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Autore: gt26    22/10/2022    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Esmeralda, in punto di morte, avesse scelto di scappare con Frollo?
Me lo sono sempre chiesta. :)
Questo è come me lo sono immaginata.
Liberamente ispirato alla storia di Victor Hugo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fleur-de-Ly, La Esmeralda, Phœbus de Châteaupers, Quasimodo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Era una calda sera primaverile. Le stelle pullulavano nel cielo, e preannunciavano che di lì a poco sarebbe arrivata l'estate. 

Claude era tornato, come faceva ogni sera, con un paniere di cibo per tutti. Mangiavano loro tre, lei, lui e Quasimodo. Poi il gobbo si ritirava nelle sue stanze. Non capivano se lo faceva per farli stare soli o perché amava più le campane degli uomini. 

L'arcidiacono accese una candela, la poggiò sul comodino, per fare un po' più di luce in quella stanza buia. Si sedette sul letto. Era pronto. Voleva mostrarsi a lei per quello che era. 

"Mi hai chiesto cosa vuol dire quella parola. È greco, significa Fatalità. Non so come la pensi tu, ma io credo che per ognuno di noi ci sia un destino predestinato, e non possiamo fare nulla per cambiarlo. In un certo senso, c'è qualcuno che disegna la nostra vita per noi. 

O almeno lo credevo. 

Sono cresciuto poco lontano da qui, appena fuori Parigi. Mio padre – quella buonanima – decise che dovevo farmi prete. Non potevo oppormi. Dovevo farlo e basta. 

Vedevo i miei coetanei farsi una vita, divertirsi, mentre io venni mandato in collegio, a stare chino sui libri. Mi parlavano dei piaceri della vita, e io non li avevo mai sperimentati. Non che provassi invidia, almeno i primi tempi. Mi sentivo superiore rispetto a loro, io sapevo. Loro no. 

Però mio padre era anche un uomo severo, e nonostante studiassi più che potevo, a lui non andava mai bene. Dovevo sempre fare di più. E questo mi rattristava. Non volevo diventare insensibile come lui. Decisi quindi di adottare Quasimodo: l'ho trovato sul sagrato, qui a Notre Dame. Nessuno lo voleva. L'ho preso con me con l'intenzione di dargli tutto l'amore che gli era stato negato.

Mio padre e mia madre sono morti, in seguito, a causa della peste. E ho scoperto di avere un fratello."

"Hai un fratello?" 

Quante cose non sapeva di lui, Esmeralda.

"Si chiama Jean.

Quando l'ho preso con me aveva appena un anno. Non sapendo che fare, l'ho mandato dalle suore, perché lo curassero. Volevo diventasse come me, studioso, buono, e devoto. Ma è diventato il contrario. E io non l'ho mai accettato, capisci? Mi ero trasformato in mio padre. Quindi l'ho lasciato vivere la sua vita immonda, senza dirgli nulla. Ogni tanto viene da me a chiedermi soldi. 

Non sono contento di quello che è diventato. E questa è la prima crepa della mia vita." 

Inghiottì la sua saliva. Ora le doveva raccontare la parte più difficile.

"Al collegio mi hanno insegnato i comandamenti, delle regole nella dottrina cristiana, che non devono essere mai trasgrediti – altrimenti finisci all'inferno, che è un luogo circondato dalle fiamme dove sconti un'eterna punizione se non li rispetti – e io quando ti ho vista ballare ho capito. Non esiste nessuna fatalità. Ho sentito che quelle regole sacre non le avrei mai più rispettate, perché ti amavo. E per un prete, che ha giurato di amare solo Dio, questo è il peccato più crudele.

Non dovrei toccare nessuna donna, capisci? Né tantomeno desiderarla – perché sì, ti ho desiderato, e non te lo nascondo – volevo averti anche solo per un minuto, sentirmi un vero uomo, liberarmi da questa costrizione e gridare al mondo che non ero così come tutti vedevano, ma ero un mostro...sono solo un mostro..."

