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Autore: Shichan    07/11/2022    0 recensioni
Shouto è destinato a diventare re e la tradizione vuole che chiunque desideri corteggiarlo abbia un mese intero per farlo senza che lui possa cacciarlo via. Allo scadere del tempo rifiuta, uno dopo l’altro, tutti i pretendenti che Enji sceglie per lui perché non crede nel matrimonio combinato.
Hitoshi, nonostante detesti la nobiltà e la famiglia reale, ha un valido motivo per corteggiare il principe perciò accetta quando gli si presenta l’occasione.

[Royalty!au, TodoShinso; scritta per il BBI12]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Hitoshi Shinso, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ha un ricordo vago del tragitto dalla zona in cui si è allenato e ha aggredito Hitoshi ai suoi alloggi. Shouto però si ricorda del momento in cui Hawks è arrivato, ha varcato la soglia della sua stanza, lo ha squadrato e ha detto ai servitori «Lasciateci.» ottenendo in un attimo la privacy alla quale Shouto vorrebbe attribuire un raro momento di pace. Invece ora che la porta si è appena chiusa dietro le spalle dell’ultimo servitore uscito, lo sguardo di Hawks pesa come un macigno su di lui.

Quest’uomo che oggi vanta di essere il consigliere del re è semplicemente apparso, così dal nulla, portando con sé la preziosa informazione di un tradimento ai danni della corona. Shouto era poco più di un ragazzino, ma si è chiesto - come chiunque - quanta verità ci fosse nelle parole di quel giovane. Se lo è domandato per quasi tre anni, prima che le azioni e la lealtà di Hawks fossero sufficienti anche per lui. Da allora, l’uomo ha dispensato consigli non solo al re in veste ufficiale, ma anche ai suoi figli; non è il confidente che Shouto ha trovato in Izuku, ma è qualcuno che ha saputo indirizzarlo quando necessario. 

Shouto non ha bisogno di chiedere per sapere che Hawks reputa stupido e fuori luogo, nonché gratuitamente violento, quanto avvenuto con Hitoshi. Vorrebbe pensarla diversamente, anziché essere mangiato vivo dal rimpianto e dal senso di colpa senza che sia passata meno di un’ora. 

Apre bocca per dire qualcosa - senza sapere nemmeno lui cosa potrebbe mai dire di utile - ma Hawks lo ferma con un gesto della mano, prima ancora che possa emettere un suono: «So già quello che mi serve sapere» lo anticipa, sottintendendo qualche veloce resoconto del suo istruttore, con ogni probabilità. Gli occhi di Hawks sono fissi su di lui, le braccia incrociate al petto. 

«Ti ha colpito dove sapeva di andare sul sicuro,» pronuncia, quasi fosse una lezione «solo che sulle sue intenzioni puoi ancora dare il beneficio del dubbio. La cosa certa, invece, è che hai risposto nell’unico modo in cui non avresti dovuto rispondere. Sei migliore così, o almeno dovresti esserlo. Se pensi diversamente, allora non ti impegni a sufficienza, considerato che presto o tardi sarai tu il re.» lo rimprovera in quel modo tipico di Hawks: come se non lo riguardasse oltre un certo limite e, anzi, ne fosse quasi annoiato. 

«E cosa deve fare, un futuro re?» domanda, ma non perché si aspetti una reale risposta. Hawks, però, conosce la retorica molto meglio di lui. 

«Se re Enji cercasse di soffocare o in generale aggredisse chiunque dice qualcosa che lo irrita, probabilmente l’aristocrazia avrebbe molti meno membri di quanti ne conta ora.» fa notare Hawks. Shouto può razionalmente capire, ma il punto è che comprendere con la logica o meno non fa una grande differenza. La verità è che se le parole di Hitoshi fossero state solo offese e congetture, anziché così vicine a cogliere nel segno, a smascherare i delicati e privati segreti di una famiglia distrutta da troppi anni, Shouto avrebbe potuto ignorarlo. Così come ha fatto con tante altre parole, alcune pronunciate da chi era convinto che lui non fosse in ascolto. 

«Peccato che non abbia avuto per noi la stessa attenzione mostrata agli altri, allora.» commenta alzando lo sguardo su Hawks alla ricerca di una reazione che non arriva. Riesce solo a ottenere di vederlo sospirare. 

«Non entrerò nella faida tra te e tuo padre. Io devo istruirti al meglio di quello che posso, a essere un re capace di restare sul trono per più di una settimana. In questo senso ti dico: potrà non piacerti come ti si è rivolto, oppure i tasti dolenti che ha toccato. O le sue origini di strada fin quando Aizawa non l’ha adottato ufficialmente facendone il suo erede, per quanto non si parli dei vertici dell’aristocrazia. Ma mi rendi difficile cercare di non far volare la tua testa per una vendetta di poco conto se ti circondi di più nemici di quanti tuo padre sia riuscito ad avere negli anni, e già quelli non sono pochi.» sciorina Hawks, dandogli più informazioni di quante Shouto sia pronto a gestire. Questo non gli impedisce di focalizzarsi sul resto del suo discorso, rimandando a un secondo momento tutto il resto: «Ti piaccia o no, però, l’hai gestita come un ragazzino immaturo qualsiasi, quando sei un uomo ormai, e di sangue reale. Perciò adesso puoi scegliere solo due opzioni.» aggiunge il consigliere, senza lasciargli modo di intervenire. 

Cresci e chiedigli di perdonarti, oppure congedalo e prega che non racconti a tutto il regno cosa li aspetterà quando re Enji deciderà di abdicare.

*

Il lato negativo di non essere mai stato un figlio problematico è la scarsa abitudine a sentire su di sé lo sguardo di chi si aspetta di vedere un passo falso alla prima occasione. Shouto sa che Hawks, in verità, è soltanto in attesa dell’arrivo di Hitoshi, per valutare se il danno fatto sia stato mitigato o se dovrà intercedere per evitare che ogni singola persona presente al ricevimento di questa sera arrivi alla fine con molti elementi e una buona storia per screditare il principe ereditario. Shouto decide di fare qualche passo verso sua sorella, così da allontanarsi dal consigliere e da offrire a se stesso una distrazione da un possibile disastro su gambe che non si è ancora palesato nella sala.

Com’era prevedibile, suo padre non si è imposto freni di alcun tipo nel decidere come addobbare a festa la sala principale usata per i ricevimenti, trattandosi del compleanno della sua unica figlia femmina. Né l’aspetto, né gli invitati in arrivo uno dopo l’altro offrono molta speranza a Shouto per una serata che non lo priverà di qualsiasi energia sociale entro la fine e per almeno due giorni. Fuyumi, molto più adatta di lui a questo tipo di situazioni, è poco distante dal centro della sala e dunque facile sia da individuare che da raggiungere; diversi invitati stanno conversando con lei, protagonista della serata, per poi disperdersi in vari punti del salone. 

