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Autore: luvsam    12/11/2022    1 recensioni
Per uscire da casa Brannon, John si era appoggiato a Dean lanciando occhiatacce a suo figlio minore e una volta arrivati al pronto soccorso, lo aveva fulminato costringendolo a rimanere da solo in macchina. Sam aveva aspettato il loro ritorno senza mai alzare lo sguardo e non aveva osato proferir parola quando aveva sentito dire a suo fratello che non potevano viaggiare a lungo e che si sarebbero schiantati al primo motel. Quando si erano fermati, aveva riprovato a sotterrare l’ascia di guerra, ma con un gesto stizzito della mano John gli aveva ribadito che non si sbagliava sul suo conto e che non avrebbe mai avuto le palle di un vero cacciatore.
Buffo, quella storia era iniziata proprio perché voleva dimostrargli il contrario…
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Bobby, Famiglia Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina dopo Sam riaprì gli occhi verso le sette svegliato dal respiro profondo di Rumsfeld, che si era intrufolato nella stanza senza che Bobby se ne accorgesse e sorrise alla vista del suo amico a quattro zampe spiaggiato ai suoi piedi. Lui e quel cane erano diventati compagni di giochi in un batter di ciglia ed era leggenda la storia del loro primo incontro. Sam era un soldo di cacio e Rumsfeld un cucciolo adottato da Bobby per riempire un po’ casa Singer, e quando il bambino lo aveva intercettato dal suo seggiolino nell’Impala durante una visita, era impazzito di gioia e si era fiondato ad abbracciarlo non appena era stato liberato dalle cinghie. Dal canto suo il cane si era fatto spupazzare senza ritegno e aveva accettato di buon grado ogni genere di martirio da parte del suo nuovo amico dopo esser stato valutato da papà Winchester.
John lo aveva trovato un po’ troppo vivace, ma innocuo e non aveva impedito da quel giorno in poi ai suoi figli di giocarci sotto la sua supervisione. Non c'erano mai stati incidenti di rilievo fino ad un pomeriggio agostano quando Rumsfeld aveva trovato davvero interessante l’orsetto di peluche di Sam e glielo aveva portato via trascinandoselo nella cuccia. Un altro bambino avrebbe pianto e chiesto l’aiuto di papà, ma non Sam Winchester, che, sotto gli occhi inorriditi di Dean, aveva infilato la manina in bocca al cane urlandogli che il giocattolo era suo. Le susseguenti grida del figlio maggiore avevano attirato l’attenzione di John, che aveva lasciato la chiave inglese con la quale stava stringendo un bullone sull’Impala, ed era corso in cortile.
L’istantanea del suo bambino che, impavido, stava lottando contro i denti di un Rottweiler, gli aveva gelato  il sangue e si era lanciato in suo soccorso. Aveva stretto forte le mascelle del cane per indurlo a mollare la presa e dopo qualche secondo di intensa pressione il cucciolo aveva liberato il prigioniero di pezza, permettendo al braccio del bambino di venir fuori dalla sua bocca.
John aveva afferrato l'arto di Sammy accovacciandosi davanti a lui e lo aveva rigirato tra le sue mani per accertarsi che non ci fossero ferite tali da richiedere una corsa al  pronto soccorso, poi, soddisfatto dall'esito dell'ispezione, lo aveva preso in braccio e solo allora il suo piccolo aveva iniziato a piangere. Lo aveva abbracciato pensando che si fosse reso conto di quello che aveva fatto e si fosse spaventato e invece dopo un po’ aveva capito che le lacrime erano per il giocattolo rovinato. Era rientrato in casa trascinandosi dietro anche il più grande per evitare rappresaglie contro il cane e aveva convinto Sammy che un bagnetto avrebbe fatto bene sia a lui che al suo amico. Le lacrime si erano fermate tra le bolle, poi era arrivato il sonno mentre papà gli asciugava i capelli.
Il giorno dopo e anche in quelli seguenti il cucciolo aveva tenuto le orecchie basse e aveva girato al largo perché erano tutti arrabbiati con lui, poi la crisi diplomatica si era risolta e i due erano ritornati amiconi. L’abitudine di Rumsfeld di vegliare sui sogni del suo umano preferito era nata allora e ogni volta che Sam chiudeva gli occhi, il Rottweiler era nei paraggi.
Il giovane Winchester si allungò nel letto e si disse che non aveva nessuna voglia di alzarsi. La prospettiva di avere a che fare con le montagne di cianfrusaglie di Bobby non era per niente invitante, ma non voleva fare un torto all’uomo, così si tirò su. Non appena mise i piedi a terra, Rumsfeld drizzò le orecchie e in pochi secondi si precipitò al suo fianco. Gli leccò una mano cercando la prima carezza della giornata e non appena fu accontentato, iniziò a scodinzolare felice.
