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Autore: Stella Dark Star    05/11/2022    0 recensioni
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita... [] Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. [] Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
Kan, ragazza madre che rischia di vedersi portare via le figlie gemelle, con queste parole comincia a raccontare la propria storia, partendo dalla ricerca per ricongiungersi col fratello gemello Ken, la sua metà e unica àncora nella vita. Una sorta di diario personale ricco di esperienze, di emozioni, di amicizie profonde come quella con Kazutora e con Angry e altre complicate tipo Baji e Ryusei, della sua prima storia d'amore con Mikey e delle difficoltà della crescita che l'hanno condotta pian piano sull'orlo del baratro, ma con la speranza che per lei possa in qualche modo esserci un lieto fine.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kazutora Hanemiya, Ken Ryuguji (Draken), Manjirou Sano, Nuovo personaggio, Shuji Hanma
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 3
[Good Change]
 
Tutto sommato lo scenario era romantico. La pasticceria sembrava una torta colorata di tinte pastello, l’aria era deliziosamente pregna del profumo della frutta e della pasta di zucchero. Gran parte dei tavolini erano occupati da giovani coppiette di studenti che si godevano gli ultimi giorni di vacanza prima del ritorno a scuola, e tra loro c’erano anche Mikey e Kan. Più o meno. Era stata lei ad invitarlo lì, nella sua pasticceria preferita, per poter parlare con calma, però da quando erano arrivati non avevano quasi spiccicato parola e Kan mostrava una certa tensione. Non riusciva a guardarlo in faccia e, cosa strana, non aveva ancora toccato l’enorme fetta di torta che aveva ordinato, al triplo cioccolato e con una grossa fragola sulla sommità. Non che lui avesse fatto molto, aveva a malapena sbocconcellato il tortino di crema pasticcera con spicchi d’arancia…
Era passata una settimana dal giorno del compleanno, lui aveva riflettuto su quanto accaduto e le aveva lasciato del tempo per fare altrettanto. Era stato contento di sentire la sua voce al telefono per quell’invito. Vista la situazione, era il caso che fosse lui ad iniziare il discorso? Con la coda dell’occhio, sbirciò l’ampia vetrata della pasticceria. Era inquietante sapere che Draken era là a fare da palo e continuava a lanciare occhiate all’interno. Naturalmente Kan si era confidata col fratello, e anche lui aveva fatto lo stesso, in quanto suo migliore amico. Forse si era lasciato andare un po’ troppo. Dirgli che amava sua sorella e che avrebbe fatto qualunque cosa per conquistarla, aveva fatto aumentare l’istinto di protezione in Draken. In pratica si era tirato la zappa sui piedi da solo! Ma questo non doveva essere un ostacolo. Posò la forchettina, il rumore attirò l’attenzione di lei.
“Kan, io sto bene!” Disse lui, sorridendo.
Lo sguardo di Kan ebbe un tremolio, la forchettina che rigirava tra le dita. “Ma io…ti ho ferito…”
“Sono sicuro che non volevi farlo! Avrai avuto un motivo, no? Per questo mi hai chiesto di vederci?”
Quel ragazzo era meraviglioso e questo la faceva sentire ancora di più uno schifo. Dopo la festa aveva pianto tra le braccia di Draken per un bel po’ e le c’era voluto del tempo per trovare il coraggio di telefonare a Mikey. Eppure lui era lì, sorridente, e stava cercando di aiutarla ad affrontare la questione. Era meraviglioso…e maledettamente figo!
Come per darsi la carica, diede una bella forchettata al dolce e se ne ficcò in bocca un bel boccone. Dio quant’era buona… Riusciva a sentire tutti e tre i tipi di cioccolato e la carica di zuccheri che le scorreva nelle vene. Ingoiò rumorosamente, mentre Mikey la osservava con interesse.
“La verità è che tu mi piaci tantissimo!”
Si rese conto di aver gridato quando tutto attorno si creò il silenzio e gli occhi delle persone si puntarono su di lei.
Aggrottò le sopracciglia. “Scusate, posso avere un po’ di privacy? Sto cercando di dichiararmi!” Lo disse alzando ancora di più la voce, per la cronaca.
Fuori, Draken si batté una mano sulla fronte e preferì voltarsi. Al contrario, Mikey si sentiva il più fortunato del mondo. La ragazza che amava era davvero tosta!
In qualche modo, il mondo tornò a girare regolarmente, a parte alcune facce perplesse, varie risatine e qualche incoraggiamento.
“E’ così, Mikey. Tu mi piaci così tanto che mi viene da piangere ogni volta che ci penso. Però…” Ecco la parte difficile.
Mikey le fece segno con la mano di continuare. “Dimmelo, Kan. Aiutami a capire.”
Lei fece un cenno col capo. “Ho paura. Tu sei incredibile, sei rispettato e temuto e…la tua fama non farà altro che crescere.” Prese respiro e proseguì. “Non credo di potercela fare. Se diventassi la tua ragazza, dovrei sostenere un peso enorme. E poi io non sono alla tua altezza.” Si fermò e spalancò gli occhi. “Cioè, intendo il tuo valore, non la tua statura! Quella non è assolutamente un problema! Giuro!”
A Mikey venne spontaneo ridere. “Mi piaci anche quando sei così impacciata!” Però poi scosse il capo e la tranquillizzò. “Non devi pensarci. Chiunque diventerò, tu sarai sempre perfetta per me. Ma se per te è troppo essere la ragazza di Mikey, allora…” Allungò la mano sul tavolo e la posò sulla sua. “Diventa la ragazza di Manjiro!”
“Manjiro…” Sussurrò lei, sentendosi più sollevata. Ma non ancora convinta.
“Non ti metto fretta. Voglio che tu ti senta a tuo agio con me. Se vuoi possiamo restare amici e provare ad uscire da soli ogni tanto per conoscerci meglio!” Che era esattamente ciò che gli aveva detto Shinichiro quella volta.
Finalmente Kan sorrise. “Mi piacerebbe uscire da sola con te!”
“Se ti va possiamo anche baciarci! Mi è piaciuto un sacco quello che ci siamo dati!”
