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Autore: PattyOnTheRollercoaster    10/09/2009    1 recensioni
Abbiamo lasciato Ellen con un'importante decisione da prendere. Che cos'avrà scelto? Seguire l'amato Murtagh e tradire Eragon, oppure abbandonare il sentimento, lasciarselo alle spalle e continuare a combattere per la libertà di Alagaesia?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato Presente & Futuro'
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Capitolo due: Il sospetto di Arya

Quando Ellen ebbe mangiato e soprattutto bevuto a volontà, Arya incominciò a fargli il terzo grado, accompagnata dal sovrano del Surda Re Orrin, Nasuada e il capo degli Urgali, Nar Garzvogh. La ragazza raccontò per filo e per segno tutto quello che avevano accordato di dire con Galbatorix e Murtagh, e sembrava che tutti avessero creduto alla sua storia.
“Come sei fuggita?” chiese incredulo Re Orrin.
“Credo che stessero per portarmi da Galbatorix ma mentre vi stavamo andando sono riuscita a liberarmi. Ho preso la mia spada e sono riuscita a scappare” disse Ellen. “Poi … sono venuta qui”.
“Le prigioni di Galbatoix sono divenute poco sicure” osservò Nasuada. Ellen si guardò le mani con po’ di rimorso.  
“O forse sei tu che hai una grande esperienza nelle evasioni” sussurrò Arya all’orecchio di Ellen. La ragazza le sorrise debolmente. Erano ore ormai che stavano lì, e ad un tratto l’elfa disse, alzandosi: “Io credo che sia meglio che Ellen si riposi. Se volete farle altre domande potrà rispondere domani”.
“Si, certo” disse Nasuada agitando una mano. Ellen e Arya si congedarono dai vari sovrani e l’elfa accompagnò Ellen alla sua tenda.
Quando entrarono l’elfa indicò la piccola branda nella quale Ellen dormiva prima di fuggire con Murtagh, e disse: “Puoi dormire lì. Non ho neanche avuto il tempo di disfare il tuo letto che sei già ritornata” disse sorridendo.
“Grazie Arya” disse Ellen e, in un impeto di gratitudine, dovuta non solo alla branda, si lanciò addosso all’elfa stringendola in un abbraccio. Arya la strinse a sua volta e dopo la fece sdraiare, rimboccandole le coperte come ad una bambina.
“Dormi Ellen, che ci aspettano giornate faticose” sussurrò, ma Ellen non la sentì, era già addormentata.

“Eragon!”.
“Ellen!” esclamò stupefatto il Cavaliere saltando giù dal dorso di Saphira e correndole incontro. La abbracciò forte, per lungo tempo, poi si scostò da lei, ancora incredulo. “Ma come … cosa ci fai qui? Credevamo che ti avessero rapita, o peggio!” disse frettolosamente.
Dietro di lui Saphira si agitò leggermente e ruggì forte di gioia. Ellen! E’ bellissimo rivederti.
  Anche per me Saphira. Dovete raccontarmi tutto quello che è successo mentre non c’ero. Poi, notando che altre due persone stavano scendendo incerte dalla groppa di Saphira, che si era gentilmente accucciata a terra per non farli saltare, chiese: Chi sono quelle persone?
  Sono i parenti di Eragon, rispose prontamente la dragonessa.
“Davvero?” chiese stupita Ellen sorridendo. “E che cosa ci fanno qui?” chiese cercando di osservarli meglio.
“E’ una storia lunga” rispose il ragazzo. “Meglio che ci sediamo a mangiare qualcosa, qui siamo tutti affamati!”.
Così, mentre un buon pasto veniva consumato, Eragon raccontò di come suo cugino Roran avesse mosso l’intero villaggio di Carvahall per andare a cercare la sua fidanzata Katrina, e di come fossero arrivati proprio durante la Battaglia nelle Pianure Ardenti. Dopodiché, di come fossero andati fino alla tana dei Ra’zac, e ne avessero ucciso uno nell’intento di salvare Katrina.
“Uno purtroppo ci è sfuggito, ma sta’ sicura che appena lo ritroveremo lo ucciderò con le mie stesse mani” disse Eragon, addentando con ferocia del pollo, come se l’unico colpevole di tutta quella faccenda fosse l’ormai defunto animale.
