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Autore: gt26    22/10/2022    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Esmeralda, in punto di morte, avesse scelto di scappare con Frollo?
Me lo sono sempre chiesta. :)
Questo è come me lo sono immaginata.
Liberamente ispirato alla storia di Victor Hugo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fleur-de-Ly, La Esmeralda, Phœbus de Châteaupers, Quasimodo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Claude si svegliò osservando Esmeralda dormire. Le accarezzò il corpo, quel suo corpo così soave che aveva voluto concedersi a lui. Le sorrise. Si chiese cosa stesse sognando. 

Quelle carezze fecero svegliare la ragazza, che osservando l'uomo, non poté fare a meno di stampargli un bacio prima sul petto, poi sulle labbra.

Lui le prese una ciocca di capelli tra le dita e iniziò a giocherellarci, sorridendo tra sé. 

"Buongiorno piccola."

"Buongiorno a te dolce prete."

Risero. Sembrava si fosse fermato il tempo solo per loro, in quella mattina primaverile a Parigi.

All'improvviso, sentirono dei colpi alla porta, che Claude aveva avuto l'accortezza di chiudere a chiave. Era Quasimodo. 

"Padrone, aprite! C'è qui il cavaliere Phoebus che vuole parlarvi." 

Quasimodo non sapeva che i due erano assieme – o forse sì, e non voleva fare saltare la copertura. Bravo Quasimodo, pensò l'arcidiacono. 

Si rivestì in fretta, e sussurrò ad Esmeralda: 

"Vestiti e nasconditi in quell'angolo, dove non ti può vedere. Aprirò la porta e lo condurrò giù. Appena vedrai via libera, scappa. Va' a Rue Tirechiappe, c'è la casa dei miei genitori. Nessuno saprà che sei lì."

Si accertò che Esmeralda fosse ben nascosta, e andò ad aprire. Sentiva le bestemmie del capitano crepitare da fuori, e la voce di Quasimodo che lo intimava ad avere pazienza.

Aprì. Si trovò davanti il biondo ufficiale, con quattro uomini della scorta. Era così scintillante nella sua armatura da dargli sui nervi. Lo sposerò, e poi non se ne parlerà più, pensò.

"Buongiorno, don Claude."

"È qui per il matrimonio?"

"Non solo. Mi sono giunte voci...sulla gitana, ricorda? Quella che è sparita. Dicono sia nascosta qui."

"Non so di cosa state parlando, io non l'ho più vista quella ragazzina."

Phoebus gli si avvicinò. Il suo viso era a pochi centimetri dal suo. Poteva sentine l'alito.

"Riconosco – sussurrò minaccioso – l'odore di certe cose, quando lo sento. Sono...familiare."

Già, lurido traditore. Chissà quante ne paghi al giorno perché ti soddisfino, pensò. Ma non lo disse.

Tacque. E il silenzio può essere rivelatorio, a volte. 

Phoebus sguainò la spada, gliela puntò al collo e lo fece indietreggiare. Era finita. 

"Phoebus, ti prego! Fermati! So che c'è del buono in te..."

Esmeralda era sgusciata fuori dal suo nascondiglio, allarmata.

Finito, tutto finito, pensò Claude.

Phoebus sghignazzò abbassando la spada, poi si voltò verso i suoi quattro scagnozzi. 

"Voi" ordinò "portate Quasimodo di sopra, e non lasciatelo scappare. Mi raccomando."

I quattro tirarono fuori le armi e presero il gobbo come da ordini. Erano quattro contro uno, non poteva scappare. Si lasciò portare.

"Che allegro quadretto. La gitana e il prete. Chi l'avrebbe mai detto." 

Girava per la stanzetta, osservando prima loro, poi il letto disfatto. 

C'erano le prove, lì, di quello che era successo. Non potevano giustificarsi in alcun modo.

Si rivolse a Claude.

"Non me lo sarei mai aspettato da lei, don Claude. Davvero vomitevole. Mi fa ribrezzo solo a pensarlo. Con una ragazzina poi!"

