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Autore: Rob2321    14/11/2022    5 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]«Vuoi giocare al gatto e al topo? Va bene, giochiamo, ma da ora in poi le regole le decido io.»
L'evoluzione del rapporto tra Imma e Calogiuri dalla 2x05 in poi, visto dalla mia prospettiva
E se le cose fossero andate in modo completamente diverso?
Grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno e vorranno lasciarmi un feedback. E' la mia prima prova, spero vi piaccia!
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ANGELO E DIAVOLO
Capitolo 4
 
Seguirono giorni sbandati. Cercava di stare il meno possibile a casa, ma pure il meno possibile in Procura. E quindi si ritrovava a girovagare per la città, mentre gli altri cominciavano a guardarla con il sospetto che si concede ai diversi nei piccoli paesi, che non sono mai abbastanza grandi da metterti al riparo da situazioni incresciose, specie per chi non aveva paura di inciamparci proprio come lei.

Si era trovata a dover affrontare la dipartita di Nicolaus, che l’aveva piantata in asso per tornare a Bucarest e quando ai sensi di colpa per aver lasciato sua madre in una casa di cura si aggiunsero quelli di essersi ripresa in casa suo marito pur sapendo di avere il cuore da un’altra parte, le cose si fecero davvero molto più difficili.

Pietro non aveva minimamente idea del tumulto interiore che stava rovistando dentro di lei come un gatto con un cassonetto, ma quando si era presentata la prima possibilità di chiarire le cose, lei l’aveva colta al volo e aveva colto al volo pure un altro tipo di possibilità che ritenne la cosa migliore per mettere la situazione a tacere per sempre. Aveva bisogno che almeno una cosa della sua vita tornasse esattamente al proprio posto, com’era prima e faceva niente vivere nell’illusione che fosse stata lealmente ricostruita.

Ritrovare il legame con suo marito fu abbastanza soddisfacente. Alla fine il loro modo di stare bene insieme l’avevano sempre trovato e anche se per lei la passione si consumava veloce quanto un cerino, in qualche modo tutto ciò le aveva restituito un debole senso di calma che pareva come un galleggiare leggero e costante. Ecco era così che si sentiva, come in uno stato di profonda apatia, uno stato di gracile soddisfazione, lo stato dell’indifferenza. Trascinava i giorni, gli eventi, la routine, le abitudini come le aveva sempre vissute prima …. prima di incontrare Calogiuri. Il pensiero la colpì di riflesso. La verità era che da due anni fa le sembravano passati almeno una ventina di anni. La sua vita le era sempre apparsa fissa e immutabile proprio come la terra in cui viveva, ma tutto quello in cui aveva sempre creduto era ormai irrimediabilmente cambiato.

Si fermò a guardare la targhetta dorata fuori la porta del suo ufficio, prima di entrarci.

Dottoressa Immacolata Tataranni.

Il petto le si gonfiò un poco, come quando ti viene in mente un pensiero che ti fa rialzare le spalle e il mento. In fondo quello che c’era scritto lì, era tutto ciò che importava davvero.

      -   IMMA! La voce scombussolata di Diana fuori campo la fece sobbalzare. Comparve sulla soglia del suo ufficio arrestando la sua corsa di botto, che per poco non ci rimetteva la testa oltre che i nuovi tacchi comprati da Anna Cecere, dal gusto discutibile ma pur sempre sfoggiati con gran classe.
      -   Diana, che c’è dimmi? Le rispose svogliata
      -   Non puoi capire cosa ho appena scoperto. Disse con quel suo fare da solita inciuciona avvicinando al viso la mano come per non farsi sentire. Da chi poi? Che ci stavano solo loro due in ufficio. 

E poi ovviamente si fermò come faceva sempre prima di raccontarti una cosa importante, che se fosse stata un’altra l’avrebbe già mandata scappando.