Ellen invece raccontò tutto quello che aveva già detto quando era tornata all’accampamento, ed Eragon restò molto impressionato dal suo racconto.
Quando ebbero finito di mangiare rimasero a lungo attorno al tavolo a chiacchierare assieme a Katrina e Roran. Ellen trovava entrambi molto simpatici, ma soprattutto Roran, però sospettava che Katrina stesse ancora cercando di riprendersi dalla prigionia.
Infatti così era: la ragazza era rimasta molto turbata dalle ultime settimane vissute, ma considerato tutto quello che aveva passato se la cava egregiamente. In più adesso con lei c’era Roran, e sentiva che non lo avrebbe lasciato mai più, a qualsiasi costo. Si sentiva protetta, al sicuro, era certa che nessuno avrebbe mai più potuto ferirla in qualche modo se era con lui.
Rimasero a parlare fino al tardo pomeriggio, ma ad un tratto Katrina disse: “Scusate, non è che potrei andare a rinfrescarmi un po’?”. Si alzò lentamente dalla sedia e guardò tutti in cerca di indicazioni su dove andare.
“Ma certo” disse subito Eragon.
“Ti accompagno io” disse Ellen alzandosi. Condusse Katrina alla sua tenda e poco dopo portò una tinozza che riempì d’acqua. Diede a Katrina del sapone, un asciugamano e andò a prenderle uno dei suoi vestiti. La corporatura di Katrina era diversa dalla sua, perché Ellen subiva molto sul fisico la sua discendenza elfica, e così era sottile e longilinea, mentre Katrina era più morbida di forme. “Provati questo quando avrai finito.” le disse esitante, “Credo che ti starà, anche se io sono praticamente uguale ad un ramoscello secco”.
“Grazie mille” disse Katrina prendendo l’abito e posandolo sulla branda. Ellen stava per uscire, quando notò che Katrina aveva un taglio su una spalla.
“Katrina, hai per caso qualche ferita?” le chiese esitante.
“Oh … nulla che non possa guarire in fretta” disse lei abbassando lo sguardo.
“Non ti preoccupare, ci penso io. Non vedo perché farti penare tanto” disse Ellen avanzando verso di lei. “Non preoccuparti, non farà male. Forse sentirai un po’ di pizzicore” disse posandole le mani sulla spalla ferita. Pronunciò la formula nell’antica lingue e in meno di un minuto il taglio era completamente sparito.
“Grazie” disse Katrina toccandosi la spalla appena guarita.
“Di nulla. Possiamo controllare che non ci sia altro”. Ellen si avviò verso la porta della tenda e la chiuse alla bell’e meglio. “Non preoccuparti, non entrerà nessuno” disse in risposta allo sguardo incerto di Katrina. La ragazza si tolse il vestito e rimase con la sottoveste di seta, piuttosto rovinata e sporca. Ellen prese a curare lentamente, con pazienza, tutte le piccole ferite che aveva sparse per il corpo, e alcuni ematomi più o meno gravi.
“Ti prego Ellen, non dire a Roran di tutte queste ferite. Non farebbe altro che preoccuparsi inutilmente, ed è già così stressato!” disse ad un certo punto Katrina.
“Non preoccuparti, non dirò nulla” disse Ellen concentrata. “Comunque hai fatto bene a curarti. Adesso che sei assieme al tuo fidanzato non vorrai farti vedere tutta rovinata” disse rivolgendo un sorriso alla ragazza, seduta sul letto con una gamba stesa a farsi curare. Katrina arrossì violentemente.
“Non siamo ancora fidanzati, ma vorremmo sposarci presto. Roran voleva che ci sposassimo non appena avrebbe avuto abbastanza denaro per costruire una casa e comprare tutto l’occorrente per vivere assieme, ma ora …” Katrina lasciò la frase in sospeso.
“Potete ancora sposarvi” osservò Ellen corrucciando le sopracciglia, lo sguardo ancora posato sulla ferita di turno.
“Lo vorrei tanto! Ma di sicuro Roran prima vorrà essere … vorrà essere stabile”.
