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Autore: sky_full_of_stars    24/10/2022    0 recensioni
Nella penombra che ci avvolgeva sentì la sua mano sfiorarmi una guancia. Chiusi gli occhi e mi abbandonai a quel tocco caldo e gentile. Quando percepì le sue dita lasciare il mio volto, allungai la mano di scatto e la appoggiai sulla sua. Volevo trattenerla ancora per un po' sul mio viso, imprimere quella carezza sulla mia pelle come l'inchiostro sulla carta, come una bruciatura che non reca alcun dolore. Volevo che non mi lasciasse mai.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo che quel pomeriggio non c'era nemmeno un alito di vento a smuovere le foglie degli alberi. La sottile brezza che ci aveva accompagnati quella mattina era adesso cessata completamente e l'afa estiva rimaneva come sospesa nell'aria immobile, rendendoci impossibile passare la giornata nella caverna di Chirone. Dopo pranzo avevamo deciso di andare sulle sponde del fiume, dove il corso lento dell'acqua mitigava un po' il clima e il fresco del sottobosco ci strappava dai raggi del sole donandoci una breve tregua dal caldo opprimente.
Una volta arrivati, io e Achille ci levammo la tunica e ci buttammo in acqua senza pensieri. Decisi di nuotare per un po' controcorrente, divertendomi a sfidare il corso del fiume schivando rami e pietre che venivano trascinati verso di me. Quando iniziai a sentire le gambe e le braccia stanche, mi girai sul dorso. Un sospiro mi sfuggì dalle labbra: lo scorrere del fiume sotto di me regalava una piacevole sensazione di calma e tranquillità, e l'acqua fredda a contatto con la pelle era un vero sollievo. Perso ad osservare le nuvole e con i pensieri che si inseguivano a ruota libera nella testa, non mi accorsi dell’ombra che si stava lentamente avvicinando a me. Improvvisamente avvertì un peso schiacciarmi l’addome e non ebbi nemmeno il tempo di reagire che mi sentì trascinare verso il fondo. Allarmato, iniziai ad agitare braccia e gambe nel tentativo di liberarmi da quella presa ferrea, ma ormai avevo la testa completamente sott’acqua e il corpo bloccato. Cercai di aprire gli occhi e, nonostante la visione sfocata dall’acqua, riuscì a notare due gambe scalciare velocemente sotto la superficie e dei familiari ciuffi biondi fluttuare davanti al mio volto. Adesso non avevo dubbi su chi si trattasse. Spinsi le braccia in avanti con forza e finalmente il mio assalitore mi lasciò andare. Riemersi dall'acqua e con il respiro ancora corto mi voltai per lanciare uno sguardo contrariato verso la persona che aveva appena attentato alla mia vita. Achille mi rivolse un sorriso di scusa, ma riuscivo benissimo a intravedere la sua risata mal celata, nel suo sguardo nemmeno un briciolo di pentimento. Gli ultimi raggi di sole si divertivano a giocare con i suoi capelli, creando migliaia di riflessi dorati sui suoi ricci biondi e facendo risplendere i suoi occhi verdi come pietre preziose. Il mio broncio si sgretolò in pochi attimi. Provai l’irresistibile impulso di gettargli le braccia al collo e premere le mie labbra sulle sue con una risata, ma Chirone era solo a pochi metri da noi e dovetti trattenermi. Decisi, allora, di attuare la mia vendetta. Un sorrisetto irriverente comparve sul mio volto e Achille capì al volo le mie intenzioni. Indietreggiò lentamente.
«Patroclo, aspetta un secon-», ma io mi ero già lanciato in avanti e mi ero aggrappato alle sue spalle buttandolo sott'acqua. Facemmo la lotta come due bambini per il resto del pomeriggio, come se non contasse nient’altro che quello. Le nostre risate e gli schizzi a perdersi nel cielo che si tingeva di rosso.