      -   Eeeh ma ora vedrai, succederà proprio un bel guaio. Disse rispondendo a sé stessa.
      -   Diana allora vuoi parlare o no? Guarda che se non mi dici in cinque secondi di cosa stai parlando giuro che ti licenzio e stai sicura che la giusta causa la trovo Diana, eccome se la trovo.
      -   
Hei hei, come siamo nervosette stamattina… Imma la fulminò con gli occhi e per un secondo Diana ebbe paura di essere licenziata davvero.
      -   Non è vero che Jessica è incinta. Si è inventata tutto.
      -   
Che cosa?? Imma strabuzzò gli occhi e si accasciò improvvisamente sulla sedia girevole.
      -   Imma tutt’apposto? Ma che c’hai??
      -   
Niente niente Diana
      -   
Eh senti un po’, no giusto per capire - fece gesticolando con le mani, - tu ne sei proprio sicura sicura?
      -   
Eccerto me l’ha detto lei, poverina si sente tanto in colpa, non sa come fare.

«E ci mancherebbe che si sente in colpa quella degenere dell’amica tua con tutta la marea di cazzate che s’è inventata»

Imma deglutì e cominciò a sventolarsi con una mano

       -   Ma perché l’ha fatto?

«Non che io la reputi abbastanza intelligente da non inventarsi una stupidata del genere per tenersi appresso un uomo»

       -   Eh perché… perché non me l’ha detto, deve essere un modo come un altro per tenerlo legato a sé, d’altronde Calogiuri è così un bel ragazzo, guarda lo dico da zia eh. È chiaro che uno se le inventa tutte.
       -   
Eeeh Diana in amore e in guerra tutto è permesso
       -   
Madonna quanto è vero
       -   
Ma chissà con chi è in guerra quella povera ragazza?

Imma cominciò a sfogliare un fascicolo qualsiasi sulla scrivania per evitare di incontrare lo sguardo dell’amica, sentendosi chiamata letteralmente in causa.

       -   Eeeeeh. Fece cercando di divincolarsi dalla conversazione.
       -   Chissà come la prenderà Calogiuri. 
       -   
Ma come non lo sa ancora? Si reinserì assolutamente sconcertata
       -   Eh no, ma Jessica è arrivata al limite, sta per scoppiare.
       -   
Ma in che senso Diana? L’ha detto prima a te e non ancora a lui? Se non glielo dice entro cinque minuti glielo dico io, diglielo alla Matarazzo.
       -   
No ti prego Imma, me l’ha confidato come un segreto.
       -   
Eh un segreto… un segreto, tu ovviamente poi come la bella sei venuta da me a riferirmelo. Ma ti rendi conto che quello che sta facendo l’amica tua è una cosa orribile. Diana noi abbiamo un obbligo morale nei confronti di quel ragazzo, non possiamo mentirgli così!

Diana la guardò come a dirle, fai quello che devi ma non mettermi in mezzo tanto sperare che tu non faccia niente è assolutamente inutile
     
       -   Ci vado io a parlare con la Matarazzo non ti preoccupare.
Disse Imma rassicurando la cancelliera sul fatto che anche questa volta nonostante la sua bocca troppo larga se la sarebbe cavata.

E così scese giù in Polizia Giudiziaria per andare a prendere per i capelli la bella siciliana. Entrò nella stanza e ci trovò pure Calogiuri che povero a lui stava impegnato a guardare lettini e culle assieme a Capozza.

       -   Dottoressa. Tutti si irrigidirono alla sua presenza e pronunciarono quell’epiteto in tono solenne.
       -   Scusi Matarazzo può venire un attimo, le devo parlare in privato.
       -   
Arrivo Dottoressa.
       -   
Senta Matarazzo usciamo un attimo dalla Procura, mi accompagni un attimo al fruttivendolo qui sotto. Le annunciò non appena si furono allontanate un poco.

       -   Mi dica Dottoressa.

Imma cercò di mantenere il tono della conversazione il più formale possibile, per ricordare alla poliziotta la distanza che intercorreva fra loro due e forse pure un po’ per far apparire ciò che le stava per dire un fatto di natura professionale e non personale, perché altrimenti avrebbe svelato tutte le sue carte.

