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Autore: pampa98    09/11/2022    5 recensioni
[Questa storia partecipa al “Torneo Tremaghi - Multifandom Edition” indetto sul gruppo Facebook L’angolo di Madama Rosmerta]
Il Torneo Tremaghi torna a Hogwarts e per l'occasione tre valorosi studenti – Aegon Targaryen, Jacaerys Velaryon e Joffrey Lonmouth – dovranno formare una squadra per tenere alto il nome della loro scuola.
~ Aegon/Jace, Joffrey/Laenor, Aemond/Luke. ~
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aegon II Targaryen, Altri, Jacaerys Velaryon, Joffrey Lonmouth
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: uno dei requisiti dell’iniziativa era che tutti i personaggi fossero maggiorenni. Dal momento che volevo scrivere di Aegon e Jace – e al momento dell’iscrizione non ricordavo l’esistenza di Cregan Stark 🙈 – ho cambiato l’età di Joffrey Lonmouth, rendendolo coetaneo dei due Targaryen. Ho modificato l'eta anche di altri personaggi, in particolare i gemelli Cargyll e Criston Cole, anche loro coetanei di Aegon. Anche Laenor Velaryon è molto più piccolo (24 anni circa) e lui e Rhaenyra non si sono mai sposati. Inoltre, in questa storia ho deciso che Alicent ha sposato Daemon, quindi Aegon&co. sono cugini di Jace&co. 

Spero che tutte le altre informazioni siano comprensibili dal testo di questo capitolo e dei successivi. Detto ciò, vi lascio alla storia. Buona lettura!


 

Capitolo 1

Un nuovo anno scolastico




 

Il silenzio di King’s Cross fu assorbito in un attimo dal trambusto di studenti affannati a fare l’ultimo controllo dei loro bagagli e di genitori che salutavano i loro figli, pronti a partire per Hogwarts. 

Jacaerys si guardò alle spalle in tempo per vedere suo padre e Joffrey fare capolino dalla parete. L’uomo sorrise trionfante.

«Visto?» disse Harwin, indicando il treno ancora fermo sui binari. «Siamo in perfetto orario.»

Jacaerys scosse la testa. «Mancano solo cinque minuti, papà.»

«Abbiamo tempo per salutarci?» chiese Luke, spostando i suoi occhi scuri da Jacaerys a loro padre. Stava per iniziare il suo quinto anno, ma il momento della partenza era sempre difficile per lui.

Harwin gli passò una mano tra i riccioli scuri.

«Certo che lo abbiamo» lo rassicurò. «So che questo sarà un anno impegnativo per te, con i G.U.F.O. che incombono, ma sono certo che te la caverai egregiamente. Sei mio figlio, dopotutto.»

Gli scompigliò i capelli e Luke rise, abbracciandolo. Quando si staccò, Harwin spostò la sua attenzione su Jacaerys.

«Anche tu avrai il tuo bel daffare quest’anno, figliolo.»

Il ragazzo annuì, raddrizzando le spalle. «Mi impegnerò al massimo per ottenere ottime valutazioni nei M.A.G.O.»

Harwin annuì e scompigliò i capelli anche a lui. «Sono certo che lo farai. Ricordati anche di divertirti, però. È il tuo ultimo anno, devi godertelo fino in fondo.»