Sua sorella ha scelto colori tenui per i fiori e per il suo abito, dimostrandosi generosa abbastanza da non renderli obbligatori anche nel dress code, risparmiando a entrambi i suoi fratelli di vestire improbabili sfumature pastello che sarebbero state tremende su Shouto e del tutto ingestibili su una divisa da Guardia Reale di Natsuo. Lei, con il corpo fasciato da un abito semplice e di color azzurro tenue, con un accessorio floreale discreto tra i capelli, è l’unico membro della famiglia a poter risultare grazioso. Quanto a Shouto, per puro amore della sorella, ha optato per un abito non troppo dissimile da quello indossato durante l’arrivo di Hitoshi a palazzo, eliminando la mantella dono di sua madre e dunque la trama stellata della stoffa interna che poco si sarebbe coordinata alla serata, concedendosi un fiore simile a quello della sorella. 

Il suo arrivo non passa inosservato ai due giovani intenti a complimentarsi con Fuyumi per la scelta dei fiori della sala - Shouto riconosce in loro gli eredi del casato Hado e Togata - ed entrambi concentrano l’attenzione su di lui quando affianca sua sorella. Mirio è il primo ad aprirsi in un sorriso amichevole, seguito da Nejire; Shouto ricambia, guardandosi intorno per qualche attimo prima che Mirio anticipi la sua domanda con un: «Tamaki si scusa per non essere potuto venire,» intuendo l’oggetto della ricerca silenziosa di Shouto «purtroppo è lontano per alcune questioni ufficiali.» spiega brevemente. Sebbene non lo dica, Shouto può immaginare facilmente che tra le due opzioni l’erede degli Amajiki avrebbe probabilmente scelto di essere presente al ricevimento, se avesse potuto, anche solo per potersi schermire dietro i due amici d’infanzia in un contesto sociale da cui tende a rifuggire se non strettamente necessario. Shouto annuisce, decidendo di non infierire - ha sempre sentito un po’ un’affinità con quel lato di Tamaki, da quando sono stati presentati la prima volta e Shouto aveva appena quattordici anni. 

Nejire lo osserva e, prima che Shouto possa rivolgerle appieno la propria attenzione e cercare di anticipare le sue parole, lei gli rivolge uno schietto: «Avevo sentito che hai un nuovo corteggiatore, non lo hai cacciato prima ancora di arrivare a metà del periodo di corteggiamento, vero?» il tono scherzoso di chi non si cura troppo della differenza di status sociale con il proprio interlocutore, se lo considera alla stregua di un cuginetto pestifero da almeno cinque anni. Quello è un aspetto di Nejire al quale Shouto si è affezionato in fretta, quasi senza accorgersene, affascinato durante l’infanzia da un atteggiamento tanto naturale e tanto raro nei suoi confronti. Vorrebbe poterle dare una risposta concreta, ma la verità è che Hitoshi non è in sala e lui non è sicuro di come sia stato accolto l’invito che gli ha mandato personalmente - non perché ce ne fosse bisogno, ma per il modo catastrofico in cui si sono lasciati l’ultima volta che si sono incontrati tre giorni fa. Ossia quello finito con una spada di legno premuta contro la gola. 

Fuyumi lo occhieggia, forse non a conoscenza di tutti i dettagli di quanto accaduto, decisa a intercedere per lui con un «Ho lasciato detto a Hitoshi di sentirsi libero di unirsi a noi quando preferiva e solo se non si sentiva troppo stanco.» la sente pronunciare, affabile «Va detto che si è unito al corteggiamento in un periodo dell’anno in cui tendiamo ad avere diversi ricevimenti qui al castello, alcuni dei quali forse non aveva preventivato e che potrebbero essere un po’ troppo. Non volevo si sentisse costretto a presenziare, almeno finché Shouto non prenderà la sua decisione.» ammette, riuscendo a distogliere l’attenzione di Nejire dalla questione, almeno per il momento. In verità Shouto sospetta che l’erede degli Hado sia troppo intelligente per essere semplicemente sviata, ma proprio per questo che sappia capire in quali occasioni insistere e in quali lasciar educatamente scivolare via un argomento e concentrarsi su altro. 

Né lui né Fuyumi, tuttavia, si aspettano di sentire la voce di Hitoshi raggiungerli alle spalle con un educato: «E ho molto apprezzato la premura,» portandoli a voltarsi appena in sua direzione, trovandolo con un sorriso garbato a piegargli le labbra «ma non giocherebbe molto a mio vantaggio non essere presente al compleanno della sorella del principe che sto corteggiando.» fa notare, una nota giocosa nel tono di voce. Shouto non gli stacca gli occhi di dosso, cercando qualche dettaglio che possa fargli capire quanto la presenza altrui sia dovuta all’aver ricevuto il suo messaggio e quanto invece a una pura formalità. Dall’aspetto Hitoshi sembra essersi del tutto ripreso e, più in generale, non aver riportato alcun tipo di ferita evidente; se qualche segno è rimasto sul collo, vederlo con il colletto rigido e alto della giacca del suo abito è impossibile. Potrebbe essere voluto quanto casuale e Shouto sente il senso di colpa riaffacciarsi con prepotenza. 

*

Incredibile ma vero, per una buona porzione della serata Shouto e Hitoshi non hanno materialmente il tempo di stare insieme abbastanza da doversi mostrare come due persone interessate l’una all’altra. Tuttavia, quando gli invitati sono stati accolti e salutati uno per uno e ormai il ricevimento è ben più che avviato, Fuyumi lo rassicura e lo incita a raggiungere Hitoshi così da non lasciarlo da solo tra gli altri invitati e Hawks gli rivolge un sorriso che non si estende agli occhi e risulta ben più eloquente di qualsiasi discorso. Shouto sa bene che sottrarsi a lungo potrebbe solo insospettire la maggior parte dei presenti e, in ogni caso, capire in che rapporto si trovino ora lui e Hitoshi è qualcosa che in fondo preme a lui per primo. Così lo sguardo scivola tra nobili e servitori, discreti nel loro serpeggiare tra le persone per assicurarsi che a nessuno manchino cibo e bevande. Non si sofferma né sull’orchestra nella parte opposta della sala rispetto a dove si trova lui, intenta a suonare un brano per un ballo dalle note allegre, né sulle figure che occupano la pista da ballo divertendosi al ritmo della musica. Per sua fortuna, Hitoshi non è troppo difficile da scorgere sia per i suoi capelli sia perché Shouto non si aspetta di trovarlo al centro di ampi gruppi di conversazione. Così lo nota, vicino a una delle pareti e intento a sorseggiare una delle bevande fruttate, gli occhi sulla pista da ballo a cui è probabile non stia dando la sua reale attenzione. 