“E’ impossibile ora come ora essere stabili” osservò Ellen con voce dura. “Siamo in guerra, e nessuno sa quanto ci resteremo”, e lì troncò il discorso. Alzò lo sguardo verso Katrina, che pareva impegnata in un conflitto interiore, così continuò: “E’ solo un’opinione, ma … forse, potreste anche sposarvi ora”.
“E’ quello che speravo anch’io!” disse subito Katrina.
“Dovete approfittare dei momenti che avete” disse Ellen. “Ogni giorno rischiamo di perdere tutto. E’ ora che Roran lo capisca, e si decida a chiedere la tua mano. Sono sicura che ti ascolterà. Per quanto possano sembrare dei duri, la maggior parte degli uomini si nascono dietro all’apparenza” disse Ellen con un ghigno ricordando i due diversi aspetti di Murtagh, quando erano soli e quando invece voleva fare impressione su qualcuno.
“Pare che tu te ne intenda” disse Katrina sorridendo. “Scusami se te lo chiedo, ma … tu ed Eragon … insomma …”.
“Cosa? No, no, niente del genere. Eragon è mio grande amico, abbiamo passato assieme molti momenti da quando è partito con Brom”.
“Oh, scusa, è solo che vi ho visti così affiatati” bisbigliò Katrina.
Dopo che ebbe finito di guarirle le ferite la lasciò sola, e tornò da Eragon. Lo trovò assieme a Saphira, seduti su una piccola collina al limitare dell’accampamento.
  Ciao, disse non appena arrivata.
  Ciao. Allora come va?, chiese Eragon guardandola sedersi affianco a loro.
  Mah, bene. E voi? Cioè, tralasciando le battaglie e tutte quelle cose lì.
  Non è che si possano proprio tralasciare, osservò Saphira.
  E’ vero … 
Eragon tossicchiò e guardò Ellen di traverso. Era da quando l’aveva rivista che si faceva una domanda: doveva dirle di Murtagh? Lui non sapeva che Ellen lo aveva visto. Per quanto ne sapeva lui Ellen lo aveva inseguito e poi era stata catturata, ma non era sicuro che l’avesse visto combattere nelle file nemiche. Ellen lo guardò con la coda dell’occhio.
“Che c’è?” chiese lei sospettosa. Non era difficile intuire che il ragazzo nascondeva qualcosa.
“Perché?” disse allora Eragon facendo una faccia da finto tonto, che fra l’altro non gli uscì per niente bene.
“Credi che non abbia capito che c’è qualcosa di strano? Che devi dirmi?”.
“Strano?”. Ellen lo guardò con un mezzo sorriso sulla faccia. “Ok, è vero. Ma non è una cosa … piacevole, in realtà” biascicò Eragon.
“Oh” disse solo Ellen. “Va bene … vai. Sono pronta”.
“Lo so che probabilmente non ti va di parlarne ma … si tratta di Murtagh”. Ellen s’irrigidì. “Ecco, la buona notizia è che lui è vivo”.
Ellen sospirò. “Lo so. L’ho visto” disse, cercando di portare quella conversazione ad un livello che poteva controllare. Decise d’inventarsi subito una storia, altrimenti aveva paura che avrebbe detto qualcosa che l’avrebbe tradita in seguito. “L’ho visto mentre se ne andava. E poi un soldato mi ha preso. E’ colpa mia, sono stata una stupida. Pensavo di avere le allucinazioni, o qualcosa del genere, e non mi sono nemmeno accorta di quello là che mi si stava avvicinando”. Ellen abbassò lo sguardo ed Eragon le circondò le spalle con un braccio.
“Non credo che l’abbia fatto di proposito. E’ possibile che Galbatorix abbia scoperto il suo vero nome” la rassicurò.
“Lo so”. Ellen teneva lo sguardo basso. La tentazione di raccontare ogni cosa era fortissima, ma poi si disse che forse Murtagh aveva ragione, forse avrebbe solo finito per ingarbugliare di più quella situazione, che era già complicata di per sé.
All’improvviso Ellen si alzò e salutò Eragon, lasciandolo assieme alla dragonessa. Si allontanò con sguardo risoluto e senza voltarsi s’incamminò verso l’accampamento.