Jacaerys lo abbracciò. «Lo farò, padre.» Gli sorrise, poi prese le sue cose e si diresse verso il treno per cercare uno scompartimento per lui e i suoi fratelli. Passò accanto a Joffrey Lonmouth e Laenor Velaryon, che si stavano salutando con la loro consueta passione. Laenor lo vide e alzò una mano per salutarlo. Lui ricambiò il gesto con un piccolo sorriso. Notò altri volti familiari in mezzo alla folla ancora ammassata sui binari – non erano stati i soli ritardatari, dunque. Mentre faceva scorrere lo sguardo su quelle famiglie intente a salutarsi, non poté fare a meno di cercare tra esse un capannello di chiome bionde.
Era un errore che continuava a commettere da tre anni, ma non riusciva a farne a meno: ovunque andasse, sperava di vederlo. Solo per sapere che era ancora vivo – solo per sentire ancora la sua voce, anche se piena di insulti e odio, mescolati a un vuoto che Jacaerys non riusciva a spiegarsi e che odiava vedere dipinto sul suo volto. Stava iniziando a pensare che fossero già saliti a bordo – Alicent Hightower non avrebbe mai permesso che i suoi figli arrivassero in ritardo – quando scorse Helaena Targaryen salire la scaletta del treno. Come se avesse percepito la sua presenza, la ragazza si voltò nella sua direzione. Jacaerys non era mai certo di quale sarebbe stata la sua reazione, ma ancora una volta Helaena si dimostrò dolce e gentile: gli sorrise e lo salutò con la mano. Jacaerys ricambiò con piacere il gesto, solo per ritrovarsi con il sorriso congelato sul volto non appena vide il fratello seguirla sul treno. Abbassò la mano, fissando Aegon a testa alta per fingere che il suo sguardo disinteressato non gli stesse frantumando il cuore. I loro occhi rimasero legati solo per un istante; poi Aegon salì, seguito da Aemond, e lui ritrovò il respiro. 

«Buongiorno, Jacaerys.» Il ragazzo si voltò e sorrise, incontrando il familiare viso di Cregan Stark. 

«Buongiorno» ricambiò il saluto, stringendogli la mano. 

«Oh, quello è il piccolo Joffrey?» chiese il Prefetto, vedendo il ragazzino insieme a Luke e Harwin. «Credi si unirà a noi o seguirà tuo fratello a Tassorosso?»

«Penso la seconda. Ma chissà, il Cappello Parlante potrebbe scoprire che ha un grande intelletto e smistarlo in Corvonero.»

Cregan annuì, incrociando le braccia sul petto. «Un figlio per ogni casa, non male. Mi auguro solo che non finisca in Serpeverde.»

Jacaerys non rispose. Nemmeno lui amava particolarmente quella Casa, ma sapeva per esperienza che tra i suoi studenti esistevano anche persone straordinarie. Se suo fratello si fosse rivelato un Serpeverde, lui ne sarebbe stato comunque orgoglioso. 

«Non vedo tua madre» continuò Cregan, guardandosi intorno. «Sta bene?»

«Sì, ma sta per entrare nel nono mese e abbiamo concordato tutti – be’, tutti tranne lei – che fosse meglio che restasse a casa.» Sospirò. «Speravo che nascesse prima, sinceramente. Avrei voluto conoscere subito la mia sorellina, invece dovrò aspettare fino alle vacanze natalizie.»

«Sei già sicuro che sarà una femmina?»

«Mamma è convinta che lo sarà e a me piace l’idea di avere una sorella.»

Il treno fischiò, annunciando la sua imminente partenza. 

«Credo sia ora di andare» disse Cregan.

Jacaerys si avvicinò insieme a lui alle porte del treno, chiamando i suoi fratelli che corsero subito da loro. 

 

~

 

«Giurami che sentirai la mia mancanza!»

«Te lo ripeto da stamattina: sì, mi mancherai, ti penserò ogni minuto di ogni giorno, ti amo. Va bene?»

«Un saluto davvero passionale, non c’è che dire» disse Joffrey, fingendosi offeso. Anche quell’anno, aveva cercato di convincere Laenor a tornare a Hogwarts – “Fatti assegnare una cattedra a caso da tua madre. Oppure fingiti uno studente dell’ultimo anno, guarda che non sembri tanto più grande di noi” – ma il ragazzo aveva rifiutato. 

«Ci siamo già salutati almeno cinque volte stamani» gli ricordò Laenor.

«Sì, le prime due però sono state molto più sentite. Probabilmente anche i nostri vicini le hanno sentite.»

Rise, vedendo il rossore sul volto di Laenor alla menzione delle loro attività mattutine. 

«Sta’ zitto, Joff» borbottò, cercando di mascherare il suo imbarazzo. 

«Sai che esiste un unico modo per farlo.»

«È incredibile come gli anni passino, ma la scena rimanga sempre la stessa» commentò Harwin Strong, avvicinandosi a Laenor e accennando un saluto verso Joffrey.

