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Autore: crazyfred    03/11/2022    2 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 21




 
Dopo pranzo, il fotografo della serata a cui Maya aveva partecipato per la rivista aveva inviato le foto: un centinaio di scatti tutti uguali di gente con un bicchiere in mano, in posa di fronte all’obiettivo o fintamente intenti nella conversazione, tanto per darsi un tono impegnato. Nella galleria che avrebbe correlato l’articolo ne sarebbero finite una ventina, non di più. Tolte un paio che ritraevano l’artista davanti alle sue opere, una insieme al curatore della mostra e al direttore della galleria, bisognava decidere chi – più che cosa – avrebbe meritato di essere citato. Quando c’è un evento a Roma, Maya lo sapeva bene, era facile che si trasformasse in un grande circo – per non dire un freak show: dal politico al calciatore, dall’attore teatrale dal nome importante ma semisconosciuto alle reginette di Tik Tok e Instagram, non mancava nessuno; tolti questi, restavano più o meno le solite facce dei prezzemolini dei salotti romani, matrone dai grandi blasoni o lacchè in cerca di collocazione. A lei il compito di fare una prima cernita da sottoporre ad Alessandro.
“Che fai?” Alice aveva questa capacità incredibile di sbucare fuori dal nulla come un folletto dispettoso, facendo sussultare Maya, concentrata nel suo lavoro.
“Scelgo le foto per l’articolo che ho scritto …” 
“Uh! Posso vedere?”
“Accomodati" le disse Maya, palesemente annoiata "sono venti minuti che sfoglio le foto e non riesco a decidermi …”
La ragazza si accomodò sul bracciolo della sedia girevole di Maya, scorrendo con il mouse le foto facendo molta attenzione.
“Comunque questa cosa che Alex ti ha fatto scrivere un articolo è troppo carina! Si vede che ci tiene proprio …”
Maya la guardò di sottecchi, perché questo cambio di schieramento le suonava nuovo; in effetti, però, quando le aveva raccontato della rottura, la prima cosa che Alice aveva chiesto era se fosse davvero così irrimediabile. E forse non lo era, ma Maya aveva bisogno di sicurezze ben maggiori di quelle che aveva cercato la prima volta.  
“Ma sei venuta qui per passare il tempo o a farti i fatti miei?”
“Tutt’e due … pomeriggio morto. Fammi compagnia altrimenti inizio a parlare da sola e chiamano il CIM”
“Va bene” l’assecondò, divertita “ma abbassa il volume, non ti chiami Olivia”
“Tesò” disse la collega, imitando il tono di voce e l’inflessione della loro nuova amica in comune “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”
Maya cercò di trattenere la sua risata per non attirare l’attenzione, tirandole una gomitata, ma fu un’impresa titanica. Lei era sicuramente una delle poche cose che le sarebbero mancate di quel posto.
 
A fine giornata, Alex stava controllando dei report sul traffico del loro sito che gli aveva mandato il webmaster e non c’era cosa che più odiava. Così come la parte amministrativa, non lo faceva per piacere eppure negli anni questo aspetto del suo lavoro aveva finito per soverchiarlo più di quanto volesse o ammettesse, ma gli toccava assolvere anche a quelle noiosissime incombenze. Mentre leggeva l’ennesimo grafico, il computer gli notificò l’arrivo di una mail dalla posta elettronica di Maya. Erano le foto che le aveva chiesto.