  Secondo te dov’è andata?, chiese Eragon a Saphira.
  Non ne ho la minima idea. Non preoccuparti troppo però, non sembra così triste.
  Già. Strano, no?

Murtagh ed Ellen stavano distesi sull’erba affianco al fuoco che scaldava, lo sguardo rivolto alle stelle. “Oggi Eragon mi ha detto che eri uno di soldati di Galbatorix” disse la ragazza.
“E tu cos’hai risposto?” chiese lui scoccandole un’occhiata di traverso.
“Che lo sapevo già. Perché ti avevo visto prima di essere catturata”.
“Bene”.
Restarono in silenzio per un po’. Parlare era diventato difficile, e Murtagh pensava che fosse solo colpa sua. Lo sapeva anche lui di essere cambiato, era più intransigente, era sempre di malumore, ma per fortuna Ellen riusciva a rallegrarlo un po’. Era stato felice durante le settimane passate alla corte di Galbatorix, ma non erano durate quanto sperava.
Murtagh sospirò, ed Ellen si girò verso di lui. “Che c’è? Sta andando tutto perfettamente, nessuno ha sospettato nulla, te lo posso assicurare”.
“Mi dispiace che sei rimasta coinvolta in questa faccenda. Ora Galbatorix ti conosce e …”.
“A quanto ho capito mi conosceva anche prima” disse Ellen con un sorrisetto.
“E’ vero. Mi ha letto nella mente non appena mi hanno portato da lui, e io non ho saputo resistere. Sembrava così forte da non potergli resistere. Se mi fossi impegnato di più …” disse Murtagh con amarezza.
“Non è colpa tua.” lo interruppe subito Ellen, “Stiamo parlando di Galbatorix, non dovresti dimenticarlo”. Presa da uno sprazzo di buon umore Ellen si allungò su Murtagh e lo baciò sulle labbra. “Però che bello esserci ritrovati, non è vero?”.
“Ah questo si!” esclamò Murtagh voltandosi verso di lei. “Sai, non mi stupisce quello che mi hai raccontato, su Brom e sulla regina Islanzadi che sarebbe tua madre”.
“Perché?”.
“Perché doveva pur esserci una spiegazione per la tua forza, la resistenza. Tu riuscivi a parlare con Saphira, e hai usato una potentissima magia per spezzare la rosa dei nani, ma poi non ti è successo niente, sei soltanto svenuta. Chiunque altro che non fosse un elfo sarebbe morto. Tutte queste cose ora si spiegano” disse Murtagh.   
“E’ vero, l’ho pensato anch’io quando Islanzadi me l’ha detto. Però è già da un po’ che non sono più così forte come quando sono stata ad Ellesmera. Lì era diverso, mi sentivo … hm, rinvigorita” osservò Ellen. Era vero, da quando aveva lasciato la città degli elfi tutta la forza che le sembrava di aver acquistato era svanita nel nulla.
“Non che me ne intenda, ma forse la vicinanza della tua terra ha agito come … marcia in più, diciamo” tentò Murtagh.
“Può darsi” mormorò Ellen pensierosa, guardando altrove.
Murtagh la guardò negli occhi, mentre il suo sguardo era rivolto da tutt’altra parte. Un calore piacevole lo invase alla vista dei suoi occhi color della notte, profondi come il cielo. Senza preavviso prese a baciarla e si distese su di lei, prendendole una gamba e portandosela al fianco. Ellen, inizialmente presa alla sprovvista, si riebbe e cominciò a tracciare con le dita dei disegni immaginari sul petto di Murtagh poi, trovando i lacci della camicia, li slacciò. Murtagh si tolse velocemente l’indumento, poi riprese a baciarla con ardore. Con le mani sfiorò i suoi seni e poi cominciò a slacciarle la camicetta con movimenti febbrili.
Si chinò su Ellen e la guardò fisso negli occhi. “Ellen …” mormorò sorridendo mentre le scostava dal viso una ciocca di capelli corvini.

“Ellen!” esclamò Arya vedendola rientrare alla tenda ad un’ora così tarda.
“Oh, ciao. Sei ancora sveglia?” chiese la ragazza con voce innocente sedendosi sulla sua amaca.