Comincia a muoversi in sua direzione, passando di lato rispetto all’area occupata da chi sta ballando, soffermandosi più brevemente possibile con chi lo ferma - cercando di non sembrare troppo desideroso di sottrarsi alla loro compagnia - e sbirciando di tanto in tanto in direzione di Hitoshi per assicurarsi che non si sia spostato. Purtroppo non è fortunato abbastanza da riuscire a defilarsi senza intoppi fino alla fine: Camie Utsushimi è stata per molto tempo più una conoscenza di Fuyumi che sua, ma Shouto ha avuto diverse occasioni di vederla presente tra gli invitati a un ricevimento. Fuyumi sostiene non sia una cattiva persona, quanto più una molto schietta e un po’ superficiale, in un modo non crudele che spesso però suona tale. Shouto non riesce ad andare d’accordo con le persone così. Per questo cerca di evitarla più possibile, se non per quanto l’etichetta gli impone. 

Sospetta che Camie non abbia mai notato i suoi sforzi in merito - oppure che li abbia notati e, per questo, si diverta a vanificarli più possibile. 

Purtroppo per lui Seiji Shishikura, che oltre a essere amico di Camie dall’infanzia è anche il suo promesso, non sembra nei dintorni; un peccato, dal momento che in presenza di lui Shouto ha sempre trovato appena più sopportabile avere una conversazione, data la capacità di lui di mettere un freno alle uscite di Camie la maggior parte delle volte. 

«Principe» saluta lei con un inchino e un sorriso «pensavo di soffermarmi di più prima, quando ho fatto gli auguri a Fuyumi, ma non c’è stata occasione vista la fila di persone dietro di me.» commenta e se c’è una punta di fastidio nel suo tono, lo maschera bene. È quello il principale problema di Shouto con Camie: molte volte nasconde sentimenti sgradevoli sotto una patina di garbo che alla fine fa suonare ancora peggio ciò che pensa veramente. L’ideale per limitare i danni sarebbe riuscire a parlare lo stretto necessario senza alimentare troppo una possibile conversazione. Camie, però, non sembra dello stesso avviso. 

«Ci tenevo a dire che mi dispiace, a ogni modo.» commenta, cogliendolo alla sprovvista. A giudicare dal sorrisetto divertito di lei, è probabile la sua espressione abbia reso chiaro il suo non avere idea a cosa si stia riferendo e lei non si fa certo pregare per chiarire la sua posizione: «Il corteggiamento.» specifica «Deve essere già molto stancante ospitare estraneo dopo estraneo e farsi fare la corte cercando di essere cordiali. Ovviamente non posso dire di non capire chi continua a proporsi: il partito è il migliore del regno e non siete una brutta compagnia, anche se un po’ troppo riservato e silenzioso se posso dire la mia.» osserva lei quasi distrattamente. Di norma in pochi si rivolgerebbero così a un membro della famiglia reale, ma Shouto è consapevole che ci siano alcuni casi a fare eccezione: lo stesso Izuku, dopotutto, la cui amicizia di lunga data supera la barriera del ceto sociale se non di fronte a specifiche situazioni e offese mai verificatesi tra loro. Si può dire che Camie e sua sorella Fuyumi non siano così diverse, nonostante ci sia qualche anno di età a dividerle. Shouto non le definirebbe proprio amiche, ma non può nemmeno vantare di conoscere nel dettaglio cosa pensi sua sorella delle persone a cui negli anni si è avvicinata di più durante le occasioni come quella, in cui una compagna di conversazione può essere molto più piacevole di un cavaliere con cui danzare tutto il tempo. 

In assenza di risposta da parte sua e, soprattutto, in assenza di Seiji Camie deve sentirsi esortata a continuare perché così fa; prima, però, la vede lasciar vagare lo sguardo per la sala e soffermarsi su Hitoshi, indicandolo con un cenno non molto discreto, quasi non le interessasse di essere notata o meno a sua volta. Hitoshi però si sta spostando verso il punto in cui Shouto ha lasciato Fuyumi e, d’istinto, anche lui fa qualche passo in quella direzione. Camie lo affianca quasi fosse la cosa più naturale del mondo.

«Purtroppo oltre a dover essere un buon ospite per persone con cui potreste a stento voler passare un mese del vostro tempo, non deve essere semplice quando la differenza di rango è così elevata. Molti di noi» pronuncia riferendosi ai nobili, suppone Shouto «sono rimasti piuttosto confusi. Il casato degli Aizawa ormai aveva un solo erede rimasto e piuttosto rispettabile: quale necessità ci fosse nell’adottare un ragazzo di strada da uno dei quartieri meno… rispettabili, ecco, non lo abbiamo capito. Anche se non posso dire di non apprezzare il coraggio nel proporsi come corteggiatore del futuro re nonostante tutto. E non disdegno mai un uomo esteticamente piacevole. Però…» lascia cadere la frase, che in fondo non ha alcun bisogno di essere conclusa. È proprio questo suo modo di dire verità scomode e di giudicare superficialmente a rendere impossibile per Shouto interagire con le persone così. Vorrebbe poter scappare nella biblioteca, lasciando una sala di cui per una volta non deve per forza essere l’attrazione principale. È consapevole, però, che la sua assenza sarebbe la prima cosa a essere notata - è conscio di come gli sguardi di suo padre e di Hawks lo seguano, sebbene per motivi diversi, e di come Fuyumi capirebbe ma sarebbe dispiaciuta nel vederlo allontanarsi proprio la sera del proprio compleanno. Si sentirebbe in colpa, nel farlo. Eppure sono chiacchiere come quella ad aver causato la sua reazione contro Hitoshi pochi giorni fa, parole di persone esterne a una situazione che sentono di poter giudicare le disgrazie degli altri come qualcosa di estremamente lontano, come se a loro non potesse succedere mai. 

Shouto vorrebbe dirlo all’intera sala: nessuno penserebbe mai che il futuro re possa avere qualcosa di diverso da una vita perfetta, eppure è un miracolo che quanto resta della sua famiglia non sia crollato come le macerie di un castello in rovina. 

Forse lui non sarà mai niente per Hitoshi, né prima né dopo il corteggiamento; forse il massimo che potevano ottenere è stata un’aggressione durante un allenamento che doveva offrire un punto d’incontro o un interesse comune, anziché un motivo di screzio. Shouto non sa se le (goffe) scuse mandate a Hitoshi via messaggio, senza fidarsi di un incontro di persona così presto dopo quanto accaduto, siano servite a qualcosa. Sarebbe però ipocrita da parte sua, dopo aver reagito a crudeli e superficiali assunzioni su un argomento per lui intoccabile come la propria famiglia, se si prestasse al pettegolezzo sulle origini meno fortunate di qualcuno che in un modo nell’altro sta solo cercando di non screditare l’uomo che gli ha teso una mano causando uno scandalo a corte. Se non riconoscesse in Hitoshi almeno la discrezione con la quale si è comunque presentato al compleanno di Fuyumi, sottoponendosi all’attenzione indesiderata di persone come Camie, quando avrebbe potuto far serpeggiare tra gli invitati il racconto di quanto successo tra loro con un effetto che - Shouto ne è certo perché Hawks ci ha tenuto a ribadirlo almeno tre volte - sarebbe devastante e a macchia d’olio.