Per curiosità e staccare un po’ il cervello, aprì immediatamente la cartella con le foto. Ovviamente erano le solite carrellate di foto più o meno tutte uguali che si avevano ad eventi del genere, niente di trascendentale. Tuttavia c’era una foto che colpi la sua attenzione: Gianmaria Ludovisi era con Maya. Lei, manco a dirlo, era assolutamente un sogno. Non che ci fosse bisogno di rimarcarlo, la vedeva tutti i giorni e tutti i giorni gli faceva girare la testa. Ma in quella foto semplicissima, in posa davanti ad un obiettivo qualunque, senza particolari pretese, fasciata da un semplice abitino bianco, veniva fuori tutta la complessità della sua anima: semplice e sofisticata, elegante e sensuale. I suoi sensi risvegliarono il ricordo del contatto, delle lunghe notti insieme, dei baci e delle carezze. Quasi poteva sentire sotto i suoi polpastrelli la seta di quelle gambe, lunghe e bianchissime, che sembravano chilometriche sotto il vestito cortissimo; sulle labbra il velluto delle sue labbra dolci, dal naso fino alla testa il profumo che tanto amava e che era così lontano ora che a volte gli sembrava un’allucinazione olfattiva.
Gli riusciva fin troppo facile immaginarsi benissimo in mezzo a tutta quella gente mano nella mano con lei, presentarsi come il suo compagno ai vecchi amici che non vedevano l’ora di spalare merda su di lei ed era stato tentato fino all’ultimo di andarci davvero, riuscire ad entrare anche se non in lista non era un problema per lui ma doveva essere la serata di Maya, in cui avere la possibilità di capire che quella era la sua strada. E infatti vedeva il suo volto e si inorgogliva: era sicura di sé, forte, libera di poter guardare dall’alto in basso le persone senza paura di venire scoperta a mentire.
Il problema era che di fianco a lei, con un braccio attorno alla sua vita, c’era un altro ragazzo. Altissimo, biondissimo, gli occhi non riusciva a vederli bene ma probabilmente erano azzurrissimi … una specie di dio Thor meno palestrato e più vestito, con un bel completo di sartoria inglese. Non c’era niente da poter leggere in più in quello scatto, niente che facesse intuire che fosse qualcuno importante per lei, ma la mente – quella piccola bastarda che lavora col favore delle tenebre quando siamo già scombussolati di nostro e la vita ci rema contro – non ci mette niente ad organizzare un castello di fantasie o incubi.
E siccome il cuore sa essere l’alleato numero uno della mente quando c’è da fare qualche danno, ad Alessandro venne la brillante idea di chiamare Maya nel suo ufficio.
“Aehm senti …” ormai la cazzata era fatta e bisognava trovare un modo per porvi rimedio senza sembrare un disperato o peggio uno stalker … pensa, Alex, pensa “stavo controllando le foto che mi hai mandato e ce n’è una in cui mancano le didascalie con i nomi. Due persone le riconosco ma la terza no …”
“Ah sì? Fammi vedere …”
Alex girò lo schermo del computer perché potesse vedere la foto.
“Oddio c’è un errore, non ho selezionato questa foto, devo averla inserita per sbaglio!” si scusò; ad Alessandro sembrava sinceramente mortificata, più per la gaffe che per la foto in sé. Tuttavia questo non riuscì a tranquillizzarlo totalmente e sentiva il bisogno di sapere comunque, curioso come una comare di paese.
“Va beh, non è una foto da buttare, alla fine potremmo metterla comunque … la nostra inviata con Gianmaria Ludovisi, curatore della mostra” recitò “e …”
“… e il proprietario della t-shirt dei The Clash” completò la frase Maya, sarcastica.
“Come?”
“Quello è Lorenzo, Alex, mio fratello”
Maya avrebbe giurato di aver sentito un sospiro o comunque un verso di sollievo da parte di Alex. Alex era … geloso. Questa era una novità assoluta. Lo conosceva come una persona estremamente sicura di sé che mai e poi mai si sarebbe messo in competizione con altri uomini, ritenendosi superiore. Ed ora invece era dubbioso e preoccupato di … perderla. Non l’aveva fatto apposta, aveva davvero messo la foto per sbaglio nella cartella inviata ad Alex, eppure era contenta dell’effetto sorbito: in un certo senso era proprio quello che voleva da lui, che non la desse mai per scontata. Non era sufficiente ma era un inizio.
“Ah ok” ridacchiò imbarazzato.
