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Autore: MaxB    01/11/2022    4 recensioni
Questa è una storia che ho iniziato a scrivere dopo aver finito di leggere il secondo volume, quando ancora doveva uscire il terzo.
La considero una prosecuzione della storia originale come se il terzo libro non esistesse, e narra quindi delle vicende familiari che si sono succedute dopo la fine de Gli scomparsi di Chiardiluna, con leggere modifiche alla trama.
Sostanzialmente, Thorn e Ofelia saranno alle prese con la vita quotidiana da coppia sposata, cercando di capirsi, vivere insieme e prendere confidenza l'uno con l'altra.
E con un inaspettato desiderio di Ofelia...
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tecnicamente il prossimo capitolo è l'ultimo.
E ho detto tutto.
Spero vi piaccia questo intanto, ho premuto il pulsante di "avanti veloce".


Capitolo 78

Due mesi dopo, finalmente si sposarono Ilda e Balder. Essendo l'unico figlio che non lo aveva contrariato, l'unico che aveva rispettato le regole, Thorn gli offrì la possibilità di scegliere dove vivere dopo il matrimonio.
Dopo averne discusso con Ilda, i due chiesero di poter rimanere al castello con loro, con le loro rispettive famiglie. L'idea di avere un posto tutto loro li allettava, ma Ilda sapeva che suo padre ci sarebbe rimasto male all'idea di un allontanamento. Così Thorn fece risistemare un'altra ala del castello per darla al figlio come regalo di nozze.
Il loro matrimonio, al contrario di quello intimo di Gabriella e Tyr, fu un evento pubblico a cui partecipò la crème della corte. Persino Faruk, invitato su insistenza di Berenilde, presenziò la cerimonia, insieme a tutti i clienti di Balder che fecero così tanta pubblicità al dono dello sposo da rischiare quasi di rendere quel giorno di festa una riunione di lavoro.
A parte il bacio troppo lungo tra gli sposi, che fece ridere alcuni e scandalizzò altri, e un'improvvisa scomparsa degli stessi durante il rinfresco, salvo poi riapparire con le gote rosse e i capelli scarmigliati, il loro fu un bel matrimonio. Le gemelle sfoggiarono degli abiti meravigliosi, rivalendosi così delle due celebrazioni mancate di Serena e Tyr. Dopo la sposa, di sicuro le più belle erano loro. In particolare Mira, dopo aver scoperto che suo fratello aveva invitato sia Berthold che Milena, i Persuasivi che si erano dimostrati amichevoli dopo lo spiacevole incidente accaduto con le gemelle, si illuminò. Ofelia sospirò, sperando di non dover organizzare troppo preso un altro matrimonio, e di non avere grattacapi come per Tyr. Anche perché Mira era decisamente troppo giovane per il matrimonio. Nessuno invece reggeva minimamente il confronto con Balder. Persino Tyr, il testimone, sembrava solo appena passabile di fianco al fratello raggiante. Vittoria e Serena invece esibirono con orgoglio le pance arrotondate. Tra tutti i membri di quella famiglia allargata, non c'erano dubbi che l'articolo del giorno successivo del Nibelungen sarebbe stato incredibilmente lungo.
Come ulteriore regalo, per premiare Balder della buona condotta, Thorn regalò loro anche il viaggio di nozze in una località o arca a loro scelta. I coniugi scelsero il Deserto, l’arca di Djinn, sia perché erano stufi del freddo del Polo sia perché pareva che avesse le migliori terme che si potessero immaginare. Non a caso, Djinn era il signore delle acque calde. Balder era interessato a studiare come le terme apportassero beneficio al sistema nervoso, mente Ilda… be’, lei voleva solo godersi Balder in costume.
Quando tornarono, erano il ritratto della felicità, complici e in sintonia come non erano mai stati, nonostante gli anni di amicizia. Balder era talmente euforico che non diede nemmeno in escandescenze quando Tyr gli rivolse un sorrisino malizioso chiedendogli se finalmente avesse visto la voglia di Ilda. In compenso, lei lo fulminò con lo sguardo.