«Certe persone non riescono a crescere» commentò Laenor, lanciando un’occhiataccia al suo ragazzo. «Dai, andiamocene.»

«Ehi, almeno aspetta che il treno sia partito!» lo rimproverò Joffrey. 

«Partirà a momenti. E tu dovresti rimettere la testa dentro il finestrino se non vuoi che si fracassi contro un palo.»

«Ho la testa dura» commentò, dandosi un colpo sul capo per dimostrarlo. «Non devi preoccuparti.»

«Dovresti davvero fare attenzione, Lonmouth. Non vorrai lasciare il tuo ragazzo vedovo a una così giovane età» commentò Harwin, mettendo una mano sulla spalla di Laenor mentre cercava di mascherare il suo divertimento per quella scenetta. 

«Sai che non sarebbe male?» disse Laenor, picchiettandosi il mento con l’indice. «Ho molti corteggiatori dopotutto. C’è quel ragazzo del mio stesso dipartimento, Qarl, che…»

«Non. Osare.» 

Joffrey non era una persona particolarmente gelosa. Gli piaceva flirtare per gioco e non aveva problemi se lo faceva anche Laenor – purché, appunto, restasse un gioco. Quel Qarl, però, era convinto che Laenor fosse davvero interessato a lui e non perdeva occasione per provare a pomiciare con lui. Laenor lo aveva già respinto più volte, anche se Joffrey non era certo che si fosse impegnato davvero, dal momento che giocava sempre la carta di quel damerino quando voleva farlo innervosire.

«Quale sarebbe il problema?» chiese Laenor, rivolgendogli uno sguardo innocente. «Se non vuoi che ti sostituisca, ti basta restare vivo, no?»

Joffrey imprecò tra i denti. «Va bene, va bene! Ora vado a sedermi, contento?»

Laenor annuì. Si avvicinò ai binari e allungò una mano verso Joffrey, che gli tese la sua d’istinto. Laenor gli baciò le nocche, prima di rivolgergli un sorriso radioso. 

«Non vedo l’ora che arrivi Natale.»

Joffrey sorrise e si sporse verso di lui per dargli un bacio a fior di labbra. «Mi aspetto di trovare un bel regalo sotto l’albero. O sopra il letto, a tua discrezione.» 

Un colpo di tosse alle sue spalle lo fece voltare. Joffrey trattenne uno sbuffo.

«Prefetto, il tuo scompartimento è in cima al treno. Molto, molto lontano da qui e da me

«Il tuo invece è il corridoio, Lonmouth?» gli chiese Stark, incrociando le braccia sul petto. «Vorrei ricordarti che tutti gli studenti devono essere seduti al momento della partenza del treno – nei loro rispettivi scompartimenti, naturalmente. Vuoi che Serpeverde inizi l’anno in negativo?» 

«Anche loro non sono seduti» disse Joffrey, indicando i tre Strong alle sue spalle. «Ehi, ragazzi, c’è vostro padre se volete dargli l’ultimo saluto.» 

«Così suona molto male» gli fece notare Jacaerys, prima di seguire gli altri due che erano già corsi al finestrino.

«Ragazzi» li richiamò Stark dopo qualche momento. «Date il buon esempio, per favore. Jace.»

Il ragazzo annuì. 

«Sì, hai ragione.» Mise una mano sulle spalle dei suoi fratelli, prima di rivolgere un sorriso a Joffrey. «Lonmouth, vuoi fare il viaggio con noi?»

«No, ti ringrazio, ho già la mia roba dai Cargyll» disse, lanciando un’occhiata a Stark come per dirgli “Visto? Io sono perfettamente in regola.” 

Il treno fischiò di nuovo. 

«Bene, ne sono lieto» disse Stark, anche se Joffrey era certo che avrebbe provato molto piacere a sottrargli punti prima ancora di raggiungere la scuola. «Va’ a sederti, allora. Noi ci vediamo più tardi, d’accordo?» aggiunse con più gentilezza, rivolto a Jacaerys. 

