedetta, insieme ai licantropi, che erano già stati puntualmente avvertiti da qualche ora dell'accaduto. Ovviamente, Emmett aveva esternato tutto il suo dissenso per non essere stato scelto per il viaggio, ma il mio istinto mi diceva che sarebbe stato meglio lasciarlo a casa. Non mi sembrava una buona idea far tornare un ex Cacciatore ad Idris, soprattutto perché se ci avessero scoperti, avrebbe dovuto rispondere a molte domande sul suo passato e sugli avvenimenti della notte della sua trasformazione. Avrebbe dovuto ammettere di essere riuscito a raggirare le protezioni di Alicante e questo avrebbe potuto provocare diverse conseguenze. Inoltre, per me, la situazione era già diventata abbastanza imbarazzante e difficile anche senza avere il mio presunto padre in questo spiacevole viaggio.
Eravamo stati io e Jasper decidere chi portare con noi: alla fine, eravamo proprio noi due quelli indispensabili affinché il piano procedesse al meglio. Avevamo scelto Carlisle per la sua saggezza ed esperienza. Alice per il suo potere, anche se non sarebbe servito a molto né ad Idris, considerando che il potere delle Torri contrastava quello dei Nascosti, né con Rashida. Infatti, lo stregone che avevamo ad Alicante, l'unico di cui i Cacciatori si siano mai fidati in queste centinaia di anni, era in grado di creare soltanto dei portali, che permettevano a noi Shadowhunters di uscire dalla città, e di fare altri piccoli incantesimi di poca importanza.
Il potere delle Torri era così potente, per la nostra protezione, da azzerare l'efficacia di altri poteri. Quindi, nemmeno il potere di Jasper sarebbe stato utile e quello di Edward non avrebbe potuto aiutarlo in alcun modo a sopravvivere durante la sua permanenza ad Idris.
Ma nonostante la mia mente fosse sommersa da questi problemi, il mio pensiero principale, che non riuscivo a scacciare, era che mi trovavo su un aereo. Non avevo mai volato in vita mia e non potevo negare di non essere stata assalita dal nervosismo, almeno un po'. Mi dovetti ripetere più volte nella testa che tutto quello che stavo facendo, era per Edward e che, per questo, valeva la pena soffrire un po' su uno stupido velivolo.
Seduto al mio fianco, nella fila centrale, si era accomodato Carlisle. Aveva tutta l'aria di un padre modello che, da lì a poco, sarebbe partito per fare una breve vacanza con i suoi figli. Nei sedili dietro, invece, erano seduti Jasper e Alice, che si scambiavano tranquillamente delle dolci coccole. Non so se per salvare le apparenze e farci risultare normali agli occhi degli altri, oppure perché ne sentissero il bisogno.
Distratta dai miei stessi pensieri, posai lo sguardo sul maglione color lilla che mi aveva comprato Alice poco prima in Aeroporto. Mi aveva fatto una "testa così" sul mio pessimo aspetto e sul fatto che non potevamo rischiare di farci scoprire, a causa dei miei strani tatuaggi. Per l’Angelo!
Per andare in Aeroporto, mi aveva dato alcuni dei suoi vecchi vestiti. Una volta arrivati, mi aveva fatto fare il giro di metà negozi, finché finalmente il nostro volo non fu chiamato. Nei panni che indossavo sembravo una qualsiasi brava ragazza e, probabilmente, la vicinanza di Carlisle mi faceva risultare ancora più innocente.
- Nervosa? -  mi chiese ad un certo punto, con un sorriso gentile, mentre si allacciava la cintura di sicurezza, anche se avrebbe potuto benissimo farne a meno.
- Un po' -, ammisi titubante - ma non solo per il volo -.
- Per Edward? -.
Annuii abbassando lo sguardo sulle due estremità della cintura ancora slacciata. Sembrava un meccanismo abbastanza complicato… Questa non somigliava per niente alla cintura di una normale automobile.
All'improvviso, sentii la sua mano fredda, ma confortante, posarsi sul mio avambraccio - Penso che andrà tutto bene -.
Gli feci un sorriso tirato - Lo spero -.
- Dovresti imparare ad essere più positiva, sai? - disse istintivamente per smorzare la tensione - E anche a sorridere di più. Ti conosco da poco tempo, è vero, e non in circostanze che sicuramente ci farà piacere ricordare in futuro, ma Edward quando mi parla di te ti descrive come una ragazza che porta il peso del mondo sulle sue piccole spalle -.
Ero felice che avesse usato il presente e non il passato per dire quello che mi stava dicendo. Mi faceva sentire un po' meglio il fatto che lui confidasse che suo figlio fosse ancora vivo. Mi dava più speranza e un'estrema voglia di cercarlo e trovarlo.