Vuoi perché i due non erano particolarmente legati, a differenza di Maya e Lavinia, vuoi perché non c’era mai stata veramente l’occasione, Alex non aveva idea di che faccia avesse Lorenzo; ora che lo sapeva, poi, si dava da solo dello stupido per non averlo intuito: innanzitutto c’era il vestito, che ad un occhio attento come il suo, aveva dato già un grosso indizio: di sicuro era stato confezionato a Londra, a Saville Row, e poi era come se qualcuno avesse fuso insieme pezzi dei volti di Maya e Lavinia sul corpo di un uomo.
“Sì, è tornato da poco a Roma … anche lui conosce Giangi e non lo vedeva da tanto così mi ha accompagnato alla serata”
“Non c’è bisogno che mi dai alcuna spiegazione …”
“Comunque preferirei non pubblicassi quella foto. Ce la siamo fatta scattare in simpatia, come ricordo della serata”
“Certo che no, non ti preoccupare” le disse, gentile.
Maya lo ringraziò e fece per andarsene quando Alessandro, mentre tornava al suo lavoro riprese: “Eri bella quella sera, ma tu sei bella sempre …”
Maya incassò quel colpo, dritto al cuore, con estrema difficoltà. Quella voce dolce e calda che la riportava indietro di pochi mesi che però sembravano un’eternità e ringraziò il cielo di essere di spalle e non di non averlo guardato negli occhi mentre lo diceva. E se ne tornò a sedere alla sua scrivania come se nulla fosse, e quasi le dispiacque fare la figura della stronza, ma non era ancora pronta tornare a fidarsi di lui.


Un paio di mattine dopo, Maya si recò al lavoro di buon’ora, con una strana leggerezza addosso. Avrebbe presto salutato RomaGlam, non aveva ancora trovato un’alternativa, però questo non la demoralizzava. Nonostante l’incertezza per il futuro, liberarsi di quell’ambiente tossico, di parole pronunciate alle spalle, sgambetti continui, pettegolezzi e cattiverie, era una conquista più che una perdita. Le dispiaceva lasciare Alice da sola, ma ora che si erano trovate come amiche anche al di fuori della redazione, vedersi non sarebbe stato un problema. Quanto ad Alex … beh la distanza sarebbe stata la prova del nove per entrambi.
Nel frattempo l’articolo era stato pubblicato e si era tolta anche quel peso. Nessuno aveva gridato allo scandalo, né i proprietari della galleria, né i portavoce dell’artista, né alcuna celebrità nominata nell’articolo. Le opzioni erano due: o l’articolo era piaciuto, oppure era passato totalmente inosservato e lei propendeva di più per la seconda opzione.
“Ciao Alice!” salutò, passando davanti alla reception, borsa e mug di caffè alla mano. L’entusiasmo per la chiusura di quel rapporto di lavoro non era sufficiente levarle il sonno che puntualmente la primavera le metteva addosso. E così andava avanti ad americani ed espressi finché non le fosse venuta la tachicardia: ne era consapevole ed era un rischio che era disposta a correre.
“Ah Maya!” l’amica richiamò la sua attenzione. Appena Maya si voltò, Alice con un colpetto del capo indicò l’angolo della hall con le poltrone, dove il biondino dei colloqui se ne stava seduto, tutto teso: sembrava un manichino dei grandi magazzini, una specie di installazione artistica iperrealista. “È tutto tuo …” ammiccò Alice.
“Non incominciare … se ha 25 anni è già tanto!” commentò Maya a bassa voce.
“Va beh ma i toy boy vanno di moda. E poi sarebbe un bel cambiamento rispetto al precedente”
Maya scosse la testa “Tu non stai bene …” Alice era fatta così: caustica, impertinente, volubile. Ed era impossibile non volerle bene così com’era.
“Scusa … tu sei il ragazzo dell’altro giorno, dei colloqui … giusto?” domandò, avvicinandosi.