       -   Allora Matarazzo diciamo che sono venuta a conoscenza della spiacevole situazione in merito alla sua gravidanza. 
       -   
Quale situazione? 
       -   
Matarazzo non insulti la mia né la sua intelligenza. Può essere migliore di così!
       -   
Che volete insinuare Dottoressa, che mi sono inventata tutto per tenermi Ippazio? Rispose la siciliana alzando il mento e masticando rumorosamente una gomma, mentre Imma pensava a un milione di modi per appiccicargliela in mezzo ai capelli.
       -   Senta a me non interessano le motivazioni per cui lei ha mentito al maresciallo Calogiuri e la vostra vita privata non mi riguarda, ma mi riguardano le conseguenze che le sue azioni potrebbero avere sull’ equilibrio di chi lavora in Pg e in Procura.
       -   
Mi pare che la nostra vita intima e privata vi interessi molto invece.

  
Imma lasciò cadere nel vuoto la provocazione. Dovette mordersi la lingua per evitare di raccontare ciò che c’era stato fra lei e Calogiuri mentre di fatto lui era ancora fidanzato con Jessica e pure prima. Nel frattempo cominciava a chiedersi quale santo la stesse trattenendo o proteggendo.

       -   Matarazzo le lascio questi due giorni di tempo per raccontare tutta la verità al maresciallo e mi auguro per lei di tornare lunedì mattina in Procura senza ritrovarmi problemi o conseguenze legate alle sue azioni, che me lo faccia dire – fece con fare nauseato, squadrandola da capo a piedi – trovo francamente vomitevoli. Inventarsi una gravidanza per tenersi un uomo, ma pensa te. Non riuscì proprio a trattenersi.
       -   Perdonate Dottoressa se noi non siamo tutti così integerrimi e perfetti come lei. Ma poi che ne sapete voi di come ci si tiene un uomo bello come Ippazio mio, state pure sicura che pure senza una gravidanza di mezzo lui manco lontanamente la guarderebbe ad una come a voi.

 
Imma ebbe l’istinto di alzare una mano come per tirarle una sberla, ma la ritrasse subito e per fortuna la siciliana si era già dileguata perché se no, da una bella caricata quel giorno non la salvava manco il Padre eterno.

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La luce ormai si era affievolita da un pezzo mentre Imma se ne stava languente sul divano di casa sua accanto a suo marito, pronta a far scivolare via un altro tedioso sabato sera. I rumori della città che si animava manco fosse una grande metropoli, sembravano rendere ancora più opprimente quella sua solitudine in compagnia. Sopravviveva in lei la sensazione asfissiante del senso di colpa per non aver detto niente a Calogiuri di quello che aveva saputo. Avrebbe dovuto aspettare fino a lunedì eppure quel fine settimana non accennava ad esaurirsi e anzi sembrava ricominciare da capo come fermato in un ciclo continuo.

“Tu lo sapevi? Ti prego dimmi che non lo sapevi.”

Lo schermo del suo telefono lampeggiò all’improvviso e anche il suo cuore perse un battito. Un messaggio, di Calogiuri. Se lo aspettava, nel senso che aveva aspettato ogni ora e ogni minuto che lui venisse a sapere della finta gravidanza, perché si sentiva terribilmente in colpa per non averglielo detto immediatamente eppure ora, ora che era successo era entrata completamente nel panico, perché sostanzialmente aveva pensato molte volte a come dirglielo piuttosto che a come avrebbe potuto reagire lui. Si alzò e si allontanò con una scusa, provò a chiamarlo ma non rispose. A quel punto un nuovo messaggio.

 “Scendi, ti prego”.

Imma rivolse istintivamente lo sguardo alla finestra del salotto. Si sentì colpita finalmente da una nuova scintilla di vita dopo giorni di niente e mentre lo stomaco le si annodava in circonvoluzioni che nemmeno pensava di avere, presa da una sorta di frenesia andò in camera da letto a cambiarsi il più velocemente possibile. Il marito seguiva meticoloso ogni suo gesto, profondamente stranito e solo quando indossò anche il cappotto esplose in un:

      -    Scusa ma dove stai andando?
      -    
Da Diana, ha avuto un’emergenza personale. Sai non sta passando un bel periodo con il divorzio e tutto il resto. 

Tutto ciò che Pietro aggiunse fu un mhh e un leggero del cenno del capo.