Per questo non guarda Camie, mentre copre la poca distanza che separa entrambi da Fuyumi, Hitoshi e Nejire e per lo stesso motivo non bada troppo al fatto di star interrompendo una conversazione: «Sorella» richiama l’attenzione di Fuyumi, il cui sguardo forse inquadra la situazione ancora prima che lui continui a parlare «non ti dispiacerà se lascio Camie con te, suppongo, e mi allontano con Hitoshi.» pronuncia, ben consapevole di come sia la prima volta che invita l’altro ad accompagnarlo altrove come di norma sarebbe dovuto già succedere da giorni di corteggiamento. O di come questo venga recepito non solo dal diretto interessato ma anche dagli invitati più vicini, a cui di certo le sue parole non sono sfuggite. Specie ora che la musica della danza appena finita è sfumata del tutto e il chiacchiericcio non è sufficiente a coprire del tutto la sua voce. Lo sguardo di Fuyumi è attraversato da un lampo di confusione tanto quanto quello di Hitoshi lo è da una evidente perplessità. 

Nonostante Fuyumi non gli remerebbe mai contro, intuendo ci debba essere una motivazione valida per il suo scaricare un’invitata in questo modo, non lo stupisce sentirle dire: «Spero non sia perché stiamo rischiando di annoiare troppo Hitoshi.» con un sorriso leggero, in un tacito chiedere se ci sia qualcosa che non va. Shouto scuote la testa, prima di puntare lo sguardo sul viso di Hitoshi e offrirgli il braccio - non nel modo in cui lo offrirebbe a una dama, perché si affidi a lui quasi, ma in un gesto ugualmente elegante per invitare Hitoshi ad allontanarsi con lui in modo ufficiale.

«Sono sicuro la compagnia fosse gradita,» replica più per riguardo a Fuyumi e Nejire che non per dimostrare di saper applicare le regole dell’etichetta «Ma ho già sentito troppe chiacchiere sgradevoli tra gli invitati riguardo il fatto che li disturba la presenza di Hitoshi. Visto che non ho intenzione di offendere gli ospiti per il tuo compleanno, sorella, ma nemmeno di lasciar loro la possibilità di offendere chi mi sta corteggiando, direi che l’unica scelta saggia sia allontanarci per dar modo a tutti di continuare a divertirsi.»

Sente lo sguardo di una buona porzione di sala su di sé, ma dopotutto non è una novità, per quanto non gli piaccia più che in tutte le altre occasioni; nemmeno la sorpresa negli occhi di sua sorella per la presa di posizione evidente che non si è mai concesso per nessuno al di fuori di lei e Natsuo - non che ce ne sia mai stato bisogno per ovvie ragioni, d’altronde - è inaspettata, per quanto lo faccia sentire molto più vulnerabile di tutto il resto. Decide ostinatamente di non focalizzare l’attenzione nemmeno su Hitoshi, limitandosi a sbirciare in sua direzione solo con la coda nell’occhio. Quasi sospira di sollievo quando lo sente poggiare la mano all’altezza del suo gomito in una muta accettazione del suo invito. China la testa, quasi frettoloso, offrendo niente più di un «Buon proseguimento.» prima di allontanarsi e guadagnare l’uscita dalla sala più velocemente possibile, senza per questo sembrare in fuga come un ladro. 

Solo quando sono abbastanza lontani dalla sala e persino la servitù è meno concentrata di quanto sia nell’area del palazzo dove sono tutti gli ospiti, Hitoshi interrompe il contatto tra loro nello stesso modo in cui si smette di recitare una parte e ferma i propri passi, costringendo Shouto a fare lo stesso. Si osservano per qualche attimo ed è quasi naturale che sia Hitoshi a interrompere il silenzio. 

«Quello cos’era?» domanda, non impegnandosi granché a nascondere un fare guardingo che Shouto non se la sente di biasimare. Shouto rimane fermo e senza dire nulla, perché non è sicuro ci sia una risposta giusta. O se esiste, non pensa di potergliela offrire o che sia sufficiente a rendere la situazione tra loro più equilibrata. Perciò, alla fine, non gli resta molto altro da fare se non dire l’unica verità che conosce e far capire all’altro che è tutto ciò che può dargli. 

«Tutti, forse te compreso, pensano a me come al principe che sarà re e forse al massimo sperano sarò decente abbastanza così che le mie azioni non ricadano sugli altri senza che loro possano evitare ripercussioni. Di solito si pensa questo, di un futuro re, quando non lo si stima.» fa notare e non esprime a voce quello che gli sembra un ovvio e tacito come tu non stimi me «Ma più di molti altri so com’è quando qualcuno parla di… cose che tu non vorresti gli altri vedessero.» cerca le parole giuste, perché in qualche modo gli sembra indelicato sia definirle cose negative della tua vita sia limitarsi a un generico e impersonale cose private come se fossero solo segreti da quattro soldi. 

«Non so ancora se vuoi ottenere qualcosa da questo corteggiamento a parte il poco che hai voluto lasciar intendere, né cosa continui a pensare di me, ma non mi interessa nemmeno dove fossi prima di ieri. Strada, palazzi reali, in ogni caso io posso giudicare solo quello che vedo.» conclude, decidendo di non spingersi più in là di così. Sua sorella Fuyumi è fatta per le parole. Natsuo, in una certa misura, riesce a esserlo. Shouto odia le parole: se potesse non usarle affatto, vivrebbe cento volte meglio. Si è già sforzato abbastanza di non fare passi falsi in quel breve discorso, senza nemmeno essere certo suoni sensato. 

Lo accoglie un silenzio totale, tanto che se non vedesse Hitoshi davanti a sé potrebbe pensare se ne sia andato prima ancora di sentire quanto aveva da dire fino alla fine. Invece è ancora in piedi a pochi passi da lui, gli occhi su Shouto, intento a decidere a quanto di quel discorso credere. Shouto sceglie tacitamente di non provare a indovinare, già impegnato abbastanza a non cedere alla tentazione di asciugarsi i palmi delle mani contro i pantaloni. 

«Una.» pronuncia Hitoshi quando ormai Shouto sta prendendo in seria considerazione di togliersi da quel corridoio e limitarsi a tornare nelle sue stanze. Invece quell’unica parola gli fa aggrottare appena la fronte, senza capire: «Hai una possibilità di farmi vedere che sei sincero, principe. Possibilmente quando il tuo palazzo sarà meno pieno di stupidi aristocratici il cui massimo interesse è scoprire se puzzo di fogna e povertà quando mi si avvicinano.» commenta con una punta per nulla nascosta di sarcasmo. Shouto non dovrebbe ridere per tutta una serie di motivi ma, nonostante si impegni a mantenere una parvenza di serietà, incurva comunque le labbra nell’accenno di un sorriso divertito. 

