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Autore: crazyfred    28/10/2022    2 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 20


 


La sedia dell’ufficio su cui Maya sedeva tutti i giorni per 8 ore sembrava scottare. Aveva inviato l’articolo ad Elena quella mattina alle 6, e solo perché il suo cellulare le aveva segnalato la deadline a 5 minuti dallo scadere, dopo una notte insonne passata a leggerlo e rileggerlo, a correggere fino all’ultima virgola. In quei momenti, quando anche un segno della punteggiatura le faceva venire dubbi, le avrebbe tanto fatto comodo avere un Alessandro Bonelli al suo fianco che la rassicurasse, che le dicesse che andava bene così o che i suoi erano dubbi infondati.
Ma quello non era più il momento di cercare appoggi: lo sapeva Alessandro che l’aveva scelta per andare alla serata e lo sapeva lei che aveva dovuto scrivere l’articolo. Non era stato facile gestire la serata, e non certo per le vecchie conoscenze: quelle le aveva sistemate in quattro e quattr’otto ed era andata avanti; Giangi le aveva fatto incontrare, prendendola alla sprovvista, nientepopodimeno che David Lachapelle in persona, conversandoci amabilmente e condividendo drink e canapé. L’esperienza più assurda e incredibile della sua vita.
Si era ritrovata ad aprire Word sul pc e a chiedersi, di fronte a quella pagina bianca e alle dita che sfioravano la tastiera, cosa ricordava di quella serata in cui aveva preso pochi appunti sul luogo e di cui aveva messo insieme poche memorie a caldo appena tornata a casa. Prima di scrivere anche solo una frase pensò a cosa voleva raccontare, non solo della serata ma anche di sé come … beh qualsiasi cosa fosse in quel momento. Non era una blogger, non era un’esperta d’arte, né tantomeno una giornalista. Sapeva solo che quel mondo di cui stava per raccontare l’ennesima serata mondana, nascosta dietro un pretesto culturale, lei lo aveva vissuto e ora lo osservava con uno sguardo compassato e critico, e poi che doveva raccontare anche della mostra, nella speranza che a qualcuno dei lettori venisse l’idea di andare a vederla di persona.
Non era affatto sicura del lavoro svolto, era convinta che sarebbe stata licenziata prima ancora che scadesse il termine delle sue dimissioni e come se non bastasse proprio quella stessa mattina c’erano due ragazzi seduti nel salottino all’ingresso, in attesa di entrare a colloquio da Alex per prendere il suo posto. Non aveva cambiato idea, pensava ancora che fosse la soluzione migliore per entrambi: semplicemente, a due settimane dal giorno x, ora iniziava a diventare tutto più reale.
“Maya fai entrare il primo candidato” la voce metallica di Alex le comunicò in vivavoce.
La giovane, andando all’ingresso, diede con un cenno del capo il lasciapassare ad una ragazza in un’improbabile gonna lunga a quadri, t-shirt e scarpette di tela. “Qualche consiglio?” le domandò, ansiosa. “No” rispose Maya, telegrafica.
Non voleva essere stronza, ma quella mattina non era in vena di convenevoli e generosità, voleva solo sapere di che morte doveva morire per mano di Elena prima e di Alessandro poi.
“Sono i papabili nuovi te?” le domandò Alice, entrando nell’anticamera dello studio Alex dopo pochi minuti dall’inizio del primo colloquio, per portare della posta indirizzata al direttore.
“Mm mm”
“E come ti sembrano?”
“Mah” rispose Maya, scettica “se questo è il meglio che hanno saputo trovare alle Risorse Umane non siete messi benissimo”
“Perché?”
“No, Alice, ti prego, non dirmi che non l’hai vista! Non dobbiamo essere tutti Bella Hadid, ma un minimo di bella presenza dovrebbe essere d’obbligo nella redazione di un giornale che si chiama Roma Glam, anche se fai l’assistente. Mi auguro per lei che abbia un curriculum pazzesco perché di glam non ha niente”
“Lui invece?” chiese Alice, sbirciando verso l’ingresso dove un biondino in completo blu e cravatta rossa aspettava il suo turno.
“Mah… è vestito bene ma sembra un ragazzino appena uscito dal liceo, chissà se ha almeno la patente…”
“Ma che dici?!”
In quel momento la porta dell’ufficio si aprì, Alex strinse la mano alla ragazzotta con la coperta da pic nic al posto della gonna, e Alice si dileguò, per la fortuna di Maya, prima che il capo potesse rimproverarle. Non che ad Alice importasse più di tanto fare una buona impressione dopo quando era successo tra lui e Maya, ma ci teneva a conservare il suo posto proprio per quello: per rompere i maroni alla direzione dall’interno.
 
“Alessandro?”