“Anche tu sei sveglia. Dove sei stata?” chiese con fare sospetto.
“Mah … a fare un giro” disse mentre toglieva gli stivali.
“Nell’accampamento?”.
“Hm …” rispose lei vaga.
“Ma non è un po’ … insomma, deprimente?” chiese l’elfa.
“Affatto. Vai a farci un giro anche tu. Gli abitanti di Carvahall sono molto simpatici” disse Ellen con un sorriso. Si sdraiò, coprendosi e dando le spalle ad Arya. “Buonanotte” disse.
Leggermente interdetta, Arya se ne andò a dormire. In cuor suo non credeva che gli abitanti di Carvahall fossero così simpatici, ma il giorno seguente, mentre si recava da Eragon per dargli alcune notizie circa l’avanzata dell’ esercito nemico, si guardò attentamente intorno. Deprimente era l’aggettivo esatto, si disse guardando le tende. C’erano uomini feriti che si lamentavano, pochi animali che infestavano l’aria con il loro odore e il loro richiamo, qua e là vide qualche guerriero che si esercitava, ma nulla di questo servì a metterla tanto in allegria quanto lo era Ellen la scorsa notte. Non la vedo così da quando Murtagh è stato catturato.
Arya si diresse a passo svelto verso la tenda di Eragon ed entrando scorse il ragazzo ancora mezzo addormentato che si rigirava nel letto. Arya sospirò e avanzò nel disordine della tenda, sorrise leggermente alla vista di un Eragon semi-svenuto e poi cominciò a scuoterlo. “Eragon” chiamò dolcemente. Non dava alcun segno di vita, sul serio, poteva benissimo essere morto. “Eragon” esclamò con un po’ più di convinzione.
  E’ inutile, non lo sveglierebbe nemmeno Galbatorix in persona. Una voce giunse alla mentre di Arya.
  Saphira. Buongiorno.
  Buongiorno a te. Non preoccuparti, lo sveglio io.
  Grazie. Arya uscì dalla tenda e rimase fuori ad aspettare, in pochi minuti Eragon uscì, trafelato e con gli occhi ancora gonfi di sonno. “Ben svegliato” disse Arya.
“Ah, grazie” rispose il ragazzo leggermente imbarazzato. “Che cosa c’è?” chiese subito per dissipare l’imbarazzo. Arya che veniva a parlargli e lui dormiva! E non solo, non si era nemmeno svegliato quando lei lo aveva chiamato!
“Un infiltrato ci ha informati che Galbatorix invierà presto altre truppe, dovrebbe essere una notizia abbastanza sicura”.
“Presto quando?” chiese Eragon.
“Fra una o due settimane. Nasuada lo annuncerà presto ai soldati … saranno felici di sapere che Galbatorix contava sull’effetto sorpresa, si sentiranno in vantaggio” osservò l’elfa sorridendo.
“Ma da quando abbiamo un infiltrato?” chiese il ragazzo pensandoci su, le mani sui fianchi e le sopracciglia aggrottate.
“Da abbastanza tempo. Non devi dirlo a nessuno capito?”.
“Certo” la rassicurò Eragon annuendo.
“Ok … ah, sai per caso dov’è finita Ellen ieri notte?” chiese improvvisamente l’elfa.
“No, perché?” chiese Eragon facendo segno di no con il capo.
“No niente, è che è tornata tardissimo, e ha detto di essere stata assieme alla gente di Carvahall”.
“Impossibile … io ero assieme a Roran e Katrina. Siamo stati tutta la sera a parlare fuori dalla loro tenda. Non ho visto Ellen nemmeno una volta”.
“Ah, b’è non importa” disse Arya pensierosa. “Devo andare Eragon, Nasuada ha bisogno di me” disse l’elfa salutando e incamminandosi verso la tenda del Capo dei Varden.
“Si …” disse Eragon distrattamente facendole un cenno di saluto. Che strano, osservò rivolto a Saphira.
  Forse è solo andata a fare una passeggiata.
  Si, ma allora perché ha detto ad Arya di essere stata con noi quando non è vero?

