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Autore: Fiore di Giada    30/10/2022    0 recensioni
[Sandokan]
Due anni dopo la riconquista del Kiltar, Sandokan chiede a Yanez notizie sul suo passato.
Cosa risponderà il portoghese?
Ci sono riferimenti alle mie fic "Cicatrici sull'anima", "Spiriti uniti", "Andare oltre il passato" e "Confessioni in una notte oscura". Non è strettamente necessario leggere le suddette storie, ma è consigliabile, per capire i vari nessi.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La luce delle stelle illuminava il cielo, privo di nubi, d'un intenso blu cobalto, e si rifletteva nell'oceano, accendendolo d'un vivo fulgore argenteo.
Yanez, affacciato alla finestra, contemplava il paesaggio. In quel momento, gli sembrava di non essersi mai spostato da Mompracem.
Accennò ad un sorriso. Due anni prima, il suo amico Sandokan era riuscito a conquistare il regno del Kiltar, che gli era stato sottratto da James Brook.
Il pirata gentile si era trasformato in un sovrano saggio e accorto, malgrado la sua giovane età.
Gli abitanti del regno lo rispettavano non solo per la sua stirpe, ma per la sua indole.
Un sorriso triste sollevò le sue labbra. Sandokan aveva patito tante, troppe sofferenze, ma era stato ripagato dall'amore.
A volte, non sapeva perché, si sentiva estraneo all'ambiente felice che circondava il suo amico.
Chiuse gli occhi, poi li aprì e lasciò smarrire lo sguardo sul paesaggio marino. I ricordi della sua infanzia problematica tornavano alla sua mente.
Quando vedeva la felicità di Sandokan, avvertiva il pungolo della pena nell'anima.
E la sua invidia non era giusta.
Sandokan non aveva nessuna colpa delle sue sofferenze.

Il rimbombo della porta che si apriva interruppe il corso dei suoi pensieri.
L'europeo si girò e vide Sandokan entrare nella stanza.
Hai deciso di trasformarti in un gufo? domandò, ironico. In realtà, gli piaceva quell'intimità fraterna, priva di ambiguità.
Ne aveva bisogno, per allontanare, seppur per poco, le sue insicurezze.
Sandokan, alle parole dell'amico, accennò ad un sorriso, poi il suo sguardo si incupì.
C'è una cosa che da tempo volevo chiederti. – cominciò il monarca, dubbioso. Tra lui e il suo amico portoghese, non v'erano segreti.
Eppure, Yanez, con ostinato pudore, gli aveva nascosto l'origine delle cicatrici che deturpavano la sua schiena.
Perché? Cosa lo spingeva ad un tale silenzio?
Di che si tratta? – domandò l'avventuriero lusitano, perplesso.
Sandokan, per alcuni istanti, sostenne lo sguardo ceruleo dell'amico. Desiderava liberarsi dalle catene del dubbio, ma aveva paura di risvegliare in lui orribili ricordi.
Non aveva dimenticato l'orrore che aveva distorto il volto del suo fratellino, quando aveva cercato di curare una sua ferita.
Perché hai quelle cicatrici sulla schiena? –

Sentendo quella domanda, il viso del portoghese si scolorò e il suo corpo s'irrigidì, come una sbarra di ferro. Sandokan non era spinto da malsana curiosità, ne era certo.
Voleva creare un ponte tra di loro e comprenderlo meglio.
Eppure, non riusciva a non avvertire un acuto senso di disagio.
Sandokan, accortosi del pallore dell'amico, imprecò tra sé.
Ti... Ti prego... Non sei obbligato a parlare. – balbettò, imbarazzato.
Yanez scosse la testa e fissò sull'altro uno sguardo fermo e deciso.
No, voglio rispondere. Stai tranquillo. E' giusto che non ci siano segreti tra di noi.