Tre mesi dopo il loro ritorno, Thorn e Ofelia diventarono nonni per la prima volta. E anche per la seconda. Serena aveva una pancia enorme, resa ancora più grande dal contrasto con la sua corporatura esile. Tra tutti i fratelli, lei era decisamente quella più magra, così simile alla struttura ossea di Thorn. E con poche curve, sopratutto rispetto alle cognate. Archibald le era girato attorno come una chioccia arruffata durante tutti i mesi della gravidanza, temendo che si stressasse troppo. A poco erano valse le battute di Serena, che gli facevano notare che lei era giovane e in forze, e lui quello anziano. Chiamarono le bimbe Anja e Agnes, due fagottine indubbiamente bionde e indubbiamente con il colore di occhi del padre, per quanto fosse ancora presto per dirlo. Erano belle come il sole e tranquille come la madre, Ofelia se ne innamorò a prima vista. Fu Serena, provata ma felice, a metterle in braccio Anja dopo il parto, mentre Archibald diede Agnes a Thorn. I due uomini esitarono prima di toccarsi, guardandosi come se si vedessero per la prima volta. A labbra strette e con la fronte aggrottata, fu Thorn a colmare la distanza tra di loro, sfiorando Archibald per permettergli di dargli Agnes.
- State attento, è così piccola... - mormorò Archibald. Era così insolito vederlo serio e attento che a volte era quasi difficile riconoscerlo, a primo impatto.
Thorn lo fulminò con un'occhiata. - Ho cresciuto io vostra moglie. L'ho tenuta in braccio quando aveva novantuno secondi di vita.
Archibald strinse a sua volta gli occhi. - Anche io ho tenuto in braccio mia moglie appena nata.
- Non vi sembra alquanto ambigua questa frase?
Serena guardò il marito sospirando. - Archibald... - implorò.
Non aveva certo l'autorità per chiedere a suo padre di essere meno infantile.
Archibald desistette, tacendo per una volta. Thorn ne fu visibilmente sorpreso. Non ricordava un singolo dialogo in cui Archibald non avesse avuto l'ultima parola o un commento a sproposito. Stentava a crederlo nonostante l'evidenza, ma pareva davvero che Serena gli stesse facendo del bene, smussando gli angoli appuntiti e ribelli del suo carattere.
A riprova di ciò, Archibald andò a depositarle un bacio in fronte, prima di riavvicinarsi ad Agnes.
Ofelia sorrise guardando i due uomini, così vicini ed entrambi incantati dai piccoli pugni della bimba, dai movimenti erratici delle braccia, dalla pelle rosea.
- Spero che non abbiano preso dal nonno - bofonchiò Archibald a mezza voce.
E l'atmosfera fu rovinata.
C'era un limite a quanto una persona poteva cambiare. In ogni caso, vedendoli sfidarsi con lo sguardo, anche Serena sorrise. Thorn e Archibald non erano amici, non erano legati, non erano nulla... eppure erano qualcosa. Nessuno però avrebbe saputo definire cosa.
Due settimane dopo fu il turno di Vittoria, per la quale Berenilde versò un fiume di lacrime, soprattutto dopo aver scoperto come si sarebbe chiamata la nipotina: Bernadette, un nome il più possibile simile al suo, la nonna.
- Mi chiamerà zia, vero? Non posso sentirmi chiamare nonna, tesoro mio. È talmente blasé... E poi, non sembro affatto una nonna.
- Smettetela di farvi problemi per nulla e godetevi vostra nipote. A volte siete più ridicola di una sedia sul divano. Ed è successo. Cosa dovrei dire io, che sono pro-prozia? - esclamò la zia Roseline, scrutando con attenzione la piccola Bernadette.
Berenilde avrebbe voluto lanciarle un'eloquente occhiata che mettesse ben in mostra la differenza fra loro due, ma si trattenne. Roseline per lei era una cara, fidata e preziosa amica, non voleva in alcun modo offenderla.
E poi sbarrò gli occhi. - Anche io sono pro-prozia - mormorò, sconvolta, prima di correre allo specchio con la piccola Bernadette per controllare il suo viso, come se temesse che fossero comparse all'improvviso delle rughe.
Nonostante ormai fosse quasi anziana, termine che lei non voleva in alcun modo sentire associato a se stessa, Berenilde rimaneva una donna bellissima, ammirata persino dalle più giovani.
Tom le corse dietro per riprendersi la figlia, temendo che la schiacciasse contro lo specchio nella foga di rimirarsi.