Non ce la fece più. Abbandonò la sua corazza da uomo forte e pianse – davanti a lei, per giunta. Cosa stava facendo? Non doveva mostrarsi debole.

Lei d'istinto lo raggiunse e l'abbracciò, lo strinse come lui aveva fatto quella mattina – e dentro di sé aveva capito tutto. No, Claude non era un mostro, non lo era, il mostro era il sole, e il prete era la luna. 

Phoebus voleva solo averla, mentre Claude questo l'aveva solo pensato. La amava davvero, e aveva il coraggio di mostrarsi fragile.

Non era Phoebus l'uomo dei suoi sogni, il suo principe era quello che stava ora davanti a lei. 

Pensò a quanto coraggio aveva avuto quella sera al Val D'Amore. Non le aveva reso la vita un inferno; l'aveva salvata. Guardò quegli occhi lucidi, e si riconobbe. 

Gli prese il volto tra le mani, e senza esitare lo baciò sulle labbra. Attendevano da tanto quel bacio, lo capì. Sentì il cuore di lui battere più forte, così come il suo. Stavano rinascendo, insieme.

Si baciarono avidamente, Claude la strinse più a sé, si staccò da lei e la abbracciò. 

Mormorò un "grazie", convinto che lei non lo avesse sentito, ma lei lo aveva udito eccome. 

Sorrise, stretta tra le sue braccia.

Aveva trentasei anni, e lei era solo una bambina. Eppure, non si era mai sentito vivo come quella notte. Aveva avuto la conferma dell'inesistenza di un destino; sono le nostre scelte che condizionano una vita. 

Stavano lì, a baciarsi e guardarsi negli occhi, mentre una Parigi addormentata sorrideva a quell'amore appena sbocciato.

Senza dire nulla, Esmeralda lo spinse facendolo distendere e iniziò a sbottonare la sua tonaca. 

"Non devi, se non..."

Lei le poggiò l'indice sulle labbra, intimandogli di stare zitto. Sorrise. Rimase a petto nudo davanti a lei. Era così bello. Gli baciò il petto, poi si strinse a lui in un abbraccio, indagando quel suo corpo che era rimasto nascosto per tutto questo tempo. 

Si girò, indicò a Claude i lacci del corsetto, per chiedergli di slacciarli. Non fu come con Phoebus; quelle mani erano delicate e gentili, avevano quasi paura di farle male. Si sfilò la camicia, e l'arcidiacono ebbe un fremito. Era totalmente inesperto, cosa doveva fare davanti a tanta bellezza? In cuor suo sentì quello che doveva aver provato Adamo con Eva. Le accarezzò i fianchi, la guardò intenerito, e inizio a baciarla, prima sulle labbra, poi sul collo, e infine sui seni. 

Aveva agognato così tanto quel momento, che ora gli sembrava solo un sogno. 

Quella notte si scambiarono le vite. Diventarono moglie e marito davanti a Dio. 

Fecero l'amore, entrambi titubanti e casti, ma così puri. 

Si contorsero, si guardarono negli occhi più volte, si tolsero il fiato a furia di baciarsi, sincronizzarono i loro battiti e i loro respiri. 

Si persero nei loro sapori e nei loro odori; a Claude restò quello d'erba, di danza e di viaggio, a Esmeralda quello di incenso, di segretezza e fatalità. 

Quando i loro respiri si furono regolarizzati e i loro istinti placati, Esmeralda poggiò la testa sul petto di Claude, e lui pianse in silenzio. Erano lacrime di gioia, si sentiva il cuore talmente pieno, pensava che non se lo meritasse, tutto quello. 

Esmeralda sentì una lacrima bagnarle il viso, gli chiese a che pensasse.

Penso che questa notte con te sono sceso nell'Inferno, ma allo stesso tempo ho varcato le porte del Paradiso.

"Ti amo, Claude."

E con quelle parole così soavi chiuse gli occhi.

   
 
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