“Non dire cose imbarazzanti!” Lo rimproverò lei, a mezza voce, per non attirare di nuovo l’attenzione di tutti. Mosse la mano sotto la sua per intrecciare le dita. “Per me va bene… Anche io voglio baciarti ancora…” Ammise, con un accenno di imbarazzo.
Soddisfatto, Mikey ringraziò col pensiero le prime divinità che gli vennero in mente, primo fra tutti Buddha, e poi concluse con un: “E ora godiamoci i nostri dolci!”
Kan ridacchiò. “Sì! Questa torta è squisita! Vuoi assaggiare?”
“Sì!” E fu parecchio contento di farsi imboccare con la stessa forchettina che prima si era messa in bocca lei.
“Ti faccio assaggiare il mio?” Propose poi.
Lei abbozzò una piccola smorfia. “Scusa… L’arancia così al naturale non mi piace.”
Mikey abbassò lo sguardo sul dolce, con aria guardinga. “Quindi oggi non posso baciarti. Capito. Dovrò stare più attento a questi dettagli.”
Fu in quel momento che si accorsero di una presenza fra loro. Voltarono gli sguardi nella stessa direzione e videro Draken, in tutta la sua altezza, lì in piedi con in mano una fetta ti torta al cioccolato e ciliegie. E uno sguardo tremendamente serio. Le mani dei due, ancora intrecciate, si allontanarono all’istante. Solo allora Draken sorrise. “Posso unirmi a voi, adesso? Mi sembra che abbiate chiarito!”
Mikey e Kan, senza un motivo, o forse per allentare la tensione, scoppiarono a ridere.
“Tsk! Non è divertente! Comunque sono entrato perché stavano per cacciarmi, credendo che fossi uno stalker.”
Tale confessione li fece ridere ancora di più. Una risata che, fortunatamente, contagiò anche lui.
*
 
“Quindi voi due cosa siete adesso?” Saltò fuori Baji di punto in bianco, anche se dal tono spento sembrava tutt’altro che interessato. Un ottimo modo per turbare la quiete di un pomeriggio di sole settembrino, in un fine settimana. Comunque…la domanda era rivolta ai due che camminavano fianco a fianco e che non rispondevano di proposito.
“Di che cosa stai parlando?” Chiese Draken.
“Per precisare, non che me ne freghi qualcosa. Era solo per un aggiornamento. Dopo che tua sorella ha scaricato Mikey al compleanno, non mi avete detto più niente. Ho capito da solo che hanno chiarito, però…come sono messi?”
Tenendo lo sguardo rivolto altrove, Kan rispose. “Siamo amici. All’incirca.”
Momento di silenzio, poi a Draken venne un dubbio. “Che significa all’incirca?”
“Be’…ci stiamo frequentando…”
“Quindi quel giorno in pasticceria che cavolo avete…” Si fermò, ricordando la scena delle loro mani intrecciate sul tavolo. “Ehi Kan, c’è qualcosa che devi dirmi? Qualcosa che forse ho frainteso?” La afferrò per il braccio e l’attirò a sé, lo sguardo indagatore di lui si fissò su quello ansioso di lei. Ahi!
“Non è che c’entra qualcosa con i tuoi misteriosi impegni di questo periodo, che guarda caso coincidono con le scuse assurde di Mikey quando dice che non può vedermi?”
Praticamente si era risposto da solo! Scosse il capo e usò un tono meno severo. “Non trattatemi da scemo! Se state uscendo ditelo e basta!”
“Ma-ma io temevo che ti arrabbiassi come al solito!” Si giustificò lei.
“Sono tuo fratello, dovresti fidarti di più di me, accidenti!”
Vista la svolta, Kan si sentì più rilassata e riuscì a sorridere. “Sei il miglior fratellone del mondo!”
E Baji lì vicino che, mantenendo il suo modo di fare freddo e distaccato, concluse. “Quante storie per una cosa così banale… Neanche fosse la notizia dell’anno.”
Finalmente, il quarto del gruppo si decise ad entrare nella discussione. Anzi, prima masticò bene e ingoiò un biscotto alle mandorle che aveva dimenticato nella tasca dei pantaloni, un biscotto che la piccola Emma aveva preparato a scuola durante le ore di economia domestica. Poi si affiancò a Baji e scimmiottò il suo andamento indifferente. “Già, è una cosa normalissima.” Attese alcuni istanti e poi non riuscì a resistere e il suo viso si accese di entusiasmo. “Non è vero! In realtà io e Kan ci baciamo sempre, quando siamo da soli!”
“CHE COSAAA?” Tuonò Draken, per poi afferrarlo per la maglia. “Dannato nanerottolo!”
Non si con quale coraggio Mikey continuò a sorridere, nonostante la minaccia, mentre Kan era diventata quasi viola e non aveva idea di cosa dire o fare per risolvere quel casino. E Baji fingeva di non vedere nulla. Insomma, uno scenario tipico di questo quartetto!
*
 
Dato che per il cappotto era troppo presto, la giacca della divisa scolastica non le era mai piaciuta e il gilet grigio da solo non era abbastanza a scaldarla, Kan aveva saggiamente scelto di indossare un’ampia e vaporosa giacca di lana lavorata a mano, per proteggersi dalla brezza autunnale. Durante le ore di scuola aveva dovuto tenerla nascosta nell’armadietto, giusto per non beccarsi una ramanzina, ma una volta fuori aveva felicemente compiuto la trasformazione! Le lunghe maniche le arrivavano a metà mano, mentre l’abbottonatura bassa lasciava scoperta una buona porzione di camicia bianca e il papillon della divisa. Sul fondo si vedevano appena pochi centimetri della gonnellina plissettata nera. Stretto nella mano teneva il cordino di una borsetta. Si chinò sulle ginocchia ed ecco che i lunghi capelli sciolti le ricaddero sul viso, facendola sbuffare. Sistemò le ciocche dietro le orecchie per la millesima volta. “Come ho fatto a dimenticarmi l’elastico?”
Tolti gli scocciatori, si dedicò al motivo per cui era andata lì in quel famoso parco di Shinjuku. Fra le foglie che erano a terra ne scelse una e la sollevò tenendola per il gambo. Era perfetta, ampia e di colore rosso acceso con qualche nervatura marrone. Kan sorrise. “Tu vieni a casa con me!”
