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Autore: crazyfred    11/11/2022    1 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 22


 


“Le fragole con la pannaaaa? Mamma non vuole!”
“È un nostro segreto” bisbigliò Alessandro, portando l’indice davanti alla bocca e facendo l’occhiolino alla sua bambina che, golosona e giocherellona stendeva le braccia verso la coppetta che le porgeva il padre “noi alla mamma non lo dobbiamo dire per forza”
Claudia era dovuta andare ad una cena di lavoro e aveva chiesto all’ex marito di prendersi cura dei figli per una sera. Dopo l’ultima figuraccia rimediata, ormai i rapporti con Alessandro erano diventati freddi e distaccati, ma più del tipo tengo la mia coda di paglia tra le gambe che prima o poi te la farò pagare, dammi tempo di riorganizzarmi. O forse, sperava lui, alla fine persino ai suoi neuroni era arrivata la notifica che ad Alex di lei non interessava più nulla.
“Allora io vado!” Edoardo, vestito con un paio di jeans, una semplice camicia bianca e un paio di oxford ai piedi, si faceva notare di più per la valanga di profumo che emanava che per il suo look.
“Ti si è rotta la boccetta di profumo addosso?” indagò Alessandro, anche per provare a farlo rilassare un po’: aveva dato buca a suo padre e sua sorella per uscire con la ragazza con cui si stava sentendo da un po’ e si vedeva da un miglio che era teso come una corda di violino.
“Così non mi aiuti però” protestò il ragazzo, notando dal riflesso dello specchio all’ingresso un ghigno divertito del padre.
“Non è colpa mia se è così forte. Scommetto che se tra mezz’ora venissi a cercarti, riuscirei a ritrovarti senza problemi seguendo la scia … ma chi ha avuto la brillante idea di questo profumo?”
“Me l’ha regalato mamma per l’onomastico” Ovviamente … tutto girava attorno a lei e ai suoi gusti. “La prossima volta che stiamo insieme andiamo a scegliere qualcosa di più giovanile, che questo sembra una roba da impiegato di banca”
Entrambi risero a quel commento improbabile ma che rendeva perfettamente l’idea. Edoardo prese allora il giacchino di jeans nero e le chiavi della minicar dalla mensola dell’ingresso.
“Ehi!” lo ammonì suo padre, raggiungendolo, improvvisamente serio “non mi far pentire di averti preso la macchinetta!”
Dopo un tira e molla con Claudia, alla fine aveva ceduto a quell’acquisto: di sicuro era molto più sicura di un motorino, ma se fosse stato per lui, Edoardo sarebbe rimasto a piedi e con i mezzi pubblici almeno fino alla fine dell’estate, magari anche oltre.
“È una macchina in tutto e per tutto, quindi occhio alla strada e non fare cretinate”
“Non ci tengo a finire di nuovo sotto i ferri, tranquillo”
“Ah tieni” disse il padre, mettendogli tra le mani una banconota “fai rifornimento e offri tu, ma niente alcolici che devi guidare”
“Signorsì signo- PAPÀ!”
“Che c’è?”
“Che è sta roba?” domandò, cercando di non attirare l’attenzione della sorella modulando il volume della voce, comunque scandalizzato, tenendo tra le mani un piccolo involucro quadrato che aveva trovato in mezzo ai soldi.
“Veramente non lo sai?”
“Oddio certo che lo so, ma…”
“Niente ma, io non ci tengo a diventare nonno tra 9 mesi” a dire il vero era un’eventualità che Alessandro avrebbe preferito evitare per almeno altri 15 anni “quindi meglio prevenire”
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo “Papà stiamo solo andando a mangiare una pizza e a farci un giro”
“Va beh tanto hanno una lunga scadenza, prima o poi ti servirà … e non fare quella faccia, dovresti ringraziare che non hai un padre bacchettone”
Il fatto era che Edoardo non sapeva se essere più sconvolto dalla situazione in sé e per sé, dal fatto che suo padre avesse dei preservativi in giro per casa o che, novità assoluta, riuscissero ad avere un rapporto così diretto. Questo cambiamento ancora li scombussolava entrambi e tra i due il più eccitato sembrava Alex, naturalmente, ma con il tempo le cose sarebbero state sempre più facili.
“Farò finta che non abbiamo mai avuto questa conversazione” tagliò corto il ragazzo, sistemando banconota e preservativo nel portafogli.
“Non fate troppo tardi. Domani avete comunque scuola e io non ti giustifico…” disse Alessandro, tornando a tavola.