Quando Chirone ci chiamò per la cena, l'orizzonte era ormai blu e le nuvole rosa erano scomparse per lasciare posto alle prime stelle. Dopo aver mangiato ci sdraiammo a pancia in su sull'erba. In quelle sere d'estate, la volta celeste era un'esplosione di puntini luminosi, tanto che era quasi impossibile trovare un angolo di cielo privo di stelle. Nonostante la visione suggestiva, ben presto persi interesse per gli astri e mi voltai verso Achille. Il suo volto era fermo e concentrato, lo sguardo acceso nello scrutare il cielo notturno. Era passata una settimana dalla notte in cui ci eravamo scoperti per la prima volta, animati da un sentimento del tutto sconosciuto; un desiderio ardente e incontrollabile, che ci aveva avvolti lentamente trascinandoci in un tripudio di emozioni e sensazioni di cui fino a poco tempo prima ignoravo totalmente l'esistenza. Quella notte avevo imparato a misurare il tempo dai nostri respiri e lo spazio dai centimetri di pelle che ci separavano. Eppure, ogni volta che i miei occhi si posavano su di lui, era come se lo stessi guardando per la prima volta, come se dovessi riscoprire tutto da capo. La sua bellezza mi stupiva continuamente, mi ammaliava e inibiva i miei sensi, come quelle erbe particolari e pericolose da cui Chirone ci raccomandava sempre di stare alla larga. Chiunque era in grado di indovinare con una sola occhiata che Achille non era un semplice uomo. La sua natura divina era parte integrante del suo essere ed era evidente in ogni cosa che faceva. Nei suoi movimenti eleganti e precisi, nel suo atteggiamento tenace ma composto, nel sua eloquenza, nel suo fisico possente e nel volto armonioso, coronato dai suoi bellissimi ricci dorati. Ovunque andasse, lo sguardo di tutti i presenti veniva immediatamente catturato dalla sua figura, come un oggetto metallico lo è da una calamita. Per tutti Achille era come un dio, un eroe meritevole di stare nell'Olimpo. Io nient’altro che un comune mortale, che non aveva nulla a che fare con lui: un’ombra invisibile, trascurabile e fastidiosa. Molte volte mi ero ritrovato a pensare che in fondo Teti avesse ragione. Io non meritavo Achille. Non ero alla sua altezza e mai sarei potuto esserlo. Non riuscivo a capacitarmi di cosa trovasse in me, un giovane gracile che a malapena sapeva impugnare un bastone, minuto e nemmeno di così bell’aspetto. Eppure mi bastava uno suo semplice sguardo o un breve gesto insignificante – il sorriso spontaneo che gli affiorava sulle labbra quando i nostri occhi si incrociavano per sbaglio, le nostre mani che si cercavano nel buio prima di addormentarci – per dissolvere ogni mio dubbio e insicurezza. Achille ed io eravamo opposti ma inseparabili, come la spada e lo scudo. Sapevo che avrebbe sempre avuto bisogno di me, proprio come io di lui.Ciò che pensavano gli altri non aveva alcun valore.