E infine, tre mesi dopo, arrivò il maschietto.
- Si chiama Alf - annunciò Tyr con orgoglio, come se tutti dovessero comprendere al volo che era importante per lui che il nome del figlio avesse il suo stesso numero di lettere.
Tyr era stupidamente felice, ma anche stupidamente stupido, al punto che Gabriella alzava costantemente gli occhi al cielo.
- Tyr non puoi tenerlo così! - gli urlò dietro quando il marito mostrò il bimbo in giro tenendolo sotto le ascelle.
- So già che ti rigurgiterà addosso un sacco di volte se continui a sballottarlo così! Ma chi è il neonato, tra voi due?
- Tyr, piange perché ha fame, non perché vuole giocare! - lo supplicò due minuti dopo.
Persino la sua sciarpa, più incline ad obbedire a Gabriella che a lui, si mise a schiaffeggiarlo per cercare di farlo stare tranquillo.
La scena avrebbe fatto quasi ridere se Gabriella non fosse stata così esasperata da avere addirittura gli occhi lucidi. Poi però Tyr le mise Alf sul petto e le riempì il viso di baci, raggiante e sordo a qualsiasi recriminazione.
Gabriella sospirò. Poteva andarle peggio. Poteva andarle molto peggio. Alla fine sorrise, cercando di non farlo notare a Tyr. In realtà, non poteva andarle meglio di così.
Quando Balder prese in braccio il nipotino, riuscendo a farlo addormentare nonostante gli strepiti, Tyr gli lanciò un'occhiata cinica. - Hai usato i ponti?
Balder lo guardò male di rimando. - Non uso i ponti per qualsiasi cosa come pensi tu, Tyr.
- Ma con me non si è addormentato - ribatté lui, imbronciato.
Gabriella si passò le mani sul viso. - Tyr, lo stavi agitando più delle anche di mia cugina quando nei paraggi c'è un partito appetibile.
Ilda scoppiò a ridere. - La figlia di Dolce, vero? Anche noi la prendiamo sempre in giro. Oh, cioè... - balbettò poi, cercando di rimediare alla gaffe.
Gabriella le sorrise. - Sì, tutti la prendono in giro, me compresa.
Tyr intanto continuava a guardare in cagnesco Balder, che cullava il piccolo come se non avesse fatto altro per tutta la vita.
- Dovrebbe addormentarsi con suo papà, non con suo zio. Con me ha solo frignato.
- Si vede che ha capito con chi ha a che fare - lo prese in giro Balder, porgendo il piccolo alla madre.
Tyr lo ignorò. - Ehi, Gab, posso leggergli i nostri libri secondo te?
- Un libro puoi anche leggerglielo, anche se dubito che ti ascolterà molto. Ma non dei nostri. Non sono molto adatti ad un neonato, Tyr. Non li capirebbe.
Lui la guardò come se stesse parlando un'altra lingua. - E allora? Mio papà mi sciorinava tabelline e formule matematiche avanzate.
Gabriella fece una smorfia quando vide nella testa di Tyr il ricordo delle ninne nanne di Thorn. - In effetti avrebbero fatto addormentare chiunque. Comunque saresti un buon padre, Balder.
Lui si strinse modestamente nelle spalle. - Penso di avere ancora molto da imparare. Io aspetterei un po'.
Ilda grugnì. - Ma non così tanto. Non possiamo mica essere da meno di Tyr, ti pare?
- Mio figlio batterà di sicuro il vostro! - esclamò Tyr, mentre la sua sciarpa si agitava con le code strette a pugno.
- Ah sì? Be', se nostro figlio sarà come Balder e il tuo come te, ci saranno pochi campi in cui potrà vincere.
Balder e Gabriella si scambiarono un sorriso rassegnato mentre Ilda e Tyr bisticciavano. A guardarli, Balder si chiese come avesse mai potuto anche solo pensare che ci fosse del tenero tra suo fratello e sua moglie.
E Balder alla fine non aspettò così tanto prima di diventare padre, dal momento che Ilda insisteva. E insisteva…
Non che a lui dispiacesse il modo in cui insisteva. Ilda era particolarmente fantasiosa nel cercare metodi per sedurlo e convincerlo ad avere un bambino. La verità era che gliela diede vinta in una settimana.
