Siamo grandi o no?
Un altro tiro di sigaretta. Piu' lungo di quello di
prima.
Piu' mi avvicino piu' fumo aspira.
Mi fermo a meno di un metro da
lei e posso sentire il suo respiro nervoso.
-Come va?- domando in un
sussurro.
Lei non mi risponde ma si stringe nelle spalle magre.
Il vento
freddo di novembre mi sferza il viso.
-Bene- mormora infine spegnendo la
sigaretta lungo il cornicione della terrazza.
-E' una bella festa- osservo
sperando che mi parli.
-Meravigliosa- commenta con voce rauca.
La sua
schiena pallida, un po' scoperta dal vestito nero, si irrigidisce ogni volta che
mi rivolge la parola.
-Pansy, senti..- mormoro affiancandola.
-Draco, c'e'
poco da dire- risponde girando il volto ed evitando il mio.
-E' importante
per me- insisto prendendole la mano e stringendo quelle lunghe dita affusolate
fra le mie.
Mi guarda e al solo vederla mi si stringe il cuore. I capelli
ormai lunghi e non piu' costretti in quel caschetto mascolino le scivolano sul
collo e qualche ciocca distratta e ribelle le si appiccica sul viso umido. Le
labbra rosee e sottili abbozzano un sorriso sghembo, piuttosto mal riuscito. Una
piccola rughetta d'espressione tra le sopracciglia non mi sfugge.
Gli occhi
scuri mi evitando e ricadono banalmente sui suoi piedi, come ogni volta
che e' imbarazzata.
Ma a colpire la mia attenzione e' quella
piccola fossetta sotto il labbro. Quella si forma solo quando qualcosa le va
storto. E so che qualcosa va male, anche senza quella fossetta.
-Mi dispiace-
dico stringendo piu' forte la sua mano.
-Gia'- risponde in un soffio. -A
proposito, auguri-
-Per i miei venti anni?- chiedo prendendole il mento fra
le mani.
Pansy scuote la testa. -Il tuo compleanno era ieri-
-Pansy..- la
supplico.
-Lo so che non vuoi dirlo ad alta voce. Ma credimi, anche se non lo
dici, e' vero lo stesso. Non cambia nulla- sorride amara. -La cosa
buffa e' che..io ho tutti i requisiti, ma lei sembra averne di
più-
-Pansy- soffio come implorandole di smetterla.
-Non ti piaceva
nemmeno così tanto- ammette lasciando la mia mano ed appoggiando le braccia sul
davanzale. -A te non sono mai piaciute le bionde, Draco. L'unica che hai nel
cuore e' tua madre-
La guardo e mi si secca la gola. Sta cercando di
chiuderla da donna e non da bambina.
Nemmeno i suoi occhi rassomigliano in
minima parte a quelli di quando sedicenni soffrivano per me.
La sofferenza
non e' più dolore, ma accettazione. Le sue labbra si curvano in un
sorriso.
-Stiamo parlando da grandi, per la prima volta-
Sospiro e cerco
di raggiungere un contatto fisico anche le sole dita intrecciate.
-Non appena
l'ho saputo, ho pensato che sin da quando ti ho visto la prima volta, e avevamo
sei anni, ho desiderato essere io su quell'altare con te- ammette guardando il
cielo stellato. -Che cosa puerile-
-No, Pansy, non lo e'- replico sperando
che non pianga.
-Poi ho pensato che sara' lei a toccarti, a baciarti- sorride
amara scuotendo la testa. -Dopotutto, pero', sono certa di una cosa. Lei non
sapra' mai, e dico mai, toccarti come ho fatto io. Non riuscira' ad amarti mai
come ti ho amato io-
-Lo so- supplico. -E credimi, non e' colpa
mia-
-Ma no, non te ne faccio una colpa- mi dice finalmente guardandomi.
-Oggi e' un giorno importante. Oggi io e te diventiamo grandi. Prendiamo le
nostre strade-
Annuisco pur non volendo crederci. -Quindi e'
finita?-
-Mi sembra cosi'. Anzi, e' cosi'- conclude secca ma non fredda.
Sento nella sua voce brividi di dolore, piccole punte un po' sarcastiche e un
po' sofferenti.
Non l'ho mai vista cosi'.. donna.
Mi avvicino a lei
e le poso una mano sulla spalla. La sua pelle e' liscia e fresca, come
sempre.