Elena, la caposervizi della sezione cultura, entrò nell’anticamera con fare minaccioso fermandosi davanti alla sua scrivania. Nel silenzio dell’anticamera, il ticchettio di un tacco che batteva ritmicamente, stizzito, sul pavimento, rimbombava ostile.
“Sta tenendo un colloquio” le disse Maya “se vuoi gli dico che sei passata e oppure ti chiamo quando si libera”
“No non c’è bisogno … aspetto qui. Tanto devo parlare anche con te” le disse, tirando fuori da un portadocumenti un paio di fogli e sbattendoli repentinamente sulla sua scrivania “cos’è sta roba?”
Non c’era bisogno di indovinare né di leggere il contenuto di quei fogli stampati per capire che si trattava del suo articolo. Che sarebbe stato un fallimento lo aveva messo in conto; non solo, aveva avvertito Alessandro di non essere all’altezza da prima di subito, appena l’uomo aveva fatto cenno a quell’idea malsana. Ma essere trattata come avesse commesso un crimine contro l’umanità anche no.
“Una cosa ti avevo detto di fare” le intimò Elena, severa “limitarti a seguire il prompt e attenerti alla brochure che ti sarebbe stata consegnata alla mostra. Troppo difficile?”
“No” rispose con un filo di voce, mortificata, la testa bassa.
“E allora perché non l’hai fatto?”
“Perché … perché io …”            
Maya in testa aveva la risposta pronta, precisa, perfetta. Ma le parole semplicemente in quel momento non riuscivano ad uscire. Lei non era mai stata una che si faceva problemi a rispondere o ad imporre il proprio pensiero, ma in quel momento invece si stava mettendo soggezione di una donna che in due settimane non avrebbe più rivisto e senza un particolare motivo. Avrebbe potuto dirle che il canovaccio che le aveva dato era limitante, che non le andava di scrivere una roba da tipo fill in the blanks come fosse un esercizio preso dal libro di inglese delle scuole medie, perché sebbene fosse una signora nessuno alla prima esperienza, lei una voce e una testa ce le aveva e sapeva farle funzionare benissimo. Poi che l’articolo fosse scritto male ci stava, anzi era la prima a non dubitarne, ma non poteva credere che fosse peggio di quel bollettino di guerra che Elena le aveva proposto di compilare. Eppure tutto questo non riusciva a tirarlo fuori a parole e voce.
“Te lo dico io … perché pensi di poterla passare liscia tanto hai le spalle coperte”
“C’è qualche problema?” Alex aprì la porta del suo studio, congedando il biondino di Eton, come lo aveva immediatamente apostrofato Maya. “Appunto” sussurrò Elena, ma Maya la sentì forte e chiaro “c’è che ho un articolo impubblicabile” gracchiò, passandogli i fogli “roba inventata …”
“Roba inventata? Ma non è vero!” inveì Maya, scattando in piedi; fino a quel momento era stata in silenzio, impaurita di dire la cosa sbagliata e remissiva di fronte a due superiori, anche se ancora per poco.
“Come me la chiami una descrizione di Lachapelle come se fosse il tuo vicino di casa? Pavoneggiandoti di aver avuto con lui un’amabile conversazione, oltretutto ...”
“Prima di tutto non mi sono assolutamente pavoneggiata” Si era sentita fortunata, questo sì, perché mai in vita sua avrebbe pensato di poter conoscere un artista di quel calibro, e forse lo aveva trasmesso involontariamente nel pezzo, ma pavoneggiarsi è un’altra cosa e non è quello che aveva fatto. “Secondo, ci ho parlato veramente, l’hai detto tu che conosco Ludovisi” precisò, rivolgendosi ad Alessandro “e ci ha presentati lui. Il fotografo dell’evento ci ha anche scattato una foto, puoi cercarla se non ci credi.”
“Ci credo, Maya, tranquilla e ci crede anche Elena” la rassicurò Alessandro, fulminando la collega con lo sguardo “adesso tu chiami il fotografo e ti fai mandare le foto dell’evento e fai una prima cernita, e io torno dentro e do un’occhiata all’articolo”
“Ed io?” domandò Elena.
“Tu nel frattempo te ne vai a prendere una camomilla perché non è questo il modo in cui trattiamo i colleghi in questa redazione”
Nella testa di Alex, in realtà camomilla suonava più come Maalox, ma non poteva dirlo ad alta voce. Elena girò i tacchi con l’aria di chi avrebbe voluto obiettare che Maya non era una sua collega ma era consapevole che un commento simile le sarebbe potuto costare il posto.
