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Autore: Siluvaine    29/10/2022    1 recensioni
Gli anni sono passati, almeno dieci secondo Inej, eppure lei e Kaz sono sempre a Ketterdam, sempre a compiere furti insieme. Forse stavolta con qualcosa in più, e qualcosa in meno.
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KINKTOBER 2022 – KANEJ EDITION! Questa fanfiction fa parte di una raccolta che seguirà Kaz e Inej in una serie di situazioni piccanti, alla scoperta della loro relazione.
Troverete tutti i dettagli all’interno ➨
Genere: Erotico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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KINKTOBER 2022 – KANEJ EDITION!

Vi starete chiedendo che diavolo sia questa iniziativa. Ho pensato di sfruttare l’occasione del Kinktober e della sua variegata raccolta di prompt per mettere nero su bianco una serie di scenari e momenti intimi tra Kaz e Inej e magari portarvi un po' di spensieratezza in queste giornate che si fanno sempre più buie e faticose.

COME FUNZIONA? Posterò una fic scegliendo uno dei prompt della lista vicino ai personaggi e che mi sembri interessante. Non riuscirò a postare una fic al giorno, perché è un periodo estremamente impegnativo per me, ma consoliamoci (sì, anche io) perché vuol dire che questa iniziativa ci accompagnerà anche a Novembre! Alcune fic saranno lunghe, altre corte, altre rosse, altre no, ma tutte assolutamente Kanej.

LA LISTA: https://80s4life.tumblr.com/post/695244094452170752/early-kinktober-list-for-2022

 

 

 

 

 

“Cazzo”, disse Kaz.

Lei rischiò quasi di sbottare in una risata. Il viso nascosto da un ampio cappuccio, attaccata alla parete per proteggersi dalla pioggia di Ketterdam mentre Kaz faceva il lavoro sporco, Inej stava leggermente rimpiangendo di aver accettato di compiere quel furto con lui. In onore dei vecchi tempi, le aveva detto. Il vecchio Manisporche non sarebbe mai stato così sentimentale. Per fortuna, quella persona era cambiata; si era ammorbidita tra le sue braccia, tra le chiacchiere notturne sfrangiate nelle lente ore della notte, parole intense o semplici risa davanti a un tè o a uno sformato ormai freddo.

Inej osservò il suo viso concentrato, mentre con dei minuscoli ferri da scasso cercava di aprire la serratura del portone. La strada, poco più che un vicolo, era buia, bagnata e completamente deserta, ma questo non voleva dire che avrebbero avuto tutto il tempo del mondo. Lo sguardo corrucciato di Kaz gli fece spuntare una ruga tra le sopracciglia.

Rughe, pensò Inej, eppure saranno passati una decina d’anni. Lei sapeva di avere il viso scurito dal sole e dalle intemperie, ma l’unica cosa che provava guardandosi allo specchio era fierezza. Voleva diventare ancora più scura, come la notte, e portare sulla pelle il segno dei giorni passati a cacciare schiavisti, come le minuscole rughe sul volto di Kaz le mostravano una per una le serate passate a lume di candela a fare affari e seguire per lei ogni valida pista.

“Cazzo” sibilò di nuovo tra i denti Kaz.

Inej rischiò di ridere di nuovo. Se lui continuava a non riuscire ad aprire la serratura, li avrebbero scoperti di certo, e una volta, giunti a questo punto, i loro nervi sarebbero rimasti saldi nonostante la preoccupazione. Adesso, Inej aveva smesso di preoccuparsi. Non era più pericoloso di una tempesta, o di avere pistole o pugnali puntati alla gola, e gli anni le avevano insegnato che fregarsene era la scelta migliore. Non sarebbe mai voluta ritornare a quei tempi, a quella gioventù, nonostante potesse solo esserle grata per tutto quello che le aveva dato.

Kaz si morse le labbra, e Inej pensò che sì, preferiva decisamente il presente. Una realtà in cui si sentiva libera di esistere, di combattere. E di amare. Perché la realtà che si erano costruiti era anche questo, mattone su mattone, mano su mano.

“Cazzo” ripeté ancora Kaz, e stavolta Inej si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.

“Ti ricordavo più rapido, devo essere sincera” gli disse. Kaz le lanciò un’occhiata cupa, poi rimase con le mani ferme in aria per un momento, immobile, ponderando qualcosa.

Senza guardarla, prese gli attrezzi tra i denti, una posa temporanea per lasciare le mani libere di frugare nelle tasche. La destra si immerse nel risvolto della giacca, per poi emergerne con una sacchetta di pelle.

Inej lo osservava affascinata. Quell’uomo sarebbe sempre stato pieno di misteri per lei.

Kaz le diede le spalle e trasse fuori dalla sacchetta di pelle qualcosa, poi si udì di nuovo il rumore dei ferri da scasso che stridevano nella serratura. Inej si spostò appena verso di lui, per vedere che diavolo stesse combinando, e sussultò appena vedendo un riflesso strano sul suo volto.

Da dietro due spesse lenti, Kaz le lanciò uno sguardo omicida.

Fu costretta a mordersi la lingua per trattenere la miriade di commenti che le stavano venendo in mente. Chissà se Jesper lo sapeva. Oh, lo avrebbe preso in giro per l’eternità. Dunque, probabilmente, no, non lo sapeva.

Ammetteva, però, che sul viso di Kaz gli occhiali erano particolarmente affascinanti. Mentre lui si dedicava ancora alla serratura della porta, Inej si concesse di perdersi nei contorni del suo viso, mentre la pioggia lentamente scemava.

Forse era perché gli sottolineavano la curva del naso. Forse perché esaltavano la profondità dei suoi occhi scuri. Inej non era certa del motivo. Kaz si morse le labbra, e Inej pensò di prendergli il viso tra le mani e affogare in quegli occhi e in quella bocca, e alla malora i piani, alla malora tutto. Si trattenne solo perché sapeva quanto fosse importante questo colpo, e sapeva altrettanto bene che un bacio, tra loro, non era mai soltanto un bacio.

E quegli occhiali non stavano affatto aiutando.

“Potevi tirarli fuori prima” disse Inej a bassa voce. La pioggia era quasi del tutto terminata.

Lui la ignorò, o almeno così le parve. Ecco, questi erano gli atteggiamenti di Kaz che nel tempo non erano affatto cambiati. Era sempre troppo orgoglioso.

“Ti stanno bene” disse allora Inej. “Potevi tirarli fuori prima.”

L’ultima parola aveva un significato diverso adesso, non più rimprovero, ma qualcosa che, Inej notò, fece arrossire la pelle chiara di Kaz. Lui non si voltò neppure quando gli occhiali gli scivolarono appena dal naso, e li rispinse indietro con il medio.

Inej continuò a osservarlo impunemente da sotto il cappuccio, nonostante ormai fosse diventato inutile.

Alcuni minuti dopo, finalmente, il suono liberatorio di uno scatto.

“Se vuoi”, disse Kaz, mentre rimetteva velocemente in tasca occhiali e attrezzi, “possiamo tirarli fuori dopo”.

Non importava quanto scura fosse diventata la sua pelle per il sole. Ora le gote di Inej si tinsero di rosso, mentre si scambiavano uno sguardo ricco di promesse ed entrambi scivolavano nell’oscurità dietro al portone.

  
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