Per ricompensarlo, una sera Ilda si fece trovare a letto vestita solo di un body di pizzo che lasciava ben poco spazio all'immaginazione. Balder arrossì quando la vide, e gli si seccò pure la bocca.
Con estrema calma, si tolse la giacca come se dovesse mettersi il pigiama, come se non ci fosse sua moglie mezza nuda in attesa di lui, a letto. - Dove hai trovato un indumento così striminzito?
Come a conferma di quell'aggettivo, striminzito, Ilda si sistemò il seno abbondante. Forse era di una taglia in meno della sua, quel coso. Anche due.
Poi gli lanciò un'occhiataccia. - Pensavo che me l'avresti stappato di dosso, questo coso. Per essere un Drago, di autocontrollo ne hai fin troppo.
Balder si bloccò, come se si fosse dimenticato cosa doveva dire o cosa doveva fare. Solo gli occhi si muovevano... per tutto il corpo di Ilda. Sembrava andato in cortocircuito. Si schiarì la bocca come se dovesse parlare... ma parve dimenticarsi ciò che doveva dire.
Sospirando, Ilda gli andò incontro gattonando sul letto, facendo ondeggiare i lunghi e serici capelli biondi e... tutto il resto. Quella vista non aiutò molto Balder a riprendersi dallo stato catatonico.
Ilda però sorrise quando, baciandolo, lo sentì riscuotersi e prendere il controllo. Non ci fu più spazio per il Balder meticoloso, preciso e chirurgico che mostrava di essere agli altri. Quando era con lei, perdeva il controllo, letteralmente. Diventava un vero Drago, non stava lì a calcolare, a pianificare, a ragionare. Si abbandonava ai sensi. Una cosa che Ilda aveva sospettato fin dal loro primo bacio, ma di cui aveva avuto conferma solo durante la notte di nozze. Balder sapeva essere passionale tanto quanto era razionale e... dannazione se sapeva come baciarla e dove mettere le mani!
Non scherzava quando aveva detto che non c'era una singola cosa in cui non fosse bravo. Rimase incinta un mese e mezzo dopo la nascita di Alf. Quando diedero la notizia a Renard e Gaela, il gigante con quasi tutti i capelli bianchi si mise a piangere. Nonostante con il tempo si fosse un po' incurvato e non fosse alto come Balder, Renard rimaneva sempre una presenza imponente ovunque andasse. Gaela lo aveva preso in giro dandogli del sensibilone, ma Ilda aveva cercato di non piangere a sua volta vedendo la madre con gli occhi lucidi. Sorprendendo tutti, però, era stato Randolf quello più emozionato. Il fratellino sempre silenzioso e pacato, così tanto da far dimenticare la propria presenza, a volte. A quanto pareva, i bambini gli piacevano molto, e non vedeva l'ora di diventare zio.
La gravidanza di Ilda procedette senza intoppi, a parte l'umore ballerino e le voglie insensate e improvvise. Ma, a quelle, Balder era abituato.
- Mi stai dicendo che il seno ti crescerà ancora di più, giusto? - le chiese poco dopo aver scoperto che era incinta.
Ilda alzò un sopracciglio, piccata. - Di solito funziona così.
Balder cercò di non lasciar trapelare nessuna emozione sul viso, ma si voltò per mordersi la cucitura di un guanto.
A Ilda però non sfuggiva nulla. Lo guardò con irritazione. Ogni tanto le capitava di diventare petulante. - Ti crea qualche fastidio? O stai pensando a cose perverse?
Balder si voltò con le guance tutte rosse. - Io non sono perverso! E non penso a cose perverse. Solo... non saranno un po'... troppo pesanti? - domandò, guardando il seno già prosperoso della moglie, sulla cui figura magra e piccolina il petto spiccava come le colline di Anima.
- Già - gemette lei, d'un tratto rassegnata. - Avrò parecchio bisogno dei ponti sulla schiena, ti prenoto in anticipo. E spero che non mi si allarghino troppo i fianchi...
Balder le si avvicinò depositandole un bacio sulla fronte. - Non hai bisogno di prenotarmi in anticipo, tu. E cosa ti importa dei tuoi fianchi? Sei perfetta, e lo sarai a prescindere da...