Il biondino scattò sull’attenti, sistemando la giacca del suo completo blu e la cravatta prima di stringere la mano a Maya. “Fabio Marino, molto piacere”
“Io sono Maya, l’assistente di Alessandro Bonelli … o almeno per i prossimi 10 giorni ancora … poi tocca a te”
“A quanto pare …” balbettò il ragazzo, intimorito.
“Allora … nei prossimi giorni dovrò istruirti un po’, così che non ti venga un collasso il primo giorno che resterai da solo. Vieni con me …”
Il ragazzo, già apprensivo di suo, finì con allarmarsi ulteriormente.
Maya, lanciata un’occhiata complice ad Alice, lo portò con sé alla sua postazione, nell’anticamera dello studio di Alex, iniziando a dargli qualche dritta.
Long story short: questo posto è una specie di Vietnam, ma Alessandro vuole che le relazioni tra il personale siano smart, peace and love, volemose bene e quindi ci chiamiamo tutti per nome”
“Anche il capo?”
“Soprattutto lui. Anzi, lui preferisce Alex. Sarà strano le prime volte, ma ci farai l’abitudine. Ah, non chiamarlo mai capo, lo detesta. Lo lascia fare solo ad Alice di tanto in tanto anche se non so perché. L’unico che chiamiamo per cognome qui è Nardi, l’amministratore delegato, è antipaticissimo ma avrai pochissimo a che fare con lui quindi non ti preoccupare”
Nel frattempo, mentre continuava a parlargli degli orari e degli impegni di una giornata tipo, Maya avviava il pc dello studio, posizionava sulla scrivania i giornali e la bottiglia d’acqua minerale, come tutte le mattine; passati in cucina, mise la moca sul fornello “Questa miscela è personale, non deve usarla nessuno al di fuori di Alex. Qui lo sanno tutti, ma te lo dico in caso arrivasse qualcun altro dopo di te”
“Ricevuto. Ma il dottor Bone- cioè volevo dire Alex non è ancora arrivato e già prepariamo il caffè?!”
“Un paio di minuti e dovrebbe essere qui” disse Maya, controllando sul suo orologio da polso “è una persona estremamente abitudinaria. Preoccupati quando cambia la sua routine, piuttosto …”
Maya si lasciò andare ad un sorriso, ripensando alle parole che aveva appena detto, che il ragazzo non avrebbe mai potuto scambiare per tensione o malinconia. Ma a lei venne in mente il settembre precedente, quando era tornato così profondamente cambiato dalle vacanze che alla fine si era portato appresso anche lei nella sua rivoluzione. E poi, naturalmente, dopo l’incidente del figlio era diventato l’ombra di sé stesso, e anche lì a farne le spese era stata lei. Decisamente quel consiglio che aveva dato a Fabio in quel momento le avrebbe fatto comodo darlo a sé stessa un po’ di tempo prima.
“Sembri conoscerlo molto bene”
Maya, colta sul vivo, si tirò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, imbarazzata. Si sentiva sciocca, perché lui non poteva sapere assolutamente nulla di lei ed Alex “È solo che ho lavorato per lui per 5 anni …”
Mentre la moca borbottava, sentì la voce di Alice pronunciare il suo quotidiano buongiorno capo che annunciava l’arrivo di Alex in redazione. Maya, soddisfatta di aver potuto dare quel colpo d’occhio al nuovo arrivato, cronometrando quasi al centesimo l’arrivo di Alessandro, scrollò immodestamente le spalle. Non aveva nulla contro quel ragazzo ma le dava un po’ di gusto stuzzicarlo, far tornare a galla la Maya un po’ sborona di un tempo.
“Portagli tu il caffè” disse a Fabio “così ti fai vedere. Niente zucchero”
 
Alessandro non era particolarmente di buon umore, non aveva dormito bene quella notte e non sapeva spiegarsene il motivo. Forse erano i primi giorni di caldo, forse aveva fatto qualche brutto sogno di cui non si ricordava, ma dopo aver dormito un paio d’ore, aveva passato il resto della notte a rigirarsi nel letto tentando invano di riaddormentarsi. Alla fine si era alzato, quando il camion della spazzatura aveva iniziato a fare il giro del quartiere e dal divano aveva acceso la tv sulla BBC World.