- Edward probabilmente esagera -.
- Sono a contatto con gli esseri umani da più di trecento anni -, mi sorrise paterno - penso di saper riconoscere lo sguardo sfinito e spento di chi ne ha viste troppe. Per essere così giovane, ti è sempre stata data parecchia responsabilità -.
E in quel momento mi chiesi come facesse ad essere così gentile e cordiale, mentre mi stava appena conducendo in un discorso decisamente indiscreto, alla scoperta della vera me. E la cosa più assurda era che non lo faceva nemmeno pesare. Sembrava tutto così naturale e spontaneo.
- Vuoi parlarne? - domandò, nello stesso istante in cui dei piccoli televisori si abbassarono dal soffitto dell'aereo.
Partì un video che indicava tutte le procedure da seguire in caso l'aereo fosse precipitato, ci fosse stato un incendio o una fuga di gas durante il volo, sulle cose da fare e non fare e su come allacciare la cintura.
Quando capii, unii immediatamente le due estremità della cinta, finché non sentii un "click". Carlisle, che a quanto pare stava ancora aspettando che gli rispondessi, tossì come se volesse attirare nuovamente la mia attenzione. Non ero ancora sicura di volerne parlare. La ferita che si era aperta dentro di me, era ancora troppo fresca e profonda per riuscirne a parlare senza essere sicura di non scoppiare a piangere. Non aveva avuto ancora abbastanza tempo per cicatrizzare, o forse ero io a non aver avuto abbastanza tempo per realizzare l'accaduto di quella sera, la sera che ero stata costretta a dire la verità alla mia famiglia e che loro erano stati costretti a dirla a me.
Dato che non ricevette ancora alcuna risposta, Carlisle aggiunse - Non voglio costringerti. Voglio solo che tu sappia che, se vorrai, io sarò qui ad ascoltarti -.
Mi voltai verso di lui, facendogli un sorriso sbilenco, ma riconoscente guardandolo negli occhi - Lo so, grazie -.
Ricambiò velocemente e senza esitazioni il sorriso, per poi guardare dritto davanti a sé. L'aereo aveva già iniziato a muoversi sulla pista, finché non iniziò a prendere velocità e a staccarsi dal suolo.
Come riflesso, cercai di aggrapparmi di più ai braccioli del sedile, fino a far diventare le mie nocche pallide, ancora più bianche. All'improvviso, sentii la mano di Carlisle posarsi sulla mia, come un padre che prende la mano della propria figlia piccola per intimarle coraggio e che non c'è nulla da temere. Quel gesto, quel semplice gesto, che mai mio padre…  anzi, gli uomini che mi avevano cresciuta, né Charlie né Jonathan, avevano fatto per me, mi commosse, e a stento riuscii a trattenere le lacrime.
Carlisle Cullen aveva fatto davvero tanto per me in quegli ultimi giorni, per una sconosciuta che aveva quasi rischiato di distruggere la sua famiglia. Sicuramente, qualsiasi cosa sarebbe successa, quel nome lo avrei ricordato con un tenero e malinconico sorriso sulle labbra.
_
 
Atterrammo in Texas, più precisamente a Huston, verso sera, quando ormai il sole era già calato e i Cullen potevano muoversi in tutta libertà senza avere il timore di coprirsi dalla luce del giorno.
Una volta recuperati i pochi bagagli di cui eravamo provvisti, ci incamminammo verso l'uscita dell'aeroporto alla ricerca di un taxi. Fortunatamente ne trovammo uno abbastanza in fretta che ci condusse in un motel senza troppe pretese. In fondo, non eravamo lì per una vacanza e, la maggior parte di noi, non necessitava né di ore di riposo né di soddisfare chissà quale altro bisogno umano.
Una volta arrivati alla reception, ci accolse una donna anziana, con i capelli raccolti bianchi e un forte accento che faticavo a capire. Ci diede le chiavi di due camere da letto sotto sua insistenza, perché il suo motel non disponeva di stanze abbastanza grandi da contenere quattro persone, anche se per poche notti.
Avevo bisogno di farmi una doccia e di mangiucchiare qualcosa, così decidemmo che Alice mi avrebbe fatto compagnia mentre Carlisle e Jasper mi avrebbero cercato qualcosa da sgranocchiare.
Appena arrivate in camera, la veggente abbandonò le valigie in un angolo, per poi voltarsi verso di me e guardarmi con un bel sorriso caloroso sulle labbra.
- Hai bisogno di rilassarti -, mi disse - lascia che mi prenda cura di te -.