Ripose la foglia con cura dentro la borsetta, assieme alle altre che aveva raccolto, quindi si rialzò in piedi e proseguì la ricerca. Era così assorta a guardare le foglie cadute al suolo, che accidentalmente finì con l’urtare qualcuno accanto ad un albero.
“Oh chiedo scusa! Ero distratta!” Disse immediatamente, facendo un inchino.
“Non fa niente! E’ anche colpa mia che ero qua fermo a fissare una cosa!”
Quella voce…? Kan si rialzò di scatto. Quei grandi occhi color ambra, quel neo sotto l’occhio destro, quella frangetta lunga e i capelli ordinati da bravo ragazzo.
“Ah!” Dissero all’unisono, indicandosi a vicenda.
“L’amico segreto di Kei!”
“La gemella strafiga di Draken!”
E a quel punto Kan sbottò. “Mi hai lasciato questo soprannome imbarazzante? Io mi chiamo Kan!”
Il povero ragazzo fece un passo indietro, visibilmente a disagio per quella reazione. “Be’ allora anche tu chiamami per nome! Sono Kazutora!”
Qualche istante di silenzio e Kan ridacchiò. “Uh uh! Come sei carino con quegli occhioni spauriti!”
“Non voglio essere carino!” Sentenziò lui.
“Va bene, scusa! In realtà sono felice di averti incontrato!”
Kazutora si passò una mano sulla nuca, timidamente. “Anche io… Dopo quella volta ho provato a chiedere a Baji di invitarti a stare con noi, ma lui non ha voluto saperne.”
“Pfuh! Che egoista! Neanche tu fossi un antico tesoro da nascondere!” Rimarcò lei, aggrottando le sopracciglia, ma poi lasciò perdere e fece spallucce. “Adesso siamo soli, per fortuna! Cosa ci fai qui al parco?”
“Sì io…” Indicò qualcosa sulla corteccia dell’albero. “Guardavo gli insetti che si fanno il bozzolo per l’inverno!”
Kan si avvicinò al punto indicato, per vedere meglio. “Oh… Ti piacciono gli insetti?”
“No… Una volta provavo piacere nell’ucciderli… E’ stato dopo aver incontrato Baji che ho smesso e…” Abbozzò un triste sorriso. “Non lo so! Ora li guardo e basta! Li ammiro per il loro modo di sopravvivere alle difficoltà della vita!”
Kan lo guardò con occhioni da cerbiatta e gli sfiorò il braccio. “Che cosa profonda…!”
Ok, una ragazza così carina stava guardando e toccando proprio lui! Che fortuna! Improvvisamente gli era venuto caldo! Era bastato poco per provocargli una tempesta ormonale! Meglio fare qualcosa per calmarsi...dunque…
“Ah ehm… Tu cosa stavi facendo?”
Ora fu lei a indicare qualcosa, puntando verso il suolo. “Le foglie!”
Vedendo l’interrogativo nello sguardo di lui, gli mostrò il contenuto della borsetta. “In autunno raccolgo le foglie più belle e poi le uso per creare delle decorazioni!”
“Forte!”
In quel momento arrivò una folata di vento che fece tremare Kan dalla testa ai piedi. Considerando che aveva le gambe nude era comprensibile.
Kazutora si toccò il giacchetto, però questo era senza maniche. “Cavoli, non ho niente da darti…”
“Non preoccuparti, più tardi con un bel bagno caldo tornerò in temperatura!” Scherzò lei, senza però convincerlo.
Infatti la prese sottobraccio, avvolgendole le spalle, e propose: “C’è un ristorante di ramen, qui vicino! Andiamoci!”
Già con quella premura, Kan sentì un piacevole calore dentro di sé.
Giunti al ristorante presero posto al bancone e vennero accolti da un signore coi capelli grigi e un gran sorriso bonaccione. “Cosa vi porto, ragazzi?”
“Per me una porzione abbondante vegetariana, grazie! Tu Kazutora?”
Lui, che stava sbirciando all’interno della tasca del giubbino, per contare le monetine, ebbe un piccolo sussulto prima di rispondere impacciato. “Non ho fame! Sono a posto!”
Kan sollevò un sopracciglio. “A chi vuoi darla a bere?”
“Eh?”
Ignorandolo, Kan diede l’ordine all’uomo. “Una porzione piccante per il mio amico!”
Kazutora rimase a bocca aperta. “Ma…?”
“Cosa? Non ti piace il piccante?”
“No, mi piace! Però… Non ho i soldi per pagare!”
In tutta risposta, lei si chinò verso di lui e accennò un sorriso di furbizia. “I miei sono benestanti!”
A partire da quella frase, la conversazione si avviò da sola. Entrambi avevano parecchio da raccontare (e criticare) riguardo la sfera familiare e poterne parlare a ruota libera era senz’altro liberatorio! Si scoprirono sulla stessa lunghezza d’onda!
Svuotate le ciotole e riempite le pance, i due lasciarono il ristorante e, dopo aver attraversato nuovamente il parco, si diressero alla metro più vicina.
“Se Baji sapesse che sono qui con te si arrabbierebbe di brutto!”
“Lo so! Che rompipalle! Io e lui abbiamo trovato un punto in comune, gli animaletti, però per molte cose è ancora così rigido…”
“Io però vorrei tanto rivederti, Kan.”
“Anche io…”
Se fino a un attimo prima erano sorridenti e stavano scherzando, desso camminavano a testa bassa. Kazutora voleva fare una proposta… Strinse il pugno. “Senti Kan, ti andrebbe di vederci noi due da soli qualche volta?”
Lei gli lanciò un’occhiata dubbiosa. “Se Baji venisse a saperlo, saremmo nei guai…”
“Lo so… Lui è il mio migliore amico, siamo molto legati e non voglio cercare lite. Ma questa sua gelosia proprio non la capisco.” Si fermò e la guardò negli occhi. “Prometto che farò di tutto per convincerlo, ma nel frattempo io e te continuiamo a vederci, ti prego!”