In piedi alla sua scrivania, iniziò a sfogliare i quotidiani che Maya gli lasciava maniacalmente ben disposti sul tavolo, come d’abitudine. La solita politica vuota e sciatta, qualche caso di cronaca, l’economia che non riusciva a venir fuori dal buco nero, il solito anestetico del calcio che funzionava come i giochi negli anfiteatri romani: così potevano riassumersi i giornali, che leggeva perché faceva parte della sua routine, ma non avevano nulla di nuovo da raccontare.
Mentre indugiava su un articolo che raccontava la mostra di La Chapelle per capire come se ne erano occupate le altre testate, sentì bussare sulla porta a vetro dello studio mentre nell’aria si spargeva l’inconfondibile aroma di caffè.
“Vieni pure Maya” disse, senza staccare lo sguardo dalla pagina “devi proprio leggerlo questo capolavoro … neanche si sono sforzati di cambiare le parole della brochure che vi hanno dato alla mostra …”
“Ehm … non sono Maya”
Alex alzò la testa di scatto: di fronte a lui c’era il ragazzo dei colloqui, quello che con molto poco entusiasmo aveva scelto per sostituire Maya. Si era completamente dimenticato che era iniziato il conto alla rovescia, che Maya avrebbe lasciato Roma Glam a breve.
“Ah … Fa-fabio, giusto?” domandò, spulciando tra i cassetti della sua memoria per il nome “avevo dimenticato che sarebbe stato oggi il primo giorno, altrimenti sarei venuto prima per le presentazioni”
“Non si preoccupi … cioè … volevo dire … non ti preoccupare, Alice e Maya si sono prese cura di me”
“Non ne dubito” ammiccò, sornione, pensando a quella piccola associazione a delinquere che erano quelle due quando si univano. Maya dava la colpa ad Alice, ma la verità era che se una aveva l’iniziativa, l’altra, divertita, la lasciava sempre fare o le dava man forte.
“Vedo anzi che ti hanno messo subito a lavoro” disse Alex, accennando alla tazzina di caffè.
“Come? Ah sì!” esclamò il giovane, sussultando, molto goffamente e con le mani tremolanti, posando la tazzina sul tavolo evitando per miracolo di rovesciare il caffè sulla tastiera del pc. Ok, era il suo primo giorno di lavoro ed Alex era comprensivo della tensione e l’emotività … ma gli stava passando una tazzina di caffè, non aveva al telefono Mario Testino o Valentino Garavani, tanto per fare due nomi …
“Comunque segui bene quello che ti farà vedere Maya, perché poi dalla prossima settimana sarai da solo…”
“È quello che mi ha detto anche lei: oggi prendiamo le misure e da domani lavoro sul campo. Ma non ti preoccupare” dichiarò, distendendosi di fronte ad un Alex molto più alla mano rispetto al colloquio “imparo in fretta”
“Molto bene … ora per favore falla venire qui che devo parlarle …”
 
“Mi hai fatto chiamare?” disse Maya entrando in ufficio senza aspettare sulla soglia. Ormai era così proiettata al di fuori di quella redazione che non le importava più delle regole base. E ad Alessandro non interessava più che le rispettasse.
"Non lo strapazzare troppo quel poveretto … è già abbastanza emotivo di suo, non infierire”
“Beh tu lo hai scelto …”
La verità era che si era dovuto adattare: aveva scartato già altre proposte dalle risorse umane e non era rimasto molto tempo per cercare altro personale e non voleva gravare sopra alle spalle di Alice dandole doppio lavoro; era palese che nessuno avrebbe sostituito Maya, avevano abbattuto ogni barriera e non si tornava indietro, e chiunque avrebbe preso il suo posto non sarebbe stato mai abbastanza. Ma doveva lasciarla andare, non poteva trattenerla in un lavoro che oggettivamente le tarpava le ali, anche se lei non lo avrebbe ammesso.