Dimentico della lezione e del nostro maestro, mi avvicinai ad Achille: un movimento impercettibile, un fruscio nell'erba. Percorsi rapidamente con gli occhi il suo corpo muscoloso, ammirando il gioco di ombre che la luna gettava su di lui, ammaloato. Ero sul punto di sfiorare il suo collo con le mie labbra, quando la voce calma e composta di Chirone mi riportò al presente. Mi ritrassi da lui come la corda di un arco non appena viene scoccata una freccia. Il mio volto dello stesso colore delle fiamme del falò alle nostre spalle.
«Dunque, elencatemi le costellazioni che avete trovato.» Il mio sguardo saettò subito verso l'alto. Ero certo che Chirone si fosse accorto che quella sera l'oggetto della mia attenzione era tutt’altro che il cielo notturno. E non mi sbagliavo.
«Patroclo, vuoi iniziare tu?»
La sua voce, profonda quanto l’eco di una montagna, giunse al mio orecchio affilata come una lama. Fui preso dal panico. Non potevo in nessun modo farmi trovare impreparato. Del resto ero io tra i due il più portato per l'astronomia.
La mia mente passò velocemente in rassegna tutte le costellazioni studiate in quei mesi, con scarsi risultati: i miei occhi, rimasti impigliati in Achille per tutta la sera, si trovavano ora disorientati in mezzo a quella distesa infinita che si apriva sopra la mia testa, e correvano a destra e a sinistra senza sapere dove posarsi. Tanto valeva tirare a indovinare. Incerto, indicai un gruppo di stelle alla mia destra.
«Allora, quella è… ehm…»
«Quella è la costellazione di Orione.»
La voce ferma di Achille mi interruppe prontamente. «Accanto si trova quella del Toro e laggiù quella dei Gemelli. Sono stato io a distogliere Patroclo dallo studio degli astri. Gli ho fatto domanda e l'ho distratto. Mi dispiace.»
«Molto bene, Achille» rispose Chirone annuendo brevemente. «Ma gradirei una maggiore attenzione durante le mie lezioni. Che non ricapiti più. Siamo intesi?» aggiunse, lanciando un’occhiata fugace e spazientita, ma priva di rimprovero, nella mia direzione.
«Certo, Chirone.»
«Non accadrà più.»
Tirai un sospiro di sollievo e mi voltai verso Achille, per ringraziarlo silenziosamente. Ci scambiammo un sorriso complice, trattenendo a stento una risata. Lessi nel suo sguardo che aveva capito di essere la causa della mia distrazione, e sapevo che in parte se ne compiaceva. Abbassai il volto imbarazzato e benedì gli dei per l'oscurità che nascondeva le mie guance rosse. Mi sdraiai di nuovo, l'erba fresca e sottile che mi solleticava la pelle. Tesi le orecchie per ascoltare la natura che ci circondava. Il lieve crepitio del fuoco che saliva verso il cielo in alte volute di fumo, il canto delle cicale nel sottobosco, lo scorrere calmo del fiume sotto di noi… Avrei voluto che Achille avesse la sua lira lì con lui per accompagnare quell'insieme di suoni con la melodia armoniosa del suo canto. Riuscivo quasi a sentire la sua voce risuonare intorno a noi, scivolando cristallina sulla musica come l'acqua di una cascata sulla roccia. Nella penombra che ci avvolgeva sentì la sua mano sfiorarmi una guancia. Chiusi gli occhi e mi abbandonai a quel tocco caldo e gentile.
Quando percepì le sue dita lasciare il mio volto, appoggiai la mano sulla sua per trattenerla ancora un po'. Volevo imprimere quella carezza sulla mia pelle, come l'inchiostro sulla carta, come una bruciatura che non reca alcun dolore. Volevo che non mi lasciasse mai.
Mi sentivo incredibilmente leggero, come se il mio corpo fosse diventato d'un tratto di piume. Ero rilassato, spensierato: ebbro di amore e felicità.

Quelle sere passate insieme sul Monte Pelio sono tra i ricordi più preziosi che conservo dentro di me. Le parole sussurrate all’orecchio e le risate fragorose; l'odore degli alberi e il profumo dei suoi capelli. Il luccichio candido delle stelle e il bagliore dei suoi occhi; la brezza fresca della notte, e il calore del suo corpo addormentato al mio fianco. Se mi concentro, riesco ancora a percepire il suo addome alzarsi e abbassarsi al ritmo regolare del suo respiro, scandendo le ore diurne e cullandomi nel sonno. Ecco, erano i momenti come quelli che me ne davano l'assoluta certezza. Non importava cosa sarebbe accaduto il giorno dopo, o fra dieci anni ancora; non importava quale fato avevano tessuto per noi le Moire, o quali avversità avremmo dovuto affrontare.

Noi eravamo l'uno il tutto dell'altro.

Nemmeno l'eternità avrebbe potuto dividerci.

   
 
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