Sfogo senza pretesa
alcuna, riflessione di una mente troppo affollata.
Nata dopo una notte di
sonno profondo e una mattina di malinconia pura.
Non ha destinatario, né
mittente, né obbiettivi.
Citazione finale dalla
canzone di Natasha Bedingfield, Unwritten, che dà il titolo alla shot.
~ Unwritten ©
Arianna sedeva nel banco
davanti a me al liceo.
Era quella che mi
sorrideva sempre, che mi teneva la mano quando ridavano i compiti di matematica
e i nostri voti erano sempre i più bassi.
Arianna non era la mia
compagna di banco, ma era come se lo fosse.
Sapeva sempre trovare un
lato positivo in tutto, scuoteva i riccioli e sorrideva, facendoti ritrovare la
speranza.
Ultime in ordine
alfabetico, accomunate da sfortune per lo più simili, una identica
fissazione per pennarelli e penne colorate, una vera e propria passione per il
non ascoltare le lezioni di matematica e fisica, che tanto il risultato era
sempre lo stesso.
Arianna disegnava,
disegnava così bene che in arte aveva sempre il suo 10 pulito
e più che meritato, disegnava in un modo che mille volte le abbiamo chiesto
perché aveva fatto un liceo scientifico e non un artistico. Lei mi rimproverava
e mi diceva che lo scientifico, per quanto lo odiasse, era la cosa più giusta
da fare.
Faceva sempre la cosa giusta anche se magari non le piaceva.
Studiava e si presentava
sempre alle interrogazioni, anche quando magari avrebbe
voluto non venire.
Non aveva voti altissimi,
ma era un esempio per me.
Arianna ha dato l’orale di
maturità il mio stesso giorno, nervose entrambe l’ho
salutata appena quella mattina di luglio.
Preso il diploma non l’ho
vista per tre mesi, senza sapere niente di come le andava la vita, e mi
dispiaceva.
L’ho rincontrata ad un
funerale e non era per il defunto che aveva il suo bel viso spento.
Mi ha parlato sottovoce,
cercando di non urlare dalla rabbia, perché il suo mondo sta scomparendo piano
piano e lei non sa come fermarlo.
Aveva un fidanzato da due
anni, l’ha tradito.
Aveva un sogno fin da
bambina, l’ha distrutto.
Aveva tanta voglia di
spaccare il mondo, l’ha persa e non sa
come ritrovarla.
L’ho abbracciata e ho
cominciato a chiedermi perché.
Perché?
Cos’era cambiato nell’arco di un estate?
Il dolore nei suoi begli
occhi verdi non l’avevo visto mai.
Mi ha parlato piano della
sua vita e dei suoi insuccessi, ma non è questo che mi fa pensare.
Avere tutto e non avere
niente, forse è davvero la stessa cosa.
Facce diverse di una
stessa medaglia che gira, gira nell’aria senza mai fermarsi, senza mai cadere
su un pavimento, una mano.
Ma quanto costa lanciare
in aria quella moneta?
Quanto è difficile sfidare
la sorte e dirsi che, non importa il risultato, in qualche modo si andrà
avanti?
Dicono che non sia la
meta, ma il viaggio la cosa più importante.
Dicono che sbagliando si
impara.
Che soffrire fortifica.
Che cadere serve a rialzarsi.
Nessuno dice però quanto
male fa.
Nessuno ti assicura che ci
sarà qualcuno che ti aiuti a rialzarti.
Nessuno è mai pronto a
dirti “conta su di me, io ci sarò”.
A quel punto mi guardo
allo specchio e sorrido sarcastica al mio riflesso.
Mi dicono che sono troppo
acida e mi chiedono perché.
Mi dicono che non ho fede
in nulla all’infuori di me stessa e che sbaglio, che dovrei credere.
Mi chiedo se non farò
anche io la fine di Arianna, presto o tardi.
Lei che aveva tutto e che
ora non ha niente, tre mesi e una vita che si ribalta.
Lei che mi sorrideva
sempre e che ora non riesce più a sorridere sincera.
Avrei voluto dirle che
sarò io quella mano tesa verso lei, ma non l’ho fatto perché sarebbe stato
ipocrita.
Credo in lei e so che
probabilmente ce la farà da sola, molto meglio di come potrei mai fare io.
Scuoto la testa pensando
che, al posto suo, avrei già fatto qualche sciocchezza.
Ascolto una canzone alla
radio e il sorriso si fa più sincero.
Magari andrà bene, sia per
me che per lei.
Magari questa malinconia
passerà e il sole splenderà di nuovo.
Ma la tempesta, la
tempesta l’abbiamo attraversata e, per quanto machiavellico possa sembrare,
l’abbiamo amata.
Ci siamo cullate tra le
sue onde, beate dei suoi tuoni, lustrate gli occhi sulle sue vittime.
Vittime anche noi, certo,
ma devote ammiratrici della sua potenza incontrastata.
Amiamo la tempesta e la
viviamo serene, cercando di dare al mondo un’immagine di tranquillità.
Moriremmo, pur di vivere
davvero qualcosa di così intenso.
Alea iacta est, disse Cesare. [Il dado è tratto]
Carpe diem,
qualche altro latino importante. [Cogli l’attimo]
Ma è Seneca che abbiamo
sempre amato: Vita, si uti scias, longa
est. [La vita, se sai come usarla, è lunga]
Viviamo alla giornata,
senza futuro e senza passato.
Cerchiamo il presente come
se fosse l’unica nostra ancora di salvezza.
Sogniamo una vita che non
avremo, per poter sperare ancora.
Staring at the blank page
before you
Open up the dirty window
Let the sun illuminate the words that you could not find
Reaching for something in the distance
So close you can almost taste it
Release your inhibitions
Feel the rain on your skin
No one else can feel it for
you
Only you can let it in
No one else, no one else
Can speak the words on your lips
Drench yourself in words unspoken
Live your life with arms wide open
Today is where your book begins
The rest is still unwritten
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Ed è tutto.
Arrivederci a presto,
Trix