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Autore: My Pride    28/10/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Every breath you take Titolo: Every breath you take
Autore:
My Pride
Fandom:
Super Sons
Tipologia:
One-shot [ 1710
parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Jonathan Samuel Kent, Damian Wayne
Rating:
Giallo
Genere:
Generale, Malinconico, Sentimentale
Avvertimenti:
What if? Hurt/Comfort
Writeptember:
1. E' la tua vita || 2. Perché perdi ancora tempo con un* come me? || 3. Non essere stupid* || 4. Stelle || Immagine. X è avvolto in una coperta con una tazza di the
 
 

BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Jon riaprì gli occhi e, mugolando, ci mise un secondo di troppo a rendersi conto del peso che aveva contro e si imbarazzò un po’ nel registrare che quel respiro che gli solleticava i capelli apparteneva a Damian.

    Sbatté le palpebre e sollevò un po’ il viso per guardare quello ancora placidamente addormentato del suo migliore amico, seguendo la linea del suo braccio sinistro buttato sulla sua spalla destra che gli cingeva il collo e il modo in cui le gambe erano ancorate al suo bacino, godendosi segretamente la sensazione di quel corpo caldo premuto contro il proprio mentre la luce della lampada illuminava in parte i loro profili. Non aveva esattamente programmato che andasse a finire in quel modo, l’uno abbracciato all’altro nel suo letto e col capo praticamente premuto contro il petto di Damian ad ascoltare il suo battito cardiaco, eppure era esattamente quello che era successo.

    Era stato… strano. Infilatosi da poco meno di mezz’ora sotto le coperte, Jon non aveva fatto altro che girarsi e rigirarsi nel letto per trovare la posizione giusta e cercare di addormentarsi, non riuscendoci; aveva serrato le palpebre e si era sforzato di costringere il proprio corpo a prendere sonno senza ottenere risultati, ed era stato proprio a quel punto che aveva sentito un rumore sul tetto, drizzandosi a sedere di scatto. Aveva attinto ai suoi poteri come gli aveva insegnato suo padre – lui stesso gli aveva anche insegnato come “spegnere” il suo super udito per non essere sopraffatto dai suoni del mondo – e si era concentrato per capire cosa fosse stato, sgranando gli occhi non appena si era reso conto che il battito cardiaco che aveva sentito… era quello di Damian. L’amico non si era mai fatto pregare per entrare in camera, lo aveva fatto la prima volta che lo aveva coinvolto nel suo caso alla LexCorp e lo aveva fatto in seguito anche nei due anni successivi, dunque Jon aveva indugiato un momento, senza sapere bene cosa fare o cosa gli fosse preso, dato che Damian non si era mai comportato in quel modo. Non con lui, non quando andava fino ad Hamilton, dove ultimamente si erano trasferiti di nuovo; così, sbattendo le palpebre, era sgattaiolato fuori dalla finestra e lo aveva raggiunto silenziosamente sul tetto.

    Lo aveva trovato ad abbracciarsi le gambe rannicchiate al petto e il mento poggiato sulle ginocchia, lo sguardo fisso e perso nei campi che si estendevano a perdita d’occhio davanti a lui e il mantello della sua uniforme completamente zuppo e abbandonato al suo fianco; si erano guardati per attimi interminabili senza proferire parola, l’uno perso negli occhi dell’altro, e quando Jon gli aveva chiesto cosa ci facesse lì, Damian si era limitato a stringersi nelle spalle e a sollevare il viso verso il cielo, spiazzandolo nel replicare semplicemente “Sono così luminose, qui, non è vero?”.