“Leggi questo articolo e dimmi se quello che hai scritto tu non è migliore”
Più che un articolo era un mezzo trafiletto che grazie ad una foto e ad un titolone fingeva di avere più importanza di quanto non ne emergesse dal contenuto. In effetti, modestia a parte, il suo era molto meglio.
“E cosa vorresti dire con questo?”
“Che programmi hai …” tentennò “per quando non lavorerai più qui? Hai già trovato qualcosa?”
“Ci sono delle proposte in ballo, sto aspettando che mi chiamino per i colloqui”            
No, non era vero, non aveva trovato ancora nulla, ma non poteva farglielo sapere: conoscendolo avrebbe cercato un’alternativa per convincerla restare o avrebbe fatto telefonate per trovarle un posto e non voleva la sua elemosina o il solito giochetto da supereroe che impressiona la ragazza in difficoltà. “Bene, sono contento”
No, non lo era per niente, e forse quella notte insonne era stata un’avvisaglia inconscia della sua testa di fronte alla loro separazione imminente. Certo restava sempre l’inquilina della casa dei suoi, ma non era la stessa cosa: trovare una scusa per passare da lei sarebbe stato tremendamente difficile.
“Promettimi solo una cosa” continuò “non smettere di scrivere. Sei brava, veramente. Hai un talento naturale per la cronaca mondana. Tutti pensano che sia come scrivere gossip o dei trafiletti prestampati ma per renderla interessante ci vuole ben altro … è un filo sottilissimo su cui camminare … e tu lo sai fare”
“Merito del maestro che mi ha insegnato, io non ho fatto niente”
“E questo come me lo spieghi?”
Alex tolse il cellulare dalla consolle sulla scrivania e gli fece vedere un registro delle chiamate.
“Cos’è?”
“Non riconosci il nome dell’ultima telefonata?”
“Ludovisi. Quel Ludovisi?”
“Quel Ludovisi” annuì Alex vistosamente e compiaciuto di averla presa in contropiede “mi ha telefonato ieri sera per farmi i complimenti per l’articolo”
Come avesse avuto il numero di Alex Maya non poteva nemmeno immaginarlo, ma era Giangi: vietato farsi domande.
“Ma Giangi è un carissimo amico, non conta…” minimizzò, convinta che fosse una spintarella come lo era stato averle presentato l’artista la sera della mostra.
“Non ho finito” la interruppe “mi ha chiamato anche per dirmi che LaChapelle vuole rilasciare un’intervista ad un giornale italiano e sarebbe interessato a lavorare con noi perché gli hai fatto una buona impressione.”
“Non io …”
“No, tranquilla. Lo farò io ovviamente. E poi tu te ne vai … non sono più articoli che ti riguardano, no?”
Alex si morse la lingua: nella sua testa doveva essere una battuta sagace, sarcastica, ma aveva finito per sembrare uno stronzo acido che voleva liberarsi di una collaboratrice traditrice il prima possibile. Il solito coglione …
“No, non lo sono più. Ma non lo avrei preteso neanche se avessi continuato a lavorare qui. Io non sono una giornalista, non è il mio lavoro”
“Ti prego non mi fraintendere, non intendevo sminuirti. Penso veramente che sei brava, dovresti farlo diventare il tuo lavoro … promettimi almeno che ci penserai. Sarei lieto di poter mettere una buona parola con dei colleghi se necessario”
Per la prima volta dopo diverso tempo, Maya tornava a sentire quella sensazione piacevole di fiducia e confidenza. Era dal loro weekend a Santa Marinella che non si sentiva così: come allora la stava fregando, e lei lo stava facendo fare. Non era solo questione di parole, ma il modo in cui le stava pronunciando stava ribaltando la situazione: c’era tutta la sua dolcezza, quella fragilità che aveva imparato a conoscere stando con lui fuori da quelle mura. Finalmente, per la prima volta da settimane, lo stronzo era sparito. E se in riva al mare tutto questo non l’aveva spaventava, anzi sentiva di voler fortemente continuare a provare quella sensazione di benessere, ora la temeva: come poteva tornare a fidarsi, credere che tutto potesse tornare come prima e che non l’avrebbe delusa di nuovo?!
