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Autore: Aphasia_    07/11/2022    0 recensioni
Esistono gli universi paralleli? E il destino? Difficile dare una risposta certa, ma quello che succede ai protagonisti di questa storia (che potrete chiamare come preferite, dal momento che propongo la sola iniziale), un dubbio ce lo fa venire eccome. E tra un sogno angosciante, una promessa e un incontro che può cambiare la vita, quel loro legame sembra quasi deciso da un'entità superiore. Quasi fosse scritto, davvero, nelle nuvole...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioggia e buio, la strana sensazione che quella tranquillità non sarebbe mai durata. Troppo silenzio, troppi pensieri liberi di vagare senza alcun controllo. Qualcosa non va - pensai, e come al solito il pessimismo era l'arma migliore che avevo per comprendere ciò che mi circondava, insieme a quella che si chiama semplice sfiducia nelle cose belle, o nello specifico nelle cose belle che ti accadono senza pretendere niente in cambio. Basta, concentrati sulla strada - mi dissi. Un dito vagò nel buio dell'abitacolo per alzare il volume della radio, rimedio da sempre infallibile per mettere a tacere l'infinito dialogo interiore che risuona nei crani umani a qualunque ora del giorno. Andava già meglio. Taylor Swift stava cantando "i knew you were trouble" e sembrava che il destino avesse una strana ironia, che quella canzone fosse lì per prendersi gioco di me. "Sapevo che avresti causato problemi": è vero che sono parole alle quali chiunque potrebbe relazionarsi, ma nel mio caso non potevano essere più corrette, essendo, quasi totalmente, quelle che M., la mia compagna di banco, aveva detto dopo che, con estrema fatica, era venuta a conoscenza della mia cotta - anzi, della mia mostruosa e duratura cotta- per il ragazzo meno compatibile con me in assoluto. Precisamente quel giorno aveva detto "sapevo che ti avrebbe causato problemi!", riferendosi alla disarmante puntualità con la quale incassavo l'ennesimo colpo sentimentale, l'ennesima prova che per lui sarei sempre stata solo un'amica, o peggio quella amica che ti fa copiare i compiti e con la quale parli solo di film. Insomma, non quella a cui chiedi di uscire.

Assurdo come avesse sempre, M., assolutamente ragione, quasi fosse una formula matematica. "Ti innamori sempre o di stronzi o di coglioni a cui non importi nulla, anche se le due categorie mi sembrano combaciare" - non aveva mai paura di dire quello che pensava, specialmente se credeva fermamente che potesse proteggermi o darmi uno scossone, di quelli sani, di quelli che ti impediscono di fare stupidaggini. Era stato grazie a quella frase che avevo rinunciato a dire al ragazzo col quale sarei stata probabilmente infelice, o semplicemente non sarei mai stata nulla, che mi piaceva dalla prima, e che non sapevo nemmeno io il perché. Che schifo le cotte, irrazionali, eppure ti tengono viva, ti fanno persino sopportare le ore di matematica se lui c'è, e se cazzeggia senza farsi sgamare dalla professoressa. C'era qualcosa di poetico in tutto ciò, pur essendo l'esatto opposto della mia composta diligenza, mista a un fiducioso sorriso da brava ragazza, nonché della mia aura rassicurante da rappresentante di classe. Eppure non potevo fare a meno, ogni giorno, di ricambiare i suoi sorrisi così cortesi, e di ridere alle sue battute idiote, e di vergognarmi per avere un gusto così prevedibile, praticamente come quello di almeno altre 3 ragazze di mia conoscenza. Ricordo ancora quanto fece male il giorno in cui si era avvicinato a me e a un'altra compagna per la solita chiacchiera del cambio d'ora, e mi disse: "Sai perché mi piaci? Perché non mi sbavi dietro come le altre". Avevo già rinunciato a dirgli cosa provavo, ma non mi aspettavo una tale ghigliottinata, perché era questo che avevo sentito, un taglio netto che escludeva qualunque speranza. La voce di M. mi risuonò nella coscienza, ancora non so se come un diavoletto o un angioletto simbolici sulla mia spalla: non ti vede in quel modo, non ci arriva.

E chi lo avrebbe mai fatto? - pensai, al volante, ma non risposi, e la domanda rimase a vagare dentro al calore dell'auto che slittava sull'acqua. Avrei voluto rassicurarmi, convincendomi, come fanno un po' tutti, che prima o poi avrei trovato la persona giusta, anzi La persona, quella dietro alla quale non avrei dovuto più sbavare, che non avrebbe richiesto alcuna confessione, e che non avrei dovuto accontentarmi di guardare di nascosto. Senza vergogna, senza sentirmi di meno. E invece non feci nemmeno in tempo a finire di formulare, inevitabilmente, il pensiero opposto, elencando tutte le ragioni per le quali non avrei mai trovato nessuno che mi amasse, poiché non degno, poiché non degna io, poiché mai abbastanza (io o lui), perché fu una luce a interrompermi.

Una luce che si mangiò tutto il buio e tutta la pioggia. Mangiò me, annullandomi, e non ci fu più alcun pensiero.


 


 


 


 

Altre luci, sparate direttamente sugli occhi. Voci sconosciute. Mi aggrappavo con tutte le forze a qualunque pensiero che non fosse il dolore che sentivo, unico e intenso, assordante, al freddo che sembrava contagiarmi come un virus. Pensai proprio a lui mentre, sorridendomi, mi diceva che non le sarei mai piaciuta, se non come amica, eppure non fece nemmeno male. Era vita, e in quel momento qualunque ricordo, persino quello di un cuore spezzato, avrebbe potuto salvarmi da quello che credevo mi stesse succedendo. Pensai anche, e ingenuamente, che se mi fossi aggrappata così testardamente a ogni frammento di vissuto, non importa quanto fosse spiacevole o imbarazzante, avrei reso chiaro che non me ne sarei mai andata così facilmente.

No, devo fare così tante cose... Devo andare all'università, devo viaggiare, devo andare a Parigi per la prima volta, mi devo innamorare di un francese come in un romanzo...devo.... Era una dichiarazione di guerra contro la morte, quasi a dirle che avrei fatto qualunque cosa pur di non farmi portare via. Ma immagino che non spetti a noi decidere una cosa di una così grande portata, succede e basta.

Quanta perfidia, e quanta ironia. Non ho salutato nessuno... Non scese una sola lacrima, come spesso si vedeva nei film, ma la morte è impaziente e noi non abbastanza, sprecando così tanti attimi, così tanti saluti non detti, confessioni sbagliate ma autentiche, posti non visitati, scuse rimaste in bigliettini accartocciati.

Chiusi gli occhi, allontanandomi da quello strano palcoscenico di luci e voci, poi la sentii. Non era una voce come le altre, non cercava affatto di salvarmi, ma faceva qualcosa di molto di più. Mi faceva una promessa. Era la voce di un ragazzo, non Lui, ma un ragazzo che non avevo mai sentito e che non riuscivo a vedere, e mi faceva proprio una semplice promessa.

"Se non in questa, in un'altra... te lo prometto" - disse, molto chiaramente. Ci credetti subito, senza nessun dubbio, come se ci conoscessimo da sempre, come se Dio stesso mi avesse rassicurato.


 

Ci credetti e smisi di respirare, immergendomi negli abissi della morte per pochi secondi.


 

Poi mi svegliai. Sempre al buio, ma con una promessa che mi aveva salvato la vita.


 



 

  
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