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Autore: Alarnis    28/10/2022    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 NdA: mi ero ripromessa di finire questa storia per ottobre, dopo la lunga pausa estiva. Ci siamo quasi ^_^
Ci stiamo avvicinando alla conclusione. Vi ringrazio della lettura!



Le grida isteriche non le si addicevano, quindi quando Zelio spuntò di testa dalla finestra lei reagì lasciando alle altre donne il privilegio di sgolarsi terrorizzate.
Che cosa diamine stanno combinando lassù? si disse arricciando le labbra e, con passi lunghi e distesi decise che l’avrebbe scoperto.
Si fece a spintoni largo tra le guardie, come fosse un uomo ben piantato ma fu solo dopo aver appreso che Gregorio aveva aggredito Zelio, vivo ma ferito, che dichiarò di essere un’esperta curatrice per aver la strada libera. Eugenio le veniva goffamente dietro trascinato per le braccia dalla spinta di Adelberto che sembrava volerlo lanciare come il sasso di una fionda dall’elastico troppo duro.
Più di un soldato li aveva guidati per i corridoi: Zelio era pur sempre il loro capitano e lo preferivano a Gregorio, l’ultimo despota in lizza; così all’apparrenza. Ludovico era chiaro lo davano già per spacciato.
Frenò sulle punte come di fronte ad un precipizio: una battaglia di spade infuriava e Gregorio e Moros la facevano da padroni al centro. Ludovico e i suoi uomini impegnati contro quelli di Rocca Lisia.
“Non l’avevi previsto, vero?” sentì scherzare Gregorio Montetardo mentre cercava di pungolare con la spada Moros. Il giovane spostava la sua da una parte all’altra in maniera scomposta: era stato scudiero ma negli ultimi anni non doveva averla granchè usata. Non c’era un movimento che avesse senso, in confronto con quelli cauti e ragionati di Gregorio che sembrava giocare come il gatto con il topo; per spaventarlo prima che colpirlo.
Un leggero colpetto alla schiena la riscosse. “Non sei una guaritrice?” sottolineò uno dei soldati che l’avevano accompagnata, alitandole con il naso, avanzando rispetto a Eugenio e Adelberto.
“E tu non sei una guardia del castello? Fatti avanti!” gli rispose lei per le rime come dovesse lui darsi da fare e non la sottoscritta che doveva guarire non finire pure lei ferita. Portò la mano aperta dritta, in linea davanti a sé. “Vedi dov’è Zelio? Come ci arrivo, volando?” commentò villana, facendolo tacere. Neppure lui si sarebbe fiondato in mezzo per farle da apripista ed erano già in troppi in quella calca che affollava un corridoio che sembrava un sottobosco brulicante di frenetiche formiche.
Si sentì osservata.
Ludovico! La fissava ma non sembrava arrabbiato. Quella consapevolezza le infiammò le guance.
“Lo so’ ho fatto una stupidaggine!” gridò senza ritegno, ma fu Alberico e non il principe a risponderle. “Chissà perché non sono sorpreso!” la beccò il rosso.
“Ma tu da che parte stai?” rivendicò il soldato che l’affiancava.
“Da quella di Rocca Lisia.” fu breve lei.
“Bhe! Siamo in due!” confermò quello mentre lei scuoteva avvilita il capo in un dondolio di capelli che sembrava il movimento di più di un braccialetto sul polso. “Bravo! Resta indietro!” disse non volendo trovarselo tra i piedi. Lui d’altro canto le ubbidì come aspettasse solo la giusta scusa per defilarsi dalla battaglia.
Al balcone, Zelio rantolò il viso sulla piana, come a sfiammare il caldo che lo soffocava. Fece forza sulla gamba destra malferma che gli dette sostegno e ritornò diritto. Si ripulì la saliva che gli colava sulla barba. A quel gesto,il ragazzino che aveva accanto si distanziò da lui: doveva essere Nicandro senz’ombra di dubbio.
“Malia ti prego aiuta Moros!” invocò Lavinia nel vederla. Era stretta alle braccia da due uomini, che le intimavano di non immischiarsi nello scontro tra Moros e Gregorio, ma al suo riconoscerla un’amica, i suoi carcerieri la lasciarono sgusciare via. Le capitombolò addosso, aggrappandosi ,“Fai qualcosa per lui!”.