“Ma sei sicuro di essere un Rottweiler?”-chiese bonariamente Sam prima di avviarsi verso le scale per scendere al piano inferiore. Si diresse verso la cucina e pensò di ringraziare Bobby per l’ospitalità preparandogli la colazione. Non era un gran cuoco, ma almeno le basi le aveva acquisite e dopo aver dato una rapida occhiata al contenuto del frigo, decise che avrebbe fatto dei pancake. Prima di iniziare, però, voleva godersi il silenzio della casa e come spesso faceva quando soggiornava al Singer Salvage, si prese un bicchiere di latte e si andò a sedere sul divanetto di fronte alla scrivania di Bobby. Da quando ne aveva memoria, il piano non era stato mai libero e aveva sempre pensato che solo una persona come Bobby Singer poteva lavorare in un caos simile. Era il contrario della sua situazione ideale per concentrarsi su qualcosa e quando il padrone di casa lo aveva capito, ad un certo punto gli aveva sistemato una scrivania di seconda mano nella stanza, una cortesia tra studiosi che John non aveva gradito molto.
Papà…
Si era addormentato pensando a lui ed eccolo sveglio da pochi minuti a pensare all’uomo che amava e odiava di più al mondo. Le parole che gli aveva sentito pronunciare gli si erano scolpite nel cervello e per quanto ci avesse provato, non era riuscito a non prenderle come i suoi veri pensieri.
Sam sospirò e sorseggiò ancora il latte facendo una nuova carezza a Rumsfeld. Forse avrebbe dovuto restare per sempre da Bobby per togliere il disturbo, almeno fino a quando non fosse diventato maggiorenne. Avrebbe potuto andare a scuola e allo stesso tempo lavorare in modo da pagare per il suo soggiorno, oppure si sarebbe potuto trasferire da Padre Jim. In fondo Bobby era un uomo abituato a vivere da solo e un adolescente tra i piedi non sarebbe stata una gran prospettiva, mentre, andando a Blue Heart, le cose sarebbero state diverse. Un pastore aiuta di default le persone, no? E’ la sua vocazione.
Sì, forse la seconda opzione era la migliore, ma non poteva essere certo né  di essere accolto, né di poter restare perché l’uomo avrebbe cercato di rimettere a forza insieme la famiglia.
Innervosito dai suoi stessi pensieri, Sam si alzò e prese a muoversi per il soggiorno fin quando lo sguardo non cadde su delle foto abbandonate sulla scrivania. Ne prese una ignorando le regole della buona educazione, che gli avrebbero imposto di non toccare le cose altrui, e la osservò da vicino. Era l’istantanea di un’enorme casa in stile coloniale, una come tante, ma, se questa particolare abitazione era entrata nel radar di Bobby, doveva avere qualcosa di soprannaturale. Voltò l’immagine e sul retro lesse un nome e una data: Deadwood, dimora della famiglia Brannon , marzo 1867.
“Deadwood?”- ripeté il ragazzo con un filo di voce.
La sua mente cominciò ad elaborare e si ricordò di aver sentito parlare di quella città durante una lezione di storia. Gli era rimasta impressa perché aveva trovato piuttosto bizzarro battezzare un posto in quel modo solo perché erano stati ritrovati degli alberi morti in fondo ad una gola e anche perché le storie su Wyatt Earp , Wild Bill Hilckok e sulla corsa all’oro delle Black Hills lo avevano sempre affascinato.
Le informazioni in suo possesso però non gli davano indizi sul perché Bobby fosse interessato a quella casa e non sentendo nessun rumore provenire dal piano di sopra, si mise a curiosare con più decisione. Trovò sparsi qua e là dei ritagli di giornali e anche qualche foglio con appunti disordinati e dopo essersi accomodato dietro la scrivania, iniziò a leggere. Dopo circa una ventina di minuti dovette fermarsi perché l’abbaiare di Rumsfeld gli fece capire che il padrone di casa si era svegliato e presto sarebbe sceso. Rimise a posto tutto quello che aveva spostato, tirò fuori da uno scaffale un libro e con aria innocente andò a sedersi di nuovo accanto alla finestra.
“Sam”
“Sono qui, Bobby”
“Ehi, sei caduto dal letto?”
“Sì, mi sono svegliato presto e sono sceso a bere un bicchiere di latte”
“Hai fatto bene, questa è casa tua e puoi fare quello che vuoi. Sei riuscito a riposare?”
“Sì”
“Bene. Ieri sera ha chiamato tuo padre, ma stavi già dormendo”
Il ragazzo alzò le spalle per dimostrare la sua indifferenza alla notizia e l’uomo pensò che fosse opportuno non lasciar cadere la cosa.
“Sei ancora incazzato”
“In realtà no”
“Davvero?”
“Ero arrabbiato quando sono andati via, ma, come ti ho già detto, adesso ho un’altra visione della situazione”
“E sarebbe?”
“Non importa”
“Lo sai che con me puoi parlare, vero?”
“Sì, ma sto bene”
“Non sei molto convincente”
“Non preoccuparti e anzi vorrei chiederti di nuovo scusa per come mi sono comportato. Per farmi perdonare, volevo prepararti la colazione”
“Non se ne parla, la preparo io a te e se sento ancora che vuoi scusarti, ti prendo a calci nel sedere”
“D’accordo”
“Non mi hai nemmeno chiesto se stanno bene”
“Se non fosse così, me lo avresti detto”
“A volte sei fin troppo intelligente, lo sai?”