Dal canto suo, Alex cercava in tutti i modi di far trasparire l’onestà dietro il suo pensiero e le sue parole e sperava che quel luccichio negli occhi caldi di Maya fosse un lasciapassare, un segno che forse poteva osare di più. In quel momento, così vicino dal perderla, era come riemergere da un’immersione, prendendo aria a pieni polmoni dopo una lunga apnea.
“Maya!” una voce li richiamò entrambi alla realtà. Fabio, appoggiato allo stipite della porta, timoroso di fare o dire qualcosa di sbagliato “Perdonami ma sta squillando il telefono e non vorrei fare danni”
“Forse … forse è meglio se…” accennò Maya, farfugliando imbarazzata e indicando la sua postazione.
“Sì, vai pure” rispose, con un tono di voce più acuto del solito, scattando come una molla verso la sua scrivania, altrettanto disorientato dallo scoppio improvviso di quella bolla in cui erano rimasti intrappolati inconsapevolmente.
“Perdonami, non volevo disturbare” le sussurrò Fabio,
 mortificato, mentre lei passava la telefonata ad Alex in ufficio.
“Non ti preoccupare, siamo qui per lavorare del resto”
In fin dei conti, quella affermazione era più per sé stessa che per il nuovo arrivato. Quella telefonata, d’altra parte, l’aveva salvata provvidenzialmente da qualcosa di molto pericoloso che, per quanto potesse desiderarla, non era affatto sicura fosse la cosa giusta.
 
A fine giornata, Maya e Fabio prepararono il plico di articoli che Alex voleva, come d’abitudine, portare a casa e leggere stampati. Quando Fabio venne a scoprire questa strana consuetudine, convinto che Roma Glam fosse una rivista online, rimase interdetto.
“Scoprirai che Alex ha tante piccole manie e contraddizioni” commentò Maya, pungente, mentre riordinava i fogli che Fabio le passava “ti abituerai a tutte”
“E se non dovessi?”
“Beh le risorse umane dovrebbero mettersi di nuovo a lavoro, suppongo. Non è un lavoro per tutti, Fabio, non lo nego. A volte bisogna buttare giù bocconi amari, fare buon viso a cattivo gioco visto che in molti qui dentro non ci considerano propriamente parte del gruppo … ma alla fine ci sono anche tante soddisfazioni se si sa cogliere l’opportunità. Eventi, viaggi, contatti con persone importanti … e tenendo gli occhi aperti si impara tanto anche rimanendo un passo indietro rispetto agli altri, ma solo in apparenza”
Parlandone ad alta voce si rendeva conto di che avventura pazzesca erano stati quei 5 anni, quante cose aveva imparato senza nemmeno rendersene conto e quanto lei stessa fosse cambiata, maturata persino, grazie a quel lavoro. E in un certo senso Alex aveva ragione: quello che avrebbe portato via con sé da quell’esperienza non doveva disperderlo accontentandosi del primo lavoro che capitava, solo per la necessità di pagare un affitto. Forse era arrivato il momento di iniziare a pretendere di più e di meglio per sé stessa: non per chissà qualche diritto di nascita, non per il suo cognome o la sua provenienza, ma semplicemente per le sue capacità e il merito.
“Ragazzi io andrei” esclamò Alex, uscendo dal suo ufficio con la sua cartella a tracolla. Fabio, goffamente, si precipitò a prendergli la giacca nel guardaroba mentre Maya gli porgeva il menabò.