I tre Strong trovarono uno scompartimento libero poco più avanti, a un paio di posizioni da quello di Joffrey. Il ragazzo fece per salutarli, ma Jacaerys lo trattenne. 

«Senti, ehm, non so se l’hai sentito ma… Cole è tornato.»

Joffrey sospirò. «Sì, la preside mi aveva già informato quest’estate. Non capisco perché siate tutti così preoccupati di questa cosa, quello è solo un cretino.»

«Un cretino che ha cercato per ben due volte di spaccarti la testa con una Pluffa, nonostante tu non fossi nemmeno in partita.»

«So anche questo.» Gli mise una mano sulla spalla, facendogli l’occhiolino. «Sei carino a preoccuparti per me, mio caro Strong, ma ti assicuro che ho tutto sotto controllo. Se quello stronzo proverà ancora ad avvicinarsi a me, troverà pane per i suoi denti.»

 

~

 

Aegon fu svegliato da un forte dolore alla gamba. Aprì le palpebre solo per richiuderle all’istante, una morsa atroce a comprimergli le tempie. Passarono un paio di minuti prima che riuscisse a comprendere che Aemond gli stava parlando. 

«Che vuoi, fratello?» sbottò, tirandosi di nuovo il mantello sopra la testa. Non sapeva che ore fossero, ma voleva solo essere lasciato a dormire in pace, non gli sembrava di chiedere poi tanto.

«Siamo quasi arrivati a Hogwarts. Hai presente, quel posto che si chiama “scuola”?» Aemond gli strappò il mantello di dosso, lanciandolo sopra il portabagagli, lontano dalla sua portata. «Vai a darti una sistemata. Sei al tuo ultimo anno – per non so quale miracolo – e non mi sembra il caso di iniziarlo con una punizione per essere arrivato già ubriaco.»

Aegon sbuffò, passandosi le mani sul viso per cercare di liberarlo dal sonno.

«Non sono ubriaco. Dormo solo perché non c’è un cazzo da fare su questo treno.»

«Fai una passeggiata fino al bagno, mi sembra una valida alternativa al poltrire» suggerì Aemond, tornando a concentrarsi sul libro di Storia della Magia che aveva abbandonato per disturbare il suo sonno. 

Aegon prese in considerazione l’idea di ignorarlo e tornare nel mondo dei sogni, in cui talvolta faceva capolino un volto familiare che per pochi, effimeri momenti gli permetteva di dimenticare la sua vita e come le loro strade si fossero allontanate per sempre. Ma, con la fortuna che aveva, non avrebbe sognato Jace una volta chiusi di nuovo gli occhi. Al contrario, lo scenario più probabile vedeva Aemond sfoderare la sua bacchetta per svegliarlo con qualcosa di molto più doloroso di un semplice calcio. 

Si alzò, stirando platealmente le braccia sopra la testa. Aemond non lo degnò di uno sguardo; probabilmente era solo felice all’idea di liberarsi per qualche minuto della zavorra che aveva per fratello. Anche Aegon non avrebbe disdegnato una compagnia diversa. Magari in corridoio avrebbe incontrato qualche ragazza con cui passare gli ultimi momenti prima di arrivare a Hogwarts – qualcuno che lo avrebbe distratto dalla noia che permeava la sua vita, anche se solo per poco tempo.

Camminare nel senso di marcia opposto, con la testa annebbiata dalle due bottiglie di vino che aveva nascosto sotto la giacca perché sua madre non le scoprisse, si rivelò un’impresa più ardua del previsto. Tirò un sospiro di sollievo quando raggiunse la porta del bagno.

«Un momento, è occupato.»

Jace si stava lavando le mani, dando la schiena a lui e alla porta. Aegon sbatté le palpebre, incredulo della sua fortuna: voleva incontrare qualcuno che lo distogliesse dalla sua mente distorta e l’universo lo aveva assecondato. 

«Ci entriamo tranquillamente in due, cugino.»