“Così va meglio, buona serata!”
“Divertiti! ... Allora puffetta, ti sono piaciute le fragole?” domandò alla piccolina di casa, mentre il maggiore chiudeva la porta d’ingresso dietro di sé.
Giulia, con ancora della panna sulle labbra, annuì vistosamente. Il padre allora, con un fazzoletto, le pulì le labbra.
“Dov’è andato Dedo, papà?”
“È uscito con un’amica”
“Un’amica speciale come Maya?”
“Aspetta un momento… e tu che ne sai che Maya era la mia amica?”
Alex sospettava da un po’ che la piccola, intelligente com’era, avesse capito quale fosse la situazione tra lui e Maya, ma fino a quel momento non era mai stata tanto diretta. Forse anche lei ne aveva le scatole piene di tutti quelle allusioni e le cose dette partendo da lontano.
“Io sono un’intelligentona … lo dice sempre nunno”
Questo era poco ma sicuro: forse perché non aveva coetanei in famiglia, aveva sempre preso esempio dai più grandi, bruciando le tappe. A 10 mesi era già in piedi a fare i primi passetti, così come le prime parole erano arrivate prima del previsto. Avrebbero dovuto capirlo che le sue sinapsi erano particolarmente sviluppate.
“Allora papà? Dedo ha la fidansata come te?”
Se gli avessero inflitto una coltellata, probabilmente Alex avrebbe sentito meno dolore, perché non c’era più stato modo di dire a Giulia di Maya, né chiaramente aveva accennato della loro rottura, ma forse era il caso di farlo in quel momento.
“Più o meno. Solo che papà non ce l’ha più”
“Noo?”
“No piccolina. Papà è stato uno stupido e l’ha fatta arrabbiare”
“E perché?”
Mentre masticava anche lui un boccone di fragole con la panna, fece cenno alla bambina di andare a sedere sulle sue gambe; la piccola non se lo fece ripetere due volte e gli si arrampicò quasi addosso, come un piccolo koala.
“Perché vedi, quando due persone si vogliono bene devono prendersi cura l’uno dell’altro, bisogna passare del tempo insieme”
“Come facciamo noi?”
“Sì esatto … solo che papà ad un certo punto ha smesso di farlo. E ora lei non vuole più passare il tempo con me”
“E se chiedi scusa?”
“Non è così facile tra i grandi …”
“Lo so"
“Ah sì?”
La piccola annuì “Me lo ha detto Maya … però se lo sa anche lei forse ti perdona …”
“Tu dici?”
“Maya è buona e ti vuole bene papà”
“Speriamo” sospirò Alex, accarezzando la fronte della sua bambina “… purtroppo adesso non la vedrò più come prima, tra qualche giorno non lavoreremo più insieme”
La piccola ci pensò un po’ su “Forse, forse puoi fargli un regalo! Come quando tu mi prendi il gelato quando sono triste …”
Alessandro se la sarebbe mangiata di baci quando faceva così, perché sembrava un’adulta intrappolata in un corpicino di una bambina dell’asilo e che tentava di esprimersi come meglio poteva; divertito, stette al gioco “E cosa dovrei regalarle?”
“Aspetta qua …”
La bambina si sciolse dall’abbraccio del padre e corse verso la cameretta. Alessandro, tra l’ilarità e il surrealismo della scena che aveva appena vissuto – non poteva credere di star ricevendo consigli in amore dalla sua bimba di cinque anni – si alzò da tavola prendendo i piatti per avviare la lavastoviglie, ma prima che potesse farla partire, Giulia era già di ritorno, le guance rossissime, la maglietta stropicciata e i capelli tutti in disordine.
“E dove sei stata, a fare i 100 metri per caso?”
“La cartellina era caduta sotto al letto! Tieni” disse al padre, porgendogli un foglio “puoi dargli questo!”
Era il disegno che aveva fatto il pomeriggio che avevano passato insieme in ufficio, quando aveva chiesto a Maya di badare alla piccola mentre lui era in riunione. “Vuoi davvero che lo do a Maya?”
“Sì, così se non ci vediamo più non si dimentica di noi” disse, togliendo una ciocca da davanti ai suoi occhi.