Kan sospirò. “Io vorrei che fossimo tutti amici… Ma finché lui non lo capisce…” Gli prese la mano e gliela strinse per sigillare l’accordo. “Ci sto!”
Kazutora si sentì più leggero, come se avesse appena gettato un enorme masso dopo averlo portato sulle spalle per ore. Il pensiero di avere una nuova amica lo emozionava. Sorrise e ricambiò la stretta di quella mano sottile e morbida ma allo stesso tempo forte. “Affare fatto!”
*
 
A fine novembre le temperature si erano abbassate sensibilmente e questo per Kan significava solo una cosa: tragedia! Quel giorno poi il cielo era coperto di pesanti nuvole grigie che davano l’impressione di crollare da un momento all’altro, dettaglio che l’aveva spinta ad indossare il cappotto in feltro della scuola e i calzettoni di lana che le arrivavano alle ginocchia. Il problema era che da quel punto all’orlo della gonna c’erano un paio di spanne di distanza e lei aveva le cosce congelate. C’era qualcosa di sbagliato nel sistema scolastico, per obbligare le studentesse a soffrire così. E il vero inverno non era ancora arrivato! Al solo pensiero, un brivido l’attraversò tutta e Draken, accanto a lei, se ne accorse.
“Cominci a preoccuparmi, Kan…” Disse seriamente. “Penso che non ti rimprovererebbe nessuno se uscita da scuola indossassi i pantaloni della tuta da ginnastica sotto la gonna. Non lo hai mai fatto?”
“Di solito andavo dritta a casa, quindi resistevo.”
Draken le avvolse le spalle con un braccio, per darle un po’ di calore e, tempo un secondo, Kan gli si strinse addosso come una scimmietta neonata! “Waah come sei caldo! Sembri una stufa portatile!”
Lui ricambiò l’abbraccio, sorridendo. “Questo e altro per la mia sorellina!”
Una manifestazione d’affetto dolcissima, che però venne interrotta da un pianto acuto.
I gemelli si scambiarono un’occhiata e poi si voltarono nella direzione da cui proveniva il suono. Poco più avanti c’era un piccolo parco giochi. Corsero fino a lì e videro due bimbe sedute su una panchina, di cui la più grande che piangeva copiosamente, mentre la piccola si tratteneva a stento. Evidentemente erano sorelle, poiché avevano lo stesso colore di capelli di un tenue lilla.
Quando arrivarono loro, capirono subito la situazione nel vedere che ai piedi della maggiore giaceva metà taiyaki con la crema di fagioli azuki spanta in una piccola pozza.
Kan le sfiorò la sommità del capo con gentilezza. “Non piangere, piccola! Non c’è un adulto con te e la tua sorellina?”
La bimba rispose, continuando a singhiozzare. “Il…hic…m-mio…fratelloneeeee!”
“E dov’è?”
Lei puntò il dito in direzione della casetta dei bagni. “In bagno… Hic…ci ha…hic…ci ha preso il taiyaki e…ci ha detto…hic..di aspettarlo qui. La mia metà è…hic…mi è caduta-ueeeeh!”
Draken si guardò attorno e vide che poco più in là c’era un negozio coi dolciumi esposti. “Kan, io vado a prendere un altro taiyaki, tu rimani qui con loro!” E corse via.
Kan si chinò sulle ginocchia per essere all’altezza della bimba. “Hai sentito? Il mio fratellone te ne prende un altro! Ora smetti di piangere, altrimenti farai piangere anche la tua sorellina!”
La bimba guardò l’altra piccola e si accorse dei suoi occhioni gonfi e tristi. Si sentì in colpa e smise subito si piangere. Tirò su col naso e si passò la manica della giacca sugli occhi per asciugare le lacrime.
“Brava, così va meglio!” La elogiò Kan, sorridendo.
Nel mentre tornò Draken, sventolando nella mano il dolcetto. Glielo porse. “Tieni! E’ tutto tuo!”
Lei lo prese lentamente, un po’ intimidita, ma quando ebbe tra le mani il prezioso pesciolino, i suoi occhi brillarono e spalancò la bocca per addentarlo.
Vedendo che si era sistemato tutto, anche la più piccola si calmò e riprese a sbocconcellare la sua metà.
“Mana? Luna? Cosa succede?”
Un richiamo e una figura che correva verso di loro.
Kan fu sul punto di dare spiegazioni, ma Draken la precedette. “Mitsuya?”
Il ragazzo, dai capelli color lilla, sgranò gli occhi su di lui. “Draken? Come mai qui?”
Lui ridacchiò. “Stavo andando a casa tua! Volevo farti una sorpresa!” Poi con la mano indicò Kan. “Lei è mia sorella gemella! Volevo presentartela!”
E allora Kan si fece sentire. “Cosa cosa? Scemo, potevi dirmelo! Mi sarei preparata a dovere!” Si passò rapidamente le mani fra i capelli, anche se erano in perfetto ordine, e fece un piccolo inchino. “Piacere, io sono Kan!”
“Io sono Mitsuya Takashi!” Rispose lui, con tono gentile.
“Sono felice di conoscere il ‘twin dragon’ di mio fratello! Ken mi ha parlato tanto di te!” Gli sbirciò la testa da entrambi i lati e poi si rivolse al fratello con tono critico. “Quindi è vero che gli hai ordinato di farsi crescere i capelli per coprire il tatuaggio. Tiranno!”
“Eeh?” Draken rimase sbalordito da quel rimprovero. “Ma veramente… Cioè, te l’ho spiegato!”
Mitsuya s’intromise bonariamente. “Avevamo un accordo, ha ragione lui! Il drago è suo! Ho infranto la promessa che gli avevo fatto perché credevo che non lo avrei più rivisto, ma…” Fece spallucce, sorridendo. “Tra rinunciare ad esibire un tatuaggio e avere un buon amico, preferisco la seconda!”
Draken annuì per confermare e sottoscrivere! Quindi Kan dovette arrendersi.
“Ti ho appena conosciuto e ho già capito che sei troppo buono…” Sospirò.