Confermando in pieno di essere incinta, con sbalzi umorali agli antipodi, Ilda dimenticò tristezza e fastidio e prese il volto di Balder tra le mani, alzandosi il più possibile sulle punte per baciarlo. Lui sgranò gli occhi, preso in contropiede. Invece di abbracciare Ilda, però, guardò l'orologio per controllare l'ora, rispondendo al bacio solo distrattamente.
A Ilda tornò il malumore. - Non mi interessa se fai tardi al lavoro, ti prenoto per questa mattina. Cioè, per dieci minuti. Facciamo venti.
- Ma farò tardi... - mugugnò lui sulle sue labbra, poco convinto.
Così poco convinto che si stava già sbottonando la giacca che aveva appena finito di indossare.
Ilda sorrise. - Non sai che bisogna sempre assecondare le voglie di una donna incinta?
Balder le baciò il collo, facendola squittire. Poi la condusse verso il letto. - E di cosa avrebbe voglia questa donna incinta?
Ilda ridacchiò, poi le si mozzò il respiro quando le labbra di Balder iniziarono a scendere. Come avevano fatto le sue mani a slacciarle il corpetto, oltretutto? Non lo aveva nemmeno sentito.
- Allora? - la incalzò lui, spronandola affinché dicesse chiaramente cosa voleva.
Anche se era palese ad entrambi, cosa Ilda volesse.
- Vorrei mio marito.
- Mh... e lui è d'accordo?
Ilda si mise a cavalcioni su di lui, slacciandogli la camicia. - Assolumente d'accordo. E dovrebbe parlare di meno e far lavorare quella bocca di-mpf...
Balder la zittì con un bacio, tardando al lavoro di ventidue minuti. Quando Ofelia lo vide arrivare trafelato e paonazzo, sorrise senza dirgli nulla.
 
Quando Ilda era ormai al settimo mese di gravidanza, si ritrovarono tutti una domenica pomeriggio nel salotto di Ofelia e Thorn. Ora che Serena e Tyr vivevano per conto loro, avevano preso l'abitudine di pranzare insieme la domenica per riuscire a stare tutti insieme. Persino Archibald. Non è che lui e Thorn fossero proprio diventati amiconi, però almeno si tolleravano. Le piccole Anja e Agnes avevano fatto un ottimo lavoro di riconciliazione tra papà e nonno, e aiutato a ricucire completamente il rapporto con Serena. Ofelia non poteva fare a meno di pensare che forse, in altre circostanze, Thorn e Archibald sarebbero potuti essere amici. Per lo meno, ora che Archibald era più "ripulito", grazie a Serena. Poi si ricordava di come fosse desiderato, sciatto e con una deontologia professionale tutta sua, e le veniva da ridere: vederli amici sarebbe stato paradossale.
Thorn aveva acconsentito a stare in salotto con loro solo perché Serena era tornata a lavorare dopo il periodo, fin troppo breve a detta di tutti, di maternità. L'intendenza, grazie a lei, era sempre aggiornata e Thorn poteva tirare un po' il fiato. Le gemelle di undici mesi sembravano stare benissimo, anche se Serena aveva ricominciato a lavorare quando avevano appena sei mesi. In quel momento erano tranquille, quasi in procinto di dormire, come sempre dopo pranzo, in braccio a mamma e papà. E Thorn, senza smentirsi, si stava leggendo una relazione. Non sarebbe forse mai venuto il giorno in cui se ne sarebbe stato con le mani in mano, nemmeno di domenica.
Alf invece, di nove mesi, sembrava avere l'argento vivo nelle vene. Notte o giorno, pranzo o non pranzo, si muoveva costantemente e, se non lo si teneva d'occhio, gattonava ovunque. Era l'incubo di... di tutti praticamente. Specialmente di Gabriella, che doveva stargli dietro tutto il giorno.
Balder stava facendo un massaggio classico alle spalle di Ilda, che aveva iniziato ad accusare dei leggeri mal di schiena per tutto il peso che doveva portare.
- Non vedo l'ora di partorire - borbottò per l'ennesima volta, facendo ridere sia Serena che Ofelia.
Gabriella scosse la testa, in disaccordo. - Preferivo i calci in pancia al parto e a... questo! - esclamò sbuffando quando Alf iniziò a tirarle i capelli e a piagnucolare per scendere.