Ma Imma non c’era già più, non era più in quella casa ormai da un bel po’, da quel giorno in cui i suoi occhi ne avevano incontrati un paio azzurri e gentili che l’avevano guardata per un solo istante per poi abbassare lo sguardo intimiditi.
Si era letteralmente scapicollata giù per le scale con il cuore che le pulsava nelle orecchie.
Temeva e desiderava incontrarlo.
Calogiuri era lì di fronte a lei in piedi si faceva per dire rintanato nel suo giaccone di pelle, con il viso stravolto segnato dal pianto. Gli occhi arrossati, ancora più azzurri, ancora più grandi. Sembrava così fragile.

       -   Mi ha mentito. Capisci mi ha mentito! Urlava a gran voce mentre le lacrime ricominciavano a scendergli sul volto, avrebbe svegliato tutti.
       -   Io non avrò un figlio e lei mi ha mentito perché è una ragazzina viziata, immatura e gelosa e mi ha impedito di avere tutto quello che volevo, di fare tutto quello che volevo. Io sono stato maturo, io mi sono assunto le mie responsabilità. Non l’ho mai lasciata sola nonostante avessi voluto farlo.

Avrebbe voluto chiedergli maggiori spiegazioni sul motivo per cui Jessica gli avesse mentito, ma la frustrazione di Calogiuri non accennava ad esaurirsi, anzi cresceva sempre di più. Parlava con sé stesso, sputando letteralmente le parole e gesticolando esageratamente, si passava una mano fra i capelli e si stropicciava gli occhi. Era completamente fuori di sé e non accennava a tranquillizzarsi. Non l’aveva mai visto così. Voleva solo che si calmasse e così fece l’unica cosa che le venne in mente per riuscirci. Lo abbracciò. Calogiuri si irrigidì, ma in un secondo si sciolse, riconoscendo l’odore familiare di lei. Fu come quando il sonno rapisce un corpo appesantito dalla stanchezza. Si lasciò andare fra le sue braccia mentre la stringeva con una mano dietro la schiena e una dietro al collo. Piano piano il respiro si faceva più regolare e si armonizzava con quello di lei. La mano di Imma indugiò un po’ in quella di lui quando si separarono e solo a quel punto vide il borsone. Doveva essersene andato di casa. Il pensiero di dove se ne sarebbe potuto andare quella sera, devastato, la possibilità che compiesse qualcosa che non gli appartenesse affatto, che ricominciasse a soffrire una volta solo, presero il sopravvento su di lei. Calogiuri intercettò il suo sguardo che si attardava a guardare il borsone con tutto ciò che si era portato via dalla relazione peggiore della sua vita.

       -   Te ne sei andato di casa?
       -   
Già…
       -   
Ma hai un posto dove stare?
       -   
Mi arrangerò, in questo momento è l’ultima cosa a cui sto pensando.
       -   
Vieni con me, ti porto in un posto. Le scivolò senza inibizioni dalla lingua.

Lui non disse nulla, la seguì semplicemente.

Imma rovistò nella borsa e prese le chiavi della macchina benedicendo il fatto di averle recuperate per qualsiasi evenienza prima di scendere di casa. Entrarono nell’abitacolo dell’automobile e piombarono in quel loro solito silenzio rassicurante ma pur sempre colmo di tensione. Calogiuri la guardava guidare, non si era mai trovato in quella paradossale inversione dei ruoli, gli fece effetto. Gli fece molto effetto. La osservava fissare concentrata la strada e spostarsi ogni tanto i ricci che le ricadevano davanti agli occhi. Quanto avrebbe voluto giocare con i suoi capelli, farli girare attorno alle dita, affondarci le mani mentre la baciava. Imma percepiva l’intensità del suo sguardo, sapeva che la stava guardando. Rabbrividì, ma non si girò a guardarlo perché quello sarebbe stato l’inizio della fine, si limitò solo a riaggiustarsi nel sedile. Il viaggio in macchina fu incredibilmente lungo.