-Non ci rimane che una cosa, Draco- soffia guardandomi fissa negli
occhi. Sento il suo respiro fondersi con il mio e rabbrividisco notando la
vicinanza. -I ricordi, i sogni. Quello non ce lo può portare via nessuno-
Le
mie mani salgono verso il suo volto e sfiorano la pelle del suo mento per poi
imprigionarlo in una delicata presa.
-Posso almeno chiederti.. un ultimo
bacio?- domando soffiando contro la sua pelle.
Lei annuisce. -E sia-
Mi
guarda con quei suoi occhi così grandi e così profondi da farmici perdere dentro
e posa le sue labbra sulle mie.
Con delicatezza, come ogni volta che
facevamo pace.
Con amore, come è sempre stato ed inevitabilmente sempre
sarà.
Con passione, come quando facevamo l'amore.
Con dolore, come non ha
mai fatto.
Sento le sue mani insinuarsi nei miei capelli e poi scendere verso
il mio collo. La attiro a me con dolcezza e continuo a baciarla.
Sa ancora di
fiori, come sapeva la prima volta che la baciai.
La sua pelle è bagnata da
lacrime silenziose, fiere, sofferenti.
Poi si allontana e mi guarda fisso
negli occhi.
-Rientriamo- propongo indicando la festa.
Lei sorride. -No,
non e' il caso. Buonanotte e buona fortuna-
-Te ne vai?- domando
dispiaciuto.
-Sì- annuisce. -Addio-
-Pansy- esclamo stringendole il polso.
-Ti amo-
Lei mi guarda e si morde un labbro. Mi da un bacio sulla tempia.
Delicato ma a suo modo forte, quasi a voler rimanere impresso per sempre. Poi
indietreggia e sorride. -Anche io ti amo, Draco Lucius Malfoy, e ti amerò per
sempre-
Sorrido e poi scompare. E so che non tornera'.
C'e' un cammino che e' l'unica scelta.
-Draco,
figliolo- una voce gioviale mi risveglia dal mio stato comatoso.
-Padre- dico
cercando di ricompormi.
-Astoria ti cerca con ansia- sorride prendendomi
sotto braccio. -E' la donna della tua vita e non sai nemmeno che fiori
ama!-
-Ortensie, padre- sussurro seguendolo.
Ma che dico. Le ortensie sono
i fiori preferiti della donna che vorrei fosse quella della mia
vita.
***
Primo settembre.
Adoro questo posto in questo
giorno. Mi riporta al mio momento migliore. La mia gioventu'.
Scorgo Potter,
la Granger e Weasley che salutano i loro bambini e con un cenno li saluto. Ormai
siamo grandi.
Mio figlio, Scorpius, deve iniziare la sua carriera scolastica,
che si promette brillante visto il suo entusiasmo.
Lui ha undici anni, io ne
ho trentaquattro e mi sento infinitamente vecchio.
-Scorpius- dice Astoria
abbracciando nostro figlio. -Fai il bravo e scrivi, spessissimo-
Ma la mia
mente e' altrove. La mia mente è alla King's Cross di una quattordicina di
anni fa. Le facce son le stesse, ma più giovani e spensierate.
C'è Pansy che
mi abbraccia, che mi bacia. Sono quattordici anni che non la vedo.
Da quella
sera e' scomparsa. Mi hanno detto che ha vissuto in Francia.
Riapro gli
occhi sentendo mio figlio che mi tira il cappotto. -Arrivederci
padre-
Annuisco e mi chino per dargli un bacio sulla tempia. -Arrivederci,
figliolo-
Gli accarezzo i capelli e poi rimango immobile.
-Selene,
aggiustati quel mantello!- sorride una donna abbracciando una bambina.
I
capelli bruni le ricadono sulle spalle un pò ricci alle punte. E' vestita di un
lungo cappotto verde. -Selene, entra a Serpeverde o non tornerai piu' a casa-
ridacchia.
Gli occhi, i suoi.
Anche mia moglie, Astoria, la nota e la
chiama a gran voce.
Pansy accompagna la figlia al treno, le da un bacio sulla
guancia e la saluta. Poi si volta e ci vede. Mi vede.
Accenna un sorriso ed
un cenno con il capo, poi, così com'e' scomparsa quattordici anni fa, scompare
di nuovo.
Ma i suoi occhi, quegli occhi li ho guardati a lungo. Erano come i
miei. Nostalgici, tempestosi. Dopotutto, ancora
innamorati.
Spero che vi piaccia:)
Baci
SunnyLullaby7
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