“Moros è il tuo di amore, mica il mio!” mise in chiaro. “Da quando da cacciatrice sei diventata cerbiatta?” l’apostrofò inclemente.
Si tolse da quell’abbraccio appiccicoso come se la disgustasse. “Una volta pestavi i piedi superba e viziata ed ora guardati!” disse villana allargando le braccia, indignata come fosse di fronte ad un vestito sgualcito. Lavinia restò basita. Era vero!
“Hai un antidoto?” la soverchiò uno dei soldati di Lavinia.
“E tu hai un nome?” fece di rimando lei, come una madre che ripristina la dovuta educazione: prima le presentazioni.
“Allora?” intervenne insistente anche l’altro compare al seguito della cerbiatta.
“Sei qui in veste di spettatrice o vuoi aiutare?” la interrogò Federico che impegnato nella lotta cercò di metterle fretta.
“Ma perché non siete scappati da dove siete venuti, imbecilli?” sentenzio per tutti. Doveva risolvere lei quella confusione?
“Chi lo sente il taglialegna a fuggire senza Nicandro?” rispose nella foga dello scontro Ludovico.
Malia si portò una mano alle tempie: erano ridicoli.
Moros rivendicò. “Non posso fuggire per sempre!”.
“No, muorici pure qui!” ironizzò lei senza ritegno, in spregio di quel testardo. Testrado sì, ma bellissimo! I muscoli delle braccia sgusciavano dal mantello quando avanzava il braccio per la parata; i lisci capelli sudaticci sfilavano ai lati. Il ciuffo nel guardarla gli scivolò sulla fronte.
Era vero… Era sempre scappato. E in questo erano simili.
“Baltasar!”, “Pss.”, “Insomma, Baltasar, mi vuoi rispondere?”, “Andiamo via!”; anche lei aveva sempre preferito non farsi troppe domande e non rischiare, perciò lo capiva.
Zelio si ripose in piedi, incerto come un morto che si incaponiva a osteggiare la tomba; il viso di un cencio sciacquato male e tra le labbra un biascicare malevolenze verso Gregorio. “Ma…le..det…to!”.
Una mossa ardita di Moros, fece indietreggiare Gregorio, che finì addosso a Nicandro. Gregorio spalle al muro reagì come un elastico. “Gregorio, fermati!” gli si artigliò addosso Nicandro, quasi togliendogli il fiato; abbracciandolo tra spalla e gola.
“Sei a portata di spada!” gridò Moros, mentre Gregorio strattonava le braccia per liberarsi, non riuscendo a colpire il ragazzino, irriducibile a non mollare la presa.
“Moros non colpirlo!” instette Nicandro, frenandone la reazione. “Guardie non intervenite!” lottò di peso con Gregorio. “E’ un ordine!”.
“Guardie!” rivendicò d’altro canto Gregorio ma tra i due Montedardo in una situazione incerta era impossibile scegliere per le guardie.
“Lasceremo Rocca Lisia! E’ un ordine.” dettò Nicandro. “Riavrete il vostro principe!” mise in chiaro ai soldati presenti. “Giammai!” negò Gregorio, ma ormai le spade erano abbassate.
“Quello che meritate.” sentenziò Zelio con una risata gracchiante, in beffa della loro autorità.
“Gregorio non puoi sfidare il destino!”. Nicandro strideva i denti, non smorzando la presa.
“Devi fermarti!” insistette nello stesso momento in cui Gregorio lo scaraventò soddisfatto addosso al muro.
“Ecco il tuo destino!” gioì Gregorio. Lavinia non trovò più voce o preghiere di fronte all’affondo rivolto a Nicandro.
La stessa Malia sentì piedi e braccia farsi pesanti. Davanti a loro, Moros si era lanciato tra Gregorio e Nicandro: le spalle, un muro, a difesa del cugino che voleva proteggere da quella spada che già approvava lo scambio, premendogli sulla schiena.
Moros portò le mani avanti, per mantenere lontano da sé Nicandro. Non dovevano morire in due.
“Godetevi il vostro ultimo abbraccio.” scherzò Gregorio deciso a trafiggerli entrambi.
   
 
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