A casa di sua madre non ci era tornata dal giorno in cui l’aveva accompagnata a Villa Fiorita eppure era completamente vuota. Non aveva pensato al fatto che sarebbe potuto essere per lei un luogo dove potersi rifugiare lontano da tutto e da tutti e quasi quasi si arrabbiò per non averci pensato prima. Sarebbe potuto essere un luogo perfetto anche per due amanti. Ricacciò il pensiero il più lontano possibile dalla sua testa, ma quello gli si ripresentava costantemente, gli si era presentato nella testa durante tutto il tragitto e pure ora mentre cercava di aprire la porta. Armeggiava con la serratura con le mani che tremavano leggermente sotto lo sguardo attento di Calogiuri, quando ad un certo punto sentì una mano sfiorarle le sue e in un secondo lui le sfilò le chiavi dalle mani e aprì la porta con incredibile disinvoltura. Quel minimo contatto le fece venire i brividi. Le mani di Calogiuri erano così grandi, così calde a differenza delle sue che stavano gelando e non solo per il freddo.
Entrarono. Aveva un caldo pazzesco, l’arsura le consumava la gola, ma il suo corpo restava freddo. Si girò a guardarlo, sul volto di Calogiuri non c’era più alcuna traccia di tristezza, la stava solo fissando intensamente con la bocca semi socchiusa.

      -    Pppuoi restare qui per stanotte finchè…
      -    
Finchè cosa. Fece un passo verso di lei e non poté fare a meno di notare che Imma aveva più salivazione in gola e che la voce le era diventata instabile.
      -    Finchè non si riaggiusterà tutto? Tanto non ce l’ho una casa dove tornare. Gli uscì un po’ più malinconica di quanto avrebbe voluto.

Quella frase le fece tenerezza e così gli si avvicinò. Gli accarezzò il viso con una mano, le dispiaceva infinitamente per lui, si sentiva dannatamente in colpa. Voleva essere un gesto innocente, di comprensione, un po’ come quel bacio alla Festa della Bruna un ringraziamento per la sua dichiarazione, ma quella sera di innocente non ci sarebbe stato proprio niente.

In un secondo quel gesto così materno venato di amorevolezza diventò l’anticamera dell’Inferno. Calogiuri prese la sua mano e cominciò a baciargliela senza mai staccare gli occhi dai suoi; un bacio al centro del palmo, uno sulle vene del polso che se ci fosse rimasto un altro po’ avrebbe sentito persino il suo battito cardiaco. Giurò di aver sentito persino un piccolo morso. La sensualità e la dolcezza di quel momento mischiate insieme, le fecero perdere completamente il senno.

Negli attimi che seguirono tutto accadde così velocemente come quando si guarda fuori dal finestrino e la macchina va troppo veloce, tutto si confonde e non si capisce più dove finisca una cosa e dove ne inizi un’altra. Imma si ritrovò sbattuta contro un muro con le labbra e le mani di Calogiuri addosso che non si capiva dove iniziasse il corpo di lui e dove finisse quello di lei e viceversa. Assecondò i suoi istinti come posseduta da una forza soprannaturale, mentre il suo cervello non elaborava più niente di ciò che stava facendo e pure Calogiuri sembrava mosso da una forza inspiegabile. Le fece scivolare il cappotto di dosso baciandola senza lasciarle il tempo di riprendere fiato. I suoi baci erano pieni di passione, fame, coronamento di giorni passati a desiderarsi, sfiorandosi sempre e solo fino ad un certo punto. Non c’era alcuna delicatezza o esitazione in tutto ciò che stava facendo, era come se sapesse esattamente cosa stesse facendo, come se sapesse esattamente tutti i punti, tutti i modi che le piacevano di più, come se avesse passato mesi ad immaginare di fare proprio ciò che stava facendo in quel mometo. Ogni tanto si staccava, la teneva ferma per i capelli e poi ricominciava a baciarla ma solo quando lo decideva lui. Le lingue si rincorrevano in maniera frenetica e le mani si godevano il gusto dell’esplorazione in luoghi ancora non scoperti. Imma lo assecondava in tutto, si stava lasciando fare tutto quello che lui desiderava. Le sfilò il maglione mentre lei sentiva la sua saliva e le sue labbra bollenti scenderle lungo la gola. Si riappropriò delle sue capacità di gestione degli eventi decisa a fargli capire che non si sarebbe arresa così facilmente. Si scansò dall’aggressione che Calogiuri stava riservando al suo collo e che avrebbe lasciato segni indelebili il giorno dopo. Si liberò del giaccone e del dolcevita di lui ma gli impedì di baciarla di nuovo. Lo guardò lussuriosa negli occhi e poi si umidì le labbra mentre il suo sguardo cadeva su di lui a petto nudo, sulle spalle, sui bicipiti, sull’addome e poi più giù. Rialzò gli occhi per guardarlo dal basso verso l’alto. Se lo sarebbe mangiato se solo avesse potuto. La reazione di Calogiuri non tardò a verificarsi, con un gesto agile, le sganciò il reggiseno con le dita di una sola mano, glielo sfilò e poi le strinse i polsi sopra la testa impedendole di usare le mani. Imma si lasciò andare ad una risatina maliziosa e rispose a quel gesto di forza allacciando una gamba attorno ai suoi fianchi e tirandolo ancora più vicino, ma fu costretta a gemere quando lui seppellì la testa nel suo seno e cominciò a mordere, a baciare e lei si rese conto di essere mezza nuda dalla vita in su e completamente alla sua mercé, senza possibilità di muoversi.