"Non sai di cosa stai parlando, Phoebus."

Il capitano rise. "La tua bella ha ragione. Non sono malvagio. Posso proporvi un accordo."

"Che tipo di accordo?"

"Beh, in cambio del mio silenzio sulla condanna di Similar..."

"Si chiama Esmeralda."

"Esmeralda... vorrei terminare ciò che ho iniziato al Val D'Amore."

"Mai!"

Lei si intromise.

"Claude...devi salvare anche Claude."

"Cos'è, lo chiami per nome adesso? Che idiozie da ragazzina!"

"O anche Claude o niente."

La guardò negli occhi con lo sguardo di chi seduce, solo per puri fini meschini. Annuì.

"C'è una cosa che forse non sai del tuo Claude. Quella notte non è entrato dalla porta. Era nascosto dentro l'armadio. Ci spiava."

"Claude...è vero?"

L'arcidiacono tacque. Era vero. Ma all'epoca la sua era pura ossessione, brama di un uomo colto dalle sue infuocate passioni. 

"Quindi...per fare le cose a regola d'arte...dovrebbe esserci anche lui, guardare. O mi sbaglio?"

Tacquero.

Phoebus prese una corda, legò Claude alla sedia e lo lasciò lì. Lui taceva, fissava il muro. Esmeralda non avrebbe dovuto – ma era come lui, avrebbe dato la vita pur di saperlo vivo. Non credeva che Phoebus riuscisse a mantenere la parola, ma in fondo ci sperava. 

Lo osservò mentre bloccava lei ai polsi, avvinghiandola a sé e strappandole i vestiti. 

Si sarebbe accecato col fuoco piuttosto di vedere quello scempio. Quell'uomo era un animale e non poteva, non doveva nemmeno sfiorare la sua Esmeralda. 

D'improvviso, si ricordò. Il pugnale. Ce l'aveva ancora, ben saldo alla cintura. Allungando la mano lo prese, lo usò per librarsi le mani, e di sottecchi si avvicinò al capitano. Gli puntò la lama al collo, fece per stringerlo a sé. 

Poi fu un attimo. 

Phoebus aveva previsto il colpo, d'altronde era tutta una storia che si ripeteva, si era girato di scatto, aveva disarmato l'arcidiacono e le parti si erano rivoltate. Caino era diventato Abele.

Fu un attimo. 

Esmeralda gridò, l'immagine del suo Claude grondante di sangue davanti agli occhi. 

Le pupille di Phoebus scintillavano. Era soddisfatto. Gioiva nell'uccidere.

Si girò verso la ragazza mezza svestita per concludere ciò che aveva iniziato, ma non fece in tempo a voltarsi che nella stanzetta entrò Quasimodo. Lo prese di peso, e lo scaraventò giù dalla cattedrale. Aveva fatto così con gli altri quattro. Era preoccupato per il suo maestro, ma lasciò andare avanti lei. Era giusto così.

Un colpo alla carotide. Deciso e spietato.

Non c'era verso, non ci sarebbe stato verso di salvarlo. 

Si vedeva che Claude soffriva, mentre il sangue usciva rosso a fiotti, ma lui cercava di sorridere, farsi forza per Esmeralda. 

"Claude..."

"Non ti preoccupare. Doveva andare così. È la fatalità."

Piangeva, Esmeralda. I suoi occhi di bambina diventati di donna erano mesti, tristi.

"Vedi quel cassetto a lato della scrivania? Aprilo. C'è una cosa per te."

Le dispiaceva lasciare lì il suo amato, ma fece come lui gli aveva detto. Trovò una lettera. Era chiusa, e c'era scritto un nome. Il suo.

"Claude..." Non sapeva cosa dire. "Grazie."

"Voglio solo che tu sappia che questi giorni con te mi hanno fatto sentire vivo e me stesso come non mai."

Lei si chinò su di lui per baciarlo.

Spirò, col sorriso sulle labbra.

   
 
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