Balder deglutì, terrorizzato, neanche fosse lui a dover partorire. - Ma non potevamo aspettare un altro po'? - bofonchiò, sperando di non essere udito.
Invece lo sentirono tutti, specialmente Ilda.
- Non potevamo mica essere gli unici senza figli ancora, no?
Tyr aggrottò la fronte, distraendosi dal cercare di far ridere il figlio. - Per questo avete avuto un bambino? Perché noi altri già li avevamo?
Balder si strinse nelle spalle, rassegnato come chi aveva già sostenuto quella conversazione fin troppe volte. - Lo sai che Ilda è competitiva.
La moglie gli diede uno schiaffetto sulla mano che lui le aveva messo sulla spalla, massaggiandosi la pancia con l'altra. - Non fingere di non essere competitivo anche tu.
- Non nego di esserlo, ma avrei aspettato un altro po', sinceramente.
Tyr si schiarì la voce. - Balder, lo sai che siamo noi a mettere incinte le donne, vero? Non il contrario. Avevi il coltello dalla parte del manico!
Balder aprì la bocca per parlare, sconvolto, ma non ne uscì un suono.
- Tyr! - lo redarguì Ofelia, scuotendo la testa, mentre sua moglie gli dava uno scappellotto.
- Mi sembra una conversazione inopportuna - disse Thorn senza nemmeno alzare gli occhi dai fogli che stava correggendo, penna alla mano. Proprio non riusciva a non lavorare.
- Credo che sia un commento alquanto controverso detto da te, Tyr - commentò Serena, sistemandosi meglio la bimba in braccio, che le diede un bacio sugoso sulla guancia.
- Almeno io ho aspettato il matrimonio! - si giustificò Balder, senza motivo.
- Sì, be', sempre facile usare questa scusa.
- Ma non è una scusa! - sbottò Balder, che si sentiva un po' punto sul vivo.
- In ogni caso, non è che devono sempre comandare le donne. Noi siamo parte... attiva in questo processo. Possiamo decidere, eh.
- Mi vai a prendere un po' di acqua e limone? - chiese Ilda bruscamente, facendo scattare Balder sull'attenti.
- Appunto... - mugugnò Tyr. - Non siamo mica zerbini! Siamo uomini, noi! Abbiamo il controllo!
- Sì... - borbottò Gabriella con poco entusiasmo. - Senti, uomo, io ho assoluto bisogno di un caffé.
Tyr incrociò le braccia al petto, sogghignando maleficamente. - Puoi anche andare a fartelo, o andare a chiedere che te lo facciano.
Serena scosse la testa, mormorando: - Mi sa che stai passando il segno.
Archibald ridacchiò, mettendo giù Anja che a quanto pareva aveva voglia di sgranchirsi le gambe. Portandosi dietro il povero padre.
Gabriella scattò in piedi. - Non ho problemi a farmi un caffé. Ma allora tu tieni Alf.
Tyr prese il bambino che Gabriella gli mise in braccio, sorridendo. - Ma certo che tengo mio figlio. Pensi che abbia difficoltà?
Gabriella sorrise come se la sapesse lunga, e andò ad appoggiarsi allo stipite della porta, fissandoli. Balder si mise vicino a lei, incerto se correre subito a portare alla moglie quanto richiesto o restare a godersi lo spettacolo.
Il figlioletto scoppiò a piangere. Tyr fece una smorfia. - Pensi che non sappia farlo smettere di piangere? Sono il padre! Certo che so farlo smettere! Non è vero... birichino? - gli chiese, come se fosse incapace di parlare al figlio con una voce rassicurante o con i giusti vezzeggiativi.
Balder ridacchiò, Gabriella pure.
- Ti avevo sottovalutata, Gabriella - commentò Ilda, ammirata. - Sei una santa, oltre che una peste. Io non sarei in grado di gestire quello lì. E non parlo del bambino.
Tyr mise il broncio, cambiando posizione al piccolo che piangeva sempre più forte. - Io non ho bisogno di essere gestito. Insomma, lo sanno fare tutti...
Thorn alzò gli occhi dai suoi documenti, mentre Ofelia gli tirava la manica della giacca nascondendo un sorriso nella sciarpa.