Jace ebbe un sussulto. Un sorriso divertito comparve sul volto di Aegon di fronte alla sua espressione. Non cercò di indagare se fosse infastidito, deluso o incuriosito dalla sua presenza – nessuna risposta gli sarebbe andata a genio. Si avvicinò a lui, aprendo il rubinetto che il ragazzo aveva appena chiuso, e si gettò l’acqua fredda in faccia. Accanto a lui, Jace si stava asciugando mani e viso, e sembrava pronto a scappare alla prima occasione. Ageon non voleva lasciarlo andare così in fretta.
Dubitava che si sarebbero rivisti spesso da soli e quello era il loro ultimo anno – l’ultima occasione che aveva per stare insieme a lui. Dopo il diploma, Jace sarebbe diventato un Auror, come i suoi genitori, mentre lui… Lui avrebbe fatto ciò che sua madre e suo nonno avrebbero deciso. L’idea di non rivederlo mai più era come una mano glaciale stretta intorno alla sua gola, che premeva con tale forza da mozzargli il respiro.
Sapeva che era sbagliato: Jacaerys Strong, esattamente come sua madre che aveva sposato un banale Sanguemarcio, era un simpatizzante Babbano, un insulto alla purezza del sangue magico – del sangue Targaryen, il più fiero e antico. Avrebbe dovuto ripudiare la sua esistenza e la sua sola presenza vicino a sé avrebbe dovuto disgustarlo. Eppure…

«Ho visto un terzo ricciolino stamani» disse, appena Jace si voltò per raggiungere la porta. «Joffrey, giusto? Non credevo avesse già undici anni.»

Jace rimase in silenzio per qualche secondo, forse ponderando se fingere di non averlo sentito, ma la maleducazione non era nella sua natura.

«Sì, li ha compiuti quest’estate. Appena in tempo.» Mise la mano sulla maniglia, ma non aprì. «Non ho visto Daeron. Non avrebbe dovuto iniziare la scuola quest’anno?»

«L’anno scorso, in realtà. E l’ha iniziata, solo che Otto ha deciso che sarebbe stato più stimolante per lui frequentare una scuola in cui non ci fossero i suoi fratelli.»

«Oh, e dov’è andato? Se posso chiedere.»

Aegon sorrise di fronte alla sua timidezza. 

«In una scuola in Germania, Durang o qualcosa di simile. Pare che ci si trovi bene.»

«Mi fa piacere.» Jace sorrise, una visione a cui Aegon non era più abituato ad assistere. Un tempo, Jace sorrideva sempre con lui, per lui, e anche nelle occasioni in cui lo rimproverava per la sua pigrizia e la scarsa applicazione nello studio, Aegon aveva sempre avuto la certezza che gli fosse affezionato. Avrebbe voluto crederlo ancora – ma sarebbe solo servito a farlo stare peggio. Si appoggiò al lavandino, stringendo le dita sul marmo per nascondergli la sua frustrazione. Avrebbe dovuto conservare un po’ di vino, per situazioni come quella. 

«Ora è meglio che torni dai miei fratelli» disse Jace. «Joff sta iniziando ad agitarsi per l’incontro con il Cappello Parlante.»

«Ha paura di finire in Serpeverde?» 

«Non proprio. Lui vorrebbe andare in Tassorosso, come nostro padre, e si è convinto che lo deluderà se non verrà smistato lì.»

Aegon rise. «Già, voi siete la famiglia dei colori caldi. Chissà, magari lui invece sarà il primo Corvonero.»

Il volto di Jace si illuminò. «Sì, è esattamente quello che…»

Aegon non gli diede il tempo di entusiasmarsi oltre.

«Serpeverde è fuori discussione. Un sangue così sporco non può unirsi alle nostre fila.»

Era tornato su un terreno privo di mine. Là Jace non sorrideva più, non lo guardava più come se fossero ancora amici. Come se Aegon fosse ancora tutto il suo mondo. 

«Non ti stanchi mai della tua crudeltà, Aegon?» Lo chiese senza rabbia o odio; solo rassegnazione, che fece desiderare al ragazzo di essere rimasto nel suo scompartimento a farsi tormentare da Aemond. Qualunque tortura avesse scelto, sarebbe stata meno dolorosa del modo in cui Jace lo stava guardando in quel momento. 

Si è arreso, constatò. Anche lui si è arreso con me.