Dopo una ventina di minuti Alex chiamò Maya all’appello dall’interfono, il tono indecifrabile “Chiama anche Elena e venite qui, subito”
Maya prese un respiro a pieni polmoni, sperando di riuscire a mantenere la calma; quando entrarono, Alex era seduto alla scrivania, impassibile, serio e professionale, i fogli dell’articolo meticolosamente sistemati di fronte a lui. Maya, curiosa di conoscere il responso, iniziò a sbirciare discretamente come una scolaretta e notò diverse correzioni; non si era mai interessata più di tanto a quell’aspetto del lavoro di Alex, e se non fosse stato un articolo scritto da lei, si sarebbe messa a ridere: in un flashback, le sembrò di essere tornata a scuola, con la prof di italiano che segnava tutti gli errori sul lato del foglio protocollo.
“Non rispetta la consegna, Maya, Elena ha ragione…” decretò Alex, le mani giunte sul tavolo di cristallo, imperturbabile.
“Io però ve lo avevo detto che …” Maya partì immediatamente sulla difensiva
“… ma questo non significa che non sia un buon articolo” concluse il direttore, accennando con gli vagamente ad un sorriso che solo Maya avrebbe potuto cogliere “anzi, è più che buono. Ti dirò di più, Maya, era da tempo che cercavo qualcosa del genere per ravvivare la sezione Arte. Certo bisogna un po’ limare la forma, ma niente a cui non si possa rimediare”
Maya abbassò lo sguardo, presa in contropiede dalle parole di Alex, ma soprattutto dall’orgoglio che i suoi occhi verdi e la sua voce calda e sicura trasmettevano. Era quasi sicura che non fosse solo lei a vederli e la reazione di Elena, di fianco a lei, non si era fatta attendere.
“Limare la forma…” ripeté la donna, acida, sbuffando con gli occhi al cielo “eh certo …”
“Problemi, Elena?” Non la guardava. Aveva lo sguardo fisso sul pc davanti a lui. Maya non riusciva a capire se fosse impegnato veramente o lo facesse per non dare importanza alla caposervizi della sezione Cultura.
“No, nessuno”
“Se hai qualcosa da dire dilla, qui siamo tutti adulti e vaccinati”
“Come vuoi … sono anni che giornalisti professionisti ed esperti del settore si fanno il mazzo e non sei mai contento” disse la donna, mantenendo un contegno decoroso e distaccato, ma nello sguardo non riusciva a nascondere la collera “ora invece trovi magicamente la soluzione ai nostri problemi con una ragazza alle prime armi?! Lo so io perché…”
“E se lo sai perché non ci rendi partecipi allora, forza! Non sono un dittatore, puoi dire quello che pensi”
“Perché…perché…perché Maya l’hai voluta tu a tutti i costi per l’articolo e ora non vuoi fare la figura di quello che ha torto. Come se non lo sapessi che rivolterai quell’articolo come un calzino e sarà magicamente perfetto per andare online”
No, era palese che non era quello che intendeva, che nella sua testa la risposta suonava più come perché te la porti a letto o qualcosa del genere e sia Maya che Alessandro lo sapevano; lui si era spinto volutamente così in là con la collaboratrice per vedere se avesse il fegato di dirglielo in faccia, ma prevedibilmente Elena teneva più al suo posto che a dire quello che pensava.
“Ascoltami bene Elena, se ho scelto Maya è perché ritengo che abbia tutte le credenziali per poter fare bene e me ne ha dato conferma. Non è perfetto? Non siamo al Boston Globe e mi risulta che quando sei arrivata qui mettevo la penna anche sui tuoi articoli, quindi un po’ più di umiltà e tolleranza verso chi il mestiere vuole impararlo sarebbe apprezzata. Altrimenti te l’ho già detto, quella è la porta …”
Alessandro era stufo di quel covo di vipere che era diventata la redazione: aveva combattuto per avere i migliori a lavorare per lui e aveva messo in conto di dover gestire diversi galli nel suo pollaio, ma la misura era diventata colma. Non sapeva dire se aveva avuto questa epifania perché avevano messo Maya in mezzo o meno, ma non gli interessava scoprilo: da quel momento in poi si sarebbe fatto come diceva lui.
“Ma l’hai detto pure tu che non rispetta la consegna. Non possiamo mandare online quella roba”
Quella roba, come la chiami te, sta provando ad uscire dagli schemi, parla come il pubblico che ci legge e a me serve questo. È la premessa che vi faccio ogni santa riunione e Maya sembra averla capita senza aver bisogno di dirle nulla. E sarai tu ad aiutarla, non io.”
“Benissimo” concluse la donna, fredda; poi si girò leggermente verso Maya ma senza davvero rivolgerle lo sguardo “allora ti aspetto tra mezzora da me … così proviamo a dare un senso a questo articolo”.
