Nubi
grigie coprivano il cielo e la pioggia cadeva sulle strade deserte,
trasformandole in fiumi impetuosi.
Di
tanto in tanto, un fulmine riempiva l'aria di una forte detonazione e
illuminava la città d'un bagliore livido.
Lo
sguardo di Vulcano Rosso, attento, vagava sul paesaggio. In quei
momenti, i ricordi, vivi, riemergevano nella sua mente.
Lacrime
sottili bagnarono le sue guance e la sua mascella, d'istinto, si
irrigidì. Certo, era riuscito a riprendersi, ma non l'aveva mai
dimenticata.
Flora
Gentile era un ricordo sempre vivo nella sua memoria.
Strinse
il pugno, ma un singhiozzo strinse il suo petto. Lei, innocente, era
stata colpita per la sua appartenenza a quell'organizzazione crudele.
Loro
non avevano avuto il coraggio di affrontare lui e avevano ucciso lei.
D'istinto,
abbassò lo sguardo sulle sue mani. Aveva percepito, in
quell'istante, l'umido calore del sangue di lei sulla sua pelle.
Un
lungo, sgradevole brivido percorse il suo corpo. I suoi sensi, in
quel momento, avvertivano il gelo, che, implacabile, si impadroniva
del suo corpo.
Con
un gesto nervoso, allontanò le lacrime. Aveva giurato che non si
sarebbe lasciato piegare dalla sofferenza.
Nessuno
avrebbe dovuto sopportare il medesimo dolore da lui patito.
La
giustizia era diventata un faro della sua vita.
Eppure,
perché il dolore non si allontanava?