Stava per rispondere di no, perché cos’altro poteva fare se non continuare a fingere, ma una voce proveniente dal corridoio catturò l’attenzione di entrambi.

«Lasciatemi andare, ho detto! Mi ha mancato di rispetto ancora una volta!»

Aegon si avvicinò alla porta per sentire meglio. «Chi è?»

«Penso sia Cole» rispose Jace, che si era abbassato per guardare dallo spioncino. «Sì, è lui.»

«Ma non l’avevano cacciato?»

«È riuscito a farsi riammettere. La preside ha deciso di concedergli una seconda occasione, e in fondo gli manca solo un anno di studi. Se riesce a controllarsi, si diplomerà e potremo finalmente dirgli addio.»

Aegon inarcò un sopracciglio. «A me sembra che non riesca a controllarsi già adesso e non siamo nemmeno davanti ai cancelli di Hogwarts.»

Jace sospirò, passandosi una mano dietro la nuca. «Già. Ma che sarà successo? Spero che non c’entri di nuovo Joffrey.»

Aegon accostò un orecchio alla porta. C’erano altre due persone con lui, ma non riuscì a riconoscerle, anche se probabilmente si trattava di Arryk ed Erryk Cargyll, gli unici che avessero il coraggio e la pazienza di avvicinarsi a Cole durante i suoi scatti d’ira. 

«Sbaglio o ha nominato Cassandra Baratheon?» disse Jace. «Merlino, è dal nostro primo anno che non fa che lamentarsi di lei. Possibile che non l’abbia ancora superata?»

«Probabilmente il fatto che sia stata lei a lasciarlo è stato un trauma» commentò Aegon. «E il suo orgoglio ferito lo ha fatto passare da Mazza Chiodata a Mazza Afflosciata.»

Jace scoppiò a ridere. Era un suono che non aveva il privilegio di udire spesso ed ebbe il potere di scaldargli il cuore come nessun incantesimo sapeva fare. 

Gli era mancato. Aveva bisogno di lui nella sua vita, l’unico che potesse portarvi un po’ di sole e di allegria. Aegon avrebbe voluto bearsi di quella risata per il resto dei suoi giorni, imbottigliarla in una teca di cristallo e portarla sempre dentro di sé. 

Agì senza pensare, mosso solo dall’istinto. Gli prese il volto tra le mani e lo baciò, assorbendo la sua risata e il suo stupore. Le labbra di Jace erano esattamente come ricordava: piene e morbide, con un leggero sentore di limone. Il ragazzo si irrigidì sotto le sue dita, ma non oppose resistenza quando Aegon lo spinse verso il muro, bloccandogli col suo corpo ogni via di fuga. Quando Jace premette lentamente le labbra contro le sue e portò le mani a stringere la stoffa della sua camicia, Aegon approfondì il bacio, assetato di riscoprire ogni angolo della sua bocca. 

Il treno si fermò, annunciando l’arrivo a destinazione. Aegon si allontanò bruscamente. Jace lo fissò, le labbra gonfie e il volto arrossato, con un misto di incredulità e incertezza nei suoi occhi marroni.

«Aegon…»

Aegon spalancò la porta e corse via. Come gli era venuto in mente di baciarlo? Jace era un Mezzosangue, un insulto alla loro famiglia e una macchia sulla loro stirpe centenaria. Entrò nello scompartimento senza degnare Aemond di uno sguardo. Si sistemò la cravatta e indossò il mantello. Sulla schiena avvertiva ancora il calore delle dita di Jace ed era certo che non si sarebbe liberato in fretta di quella piacevole sensazione. 

«Sembri quasi peggio di prima, fratello.»

«Fottiti, storpio. E tu che ci fai qui?» chiese, notando solo in quel momento che Helaena era seduta accanto ad Aemond.

«La fiamma rinsalderà le macerie delle torri.»

Aegon roteò gli occhi al soffitto. «Mi sembrava strano che non ci avessi ancora deliziato con le tue stramberie, sorella.» 

Afferrò le sue cose e uscì, ignorando l’occhiata truce di Aemond e il sorriso compiaciuto di Helaena. 

   
 
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