      -    Non ti fermare. Gli sussurrò all’orecchio e così riuscì per la prima volta quella sera nel suo intento: a farlo cedere anche se di poco. Lo sentì grugnire mentre le mordeva un capezzolo e lei riuscì finalmente a liberarsi dalla sua stretta, mentre continuava a torturarla.
A quel punto se lo ritirò all’altezza del viso per prendersi il suo momento di gloria. Cominciò a baciargli il collo e Calogiuri si lasciò scappare un mugugno soddisfatto mordendosi il labbro inferiore. La sentì sorridere sul suo petto e a quel punto Imma si mosse su di lui provocandolo, alla ricerca di un maggiore contatto. Lo sentì inalare quel poco di aria che gli era rimasta. 
      -    Non mi provocare. Gli uscì fuori con voce roca, mentre la stringeva possessivo e con una spinta del bacino le faceva sentire quanto la desiderasse.

Un brivido di anticipazione la percorse, non che avesse mai avuto dubbi sulla virilità di Calogiuri però ecco rendersene conto da vicino fu tutta un’altra storia. Fu come dire, sorprendente. A quel punto cominciò a pregustarsi tutto ciò che sarebbe accaduto dopo e fu chiaro che si fosse reso necessario passare allo step successivo il più velocemente possibile.

A malincuore si staccò da lui e lo baciò per reprimere la sua protesta, lo fece indietreggiare fino al divano dove si lasciò cadere a braccia aperte. Vederlo così a petto nudo con i jeans e la cintura, i muscoli delineati, ma quanto era bello, ma bello bello nel senso che qualsiasi donna si sarebbe venduta la casa per un momento così e invece questa fortuna era capitata proprio a lei. Lei che era stata voluta solo da un uomo in tutta la sua vita e ignorata da qualsiasi altro essere maschile sulla faccia della terra, ora era desiderata da questo Adone qui. Una punta di disagiò la colpì nel momento in cui si rese conto che stava per succedere quello che stava per succedere. Si sentì in imbarazzo, lui aveva sicuramente avuto molte ragazze e molto più giovani di lei, lei invece era stata con un solo uomo con cui erano cresciuti insieme senza che nessuno dei due desse per scontato che l’altro avesse avuto abbastanza esperienza nel sesso. Il pensiero però scomparve dalla sua mente, quando incontrò da capo gli occhi di Calogiuri che la fissavano in estatica contemplazione.

      -    Che c’è? Gli chiese sorridendogli
      -    Sei bellissima. Gli rispose paonazzo e imbarazzato, con la voce che era ritornata quasi un sussurro. Riconobbe in quel momento il suo Calogiuri.

Imma si sentì arrossire, non si era mai sentita così bella in tutta la sua vita, non si era mai sentita così tanto desiderata in tutta la sua vita.

Gli si avvicinò e gli prese il viso fra le mani ancora in piedi, sovrastandolo per una volta con la sua altezza. Gli lasciò un bacio leggero sulle labbra. Lui le circondò i fianchi con le braccia guardandola dal basso verso l’alto, mentre lei continuava ad accarezzargli una guancia. In quel momento lui non la stava solo guardando, la stava adorando, come il credente fa con il proprio Dio pregando con reverenza e destinandogli la sua più completa devozione. Quel momento aveva qualcosa di estremamente vero, di puro, in sostanza sapeva d’amore.