«Una possibilità.» ripete, annuendo piano. Hitoshi sembra abbastanza soddisfatto da muovere qualche passo verso la scala che porta al piano superiore dove si trovano i suoi alloggi. 

«E solo perché sono curioso di sapere come ti sia venuto in mente di mandare un fiore con il tuo messaggio di scuse. Tremendo, se posso dire la mia, tra l’altro.»

Shouto decide di aver utilizzato abbastanza parole, per oggi, e lo lascia andare via limitandosi a osservarlo fin quando la sua figura non viene del tutto inghiottita dal suo voltare l’angolo.

*

La scelta del fiore è stata opinabile, lo sa. Purtroppo ha dovuto improvvisare, senza avere la minima idea di come gestire la situazione in modo altrettanto indiretto per poter testare le acque prima di un confronto vero e proprio. 

Il ricevimento si è concluso ormai da un’ora e Shouto è consapevole di avere poco tempo a disposizione per dormire, sebbene sia sicuro che la mattinata sarà meno piena di impegni dal momento che gli ultimi invitati si sono ritirati da poco a loro volta. Nonostante il buon senso e la stanchezza direbbero a chiunque di mettersi sotto le coperte e sprofondare con la testa sul cuscino, lui decide di sgattaiolare lontano dalle sue stanze e muoversi in silenzio per i corridoi, con una meta ben precisa in mente. 

Il castello di notte è quasi spettrale, almeno su alcuni dei piani; la sicurezza non è mai stata troppo serrata perché suo padre non ha mai temuto minacce dall’interno, specie da quando Hawks è diventato il suo consigliere. Da qualche anno a questa parte, nelle notti in cui prendere sonno gli risulta impossibile, non di rado Shouto si è aggirato tra i corridoi fino a raggiungere la biblioteca o aspettando, in generale, di sentirsi stanco abbastanza da poter provare a dormire. È così che ha imparato ad apprezzare il silenzio quasi tombale di quando nessuno a parte lui e le guardie esterne è sveglio. 

Volta un angolo, addentrandosi in uno dei corridoi principali dell’ala est. Ricorda con facilità quale sia la stanza di Hitoshi, semplicemente perché è stata la stanza di Izuku in qualche occasione prima che l’amico diventasse di casa e ne avesse una per sé, tenuta in ordine come se vivesse lì al palazzo reale, così da essere sempre pronta anche nel caso Izuku si presentasse senza alcun preavviso. Una volta raggiunta la porta giusta indugia, la mano a mezz’aria tra sé e la superficie in legno contro cui bussare. È un orario indegno e ne è consapevole, per i più attenti all’etichetta il fatto stesso di trovarsi lì e ora sarebbe un motivo sufficiente a considerarsi offesi. D’altronde Hitoshi ha solo specificato che gli avrebbe dato un’unica possibilità, non che non dovesse essere prima dell’alba. Shouto, però, è quel tipo di persona: è raro che qualcosa lo tenga sveglio così a lungo, ma quando succede ha bisogno almeno di provare a esorcizzare il pensiero fisso che è a causa di tutto. 

Una volta sola, dice a se stesso, bussando piano contro la porta. Rimane in silenzio e fermo, ma deve restarci per meno del previsto; quasi si stupisce lui stesso di vedere la porta aprirsi lentamente, poco più di uno spiraglio, una porzione del viso di Hitoshi a fare capolino. Ha l’aria stanca, più che assonnata, e Shouto non saprebbe dire se sia stupito nel vederlo oppure no. C’è un momento di stallo tra di loro, ma alla fine Hitoshi apre la porta abbastanza da permettergli di vederlo per bene e sente il proprio corpo rilassarsi più di quanto vorrebbe fare in modo così evidente.

«Manca poco all’alba.» è la frase con cui lo accoglie Hitoshi, fermo lì sulla porta senza alcun tacito invito a entrare tra di loro, osservandolo. Shouto annuisce piano, certo di aver pensato a come giustificare la visita quando è uscito dalla propria stanza, ma del tutto dimentico di qualunque cosa sia sembrata sensata: «Lo so.» dice soltanto, cercando parole giuste che non lo facciano sembrare solo un insonne che vaga in giro svegliando gli altri. Hitoshi, inaspettatamente, non lo incalza né con domande né con commenti che avrebbe tutto il diritto di fare. Forse per questo Shouto capisce che non possono restare lì fermi in eterno. 

«Hai detto una possibilità.»
«E deve essere quando probabilmente non sono abbastanza sveglio da seguire tutto il discorso che vuoi farmi?» fa notare Hitoshi, occhieggiandolo. Shouto scuote appena la testa: «Non faccio mai discorsi troppo lunghi.» lo corregge, come se la questione in fondo fosse tutta lì. Hitoshi si lascia scappare quello che sembra proprio essere uno sbuffo divertito e solo allora Shouto lo vede uscire dalla stanza e richiudersi la porta alle spalle. 

«Vediamo, allora.»

Shouto lo osserva per una manciata di secondi, prima di decidersi a guidarlo, ripercorrendo a ritroso una parte del tragitto fatto. Quando sono in corrispondenza di una delle scalinate, però, anziché proseguire per il corridoio inizia a scendere; i passi di Hitoshi risuonano dietro di lui nel silenzio generale e solo quando sono nella sala principale e Shouto ignora l’ingresso per muoversi verso gli alloggi della servitù Hitoshi gli rivolge uno scherzoso: «Di nuovo verso la sala torture?» riferendosi alla loro breve, pacifica gita nelle cucine. Shouto abbozza un sorriso, non visto, ma non gli sfugge che a dispetto della leggerezza del tono altrui, la distanza tra loro non viene mai accorciata troppo. Non è difficile immaginare che Hitoshi stia studiando la situazione e Shouto stesso, chiedendosi quanto sia consigliabile stargli lontano nel caso finissero di nuovo a parlare di qualcosa di sgradevole abbastanza da scatenare una reazione inaspettata. Non può biasimarlo, anche se egoisticamente vorrebbe che non fosse così. 

«No,» replica, guardandolo solo per un attimo da sopra la propria spalla «ma meglio se passiamo da questo lato per arrivare dove voglio portarti.» ammette, senza aggiungere molto altro per il resto del tragitto. A un certo punto oltrepassano l’ingresso per le cucine, immettendosi in corridoi più stretti di quelli già percorsi, fino a raggiungere una delle uscite da cui Shouto ha visto entrare e uscire i giardinieri infinite volte, fin dall’infanzia. Uno sguardo indietro, non per Hitoshi ma per assicurarsi di non avere nessun altro al seguito, per poi poggiare una mano sulla maniglia e spingerla lentamente verso il basso, cercando di evitare rumori di sorta. La scosta il minimo necessario perché sia lui che Hitoshi possano varcare la soglia e poi chiudersela alle spalle, uscendo finalmente nella parte un po’ più nascosta dei giardini del palazzo. 