Maya fino a quel momento era rimasta in silenzio, assistendo impotente allo scontro tra i due: le sembrava che più che un litigio professionale a causa sua, fosse in realtà più un gioco di potere, una sottoposta che si ribella all’autorità del capo e lei fosse solo, si fa per dire, la vittima sacrificale. La sua città non era Parigi, il suo quartiere non era Belleville ma Maya Alberici era comunque diventata come Benjamin Malaussène, il protagonista degli unici romanzi che aveva letto veramente di gusto da ragazza: capro espiatorio di professione.
“Mi dispiace…” le disse Alessandro, appena vide Elena uscire dall’anticamera e girare l’angolo.
“Per cosa?”
“Averti messa in mezzo con Elena, aver permesso che dicesse quelle cose … fa l’acida perché le ho negato uno spazio per la sua compagna sul nostro giornale, ma è veramente brava e puoi imparare tanto da lei”
Maya però scrollò le spalle, stranamente serena. “È la punta dell’iceberg di ciò che pensano tutti di me qui … tutti tranne Alice probabilmente. Perciò stai tranquillo. Quando ho accettato di fare questa cosa avevo messo in conto ogni eventuale frecciatina o insinuazione”
Non le faceva di certo piacere sapere che la consideravano una raccomandata, ma la spronava ancora di più a dimostrare il suo valore, mettendo alla prova prima di tutto sé stessa.
“Dimmi solo una cosa” continuò “pensi davvero quello che hai detto su quello che ho scritto?”
“Perché non dovrei?!”
“No … è solo che … temevo che lo dicessi solo per … riconquistare punti”
Alex scosse la testa, incredulo che potesse veramente temere che non riconoscesse il suo valore. “Mi piace molto in modo in cui sei riuscita a fondere la critica alle opere con il racconto della serata mondana”
E poi, più di ogni altra cosa, era intenerito da quella dolcezza e da quella fragilità che di tanto in tanto venivano fuori; si sentiva un privilegiato: quel lato di Maya, riusciva a venire fuori solo davanti a lui.
“Ascolta … ho fatto e detto delle cazzate” le disse, alzandosi dalla poltrona e portandosi di fronte a lei “ma quelle non cambiano di una virgola quello che penso di te e del talento che hai. Capito?”
“Ti ringrazio”
“Questo non significa che il lavoro fosse perfetto: sia chiaro” precisò, riconsegnandole l’articolo con le correzioni “ma per essere il tuo primo articolo scritto da sola ed essendoti avventurata tanto oltre il richiesto …”
“Scusa, non avrei dovuto”
“No, va bene, magari avvertimi la prossima volta”
“Non c’è pericolo … uscito questo benedetto articolo è finita. Io starò qui solo per altre due settimane” puntualizzò e Alex avrebbe volentieri fatto a meno di quel promemoria: due settimane e per continuare a vederla avrebbe dovuto inventare scuse e pretesti e lui era terribile in quelle cose, peggio di suo padre che si era inventato delle riparazioni a casa della vicina per conoscere Maya.
“A proposito, i colloqui?” continuò Maya “come sono andati? Se posso permettermi …”
“Puoi, puoi. Voglio prendermi ancora qualche giorno per pensarci, ma penso che con il ragazzo si possa lavorare bene … quando mi sarò rassegnato a dover ricominciare tutto daccapo” commentò Alessandro, goffamente, grattandosi la fronte.
Maya sorrise a stento, tesa, in imbarazzo: non avrebbe mai dovuto chiedere ma quando era con Alessandro quel muro che aveva provato a ricostruire tra loro si sgretolava miseramente, soprattutto quando i loro occhi si incrociavano e si ricordava dei giorni in cui le aveva fatto battere il cuore. C’era solo un problema: Alessandro, quel cuore, glielo aveva anche ferito e la cicatrice di tanto in tanto le faceva ancora male.
“Devo andare” rispose telegrafica “mi sta aspettando Elena”.




 

Salve a tutti! Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che Maya qui fa uno step ulteriore nella sua carriera e mi sembra che tutto sommato sia andata bene. Certo quello è un covo di vipere ma dimostra che il potenziale per fare bene non manca affatto, anzi.
Per dovere di cronaca David La Chapelle è un artista fotografico realmente esistente e Benjamin Malaussène che ho citato in questo capitolo è il protagonista di una saga di libri francesi, scritti da Daniel Pennac, che mi è molto cara ed è per questo che li ho inseriti. Maya alle prese con la scrittura è un po' me qui, mi rivedo molto nelle sue insicurezze fino alla minima virgola.
Ringrazio chi continua a leggere la storia e chi ha voluto e vorrà continuare a lasciare anche solo un commentino e vi dò appuntamento alla prossima settimana, à bientot
Fred ^_^
   
 
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