Dopo altri dieci secondi di strepiti, Tyr scattò in piedi e corse fino a dove si trovava Gabriella. - Ci vuoi latte e zucchero nel caffè? - chiese sconfitto. Persino la sciarpa gli scompigliò i capelli, delusa.
Gabriella ridacchiò. - Anche della panna montata, ho bisogno di quella dolcezza che mio marito non mi dà.
- Mio marito me la dà, ma anche per me della panna, grazie Tyr! Cioccolata calda con la panna, anzi! - rincarò Ilda, malefica.
- Non volevi acqua e limone? - le domandò Balder, che faticava a stare dietro alle sue voglie.
- Nah, l'idea che Tyr mi faccia preparare la cioccolata è molto più allettante.
Balder sorrise trionfante al fratello, tornando da Ilda. Non prima però di aver preso il nipotino dalle braccia della cognata. Alf smise subito di piangere. Il sorriso di Balder divenne ancora più fulgido.
- Non vale usare i ponti - brontolò Tyr.
- Non li sto usando. Ti ho già detto che non li testerei mai su un bimbo. Non è vero, piccino? - chiese poi a Alf con una vocina sciocca, facendolo ridere.
Tyr sbuffò.
- Non avevi detto di avere il controllo? - domandò Thorn di punto in bianco, fissando il figlio con... era una luce divertita negli occhi, quella?
Tyr spalancò la bocca mentre gli altri scoppiavano a ridere. Se ne andò con la coda fra le gambe, bofonchiando: - Aspettate che cresca e vedrete quanto mi adorerà, quel piccoletto.
Ofelia abbassò la mano fino a stringere il mignolo di Thorn, divertita. Lui inglobò direttamente la sua piccola mano nella sua.
Quando Tyr tornò, ossequioso, nessuno infierì oltre. Tyr era abbastanza umorale.
Serena andò a sedersi vicino ai genitori, passando Agnes a Thorn quando lui allungò le braccia.
Nonno. Ancora Thorn non riusciva a crederci. A volte non credeva nemmeno di essere padre, figuriamoci nonno. Con già quasi quattro nipoti, oltretutto! E a tutti risultava ancora sorprendente vedere come Thorn ci tenesse a quei piccoli fagottini piangucolosi. Tyr, Serena e le gemelle ricordavano bene, grazie alla loro memoria, come fosse come padre quando erano loro i neonati. Sapevano che li aveva addormentati, cullati (a modo suo) e lavati innumerevoli volte, ma osservare quelle scene con i propri occhi da fuori era più destabilizzante.
Ad Ofelia invece si riempiva il cuore di gioia e commozione.
Archibald le sorrise e si avvicinò per dare a lei Anja, così che i nonni avessero in braccio entrambe le nipoti. Se gli faceva impressione vedere che Ofelia e Thorn erano già nonni mentre lui era appena diventato padre, nonostante fossero praticamente coetanei, non lo dava a vedere. Così come non dava a vedere la preoccupazione che gli rodeva lo stomaco: avrebbe dovuto proteggere le figlie da uomini come lui, quando fossero cresciute. Che amara ironia!
- Comunque non è che io abbia obbligato Balder, eh! - disse di punto in bianco Ilda. - Lui era d'accordo.
Balder avvampò. - Sì, tesoro, penso che l'abbiano capito.
Tyr sogghignò, riprendendosi dal precedente smacco. Per poi essere nuovamente colpito. - Evita battute, Tyr, che almeno io il controllo l'ho avuto. Sai com'è... nessuna svista.
La zia Roseline scelse proprio quel momento per entrare in salotto con le gemelle, Randolf e Renard, che si precipitò accanto alla figlia riempiendola di domande. Ilda alzò gli occhi al cielo, ma sorrideva.
- E lasciala un po' stare - borbottò Gaela togliendosi la sigaretta dalle labbra, entrando dietro di loro e spaparanzandosi su una poltrona, mentre Randolf e le gemelle prendevano discretamente posto su un divanetto.
- Se state infierendo su Tyr, ne avrei anche io tante da dire! - esclamò la zia Roseline, interpretando correttamente la faccia soddisfatta di Balder e quella decisamente insoddisfatta di Tyr.
- Ma zia! Vi pensavo mia alleata!