L’aria è piuttosto fredda, il che non stupisce troppo trattandosi di inizio Dicembre. Shouto ha una buona resistenza al freddo ma, voltandosi a guardare Hitoshi, si rende conto che forse avrebbe dovuto lasciare meno avvolta nel mistero la loro destinazione. L’altro non sembra tremare di freddo, per ora, di certo aiutato dalla vestaglia indossata nell’andargli ad aprire la porta della propria stanza, ma Shouto sospetta non sia stata una grande idea: «Poco più avanti c’è il posto che voglio mostrarti. È riscaldato.» specifica subito «Non ho pensato a dirti che saremmo usciti.» confessa, sentendosi abbastanza stupido per questo. Hitoshi ha il buon cuore di non infierire, visto che si limita a fargli un cenno del capo per invitarlo a proseguire. Così Shouto riprende a camminare, dritto davanti a sé, attraversando il prato ben curato. Il lato del giardino in cui si trovano non è in genere aperto agli ospiti, dunque l’unico piccolo sentiero che attraversa l’erba è quello sfruttato dai giardinieri per muoversi da una parte all’altra per svolgere le proprie mansioni. Devono abbandonarlo, dopo poco, tagliando per l’erba ben curata e finendo inevitabilmente per inumidirsi in parte i piedi. 

La piccola costruzione alla quale Shouto sta puntando è in disparte, come se fosse un angolo di un giardino segreto. Una piccola serra, dalla struttura portante in bianco e vetro; buia, com’è normale che debba essere a quell’ora, specie considerando che sono solo lui e Fuyumi a recarsi lì con una certa regolarità, mentre Natsuo vi fa visita molto meno. Shouto la indica a Hitoshi, coprendo la poca distanza dalla porticina d’ingresso e affondando la mano nella tasca della vestaglia da notte, estraendone una chiave che non fatica a inserire nella serratura. Lascia sia l’altro a entrare per primo, così da potersi riparare dal freddo, seguendolo subito dopo. 

La serra non ospita piante rare, ma fa la sua figura e ancora di più quando Shouto si premura di accendere le fonti di luce, così da rendere più semplice vedere quale e quanta vegetazione ci sia all’interno: molte delle piante presenti sono semplici alberi da frutta o privi di boccioli, sebbene di un bel verde brillante nelle ampie foglie. Sul lato destro una piccola area è stata risparmiata come spazio dalle piante per lasciare il posto a un tavolo in ferro battuto e due sedie dove ogni tanto lui e Fuyumi si siedono in silenzio. Le indica a Hitoshi, in un invito ad accomodarsi se vuole. Nonostante lo noti, l’altro sembra distratto in positivo dal posto in cui si trovano e rapito da quello che ospita: Shouto sente un moto di orgoglio quando lo vede accorgersi del vero tesoro nascosto di quella serra, ossia i fiori preferiti di sua madre. Piccoli, quasi invisibili rispetto ad altri esemplari presenti nel giardino, ma di un colore azzurro e raggruppati in ampi cespugli. 

Shouto aspetta che Hitoshi sia seduto per imitarlo, andando a poggiare i gomiti sulle proprie ginocchia e piegando il busto in avanti, le dita delle mani intrecciate tra loro e gli occhi fissi su quei fiori che indisturbati se ne stanno lì senza doversi curare delle stagioni che si susseguono all’esterno di quelle mura di vetro. 

«Mia madre se ne è occupata personalmente per anni,» pronuncia rivolto a Hitoshi, sebbene non lo stia guardando «ormai però lo lasciamo fare a un giardiniere fidato. Ogni tanto credo che anche Fuyumi se ne prenda cura nel suo piccolo.» confessa, sebbene non se lo siano mai detto esplicitamente. Hitoshi non dice una parola, limitandosi ad abbracciare con lo sguardo quello che vede, senza girarsi a guardare Shouto nemmeno una volta. Forse è meglio così. Lo pensa quando Hitoshi, invece, lo coglie impreparato chiedendogli: «La regina dovrebbe essere viva.» confuso, evidentemente, dal fatto che non sembri più essere presente per occuparsene come in passato. E che nessuno si aspetti il suo ritorno. Shouto non può biasimarlo: la situazione della famiglia reale, oltre a essere sempre stata un segreto, non è mai stata semplice nemmeno per chi ne fa parte. 

Quasi avesse finalmente la certezza di essere al sicuro da occhi indiscreti, si appoggia contro lo schienale della sedia e butta fuori l’aria dai polmoni, lentamente. C’è qualcosa di innaturale nel parlare di questo con qualcuno che non sia Izuku ma se avesse voluto continuare a lasciare all’oscuro Hitoshi, non lo avrebbe portato lì. Certo, non intende svelare all’improvviso ogni cosa che lo riguardi, ma forse se riuscisse a fargli capire anche solo in minima parte il perché della sua reazione Shouto potrebbe considerare valide le proprie scuse e sapere di aver fatto il possibile per rimediare. A prescindere dalla decisione di Hitoshi se perdonarlo o meno.

«È viva.» conferma innanzitutto «Ma non abita qui. Non penso tornerà mai.» confessa, gli occhi ancora sui fiori. Hitoshi non esprime giudizi né commenta in alcun modo e Shouto quasi preferirebbe avere una sfilza di domande a cui rispondere che dover trovare le parole giuste da solo, calibrare quanto mostrare e quanto tenere nascosto. Specialmente perché nascondere è molto più semplice. 

«I matrimoni combinati» riprende a parlare con fatica «credo non fossero adatti a persone come mia madre. Ci sono altre cose che sono andate male negli anni, ma… ci ha provato. Per quello che ricordo. Fuyumi dice che lo hanno fatto entrambi. Io non sono molto sicuro per quello che riguarda mio padre.» ammette. Si rende conto di come suoni molto meno chiaro della perfetta spiegazione che aveva in mente - non è niente se non un accenno di qualcosa a cui Hitoshi potrebbe non badare affatto o che potrebbe non farsi bastare, e ne avrebbe tutte le ragioni. Shouto ha mille pensieri in testa, mille parole, ma come è sempre stato da che ha memoria la sensazione di non riuscire a metterle in ordine fa sì che rimangano lì, bloccate. Se ci fosse Izuku, saprebbe tirarle fuori, con pazienza. Dubita di potersi aspettare lo stesso da Hitoshi e in fondo che diritto ne ha?