“Fratellone…”
Mitsuya abbassò lo sguardo sulla sorellina più piccola, che lo stava tirando per la manica. Mitsuya notò che aveva delle bricioline attorno alla bocca e si premurò di toglierle. “Dimmi, Mana!”
La piccola strinse le ginocchia e lo guardò con occhi lucidi. “Pipì!”
“L’accompagno io!” Si offrì Kan, quindi la prese per mano. “Vieni, piccola!”
Mentre loro due si avviavano ai bagni, Mitsuya diede un’occhiata all’altra sorellina e… “Quel taiyaki mi sembra più grande di prima…” Seguendo la direzione colpevole del suo sguardo, si accorse del mezzo pesciolino a terra vicino ai suoi piedi. “Luna…”
Draken lo informò prontamente. “E’ stato un incidente, non sgridarla! Ho risolto io!”
“Ho visto... Ora non ho soldi da restituirti, ma se andiamo a casa mia vedo se riesco a trovare altri spiccioli in giro.”
Draken conosceva bene la sua situazione familiare e sapeva delle condizioni difficili in cui vivevano lui, le sorelline e la madre. Pr questo la buttò sul ridere e si mise a scuotere velocemente le mani. “No no, non serve! Offro io! Non preoccuparti!”
Il sorriso dolce di Mitsuya fu la più grande delle ricompense. Poi si rivolse alla sorellina con un tono più serio. “Almeno hai ringraziato il mio amico come si deve?”
Luna abbassò di nuovo lo sguardo e arrossì, ma poi prese coraggio e scese dalla panchina. “Graaazieee…”
“Credo sia intimorita dal tuo aspetto!” Scherzò Mitsuya.
“Tutto ok! Piuttosto, è la prima volta che vedo le tue sorelline! Sono carine come mi avevi detto! Sembrano due bamboline!”
“Anche tua sorella è bellissima! E mi hai avvisato del suo caratterino!”
Entrambi risero complici ma…vennero beccati in flagrante!
“Ah è questo che ti ha detto?”
Draken parve sbiancare. “Era un complimento! Giuro!”
“Sé…” Subito cambiò espressione, sgranando gli occhioni a Mitsuya. “In realtà io sono uno zuccherino! Sono gli altri a farmi arrabbiare!”
“Ehm…” Mitsuya era in serie difficoltà a trovare qualcosa da dire, dopo un’affermazione così stramba! Fortunatamente, pur senza saperlo, le sue sorelline lo salvarono.
Luna si aggrappò ad un braccio di Kan, costringendola a prestarle attenzione. “Sorellona, vieni con noi sull’altalena?”
E Mana, che ancora le stava tenendo la mano, ripeté a pappagallo. “Altalena!”
Impossibile rifiutare!
*
 
Dal momento in cui era uscita da scuola, Kan era stata costretta a guardarsi attorno per essere sicura che nessuno la stesse seguendo. Dire una piccola bugia a suo fratello l’aveva fatta sentire in colpa, però doveva tenerlo lontano. Ma soprattutto, doveva affrettarsi ad andarsene prima che a Mikey venisse la brillante idea di correre lì per farle una ‘sorpresa’, come era capitato altre volte. Per chiarire, le faceva sempre piacere vederlo, soprattutto in quelle rare occasioni in cui si presentava da solo e trascorrevano il pomeriggio insieme a parlare e a baciarsi in qualche cantuccio nascosto! Solo a ripensarci il cuore le batteva da matti!!! Scosse la testa per abbandonare quei pensieri e velocizzò il passo per raggiungere la metro. A quell’ora per fortuna c’erano pochi pendolari, così, oltre a trovare posto per sedersi, poté fare una panoramica e assicurarsi che non ci fossero facce note.
“Fiuuuh!” Assieme all’aria, si sciolse anche lei sul sedile. Per quanto sarebbe andata avanti quella situazione? Mentire, fare le cose di nascosto… Lo odiava. Ma non aveva scelta.
Il viaggio fu molto breve, scese dal treno e di nuovo si guardò attorno come una ladra, suscitando sospetto in chi la vedeva comportarsi in quel modo strano. Un passo alla volta raggiunse l’uscita. Subito fuori, spalle appoggiate al muro, Kazutora l’aspettava. Con addosso pantaloni e camicia e i capelli con la frangia lunga e ordinata, sembrava il tipico bravo ragazzo. Come nascondeva bene la sua natura ribelle!
“Pss pss!”
Quel suono gli entrò nelle orecchie creandogli fastidio e prurito. “Ma che…?” Voltandosi, vide la figura rannicchiata nell’ombra. “Kan! Che cosa stai facendo?”
“Parla piano!” Gli intimò lei, portandosi un dito alle labbra. “Controlla che non ci sia Kei nei paraggi!”
Kazutora la guardò con tanto d’occhi, per poi scoppiare a ridere. “Che stai dicendo?” Le porse la mano e l’aiutò a rialzarsi. “Baji non viene mai in questa stazione!”
“Non mi fido lo stesso. Quello ha un caratteraccio ed è sospettoso. Potrebbe saltare fuori da un cespuglio da un momento all’altro e sbranarci entrambi!” Terminò con un che di teatrale.
Nessuna sorpresa che a Kazutora scese la gocciolina sulla testa, come accade negli anime. “Kan…qui non ci sono cespugli!”
Lei si guardò attorno rapidamente. “Comunque non mi fido! Quello è simpatico solo quando ha un animaletto in braccio!”
“Non posso darti torto!” Confermò lui, ridacchiando, prima di porgerle il braccio. “Andiamo ora!”
Lasciarono la stazione e percorsero varie stradine per circa un quarto d’ora, fino a giungere ad una palazzina grigia.
“Siamo arrivati! Io vivo qui con mia madre!”
Salirono le scale fino al terzo piano, poi Kazutora aprì una porta con la chiave che teneva nello zaino di scuola. Lui e Kan si tolsero le scarpe all’ingresso e posarono gli zaini nell’angolo. Dall’interno della casa proveniva il rumore di una macchina da cucire.
“Mamma, siamo arrivati!”
Il rumore cessò e giunse una voce femminile. “Venite avanti!”