Le mani di Calogiuri percorsero i suoi fianchi fino ad arrivare alla cerniera della sua gonna, gliela sfilò, accarezzandola e poi le tolse anche l’intimo liberandola finalmente anche di quell’ultimo indumento. A quel punto la tirò verso di sé da un braccio e lei lo accontentò sedendosi a cavalcioni su di lui. Ripresero a baciarsi lentamente, ma in pochi secondi l’aria si accaldò come prima anzi peggio di prima. Imma era sostanzialmente nuda su di lui, mentre le sue mani vagavano sul petto di Calogiuri fino a scendere sempre più giù. Lo accarezzò sopra la fabbrica dei jeans e lui dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non emettere un verso, mordendosi la guancia. Affondò le dita sulle sue cosce mentre lei gli slacciava i pantaloni. Chiuse gli occhi e le lasciò un morso sulla spalla e quando finalmente le mani di lei lo toccarono, non poté trattenersi dal gemere e a giudicare dai versi e dal tono basso e gutturale che la voce di Calogiuri aveva raggiunto, Imma lo stava facendo anche troppo bene. Non era mica una santa oh e poi le piaceva troppo vederlo contorcersi sotto di lei e fare così tanta fatica. All’improvviso fermò il movimento delle sue mani, gli occhi di lui si riaprirono quasi neri, per via di quanto le sue pupille fossero dilatate e pure lei non era da meno con i capelli spettinati e le labbra arrossate per via dei troppi baci. La mano di lui scivolò fra i loro corpi e cominciò a tormentarla con le dita, restituendole pan per focaccia. Imma si scostò un po’ per lasciargli spazio di manovra e all’improvviso due dita entrarono dentro di lei curvandosi. Si fece sfuggire un urlo e reclinò la testa all’indietro, ma lui la riportò lì davanti ai suoi occhi e non la lasciò un attimo, voleva vedere tutto. Lei cominciò a muoversi disperatamente su di lui, ma ogni volta che cominciava a farlo, lui si fermava e la guardava incredibilmente divertito. In quel momento si sentì davvero sul punto di non ritorno, non aveva mai provato niente di simile e si scopriva molto più spudorata di quanto non lo fosse mai stata mentre cercava di raggiungere da sola il suo piacere e lui glielo negava. Si rivelavano parti di lei che non conosceva, un modo di reagire alle cose che non aveva mai sperimentato. Non le era mai capitato di trovarsi di fronte a qualcuno che le negava quello che voleva, qualcuno con così tanta iniziativa, qualcuno a cui piaceva giocare con lei, che riusciva ad esercitare un potere su di lei e Imma si sentiva in un territorio totalmente nuovo in cui non poteva più dettare le regole del gioco, come era solita fare. Era imprevedibile, a tratti pauroso ma passionale ed eccezionale.
Lui sfilò la sua mano da lei e Imma grugnì per quel piacere insoddisfatto e frustrato.

       -   Calogiuri… sussurrò
       -   Dimmi che mi vuoi. Proferì lui sulle sue labbra, stringendole i capelli sulla nuca e allontanandola un poco dal suo viso per guardarla negli occhi.

Era tutto così erotico e lui era così esplicito. Scoprì che questo lato inedito di lui le piaceva da morire eppure dietro i suoi occhi si celava qualcos’altro, il bisogno di una rassicurazione forse. Si rese conto a quel punto che lui gliel’aveva ripetuto almeno un milione di volte che non voleva nessun altro, ma lei no, non l’aveva ancora fatto. Non gliel’aveva ancora detto che quella notte per la prima volta si era sentita esattamente al posto giusto, che non aveva mai vissuto niente di più bello. Il cuore le batteva sfrenato nel petto, non si era mai sentita più eccitata di così, ma trovò la forza di rispondere al suo sguardo e nella maniera più sincera e decisa possibile con gli occhi che sembravano due bracieri ardenti gli rispose: 
 
       -   Ti voglio Calogiuri. Ti voglio da impazzire.