“Oh amore mio!” Alessandro prese la bambina in braccio e la strinse forte a sé, baciandole le guanciotte arrossate tra le risate cristalline per il solletico che la barba ispida del padre le provocava “nessuno potrebbe mai dimenticarsi di te”
 
Quel giovedì, Maya aveva ottenuto di poter andare via prima. Tutto era stato predisposto per il viaggio e Fabio era stato praticamente tutto il giorno francobollato ad Alex per i briefing di circostanza. Non ne era gelosa: era naturale, era giusto così. In fin dei conti, nonostante la goffaggine fosse ancora tutta lì, Alex con lui ci aveva visto bene: era tremendamente organizzato e meticoloso e questo lo aiutava a imparare rapidamente. L’indomani lui e Alex sarebbero partiti e, al loro ritorno, sarebbe toccata ad Alice l’incombenza di vegliare sui suoi primi giorni in solitaria. Compito che, conoscendola, non le sarebbe affatto pesato. Tutt’altro.
Ma il punto era un altro: Maya, non se lo nascondeva, aveva un odio viscerale per gli addii. Forse le veniva da quello che era successo a suo padre, forse perché non era mai stata abituata, da bambina, ad avere a che fare con le cose tristi e difficili, ad affrontare le persone in momenti di difficoltà, o peggio ancora di malinconia. Già stava male all’idea di dover salutare Alice per l’ultima volta, nonostante sapessero entrambe che si sarebbero viste fuori dagli uffici quello stesso weekend.
Perciò, con uno sguardo vigile sulla porta a vetri opaca che a separava la sua postazione dall’ufficio di Alex, approfittando di una lunga telefonata di lavoro, all’orario prestabilito se la diede a gambe senza dire nulla. E se lui l’avesse odiata per questo, sarebbe stato legittimo e lei se lo sarebbe meritato, ma in quel frangente le sembrava un epilogo migliore di un saluto senza sapere cosa dirsi o peggio senza dirsi ciò che si prova.
Sbrigate alcune pratiche burocratiche in amministrazione scese nei garage. Mentre entrava in auto, sentì una voce cupa esclamare, sollevata “Speravo di trovarti ancora qui!”
Alex, in affanno per averla evidentemente rincorsa, si era appoggiato alla carrozzeria.
“Tutto ok?” domandò lei, uscendo dall’auto “Ti avevo detto che sarei andata via prima oggi”
“Sì ma pensavo che…”
“Sono dovuta passare in amministrazione a firmare delle carte per domani, tu eri al telefono e non potevo fare tardi … ho un impegno” Non c’era nessun impegno, ma non poteva certo dirgli che non riusciva a salutarlo. Provò a tagliare corto e tornare a sedere in macchina, ma Alex la bloccò, ancora.
“È che … in realtà … c’è una cosa che dovevo darti”
Le porse un foglio piegato in quattro che aveva estratto dal taschino interno dell’abito e Maya, seduta nella sua Smart, lo guardò prima di aprirlo, scettica. Con un cenno del capo Alex la spronò ad andare avanti “È un regalo da parte di Giulia … ieri sera è stata da me e mi ha chiesto di dartelo”
Maya alzò lo sguardo verso l’uomo, di sasso. “Non ci credo … l’hai seriamente messa in mezzo ad una cosa che riguarda solo me e te?!”
“Pensi questo?” chiese lui, severo e urtato “Pensi davvero che ricorrerei a mia figlia per farti pietà o qualsiasi cosa tu pensi io stia cercando di fare?” Alex era consapevole di quanto Maya fosse guardinga nei suoi riguardi, lo capiva e lo rispettava in un certo senso, ma credeva che lei avesse un minimo di considerazione in più nei suoi confronti “Lo sai che non lo farei mai”
Sì, Maya lo sapeva e si vergognava per averlo anche solo pensato, figurarsi averlo detto ad alta voce. Avesse potuto, si sarebbe schiaffeggiata in quel momento.
“Scusami, hai ragione”
“Giulia ha capito di noi senza che nessuno le dicesse nulla”
“È un’intelligentona … come suo nonno” azzardò Maya, provando a smorzare i toni nella speranza che le perdonasse quell’uscita infelice. Alex sorrise timidamente, annuendo: oltre all’intelligenza, c’era anche una certa dose di curiosità e di invadenza che aveva ereditato dal nonno. Maya si sentì sollevata, sembrava esserci passato su.