Kan seguì Kazutora fino all’ampio spazio che comprendeva salotto e cucina. Lì ad attenderli c’era la signora Hanemiya. Era ancora abbastanza giovane, anche se i problemi coniugali l’avevano segnata, lasciandola pallida e con qualche piccola ruga attorno agli occhi. E anche il suo tono di voce, seppur gentile, tradiva una certa stanchezza. “Tu sei l’amica di mio figlio! Piacere di conoscerti! Quando Kazutora mi ha detto che ti avrebbe portata qui a casa, quasi non ci credevo! E’ un tipo solitario, non mi aspettavo che potesse fare amicizia con una ragazza!”
Kazutora sbuffò. “Ora che l’hai vista devi credermi per forza, no?”
Fu ignorato.
Kan s’inchinò con rispetto. “Il piacere è mio, signora! Io e Kazutora ci conosciamo da poche settimane, però andiamo molto d’accordo! E abbiamo un amico in comune!”
“Mi fa piacere sentirlo. Oh, mi stavo giusto prendendo una pausa dal lavoro, vi andrebbe di bere una cioccolata calda?”
Gli occhi di Kan brillarono come stelle. “Sìììì, la prego!!!”
“E’ stato mio figlio a dirmi che ami la cioccolata! Mi racconta sempre tante cose su di te!”
“Mamma! Chiudi quella bocca!” La rimproverò lui, per poi prendere Kan per mano e condurla via.
Kan ebbe comunque il tempo di dare una sbirciata attorno. Un luogo semplice, con mobilia minimale e forse datata e un grosso tavolo su cui era la macchina da cucire e una pila di maglie da assemblare davanti con dietro.
Non appena entrarono nella camera di lui, Kan si fece sentire. “Dovresti trattare meglio tua madre. Si vede che ce la sta mettendo tutta per andare avanti dopo quello che ha passato. E il lavoro che fa non è certo leggero.”
Kazutora abbassò lo sguardo. “Lo so… Non è facile neanche per me…” Strinse i pugni e cambiò discorso. “Allora? Che ne pensi della mia stanza?”
Che dire… C’erano due cose che saltavano subito all’occhio. Le tende leopardate e il copriletto della stessa fantasia. Già qui era difficile esprimersi. Poi c’erano i poster appesi alle pareti, tutti ritraenti belle ragazze in bikini o biancheria intima.
“Sai Tora… Non so se sei coraggioso o stupido a portare una ragazza qui dentro.”
“Perché???” Trasalì lui. Come se non fosse ovvio il motivo!
Kan si avvicinò ad un maxi poster con una ragazza bionda, una straniera, con un bikini ridottissimo e un paesaggio marittimo sullo sfondo.
“Non credo che le mie diventeranno così grandi.” Disse, per poi chinare la testa.
Kazutora si sentì sprofondare! Aveva commesso una gaffe cosmica! Tutto agitato, cercò di giustificarsi. “Guarda che non sto facendo un confronto! Non devi diventare come lei per piacermi!”
Kan rimase a capo chino ancora per un po’, ma poi le sue spalle iniziarono a tremare e… “Pff! Ti sto prendendo in giro!”
Prima che Kazutora riuscisse a trovare le parole per lamentarsi di quello scherzo, nella stanza entrò sua madre con in mano due tazze fumanti che emanavano un profumo delizioso.
“Ecco la cioccolata!” Le posò sulla scrivania e poi si rivolse a loro. “Vedo che vi state divertendo!” Ma quando il suo sguardo si posò sul poster giusto sopra le loro teste, cambiò espressione. “Kazutora, ma non potevi togliere quella roba? Kan si farà una brutta idea di te!”
“Ma mamma! Sono un maschio! Queste cose sono normali!” Sbottò lui.
La signora sospirò con pazienza. “Quanto vorrei che l’amicizia di Kan ti aiutasse a migliorare…” Scosse il capo. “Io torno di là. Mi guardo un po’ di tv mentre bevo la cioccolata e poi riprendo a cucire per un paio di ore.”
“E’ stata gentilissima a preparare la cioccolata per noi, anche se è così impegnata! La ringrazio!” Disse Kan, con sentimento.
La signora accennò un sorriso. “Sei molto dolce, Kan! Insegna anche a mio figlio cos’è la sensibilità!” Quindi uscì dalla stanza.
“Tsk!” Fu il commento di Kazutora al riguardo. Non odiava sua madre, però faticava a dimostrarle affetto.
I due si sedettero sul bordo del letto a bere la cioccolata e chiacchierare del più e del meno. Fino a quando…
“Qualche giorno fa ho parlato con Baji! Ha detto che mi presenterà ai suoi amici quando saremo in 1a Media!”
“Ma dai! Meglio tardi che mai!”
“Ci iscriveremo alla stessa scuola e, a quanto ha detto, anche Mikey e Draken la frequenteranno!”
Kan si posò la tazza in grembo, il manico ben saldo tra le dita. “A me non hanno detto niente…”
“Davvero? Cioè, capisco Baji, da lui non mi aspetto niente di diverso! Ma tuo fratello perché non te ne ha parlato?”
Una cosa così importante. Già. Lui e i suoi amici avevano deciso di iscriversi alla stessa scuola per stare tutti insieme, eppure a lei non aveva detto niente. Né lui né Mikey…
“Immagino che dovrò scoprirlo…”
*
 
A guardarlo, quel disegno non sembrava opera di una ragazzina di sesta elementare. Kan aveva la mano sciolta e se la cavava molto bene con le linee curve. Da un primo schizzo fatto a matita, lavorava coi pastelli fino a rendere le figure quasi tridimensionali, dando la sensazione di poterle toccare con mano al di fuori della carta. Il foglio quadrato raffigurava un pezzetto del giardino sul retro casa di Mikey, col grande albero ricco di foglie verdi, il ramo a cui era appesa la lanterna accesa, la fioca luce che emanava nell’ombra, e ancora il grande masso, l’erba e alcune erbacce che crescevano indisturbate senza però rovinare il paesaggio. Nello spazio vuoto tra la lanterna ed il masso, era scritto un kanji in rosso fuoco e dalle linee tondeggianti come se fosse stato fatto col pennello.