«Rifiuti tutti i tuoi corteggiatori per questo, quindi?» sente chiedere a Hitoshi e non può fare altro se non voltarsi a guardarlo, ora, senza provare a nascondere la sorpresa nel cogliere in lui il tentativo di comprenderlo anziché il disinteresse totale. Annuisce piano, quasi distratto, rimanendo in attesa di un giudizio che tarda ad arrivare. Shouto è abituato ai silenzi, in molte occasioni li preferisce a inutili tentativi di portare avanti una conversazione per forza, ma in questo caso ogni secondo lo fa sentire più a disagio. 

«Immagino» pronuncia Hitoshi, la voce un poco arrochita «tu non sia l’unico a doversi scusare, allora.» 

È strano sentirglielo dire, perché non ha mai pensato di ottenere questo da lui confidandogli di sua madre, di un matrimonio indesiderato dal quale il re ha comunque avuto ben quattro figli, sebbene tra questi si sia in effetti ritrovato un solo erede e nemmeno del tutto felice del ruolo a cui non può opporsi. Almeno per adesso. Shouto pensava di poter ottenere un perdono, con molta fortuna, o l’indifferenza nel migliore dei casi; in alternativa, di essere considerato un principe arrogante che si aspetta di poter sistemare tutto con una storia strappalacrime - poco importa quanta potenziale verità ci sia in essa. Hitoshi invece si sta dimostrando, e non per la prima volta, quasi incomprensibile. Proprio quando Shouto pensa di sapere cosa potrebbe dirgli o come potrebbe comportarsi nei suoi confronti, Hitoshi lo stupisce facendo esattamente l’opposto. 

«Pensavo che il tuo prendere le mie difese davanti ai tuoi invitati fosse un modo piuttosto triste di farti perdonare con un atto di galanteria.» confessa «Tanto per aggiungere altri discutibili metodi da manuale insieme al mandarmi un fiore con un messaggio di due parole. Non è sembrato ti fossi impegnato granché, senza offesa.»

Shouto potrebbe offendersi eccome, ma è ben consapevole di essere tremendo in quel genere di cose e può quasi sentire la voce di Hawks commentarlo se solo lo venisse a sapere. Dovrà chiedere a Hitoshi di mantenere quel segreto più di qualsiasi altro. 

«Ho preso le tue difese perché Camie si comporta sempre a quel modo. O almeno la maggior parte delle volte. Fuyumi sa gestirla molto meglio di me.» ammette con una vaga alzata di spalle. È la prima occasione di guardarsi dritti in faccia che lui e Hitoshi hanno dall’aggressione.

«Mi dispiace.»
«Erano le due parole che hai scritto sul biglietto, quindi credo contino come già dette.»
«Questo non vuol dire che mi dispiaccia meno.» ribatte Shouto. Potrebbe passare le prossime due ore a spiegare a Hitoshi di non aver mai aggredito nessuno prima d’ora o di essere tornato nella propria stanza, giorni fa, e aver guardato le proprie mani tremare rendendosi conto che sarebbe potuta essere molto più di un’aggressione fermata quasi subito. Sarebbe quasi possibile riuscire a raccontargli di come ogni sua parola abbia colto nel segno o che in qualche modo, nemmeno lui sa come, avverte il perenne bisogno di proteggere Natsuo e Fuyumi da questo segreto immenso che è la storia della sua famiglia che lui si aspetta essere sempre, costantemente in procinto di essere rivelato a tutto il regno. Come se dovesse esplodergli tra le mani quando meno se lo aspetta, nell’unico istante in cui abbassa la guardia. 

Immagina che suonerebbe come una scusa patetica e poco credibile. 

«In ogni caso,» riprende Hitoshi «non ha tutti i torti. Almeno se ho intuito cosa possa averti detto. Non è un vero mistero, che io venga dalla strada e non sia nobile di nascita.» dice, quasi fosse un dettaglio di poco conto mentre se ne stanno nel punto più discreto del giardino reale. Shouto lo scruta, per non più di una manciata di secondi. 

«Non mi interessa.» decreta infine, ritrovandosi a guardare Hitoshi ridacchiare prima di dire: «A tutti interessa. Di sicuro a tuo padre.»
«Ma io non sono mio padre.»

«No,» dice Hitoshi, spostando lo sguardo sui fiori «sospetto di no.»

Shouto decide di restare in silenzio; socchiude gli occhi e inspira, sentendo arrivare il profumo leggero dei nontiscordardime di sua madre. 

*

Hawks non è parso particolarmente convinto quando, dopo avergli chiesto come si fosse risolta la situazione tra lui e l’erede degli Aizawa, Shouto si è limitato a una breve rassicurazione di cui ha omesso la maggior parte dei dettagli. Conosce il consigliere da abbastanza anni da sapere che l’unico motivo per cui sembra essersi accontentato di quelle parole è solo perché ha deciso di non infierire. Shouto gliene è abbastanza grato - a essere sincero non saprebbe bene come spiegare la ragione per cui nel cuore della notte sia andato fino alla camera di Hitoshi, lo abbia invitato a uscirne e lo abbia riaccompagnato quando le prime luci dell’alba hanno cominciato a illuminare il cielo. O meglio, dal momento che sa come suonerebbe alle orecchie di chiunque salvo qualche eccezione, preferisce aspettare a renderlo pubblico. 

Potrebbe non essere così male, condividere un segreto con Hitoshi. 

*

«Quindi» pronuncia Izuku con l’aria di chi sta cercando di collegare una serie di importanti dettagli nella propria testa e, al tempo stesso, di non lasciar trapelare un eccessivo entusiasmo: «lo avevi invitato nelle cucine, poi lui è stato… ha detto delle cose sbagliate, lo hai aggredito, poi hai mandato un fiore con un biglietto per scusarti, hai preso le sue difese davanti a tutti durante la festa di compleanno di Fuyumi-san– a proposito, mi sento incolpa per averla mancata di così poco, spero di farmi perdonare– dicevo, ecco, dopodiché lo hai invitato a passeggiare in giardino di notte fino a mostrargli la serra di tua madre.» riassume, fallendo miseramente nel nascondere come tutta la situazione, in realtà, lo entusiasmi eccome. Shouto invece nota soltanto che dette da un’altra persona tutte quelle cose lo fanno sembrare fuori di senno.

Sposta lo sguardo da Izuku e lo lascia vagare fuori dalla finestra, verso una parte del giardino piuttosto distante da quella visitata durante la notte. Per sua fortuna Izuku ha imparato ad apprezzare i suoi silenzi e a riconoscere quando l’unica cosa da fare è avere pazienza e aspettare che qualunque cosa si agiti nella mente di Shouto prenda finalmente forma. 

«Non c’è un motivo preciso, non si tratta del corteggiamento.» chiarisce, per quanto sia abbastanza sicuro che se esiste qualcuno da cui non deve temere di essere frainteso, quello sia Izuku: «Ma a volte sembra qualcuno che potrebbe essere… un buon amico. Una brava persona. Altre volte sembra solo un nobile come gli altri. Non capisco cosa aspettarmi.» confessa, consapevole come questo non spieghi nemmeno la metà dei suoi atteggiamenti. Lo stesso Hawks, forse, continua ad aspettarsi da lui che - almeno - decida dove collocare la figura di Hitoshi e inizi ad agire in base a quello. 