“Ti vuole bene” concluse “e quando ha saputo che non lavorerai più per me mi ha detto di darti questo disegno, tutto qui”
Ora le mani della giovane tremavano, ma doveva aprire il foglio e vedere. Doveva farlo per Giulia, che l’aveva pensata, per Alex che aveva corso a perdifiato per raggiungerla e anche per sé stessa, che doveva trovare la forza di affrontare i suoi fantasmi e magari provare a lasciare quel capitolo della sua vita alle spalle e andare avanti. Quando vide il disegno dovette usare tutte le forze che aveva per non iniziare a singhiozzare come una bambina. Portò una mano tremante davanti alla bocca e con l’altra strinse il foglio con cautela, evitando di stropicciarlo con le dita che non volevano saperne di restare calme. Ricordava come fosse stato ieri il giorno in cui la bambina lo aveva fatto e tutta la sua confusione di fronte a quella verità che Giulia le aveva sbattuto in faccia nella maniera più semplice ed innocente possibile; di nuovo quella verità le si parava davanti, era così facile vista con gli occhi di una bambina, così banale quasi, da far male: papà con te ride sempre, le aveva detto e lei lo sapeva che era ancora così, che poteva ancora essere così tra di loro. E poi c’era quell’idea matta che aveva accarezzato la sera dell’incidente di Edoardo, quando aveva portato la piccola a casa di Alex e lo avevano aspettato guardando la tv finché Giulia non si era addormentata: l’idea che, in qualche modo, si poteva costruire qualcosa che assomigliasse vagamente ad una famiglia, per quanto il suo ruolo le concedesse.
“Sai cosa mi ha detto?”
“Cosa?”
“Che non vuole che la dimentichi …”
“E come potrei …?!”
“È quello che le ho detto anche io”
“Dille che sai dove abito e che se vuole, ogni tanto, può anche venire a trovarmi, le faccio trovare il pain au chocolat che le avevo portato quando stava male” Sapevano tutti e due che non sarebbe mai successo, che era troppo complicato con Claudia di mezzo e tutta la loro situazione, ma era bello dare speranza ad una bambina che non aveva nessuna colpa se non quella di vivere in mezzo a degli adulti che avevano combinato solo casini di cui lei non era minimamente responsabile. Forse Alex nemmeno glielo avrebbe mai detto, si sarebbe inventato quasi certamente un’altra scusa per non illudere o ferire la piccolina ma in quel momento aggrapparsi a quella fantasia faceva bene a entrambi. Dovevano solo salutarsi ma sembrava più una condanna a morte.
“Devo andare” troncò, mettendosi a sedere ed allacciando la cintura, prima che la conversazione li portasse di nuovo dove si erano spinti a casa sua, quel pomeriggio di pioggia.
“Un’ultima cosa e giuro che non ti faccio perdere altro tempo” Alex si accucciò di fronte a lei, prendendole la mano; era stato un movimento così veloce e fluido che Maya non aveva avuto modo di rendersene conto. Lei stava tremando e nonostante la giornata calda la sua mano era un ghiacciolo: stretta da quella di lui, si sentì sollevata nell’incontrare quel tepore familiare. Con il pollice, lui le accarezzava teneramente il dorso della mano e gli occhi di entrambi non riuscivano a staccarsi da quel gesto tanto semplice in teoria quanto complicato nei fatti. Forse era meglio così, forse era un bene non riuscirsi a guardare negli occhi davvero: entrambi erano consci che, se i loro sguardi si fossero incontrati, sarebbe successo qualcosa di irreparabile. No, non una riconciliazione: semplicemente si sarebbero guardati dentro e non solo il bene, ma anche tutto il male e tutte incomprensioni sarebbero potuti venire a galla. Era meglio restare così, sospesi in quel limbo indefinito di sensi di colpa e illusioni.
“Buona fortuna … mi mancherai”
Maya non era sicura di aver sentito quell’ultima parte della frase. Forse lui l’aveva detta in un sussurro prima di rialzarsi, forse aveva sperato di sentirla e la sua immaginazione aveva fatto il resto. Lei gli aveva augurato buon viaggio per l’indomani e aveva chiuso la portiera.
Mentre andava via, muovendosi nel traffico della capitale con la sua auto tutto sembrava avere una luce diversa: era sempre Roma, le macchine avrebbero continuato ad incolonnarsi lungo le arterie principali all’ora di punta, i gabbiani avrebbero continuato a risalire il Tevere dal mare per trovare il cibo e il tramonto avrebbe continuato ad avere quel mix di colori caldi che tolgono il fiato; il mondo avrebbe continuato a girare esattamente come prima eppure non riusciva a togliersi dalla testa – e soprattutto dal cuore – che, chiudendo quel capitolo, lei non sarebbe stata più la stessa: aveva lasciato indietro un pezzo di sé.


 

E così c'è stato l'addio tra i due. Ma siamo sicuri che sarà definitivo, Maya non mi sembra tanto convinta, Alex ancor meno. Staremo a vedere.
Alla prossima,
Fred 
   
 
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