    Scombussolato, Jon ci aveva messo un po’ a capire che stava parlando delle stelle. Si era avvicinato lentamente, sedendosi al suo fianco per poggiare le mani sul tetto e alzare lo sguardo verso la volta celeste, e aveva solo accennato che in campagna era più facile, che splendevano a tal punto che avrebbero potuto perdersi in esse e che, se avesse voluto e non avesse fatto freddo, avrebbero anche potuto restare lassù tutta la notte e godersi quello spettacolo. Damian lo aveva guardato di rimando, aveva ribattuto col suo solito sarcasmo che era un sentimentale e si era alzato in piedi di scatto, e Jon si era anche arrabbiato sbottandogli contro che era stato lui a cominciare… salvo poi ritrovarsi a dover afferrare al volo l’amico quando gli era letteralmente svenuto fra le braccia.

    In preda al panico, Jon gli aveva schiaffeggiato delicatamente una guancia nel tentativo di rianimarlo e aveva farfugliato come un idiota che non c’era bisogno di fare quegli scherzi, che se proprio voleva far prendere un colpo ad un dodicenne kryptoniano solo in casa c’erano modi migliori, ma era stato a quel punto che si era reso conto che qualcosa non quadrava e aveva sentito le dita completamente bagnate e… sporche di sangue. Jon non aveva perso ulteriormente tempo e, issandosi Damian fra le braccia, era volato in fretta di sotto attraverso a finestra del soggiorno e lo aveva adagiato sul divano, correndo a recuperare il kit di pronto soccorso dal bagno prima di scivolare accanto all’amico; gli aveva strappato i pantaloni e la stoffa dei leggins era venuta via con uno schiocco di sangue secco misto a un rivolo fresco che ancora scorreva, e Jon aveva dovuto far ricorso alle sue limitate capacità mediche per occuparsi della ferita che gli si era parata davanti.

    Aiutandosi con i suoi poteri, Jon aveva controllato la parte interna di quello squarcio con la vista a raggi X e si era calmato un po’ solo quando aveva capito che non era profonda e non erano stati colpiti punti vitali o vene, traendo un profondo respiro prima di cominciare a disinfettare; gli occhi di Damian avevano tremato per un istante al di sotto delle palpebre e Jon aveva trattenuto il fiato nel timore che gli stesse facendo male, ma si era concentrato sul suo battito calmo e costante e aveva continuato a ripulire la ferita, fasciando strettamente la gamba dell’amico una volta finito.

    Quando Damian aveva aperto gli occhi, fargli delle domande sul perché fosse andato lì, o sul perché non gli avesse subito detto che era ferito, era stato completamente inutile. Damian non aveva voluto rispondere e Jon non aveva insistito, conoscendolo abbastanza bene da sapere che pressarlo avrebbe solo provocato l’effetto opposto e che si sarebbe chiuso in sé stesso, così si era solo limitato a dargli uno dei suoi vecchi pigiami – quello verde con la stampa di un uovo, diventato praticamente “il pigiama di Damian” ad ogni improvvisata – e a spronarlo a cambiarsi, vedendolo zoppicare verso il bagno al piano di sopra in silenzio, così che potesse anche lavarsi.

    Al suo ritorno in camera, Jon gli aveva fatto trovare una tazza di Earl Grey – rigorosamente sgraffignato dalla scorta di sua madre, un regalo del signor Pennyworth – e una coperta in cui Damian si era subito avvolto dentro, nascondendosi sotto di essa nel sorseggiare il suo the con le gambe distese sul materasso. Era stato altrettanto strano vedere il modo in cui Damian era rimasto calmo per tutto il tempo, smozzicando qualche parola solo di tanto in tanto senza sentirsi davvero coinvolto, nemmeno quando Jon aveva cercato di spronarlo a fare una partita ai videogiochi o di guardare un film, ottenendo una reazione solo quando aveva fatto una battuta stupida. Contro ogni sua aspettativa, Damian aveva… riso. Una risata così amara che Jon lo aveva guardato con tanto d’occhi, inclinando il capo verso la spalla per chiedergli cosa gli fosse preso.