«Perciò non sai come comportarti perché non sai come ti fa sentire?» azzarda Izuku, con gentilezza; la verità, però, è che Shouto non crede sia quello il punto. 

«Non mi fa sentire in nessun modo.» lo corregge senza nascondere la perplessità, nemmeno quando si scontra con l’espressione incredula di Izuku: la vede trasformarsi lentamente in una di affettuosa comprensione. 

«Ti conosco da quando siamo bambini,» gli dice Izuku con pacatezza, quasi dovesse prepararlo a una terribile notizia «e per uno che non ti fa sentire nulla, credo sia riuscito comunque a smuovere qualcosa se sei arrivato persino a condividere con lui la cosa a cui tieni di più.»

*

Shouto vorrebbe avere due capacità: esprimere meglio quello che prova, anziché restare metaforicamente a guardare se stesso accumulare fino allo stremo, e riuscire a dissimulare in qualsiasi circostanza senza per forza trincerarsi dietro un silenzio come quello di ora. Purtroppo non ha mai sviluppato nessuna delle due.

La presenza di Hitoshi nei giorni passati è diventata molto più familiare di quanto pensava sarebbe mai stata; Shouto non sa se avergli mostrato qualcosa di così privato come la serra di sua madre abbia giocato un ruolo fondamentale o meno, tuttavia da quella sera sono passati giorni e lui e Hitoshi si sono ritrovati a passare buona parte delle giornate insieme. Shouto si è a stento reso conto che la terza di quattro settimane di corteggiamento sia vicina alla fine. Ci si aspetta da lui che a breve sappia dire cosa vuole fare del suo rapporto con Hitoshi, quando lui sa ancora meno di prima se il loro possa anche solo essere definito “rapporto”. 

«Sono curioso» sente dire a Hitoshi, quasi grato che sia stato l’altro a rompere il silenzio «come corteggeresti tu?»

La domanda è inaspettata e a Shouto viene istintivo guardarlo; Hitoshi è seduto alla sua destra, ospite nella stanza in cui di solito è Izuku a occupare la poltroncina dove ora siede l’altro, perciò Shouto può osservarne il profilo. Si aspetta di intravedere almeno in parte un’espressione che gli suggerisca qualcosa sul perché di quella domanda, ma non nota granché. Non è la prima volta che si accorge di come Hitoshi non lasci trapelare molto né dei suoi pensieri né delle sue emozioni, seppure in modo diverso da lui. Shouto è consapevole di essersi sempre schermito dal mondo in quel modo; se per Hitoshi sia lo stesso, però, non ne è sicuro. 

«Tutti dicono che nessuno è riuscito a far infatuare il principe e infatti hai rifiutato ogni prtendente finora. Stavo pensando che potrebbe essere diverso se fossi tu a scegliere o a voler fare la prima mossa. Ma, senza offesa, non hai l’aria di uno bravo in queste cose.» pronuncia Hitoshi, rivolgendogli un sorrisetto divertito. Shouto ne abbozza uno a sua volta, apprezzando momenti come questo, ora che riesce a non pensare di essere costantemente osservato da chi cerca una sua debolezza. D’altronde, se anche fosse, gliel’ha già offerta lui stesso su un piatto d’argento. 

«…Non ho mai dovuto pensarci.» confessa, cercando di immaginare come potrebbe essere se fosse lui a corteggiare Hitoshi o se, semplicemente, queste loro settimane insieme fossero dovute non a una questione di forma ma a un reale interesse nei suoi confronti. Se Hitoshi lo avesse corteggiato davvero fin dall’inizio e Shouto avesse voluto ricambiare con attenzioni discrete, ma inequivocabili. 

«Parlerei di me.» dice con lo stesso tono di chi ha avuto un’epifania improvvisa, anche se banale. Hitoshi sbuffa divertito: «Wow. Egocentrico.» lo prende in giro, ma Shouto scuote la testa. 

«Non in quel senso. Ma tutti sanno tutto del principe: il palazzo reale non è diverso da quello di altri regni, tutti gli aristocratici studiano l’arte della spada, l’etichetta, la storia e tutto quello che è considerato parte dell’istruzione. Non ho segreti da offrire, in questo, o qualcosa di speciale. Però nessuno conosce me. Tutti sanno che Izuku è il mio migliore amico ma non sanno che ha pianto un intero pomeriggio per colpa mia quando eravamo bambini. Non sanno del mio posto in biblioteca, o di Natsuo e Fuyumi nel modo in cui li vedo io, o di mia madre.» confessa, come se fossero dei segreti e forse, in un certo senso, lo sono. Hitoshi non lo interrompe mai, limitandosi a guardarlo come ha fatto nelle cucine e nella serra di Rei. È anche questo suo modo di non interagire, a volte, a farlo sentire sicuro abbastanza da aggiungere: «Vorrei che scegliessero di restare per me. Non per il principe. È scontato, ma meno di quanto sembra.» dice, scrollando le spalle. Non sa cosa aspettarsi in risposta, sempre che Hitoshi voglia dargliene una. Shouto sa solo di avere il suo sguardo su di sé e si sente, per la prima volta, come se Hitoshi stesse cercando di carpire qualcosa di lui che Shouto non è neppure sicuro di avere. 

«Tutto ciò che posso dirti» pronuncia quando ormai Shouto si sta riabituando al silenzio tra loro «è che penso sia impossibile passare quattro settimane qui e non vedere te

A Shouto non è mai successo di sentire l’imbarazzo crescere al punto da fargli abbassare lo sguardo come ora. Sente che dovrebbe dire qualcosa, rispondere a quello che suona come un complimento mai rivoltogli da nessun’altro, ma le parole continuano a non essere il suo forte. Anche se, a tratti, sembra diventare più facile con Hitoshi. Forse se si trovassero in un luogo meno sotto gli occhi di tutti come invece è il palazzo reale…

«C’è una tenuta vicina al lago.» se ne esce, dando per scontato che Hitoshi capisca che si tratta del lago a est del palazzo: «È molto meno conosciuta di questa e non la visitiamo da un po’, ma… possiamo andarci. Se ti piace il lago.» propone. Questo è molto più di un invito nelle cucine o di quello in una serra - non a livello affettivo, forse, ma sul piano dell’ufficialità è quasi ammettere che il corteggiamento ha buone probabilità di non essere più a senso unico. Persino Hitoshi potrebbe pensarlo e decidere di rifiutare l’invito per questo. 

«Va bene,» lo sente rispondere invece «ma solo se ci accolgono con pane e formaggio.» ironizza, riferendosi proprio alla fuga nelle cucine. Shouto non può fare a meno di concedersi un primo, vero sorriso nel dirgli: «Promesso.»

   
 
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