Anche quella sera Ellen uscì furtivamente dall’accampamento per andare a trovare Murtagh. Era assolutamente certa che nessuno avesse sospetti su di lei. Dopotutto, a chi poteva interessare se spariva un paio d’ore? C’era sempre talmente tanta confusione che nemmeno si sarebbero accorti che era sparita, pensava fiduciosa.
“Murtagh!” chiamò quando fu arrivata dalle parti dove sapeva il ragazzo si accampava. “Murtagh?”.
“Eccomi!” esclamò una voce cupa. Il ragazzo spuntò da dietro un albero, litigando con un arbusto che gli aveva imprigionato il piede, poi si parò di fronte ad Ellen. “Ciao” disse ad alta voce, poi si avvicinò in fretta e l’abbracciò. Senza farsi vedere, sussurrò all’orecchio della ragazza: “Galbatorix ha mandato uno dei Ra’zac a controllarmi. Non siamo soli”.
Ellen trasalì e si guardò attorno. “Dov’è?” chiese.
“Non lo so, è andato a mangiare circa venti minuti fa”.
“Allontaniamoci da qui”.
“D’accordo”. I due cercarono un luogo dove sedersi e si sistemarono ai piedi di un albero in una piccola radura. “Devi dirmi qualcosa da riferire a Galbatorix” disse subito Murtagh. “Adesso più che mai dobbiamo essere convincenti, ma ricorda di dirmi solo quello che ritieni necessario. Io sarò costretto a dire tutto a Galbatoirx, ma se mi racconti ogni cosa, allora sarà davvero come fare la spia”.
“Quindi ti devo raccontare fatti inutili che sembrano importanti?” chiese incerta Ellen.
“Esatto … vai”.
“Allora … ad esempio … hm, digli che le truppe sono poco preparate e abbastanza ostili ad un'altra battaglia, che Nasuada non è capace di gestire i suoi uomini, e le sue alleanze con gli altri popoli stanno cedendo”. Aveva detto un sacco di bugie ovviamente, ma le venne in mente che, se Galbatorix avesse creduto che il nemico era debole e poco motivato, forse li avrebbe sottovalutati abbastanza da permettergli di vincere un’altra battaglia. Però doveva anche essere veritiera, così continuò: “Digli anche che però Eragon allena le truppe ogni giorno su ordine di Nasuada, e che man mano che il tempo passa stanno diventando più forti e organizzati”.
“Hem … ok, se lo dici tu” disse incerto Murtagh. Improvvisamente sentirono un fruscìo nella radura. “Forse è meglio che tu vada, con quel Ra’zac in giro dobbiamo essere attenti” disse Murtagh alzandosi e porgendole una mano. Ellen la prese e si tirò su, e Murtagh la strinse in un abbraccio.
“Ci vediamo” gli disse la ragazza.
“Ok”. Murtagh la liberò ed Ellen si diresse fuori dal bosco.
Al suo passaggio si sentivano le foglie secche scricchiolare e i cespugli muoversi. Ad un tratto un suono reso ovattato dalla lontananza attirò Murtagh. Sentì qualcuno esclamare: “Ellen! Aspetta!”. Un grido, e poi più nulla.
Il ragazzo restò per un secondo incerto sul da farsi, preoccupato. Non sapeva se doveva andare a cercare Ellen a causa di quel grido, ma forse non le era successo niente, forse era caduta e basta, e non era il caso di farsi vedere o di rischiare di essere riconosciuto. Al diavolo!, pensò. “Ellen!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Qualcosa lo colpì sulla nuca e lui svenne.




Oh Dio che cattiva! Vi lascio con questo finale così... ambiguo! O.O Ellen che grida, Murtagh che sviene! E poi, povera Ellen, tutta sicura di non destare sospetti e invece tutti sospettano di lei! XD B'è, comunque sia, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! ^^

KissyKikka: waaa! Speravo di ritrovarti fedele donnah! XD L'analogia fra i titoli è addirittura geniale! Me arrossisce per i complimenti. Comunque, ben presto verrai a conoscenza delle oscure trame della mia mente, spero che questo capitolo ti sia piaciuto! ^^

Un grazie a chi legge, a chi mette la fic fra Preferite o Seguite, e poi direi basta. Un saluto a tutti, by
Patty.
   
 
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