Così mi preparò l'acqua calda per fare il bagno e ci aggiunse qualche strano olio che in vita mia non avevo mai visto. Avevano un buon profumo, simili a quello dei fiori che crescevano solo ad Idris. Quando finì di preparare tutto l'occorrente, mi lasciò da sola con i miei pensieri.
Mi spogliai lentamente dei miei stessi vestiti e, con una calma che non mi apparteneva, mi immersi completamente nella vasca colma d'acqua.
Cercai di lasciarmi andare il più possibile, scaricare la tensione, in modo tale che al ritorno di Jasper e Carlisle sarei stata abbastanza in forma da essere d'aiuto. In fondo, ero ancora reduce dalla mia fuga e non potevo utilizzare lo stilo per farmi sentire meglio, considerando che lo avevo lasciato a Forks, insieme a tutte le mie armi. Cosa avrebbero pensato ai controlli dell'aeroporto le guardie mondane? Che conducevo un traffico clandestino di spade strane, bacchette strane e altre armi strane?
Gli unici oggetti che avevo con me erano la collana di Marie e la mia pietra Stregaluce: erano le sole cose che potevano senza problemi passare inosservate. Non potevo assicurare lo stesso per gli altri miei averi: né io né i Cullen sapevamo se i metal detector li avrebbero intercettati o lasciati passare, per questo era meglio evitare di rischiare.
Avevo già abbastanza problemi con la giustizia sovrannaturale, ci mancava solo di mettere in mezzo quella mondana.
Dopodiché, iniziai a pensare a Edward: se stava bene, se fosse ferito, se lo nutrivano abbastanza, se lo stavano torturando, se lo avevano già interrogato... se stesse pensando a me come io pensavo a lui... e se un giorno avrei ottenuto il suo perdono.
Una lacrima sfuggì al mio controllo. In fondo, anche io avevo qualcosa di umano.
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- Ti abbiamo portato due tramezzini al prosciutto, qualche barretta energetica al cioccolato, una Coca Cola e due bottigliette d'acqua - mi informò Carlisle appena mise piede in camera, seguito da Jasper, mentre mi porgeva un sacchettino di plastica bianca - Spero sia abbastanza, almeno per stasera -.
Gli sorrisi riconoscente - Grazie mille -.
Non appena finii di farmi il bagno, di asciugarmi e vestirmi, raggiunsi Alice, sedendomi accanto a lei sul letto a gambe incrociate. Stava cercando di predire il futuro di Edward, inutilmente. Voleva provare a vedere se sarebbe mai uscito al di fuori delle protezioni di Alicante, quindi se mai un giorno sarebbe stato liberato, ma senza grandi successi. Forse perché neanche noi sapevamo esattamente come muoverci: non avevamo un piano preciso, stavamo camminando a tentoni, nel vuoto più assoluto, senza sapere a che cosa avrebbero portato le nostre decisioni. Almeno per ora, dovevamo procedere a tentativi: era l'unica possibilità che avevamo per trovare una via che ci avrebbe condotto ad una soluzione, ad Edward.
Il primo passo nel vuoto era trovare Rashida, e il primo posto dove trovarla era cercare dove Jasper l'aveva vista l'ultima volta, a Huston appunto. Ma si dà il caso che Huston non fosse una città poi così piccola, perciò Jasper avrebbe dovuto consultarsi con qualche sua vecchia conoscenza.
- Figurati - mi sorrise, prendendo posto su una poltroncina di legno imbottita.
Jasper, al contrario, restò in piedi con le braccia conserte dietro la schiena, con la sua solita espressione imperturbabile. Seria. Apatica. Dura. Controllata.
- Avete notizie degli altri? - domandò Alice, nonostante fosse già a conoscenza della risposta.
Nel frattempo, iniziai a consumare voracemente uno dei panini al prosciutto. Avevo davvero fame, e sinceramente non pensavo di averne finché non diedi il primo morso.
- Ha chiamato Rose prima - ci informò Jasper - Dice che è tutto tranquillo. Per ora -.
- E tu? - chiese Carlisle speranzoso - Hai avuto qualche visione? - .
Ero sicura che non sapere che cosa stesse succedendo ad Edward lo stesse logorando dentro, più di tutti noi messi insieme. E, ci avrei scommesso, che si sentiva anche un po' in colpa per non essere riuscito ad evitare che tutto ciò accadesse, per non essere riuscito a proteggere suo figlio e a salvarlo in tempo dalle grinfie di Cacciatori spietati e vogliosi di mettere le mani su un Nascosto a conoscenza di verità che non avrebbe mai dovuto sapere.