“Ti ringrazio, ma non c’era bisogno. Da lunedì sarai il mio assistente, non il mio valletto” disse, ma con un sorriso affabile per cercare di non mettere ulteriormente in difficoltà il ragazzo, ancora visibilmente impacciato nonostante fossero arrivati alla fine del suo primo giorno di lavoro. “A tal proposito … so che te lo dico con poco preavviso, ma è venuto fuori poco fa … venerdì devo andare a Berlino, avrei bisogno che venissi con me. Se non ricordo male parli anche tedesco, no?”
“Sono madrelingua in effetti, mia madre è tedesca”
Ora che conosceva questo dettaglio di lui, Maya capiva perché dal primo secondo la sua mente la rimandava a Tutti Insieme Appassionatamente e ai figli del Barone Von Trapp; dovette trattenersi dal ridere sguaiatamente a l’immagine di quel ragazzo biondo e mingherlino vestito alla marinara con tanto di calzoncini e calzettoni bianchi che ora il suo cervello non smetteva di proiettarle davanti agli occhi.
“Allora è perfetto, verrai con me. Maya … aiutalo tu con tutte le prenotazioni, vi ho lasciato una nota sulla scrivania con la schedule del viaggio”
“Ma sei sicuro, Alex?” non poté evitare di chiedergli la ragazza, soprattutto perché vedeva il novellino in difficoltà. Glielo leggeva negli occhi: era terrorizzato all’idea di affrontare quel viaggio così presto, ma non riusciva a dirglielo. “Forse è ancora prestino. E poi a Parigi sei andato da solo…”
Non aveva tirato in ballo Parigi a caso. Voleva colpire nel segno e sembrava esserci riuscita perché vide Alex freddarsi davanti ai suoi occhi e tentare di dissimularlo malamente. Lei gli era più utile a Roma, lui dopo neanche una settimana di pratica lo se lo portava a Berlino. Era invidiosa? No, si era semplicemente rinnovata in lei la delusione per quello che era successo tra loro e per l’uomo che si era rivelato.
“A Parigi c’era Nardi con me e comunque eravamo ospiti e ci avevano assegnato un assistente locale. Stavolta è tutto diverso” si giustificò “e poi vado da solo. Tu che dici Fabio, pensi davvero che sia presto per te viaggiare con me?”
“N-no … è… è solo che magari per un viaggio di lavoro avresti bisogno di qualcuno con più … più esperienza diciamo.”
“Peccato che quella persona chiuderà il suo rapporto con noi proprio venerdì e io non torno prima di martedì, quindi come si dice: via il dente, via il dolore”
Alle orecchie di un estraneo come poteva esserlo Fabio, quella frase suonava totalmente riferita al battesimo di fuoco che si stava via via profilando per il povero novellino, ma il veloce scambio di sguardi tra Alex e Maya suggeriva che ci fosse qualcosa più: il dolore che Alex voleva esorcizzare, mandare via, era – e lo sapevano entrambi – quello per la loro separazione. Non ci dobbiamo perdere se non vuoi urlava una vocina vicina al cuore di Maya; un po’ più su, dentro la sua testa, una seconda le ricordava di tenere i piedi saldamente ancorati a terra invece che partire per i suoi castelli in aria.
“Beh allora se la metti così, non credo ci sia altra scelta.”
“No infatti, per nessuno di noi due. Dai che sarà una bella esperienza. Mi dispiace Maya”
“E di cosa? Hai perfettamente ragione, il mio contratto si chiude venerdì.”
“No … voglio dire … mi dispiace non esserci per salutarci”
“Meglio così, non mi sono mai piaciuti gli addii”


 

Oggi capitolo lungo ma mi sono resa conto che era necessario vista la lunga pausa, spero abbiate gradito.
Un saluto a chi legge la storia, a chi la commenta, a chi non la commenta (mi piacerebbe sentire anche la vostra voce) e un appuntamento alla prossima settimana, come sempre tra giovedì e venerdì a meno di cambiamenti dell'ultimo minuto. A presto,

Fred ^_^
 
   
 
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