Kan, seduta sul tappeto, stava lavorando sul tavolino tondo accanto al letto del fratello, ed era così concentrata da avere perfino le guance arrossate. Ormai stava dando gli ultimi ritocchi. Accanto al foglio giaceva una scatolina quadrata, grande all’incirca un quarto del foglio.
Draken era sdraiato sul letto, una mano dietro la testa, lo sguardo fisso. Con la punta delle dita teneva l’estremità di una catenina, sul cui fondo dondolava un ciondolo dalla forma di un Manji in acciaio dorato.
“Ken, sei arrabbiato?”
Quella domanda lo riportò al presente, abbassò il ciondolo sul petto e volse lo sguardo. “No…”
“Sei sicuro? Non voglio che tu porti rancore a Mikey per colpa mia…”
Anche se avevano gli stessi occhi, quelli di Kan erano bellissimi, forse per via delle lunghe ciglia nere o per quella lucentezza delle iridi che donava una sfumatura dorata.
Draken accennò un sorriso, arricciando un angolo della bocca. “Mettiamola così: ora che diventerete una coppia, se lui ti farà qualcosa di male, avrò il pieno diritto di pestarlo!”
Kan ridacchiò. “Spero di no! E’ il tuo migliore amico!” Posò il pastello che aveva in mano e sollevò il foglio per far vedere il disegno a lui. “Che ne pensi?”
“Cavoli, è bellissimo! E ci hai messo solo un’ora a farlo! Guarda che roba! Vorrei soffiare sulla lanterna per vedere se si spegne la fiamma!”
“Eddai, non esagerare!”
“Dovresti iscriverti in un istituto artistico! Disegni e colori da urlo! Per non parlare di quelle composizioni di fiori e foglie che fai in base alle stagioni! Ma sei davvero mia sorella? Io sono impedito in queste cose!”
“Io sono impedita con le motociclette, allora! E poi… Da quando ci conosciamo usi me al posto dello specchio perché dici che siamo identici! Vedi tu!”
In effetti lo aveva fatto qualche volta, ma si era trattato di uno scherzo! Anzi, una cosa molto affettuosa nei confronti di sua sorella. Draken si mise seduto sul bordo del letto e fece un cenno verso la scatolina. “Hai deciso come mettere tutto?”
“Mh!” Kan piegò il disegno in quattro e lo infilò nella scatolina, quindi si fece passare la collana, avvolse la catenina su una pedana trasparente e ripose dentro il tutto sistemando il ciondolo bene al centro. “Ecco fatto! Spero che a Mikey piaccia!”
“Ah ah! Uno egocentrico come lui farà i salti di gioia!” Vedendo che lei non reagiva al commento, scese dal letto e l’abbracciò da dietro, la guancia contro la sua. “Andrà bene! Mikey è innamorato perso di te!”
“Però l’ho fatto aspettare tanto…”
“Figurati! Vola a un metro da terra ogni volta che ti vede! Quel nanerottolo!” L’ultima parola la disse digrignando i denti, ma tralasciamo… Adocchiò l’orologio. “Ehi Kan, è ora dell’appuntamento!”
Si alzarono da terra, lei si sistemò la gonna del vestitino in velluto blu che le arrivava alle ginocchia, le gambe saggiamente protette da calzamaglia bianca. Suo fratello recuperò il suo cappottino a campana e l’aiutò ad indossarlo. In ultimo, le ficcò in testa un paraorecchie peloso.
“Quando ti vedo non so più se ci troviamo in Giappone o in Antartide!”
“Uffa! E’ la Vigilia di Natale! E fa buio presto!” Lo rimproverò, facendo una smorfia.
Draken le sorrise, quindi si premurò di mettere il coperchio alla scatolina e gliela porse affinché la riponesse nella tasca del cappotto.
“Spero non ti faccia aspettare fuori.”
“Io scommetto che è già arrivato! Per fortuna è qui vicino!” Stampò un bacio sulla guancia del fratello e poi disse tutta contenta. “Se tutto va bene, da questa sera avrò il ragazzo!”
“Non ricordarmelo e sparisci!” La voltò e la spinse verso la porta con fare giocoso. Anche se poi, quando lei lasciò la stanza, si sentì addosso quella solitudine che aveva provato per lungo tempo. Da quando Kan era entrata nella sua vita, non era più in grado di stare da solo…
Scosse forte la testa e si diede due schiaffi sulle guance. “Smettila, non sta mica andando via per sempre!” Tornò al letto e si lasciò cadere di peso sul materasso. “Mia sorella e il mio migliore amico… Che cliché noioso!” Chiuse gli occhi e si impose di fare un sonnellino.
Quello che aveva detto Kan sulla distanza del luogo d’incontro era assolutamente vero. Essendosi dati appuntamento fuori dalla stazione di Shibuya, appena uscita dal palazzo dovette solamente attraversare le famose strisce pedonali. Vide Mikey ad aspettarla seduto ai piedi di un enorme vaso contenente un albero, proprio sul piazzale. Indossava un giubbino imbottito di vecchia data, probabilmente appartenuto a suo fratello maggiore, e in mano aveva quello che restava di un waffle cosparso di miele.
“Mikey!” Lo chiamò lei, balzando al suo fianco.
Lui si mise in piedi di scatto, gli occhi spalancati su di lei. “Sei troppo bella…!”
“Ehm, grazie…!” Rispose con un accenno di timidezza, per poi ritrovarsi davanti alla faccia il pezzetto di waffle sopracitato. In automatico, Kan aprì la bocca e ricevette il bocconcino direttamente dalla sua mano. “Buono!”
“Vero? Ne ho preso uno appena sceso dal treno! Era caldo e fumante! Ci tenevo a fartelo assaggiare!” Con quel faccino adorabile che aveva, nessuno avrebbe saputo rifiutare!
Una delle cose che Kan aveva imparato fin da subito, era che per lui condividere il cibo era un’enorme manifestazione di affetto. Non c’entrava nulla la generosità, anzi, Mikey era molto serio quando si trattava di cibo e se una cosa gli piaceva davvero se ne impossessava come un cane come un osso. Guai a chi glielo toccava! Da quanto ne sapeva, lei era l’unica a cui permetteva si assaggiare i suoi dolcetti. Valeva a dire che…l’amava proprio tanto?