Sam sorrise e seguì Bobby in cucina, non prima però di aver lanciato un’occhiata alla scrivania ed essersi ripromesso di saperne di più su casa Brannon. Se ne stette buono per ore, poi nel tardo pomeriggio, mentre stavano sorseggiando una bibita sul patio, passò all’attacco.
“Su che cosa stai lavorando?”
“Su niente”
“Davvero? Dal caos sulla scrivania non si direbbe”
“Beh, a dire il vero, stavo curiosando su un caso segnalatomi da un’amica prima che arrivaste, ma i Winchester hanno la precedenza”
“In altre parole ti ho rotto le scatole”
“Non hai rotto niente, può occuparsene qualcun altro”
“ Di che cosa si trattava? Banshee, vampiri?”
“In realtà non saprei dirtelo, ero solo all’inizio delle indagini, ma, come ti ho detto, ho lasciato perdere”
“Non avevi scoperto proprio nulla?”
“Fenomeni da definire in una casa coloniale a Deadwood”
“Mai sentita”
“Che vi insegnano a scuola?”
“Tante cose, ma non questa”
“Deadwood è storia, la nostra storia, e si trova dall’altra parte del South Dakota”
“Lontanuccia. E che cosa sta succedendo in questa casa di Deadwood?”
“Te l’ho detto, non ne so molto. Pare che ci siano stati rumori notturni, avvistamenti, il solito”
“Qualche fantasma allora”
“Possibile e uno anche abbastanza incazzato. Chiunque abbia provato ad andare ad abitare a casa Brannon, ha avuto un sacco di problemi, soprattutto le donne”
“Hai detto che ti ha contattato un’amica”
“Sì, Margareth ed io ci conosciamo dai tempi della scuola superiore. Lavora per un’agenzia immobiliare di Deadwood ed è dannatamente brava, ma non riesce a piazzare casa Brannon per un motivo, o per un altro. Ogni volta che porta qualcuno a vederla succede qualcosa e i possibili acquirenti scappano a gambe levate”
“Da quanto è disabitata?”
“Ti sei proprio incuriosito, eh? Credo da cinque o sei anni ormai ed è un gran peccato perché è una casa bellissima. Sulla scrivania ho qualche foto, se vuoi dare un’occhiata”
“Molto volentieri”
Sam si alzò e rientrò sentendosi stavolta autorizzato a leggere tutto quello che poteva su casa Brannon. Andò alla scrivania e riprese in mano gli appunti che aveva precipitosamente messo giù quella mattina. Ritornò alla sua postazione vicino alla finestra e fu lì che Bobby lo trovò rientrando in casa dopo una manciata di minuti.
“Wow, Sam, non credevo che questo caso avrebbe attirato così tanto la tua attenzione”
“Secondo me non dovresti mollarlo, è davvero interessante, senza contare che Margareth contava su di te”
“Le ho spiegato la situazione e ha capito”
“Se andassimo a Deadwood a dare un’occhiata?”
“Niente da fare, ragazzo. In questo momento la mia priorità è non perderti di vista, l’ho promesso a tuo padre”
“Ma non mi perderesti di vista, saremmo insieme”
“Bel tentativo, ma non credo che, quando ti ha lasciato qui, John intendesse lasciarti poi libero di scorrazzare nelle vicinanze di una casa potenzialmente infestata, anche se in mia compagnia. Non si scherza con gli spiriti, dovresti saperlo”
“Appunto! Margareth ha bisogno di aiuto e di certo sarebbe più contenta se ti occupassi tu della questione, no?”
“Gli ho mandato una persona fidata, va bene così”
“Ma…”
“Discorso chiuso, non ci muoviamo da qui e comunque da quando in qua smani per andare a caccia?”
“Non smanio per andare a caccia, ma non è giusto che tu sia bloccato qui perché mio padre ha deciso così”
“Ragazzino, tu e tuo padre vi assomigliate più di quanto pensate. Non sei interessato a casa Brannon perché ti dispiace per me, ma solo perché sei ancora arrabbiato con John e faresti qualsiasi cosa per andargli contro. La mia risposta è no, Sam, niente gita a Deadwood”
Sam abbassò lo sguardo e incassò il secondo rifiuto in pochi giorni. Anche Bobby evidentemente non lo riteneva all’altezza e si sentì davvero frustrato.
“Che ne dici di pensare alla cena adesso? Ho fame”
“Come vuoi”
“Vai a sbucciare le patate, ti raggiungo subito”
Non appena il ragazzo si allontanò seguito dal cane di casa, il cacciatore raccolse alla buona tutto quello che aveva accumulato su casa Brannon e lo infilò in un cassetto della scrivania.
Gli era dispiaciuto essere così perentorio con Sam, ma non poteva né andare contro il volere del suo amico, né alimentare la voglia di rivalsa dell’adolescente.
Cenarono quasi in silenzio e verso le dieci e mezza il giovane Winchester affermò di essere stanco e che sarebbe andato a letto.
“Che palle”- esclamò il cacciatore vedendolo scomparire al piano di sopra, poi si prese una birra e si mise davanti alla tv.
   
 
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