Ovviamente, la realtà era ben diversa: non era colpa di Carlisle se Edward era stato preso, ma mia. Il dottore se la stava prendendo ingiustamente con sé stesso.
- No, non sono riuscita a vedere nulla - rispose sconsolata, abbassando lo sguardo come se l'inutilità del suo potere in quel momento la rendesse meno utile in tutta quella situazione.
- Non dipende da te - la rassicurai, poggiandole la mano libera sulla spalla - Sono le Torri, nessun potere funziona quando sono in funzione -.
- Mi sento così inutile - ammise, ignorando quello che le avevo appena detto - Mi sono sempre affidata sul mio potere, in tutte le situazioni, e ora che ci servirebbe più di ogni altro momento, non mi è consentito usarlo -.
A quel punto non sapevo cosa dire per rincuorarla, perché a differenza sua, non avevo la minima idea di che cosa significasse avere un potere e affidarsi al cento per cento su quello. Non avevo poteri speciali. Quello che mi era sempre stato insegnato fin da piccola era di sviluppare tutte quelle qualità che mi avrebbero reso un'ottima Cacciatrice e che mi avrebbero permesso di tirarmi fuori dai guai qualora ce ne fosse stato bisogno.
Fu in quel momento che Jasper si mosse, avvicinandosi sempre di più verso la sua amata, con lo sguardo più dolce e tenero che gli abbia mai visto fare da quando lo conobbi. Si piegò sulle ginocchia, davanti a lei, e le prese le mani con una delicatezza pari ad un soffio di vento. I loro sguardi dorati si incatenarono, iniziando una conversazione tutta loro.
Questa scena mi incantò.
Ad un certo punto, Alice gli sorrise e disse - Grazie Jazz, ti amo -.
Il biondo ricambiò il sorriso e mormorò - Ti amo -.
A quel punto spostai gli occhi su Carlisle, che a differenza mia stava dando un po' di privacy ai due piccioncini digitando concentrato qualcosa sul cellulare.
Feci in tempo a terminare il mio panino prima che Jasper ed Alice finissero di fare le loro cose da fidanzati-sposati. Dopodiché ritrovammo la concentrazione per decidere la prossima mossa da compiere.
Decidemmo che, come prima cosa, Jasper avrebbe dovuto telefonare Peter, un suo vecchio amico, per ricevere qualche informazione in più su Rashida. Successivamente, dopo quello che ci avrebbe detto, avremmo iniziato a costruire un piano.
Quando Jasper uscì dalla piccola stanza per chiamare Peter, decisi che avrei cercato di non pensare finché non avesse terminato, in modo tale da alleggerire la mente e svuotarla dai problemi e dalle preoccupazioni. Mi distesi sul letto e chiusi gli occhi, concentrandomi per cercare di mantenere la testa vuota, mentre in sottofondo Carlisle e Alice parlavano di tutte le possibilità che...
Okay, forse mi era impossibile rilassarmi completamente, ma riuscii comunque a fare un sonnellino, perché quando Jasper finì la chiamata, Alice si preoccupò di scuotermi per farmi tornare al mondo reale.
- Che cosa ti ha detto? Sei riuscito a scoprire qualcosa? - chiesi al biondo, con la voce impastata per il sonno, appena incrociai il suo sguardo.
- Non molto - ammise sconsolato - Mi ha dato l'indirizzo di dove vive ora e mi ha detto che lavora come chiromante, per prendersi gioco di umani ingenui. Ha saputo dirmi solo questo -.
- Non capisco, ti ha dato l'informazione più importante di tutte, sappiamo dove vive! - mi ravvivai immediatamente - Non ci serviva sapere altro -.
- Ci serve sapere se potrebbe essere effettivamente un buon aiuto - disse Carlisle, lanciando un'occhiata al figlio adottivo, che ricambiò lo sguardo apprensivo del padre.
- In che senso? - chiesi, non riuscendo effettivamente a stare dietro ai loro ragionamenti.
- Dobbiamo essere molto prudenti - iniziò a metterci in guardia Jasper - Rashida, a causa dell'influenza di Maria, l'ho conosciuta come una donna calcolatrice, meschina, subdola e vendicativa. Ora, dopo tutto questo tempo, io non so se sia cambiata, e se lo è, se in meglio o in peggio. Non so se è ancora innamorata di Maria o se ha mantenuto un rapporto con lei, e se riserva ancora dell'astio nei miei confronti. Non voglio che si vendichi di me facendo del male alla mia famiglia -.