- Assolutamente no, giovanotto. Non solo per quel fattaccio del matrimonio riparatore, ma anche perché me ne hai combinate abbastanza da riempire per intero la vasca da bagno del nipote del prozio Osvaldo.
Tyr si abbacchiò mentre Gabriella rideva e si allungava per dargli un bacio sulla guancia, mormorando: - Il mio bambinone.
Renard invece si girò verso il genero e gli chiese, sempre interessato agli aneddoti animisti: - Che cos'aveva la vasca del prozio Osvaldo?
Balder si strinse nelle spalle, ignorante quanto lui.
Anja invece piangucolò un po', ma Thorn fu lesto a calmarla, attirandosi un'occhiata sia ammirata che affascinata di Archibald. Umilmente, cercando di ingraziarsi il suocero, gli disse: - Ho ancora molto da imparare da voi, temo.
Thorn strinse le labbra in una linea sottile. - Anche un po' di più.
- Comunque mio figlio è l'unico maschio per ora. È speciale! - esclamò Tyr, cercando di riprendersi dalle batoste di prima.
- Tyr! - sbottò Gabriella, esasperata. - Non ti faceva così maschilista! Stai passando il segno.
Tyr si chinò su di lei e la baciò davanti a tutti, sorridendo. - Eddai Gab, stavo solo scherzando. Lo sai che adoro le femminucce.
- Mh... - mormorò lei, poco convinta. - Una devi adorarne.
Tyr ridacchiò e le sussurrò qualcosa all'orecchio, qualcosa che solo lei udì. Qualcosa di sconcio, a giudicare dal rossore che si diffuse sulle guance di Gabriella.
Balder si affrettò a rimetterle Alf in braccio, in modo da separare i due prima che qualcuno si lamentasse, o che Tyr trascinasse via la moglie e scappasse loro anche il secondo figlio.
In quel momento si unirono al quadretto le ultime persone che mancavano: Vittoria, Tom con in braccio una Bernadette addormentata e Berenilde, trasognata dopo una visita a Faruk, che a quanto pareva era andata più che bene.
Per fortuna Thorn aveva scelto di vivere nel castello più grande, altrimenti non ci sarebbe mai stato spazio per tutti. Salame provò a saltargli sulle ginocchia, impedito dalla vecchiaia, ma lui si affrettò a scacciarlo. Poteva anche essere insospettabilmente bravo con i bambini, ma gli animali erano un'altra cosa.
E poi, quanto longevo era quel gatto?!
- Ho una cosa per voi - annunciò Vittoria, facendo ammutolire tutti, persino sua mamma.
Non parlava mai, non attirava mai l'attenzione su di sé... era facile che passasse inosservata, nonostante la somiglianza evidente con uno spirito di famiglia e l'incarnato pallido che sembrava rifulgere di luce propria.
Gaela si sporse dalla poltrona, incuriosita.
Vittoria srotolò un lungo cartoncino su cui erano dipinti in acquerello, con una tecnica incredibilmente realistica, tutti loro... e molte altre persone.
- Chi sono? - chiese Ofelia, strizzando gli occhi.
- Siamo noi... - rispose Serena a mezzavoce. - Ma ci sono...
- Sette ragazzini in più - concluse Randolf per lei.
Vittoria sorrise, visibilmente orgogliosa di se stessa. - Siamo noi, fra qualche anno. Tutti noi.
Balder deglutì. - Sette bambini?! - esclamò con voce strozzata, mettendosi a fare un veloce calcolo di come potessero essere suddivisi quei bambini tra loro cinque fratelli. Bambini ancora relativamente piccoli... avrebbero quindi potuto non essere tutti.
Questa volta, fu Thorn ad allungare la mano per stringere quella di Ofelia. Come se fosse un'estensione dei suoi artigli, Ofelia percepì la sua commozione arrivarle dritta al cuore.
- Siamo noi - mormorò.
Erano loro, la loro famiglia, in quel dipinto. Loro, che avevano dato vita a tutto.
Al centro dell'acquerello c'era Thorn, che svettava anche da seduto. Thorn, circondato da bambini aggrappati a lui. Bambini che lo amavano, che lo cercavano, bastava guardare i loro visi sorridenti e sereni per capirlo.
Erano loro, il loro amore. Il loro futuro.
Un ingranaggio alla volta.
  
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