“Andiamo?” Propose Mikey, facendo un cenno col capo.
Avevano pianificato di passeggiare per le vie del centro e ammirare gli addobbi natalizi, le vetrine colorate e la moltitudine di lucette che ricoprivano praticamente ogni cosa lungo la strada. E che erano una bellezza conosciuta in tutto il globo. Chiacchierando e scattando foto, il tempo passò velocemente, il sole tramontò, e il paesaggio raggiunse il massimo splendore di luci artificiali. Meraviglioso, peccato per il freddo che si divertì ad arrossare il naso di Kan come una ciliegia!
Mikey indicò una caffetteria. “Ti va una cioccolata calda?”
Kan gridò un ‘sì’ di volata, precipitandosi alle porte della caffetteria. Le bastò mettere piede all’interno e farsi avvolgere dal calore del riscaldamento per sentirsi rinascere.
Si accomodarono ad un tavolino. In breve la cameriera servì loro due tazze colme di cioccolato bollente con aggiunta di bianchi marshmellow e un cestino di biscottini al burro. I loro occhi brillarono dalla gioia e sentirono di avere l’acquolina in bocca.
Tempo cinque minuti e Mikey si sbafò sia la cioccolata che buona parte dei biscottini, con quella sua tipica e buffa ingordigia! Quando si leccò il baffetto di cioccolata sopra il labbro, Kan era ancora a metà tazza.
“Non è strano che i nostri appuntamenti si svolgano quasi sempre così, vero?” Scherzò.
“Non è colpa nostra se ci piacciono i dolci!” Kan si portò la tazza alle labbra e bevve un lungo sorso.
“Kan, prima di riaccompagnarti, vorrei darti una cosa.” Si mordicchiò un labbro. “Ecco, ti ho preso un piccolo regalo…”
“Anche io ho qualcosa da darti!”
“Inizio prima io allora!” Mise mano ad una tasca del giubbino e poi appoggiò al centro del tavolo un sacchettino natalizio decorato da un fiocco rosso in tessuto. “Il fiocco lo ha fatto Emma, perché io sono un disastro!”
“Però se dici così mi dispiace aprirlo!”
Non aveva ancora conosciuto la sorellina di Mikey, però se era piccola e carina come lui doveva essere adorabile. Con un piccolo rimorso ma anche una grande curiosità, Kan prese il sacchettino e tirò il nastro per sciogliere il fiocco. Con due dita prese il contenuto e lo estrasse. Erano due orecchini di resina a forma di lecca-lecca rosa.
“Te lo ricordi il lecca-lecca alla fragola di quella volta a Ikebukuro?”
“Certo che lo ricordo! Sono quasi morta dall’imbarazzo! Però…che carini questi orecchini!!!” Muovendoli, i due bastoncini bianchi tintinnarono tra loro.
“So che ti piacciono le cose kawaii e io volevo regalarti qualcosa che ti ricordasse quel momento… E’ stata la prima cosa che ti ho fatto assaggiare…”
“Grazie Mikey! Li doro! Li indosserò per tutta l’estate!”
L’aveva resa felice. Che bella sensazione! Era stata una grande idea quella di commissionare quegli orecchini in un negozio specializzato.
Kan li posò e fu il suo turno di prendere la scatolina dal cappotto e consegnargliela. “Tieni!”
Mikey la prese con entrambe le mani, la posò di fronte a sé e sollevò il coperchio. “Che figata! Un Manji!” Estrasse la pedana trasparente e sfilò la catenina per sollevare il ciondolo e guardarlo meglio. “Il mio sole splendente!”
“Proprio come te che ce l’hai nel nome!” Sottolineò lei.
Lui rispose al complimento con un sorriso, per poi tirare fuori una fanfaronata. “Lo conserverò con cura! Lo indosserò con orgoglio e lo porterò con me fin nella tomba!”
“Pff!” Kan si tappò la bocca per non scoppiare a ridere. Quant’era esagerato!
Comunque, Mikey lo indossò subito, entusiasta, e Kan si chiese seriamente se se lo sarebbe mai tolto. Quando vide che lui stava ammucchiando le cose della scatolina, lo fermò. “Aspetta, c’è un’altra cosa lì dentro!”
“Mh? Cos’è? Un foglio?” Lo estrasse e lo spiegò per bene. “Questo è il mio giardino! Wow, è più bello di quello vero!” Poi notò una cosa. “E questo kanji?”
Kan si sentì il cuore in gola. Era il momento. Distolse lo sguardo. “Quello è…la risposta alla tua domanda.”
Silenzio e tanti punti interrogativi che fluttuavano intorno alla testa di Mikey.
“Ti-ti ricordi cosa mi hai chiesto…quel giorno? Dopo il nostro primo bacio?”
Mikey alzò gli occhi al soffitto per pensarci. Poi…
“Oh!” Una bellissima bocca a forma di ‘o’ e il suo sguardo colmo di speranza. “Vuoi dire che…”
Kan fece un cenno affermativo col capo. “A te piacciono le persone forti e io voglio esserlo. Per te. E continuare a tenerti sulle spine non è giusto! Volevo dirtelo.”
“Quindi adesso io e te stiamo insieme? Ufficialmente?”
Le guance di lei s’imporporarono nel rispondere. “Sì! Lo sai leggere quel kanji, vero?” Voleva essere una battuta, però sapendo che Mikey a scuola non era una cima e che frequentava Baji che aveva il cervello di un pesce rosso, un dubbio le era venuto! Quello che non si aspettava era che lui si alzasse dalla sedia e si mettesse a gridare felice: “Mi sono fidanzato con la ragazza dei miei sogni! Cameriera, un altro giro di cioccolata calda per festeggiare!”
Kan desiderò ardentemente di sprofondare nel pavimento… Vero è che la volta precedente, a fine estate, era stata lei ad alzare la voce in pasticceria, però…in questo modo rischiavano di diventare la barzelletta di Shibuya!!!


Continua nel Capitolo 4: [Break Up & Make Up]
  
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