Fissò per alcuni istanti un punto indefinito davanti a sé.
Come te, anche io sono di origini aristocratiche. Ma, a differenza tua, io sono un figlio illegittimo. – cominciò.
Sandokan corrugò la fronte, ma non rispose.
Vedendo l'espressione stupita dell'altro, Yanez scoppiò in una risata priva d'allegria.
Non essere ingenuo. I figli non sono tutti uguali nella vecchia Europa. Soprattutto nelle famiglie nobili, sono considerati tali quelli nati sotto il sacro vincolo del matrimonio. E questo non è il mio caso. – continuò.
Il principe asiatico scrutò il viso dell'amico. La sua espressione era rimasta statuaria, impenetrabile, ma i suoi occhi, di solito scintillanti d'energia, avevano l'opaco colore dell'agata.
Cosa aveva patito negli anni dell'infanzia, mentre lui cresceva coccolato dalle cure dei suoi familiari e di Macassar?
Mia madre era una contadina, che è caduta nelle lusinghe di un nobiluomo. Durante quegli incontri proibiti, io sono stato concepito. – aggiunse Yanez.
Il nobile Antonio de Gomera non ha mai voluto sapere niente di me. Per fortuna, mia madre ha trovato un uomo buono, che ha saputo andare oltre il suo stato e l'ha sposata. Paulo Neves, pescatore dell'Algarve, nei miei primi anni di vita, è stato per me un padre. Mi ha insegnato tanto sul mare. – continuò.
Un debole sorriso, per alcuni istanti, sollevò le sue labbra e i suoi occhi lustreggiarono di commozione. Ricordava bene il calore di quell'uomo imponente e buono...
Poi, il suo sguardo si adombrò e un sospiro fuggì dalle sue labbra.
Mio padre, però, a causa di un incidente in barca, è morto... Ho trovato il suo corpo due giorni dopo e non è stato molto piacevole. Ma non potevo piangere. Dovevo aiutare la mamma a non sprofondare nell'inferno della disperazione. Ma non era ancora finita. – proseguì.
Sandokan, senza alcuna parola, gli prese le mani tra le sue e gliele strinse. Quei ricordi gravavano sul cuore del suo amico e gli pareva di sentire la medesima pena.
Poi, mia madre è morta di colera... Ho dovuto seppellire i miei genitori a sette mesi di distanza l'uno dall'altro. – commentò.
Tacque ancora e, per alcuni istanti, si godette il tocco del compagno. In quei gesti, avvertiva una premura sincera, che non aveva bisogno di parole.
Forse, aveva sbagliato a non fidarsi dell'intelligenza del suo fratellino malese.

Sandokan non allontanò lo sguardo dal viso dell'amico. La dignità di Yanez era encomiabile, ma la rigidità della sua postura rivelava la verità
La pena, come magma, ribolliva nel suo animo.
Per alcuni mesi, ho vissuto da un fratello di mia madre, poi lui... lui mi ha mandato dal nobile Antonio de Gomera. Il mio vero padre. – sibilò l'europeo, sprezzante.
Si interruppe ancora e, per alcuni istanti, lampi di collera balenarono nei suoi occhi.
Antonio de Gomera, dal suo matrimonio benedetto, ha avuto due figli, Fernando e Adriana. Loro erano i suoi eredi ed erano ricoperti di affetto e ricchezze. Io ero un servo. Dovevo obbedire ai loro ordini e sopportare i loro capricci. Io, purtroppo, avevo e ho un grosso difetto. Sono curioso e lo sai. – affermò, il tono vibrante d'ironia.
Il malese, con un cenno della testa, annuì e aumentò la stretta delle sue mani.
Io non potevo accedere alle loro stanze, ma sono entrato. Adriana amava molto le pellicce di volpe. Io, per averne voluta toccare una, ho dovuto sopportare cinque frustate sulla schiena. Per lei, le mie sporche mani di servo non dovevano permettersi di sfiorare quelle pelli pregiate.
Lunghi brividi percorsero la schiena di Sandokan. Comprendeva in quel momento l'ostinato pudore del suo amico portoghese.
Quelle cicatrici, che spiccavano sulla sua schiena, raccontavano una storia di mancanza di affetto.
Come si poteva privare un bambino dell'amore a cui aveva diritto?
Quella casa era un nido di serpi. Solo mia nonna, la madre del benemerito Antonio de Gomera, mi ha voluto bene e ha lottato per non farmi sentire solo. Ma è morta troppo presto... E non ho potuto assistere al suo funerale. Un bastardo, in una chiesa consacrata, secondo loro, avrebbe macchiato il buon nome della famiglia.

D'impeto, Sandokan allargò le braccia e lo strinse in un forte abbraccio.
Il portoghese, per alcuni istanti, rimase immobile, poi ricambiò il gesto del compagno. Non poteva negarlo, quei gesti inondavano il suo cuore di gioia.
Sentiva il calore di quell'affetto avvolgere l'intero suo corpo, come una coperta.
Una volta, tu mi hai detto che non dovevo sentirmi in colpa, perché, da bambino, sono stato vittima di una crudeltà ingiustificabile. Avevi ragione. E io ora posso dire quelle parola a te: tu non devi sentirti in colpa. Anche tu hai subito una terribile infamia, ma non c'entri nulla. dichiarò. Con la sua vicinanza, lo aveva confortato in un momento di forte amarezza.
In quel momento, i ruoli si erano invertiti e poteva ricambiare quella premura.
Yanez chiuse gli occhi e posò la testa sulla spalla dell'amico. Con poche, semplici parole Sandokan lo aveva confortato.
Lui non era colpevole delle sue cicatrici. Il male che aveva subito era colpa loro.
Grazie, fratellino mio.









   
 
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