Sapevo dove voleva arrivare, e non glielo avrei permesso: non avrei mai permesso che rischiasse la vita per una situazione che avevo creato io, non avrei mai permesso che Alice provasse la paura di perdere il suo compagno per sempre e non avrei mai permesso che Carlisle si sentisse in colpa per un altro figlio scomparso. Forse ero drastica, ma bisognava effettivamente valutare tutte le probabilità, sia per non illudersi sia per prepararsi al peggio.
- Quindi, cosa si fa? - domandai, dopo qualche minuto di silenzio, dove ognuno era perso nei propri pensieri.
- Andrò a parlare con Rashida - e poi i suoi occhi si spostarono su Alice - Da solo -.
Alice si allarmò immediatamente, alzandosi in piedi per raggiungere dall'altra parte della stanza il marito.
- Non ti permetterò di farlo - mormorò in preda ad un'emozione che le faceva tremare le mani.
- A malincuore - si intromise Carlisle - devo dire che è la scelta migliore per il momento. Solo Jasper conosce Rashida e se ci presentassimo a casa sua, nel suo territorio, tutti e quattro, potrebbe sentirsi minacciata e reagire di conseguenza -.
Vedevo Alice essere sull'orlo di una crisi di panico, mentre Jazz cercava di confortarla e dirle che sarebbe andato tutto bene. Il dottore si prese la testa tra le mani, stressato e sconsolato.
Non riuscivo a guardarli.
La strategia di Carlisle da una parte aveva senso perché avrebbe diminuito le probabilità che Rashida si mettesse sulla difensiva e che non ci avrebbe aiutati, ma eravamo in quattro e avremmo affrontato quella stregona tutti e quattro insieme. Per nulla al mondo avrei permesso che ci separassimo, altrimenti perché far venire tutti qui in Texas?
Dovevamo salvare Edward e non potevamo farlo ognuno per conto proprio.
- Non sono d'accordo - ammisi in tono pacato, richiamando i loro sguardi su di me - Vengo anche io -.
- No, non se ne parla - rispose secco Carlisle.
- Se Jasper andasse da solo da Rashida, dovrebbe spiegare perché vuole che gli apra un portale per Idris.  È vero, potrebbe anche raccontargli tutta la storia, ma ci crederebbe? Per Rashida, Jasper è un traditore e di conseguenza non si fiderà mai di lui. Se invece si portasse dietro anche me, io sarei la testimonianza che ciò che ha detto è vero, e in più sarebbe a conoscenza di qualcosa che nessun altro della sua specie sa, cioè che noi Shadowhunters siamo ancora vivi. Per esperienza personale posso dire che mettere a conoscenza qualcuno di un segreto proibito, da una sensazione di potere e superiorità quasi irresistibile. A quel punto lei deciderà se aiutarci, e usare il mio segreto per ricattarci successivamente, o voltarci le spalle, e andare a spifferare tutto alla Corte degli Stregoni per ottenere un riconoscimento più grande di ciò che possiamo offrirle noi. In entrambi i casi, ve lo posso assicurare, finiremo ad Idris -.
I tre vampiri mi avevano osservata e ascoltata in silenzio per tutto il tempo, con un'attenzione che in tutta la mia vita non avevo mai ricevuto. Anche se non fossero stati d'accordo con me e la mia proposta fosse stata rifiutata, mi faceva piacere l'idea che mi avessero fatto concludere il discorso. Per la prima volta mi sentivo parte di una vera e propria squadra e, considerando quello che avevo combinato, avrebbero potuto benissimo non darmi nemmeno la possibilità di parlare. Se i ruoli fossero stati invertiti, io non l'avrei fatto.
Carlisle si voltò verso i suoi due figli, alla ricerca di un segno d'assenso o di disaccordo.
- Cosa ne pensate? - .
Jasper parlò per primo - Preferirei andare da solo -, e poi si rivolse a me - ma da quel poco che ti ho conosciuta ho capito che se ci provassi, troveresti un modo per seguirmi. Per questo, sono d'accordo -.
Gli sorrisi timidamente, riconoscente.
- Sarò molto più tranquilla se Jasper sarà con te - parlò Alice, guardandomi - Sei un'abile Cacciatrice e so che lo aiuteresti molto. In ogni caso, vorrei esserci anche io -.
Sentimmo Carlisle sospirare - Quindi è deciso: stanotte, noi tutti, incontreremo Rashida - successivamente mi lanciò un'occhiata veloce - Siamo una famiglia, ed è giusto che affrontiamo tutto questo insieme -.
 
 
 ...
 
Grazie per aver letto il capitolo :-)
Se vi fa piacere, lasciate una stellina e un commento.
Besos :-*
 
Zikiki98
 
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