    Damian aveva taciuto per attimi interminabili, poi si era morso il labbro e stretto le mani così forte che, per un attimo, Jon aveva pensato che avrebbe potuto rompere la tazza che stringeva. «Perché perdi ancora tempo con uno come me?» aveva poi sussurrato in tono basso e impercettibile ad orecchio umano, ma Jon lo aveva sentito bene e si era accovacciato davanti a lui per guardarlo in viso al di sotto della coperta sotto cui si era rannicchiato.

    «Non essere stupido, D». Jon aveva aggrottato la fronte, assumendo un cipiglio incredulo nel fissare l’altro negli occhi. «Sei mio amico, ti voglio bene e il Damian che conosco io non parlerebbe mai così».

    Si erano guardati negli occhi per attimi interminabili, Damian aveva persino deglutito più e più volte e aveva abbassato il capo come se non fosse più riuscito a sostenere lo sguardo di Jon, e alla fine gli aveva sussurrato cos’era successo, la discussione che aveva avuto con suo padre e la fuga, gli assassini di sua madre che aveva incontrato e la lotta che aveva ingaggiato con loro, e poi il suo viaggio verso Hamilton, ferito nel corpo e nell’anima e desideroso solo di… pace. Pace che aveva trovato sul tetto della fattoria, sopra la sua stanza, ad osservare semplicemente il silenzio della campagna sotto la luce brillante delle stelle.

    «Non sono mai abbastanza. Né per mio padre, né per mia madre». Aveva mormorato ancora Damian, respirando pesantemente con lo sguardo fisso nel proprio the prima di allungarsi e abbandonare la tazza sul comodino. «Mi vogliono entrambi in un certo modo, ma nessuno dei due mi ha mai chiesto cosa volessi io o che strada volessi percorrere. Voglio essere libero di fare le mie scelte». Aveva sollevato lo sguardo, gli occhi vagamente lucidi. «È così sbagliato?»

    Jon aveva ricambiato quello sguardo, ed era stato di slancio che aveva gettato le braccia intorno alle spalle di Damian e lo aveva stretto a sé, sentendolo irrigidirsi. «È la tua vita, D… e nessuno ha il diritto di dirti come viverla. Nemmeno i tuoi genitori».

    Una manciata di parole, le mani di Damian artigliate dietro la maglietta del pigiama e il volto affondato nell’incavo del petto, ed erano rimasti lì, in silenzio, finché non si erano addormentati senza nemmeno rendersene conto. E adesso che si era svegliato e ripercorso nella sua testa quello che aveva inizialmente creduto fosse un sogno, Jon strinse maggiormente Damian a sé, cercando di non svegliarlo.

    Per quanto il loro primo incontro fosse stato tutt’altro dei migliori, in quei due anni Jon aveva perfettamente capito che tipo di ragazzo fosse Damian, logorato da due pesanti eredità e confuso sulla strada da intraprendere, indottrinato e modellato fino ad essere perfetto da una Lega di Assassini che in realtà lo aveva solo spezzato; Jon aveva passato abbastanza tempo con lui per comprendere quanto tutto ciò pensasse nella sua anima e, se quella notte era giunto fin laggiù, sfidando le intemperie e una ferita che aveva rischiato di infettarsi, solo e unicamente per poter stare in compagnia di qualcuno che avrebbe potuto capirlo… allora Jon non se la sentiva di giudicarlo.

    Con un sospiro, si accoccolò meglio contro il petto di Damian e cercò di dargli tutto il calore che il suo corpo aveva bisogno, finendo col riaddormentarsi così, al suono del battito del suo cuore e a quello di ogni suo respiro. 






_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per il trentesimo giorno del #writeptember sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia
Bromance. Ispirata dall'immagine che potete trovare a questo link, ho chiesto pure il permesso all'autrice ed è rimasta molto estasiata dalla cosa, quindi adoro tantissimo.
I giovinotti hanno sui 12 e 14 anni, volevo concentrarmi molto di più sulla loro amicizia e sul modo in cui bene o male sono legati l'uno all'altro.
Titolo dalla canzone dei Police, ma non ha un granché a che fare con essa. Chiudiamo sta sfida col botto
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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