Solo a quel punto lui entrò dentro di lei e fu molto, ma molto meglio di qualsiasi cosa si fosse mai lontanamente immaginata. La tenne stretta con forza per tutto il tempo, con una mano le accarezzava i capelli e le sosteneva la nuca per tenerla vicino al suo viso e con l’altra le percorreva la schiena nuda. Alternava i baci ai morsi su qualsiasi parte del corpo fosse a sua disposizione, le labbra, le clavicole, il collo ed era come un continuo muto ripeterle negli occhi, sulle labbra, nei denti: perché abbiamo aspettato così tanto? non vedi quanto è dannatamente bello. Fu tutto incredibilmente intenso e anche romantico finché occhi negli occhi, in quel modo così intimo che avevano sempre avuto di parlare, ognuno dei due non gridò al cielo il proprio rispettivo nome, lasciandosi sconvolgere dal piacere.

Le ci vollero minuti interminabili per riprendersi da quello che fu sostanzialmente l’orgasmo più potente della sua vita.

Le restanti ore le passarono a letto, senza riuscire a staccarsi neanche per un minuto. Pensò di essere diventata assuefatta alla sua presenza. Dialogarono apertamente su quello che desideravano che l’altro facesse, quanto lo volevano e mille altre cose che facevano uscire fuori di testa entrambi, stuzzicandosi a vicenda senza alcuna vergogna o pudore. Non c’era nulla del Calogiuri remissivo o imbarazzato di quando lavoravano assieme. Era come se non fosse la prima volta fra loro due, perché una tale intimità si raggiungeva solo molte volte dopo essersi conosciuti intimamente. Fu una costante guerra per assumere il comando e chissà perché lei se l’era sempre immaginato così fare l’amore con Calogiuri, una cosa alla pari.

Imma si guardava attorno in quella stanza da letto custode dei loro desideri e delle loro parole. Le ossa come piume, la testa vuota, le zone del suo corpo sempre più lontane. Ciò che provava era una sensazione di godimento puro come l’acqua quando hai sete e il letto quando hai sonno. Desiderava che quella emozione restasse sempre con lei, prendendo qualsiasi forma, senza lasciarla mai sola.

Si voltò verso Calogiuri che la fissava in orizzontale con gli occhi pieni di una richiesta implicita, quella di restare, di fregarsene di tutto, di suo marito, dell’essere corretti, delle responsabilità e così fece, decise di restare perché in quel momento lei si sentiva estremamente corretta con sé stessa. Era in quel posto che voleva restare. Prese il telefono e scrisse un messaggio a Pietro.

“Resto con Diana stanotte, non me la sento di lasciarla da sola”

Sapeva benissimo che addormentarsi con lui e risvegliarsi con lui avrebbe significato qualcosa di importante e di definitivo da cui non poter tornare indietro, ma mai come quella sera si era resa conto di abitare oramai nel passato. Non si può ricercare la felicità nel posto in cui è stata persa, anche se non è colpa di nessuno il fatto di non provarla più.

Per essere felici occorre fare mente locale e ricordare dove non si deve tornare. Lo pensava mentre si accoccolava sul petto di Calogiuri che la abbracciava e sembrava l’uomo più felice del mondo. Le lasciò un bacio sulla fronte. Fu l’ultima cosa che sentì prima di crollare esausta.
 
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Le prime luci di quella domenica mattina cominciarono a filtrare dalle persiane. Imma aprì leggermente gli occhi ma rimase immobile persa nel tepore e nella dolcezza dell’abbraccio in cui si erano addormentati. Era da tempo che non provava la sensazione di svegliarsi fra le braccia di qualcuno di nuovo per la prima volta. Nei minuti che seguirono cominciò a sentire le conseguenze della giornata precedente sul proprio corpo pesantissimo e a giudicare dall’indolenzimento, constatò definitivamente che Calogiuri non era solo un bel ragazzo ma anche un ottimo amante. Sentì due dita accarezzarle la schiena nuda, si voltò leggermente verso di lui e si trovò di fronte a due occhi adoranti ancora mezzi addormentati e due labbra che si aprirono in un sorriso. Percepì qualcosa di strano nello stomaco, un insieme aggrovigliato di cose che non sapeva distinguere e a cui non sapeva dare un nome, che cominciavano a moltiplicarsi sempre più velocemente. Erano queste le famose farfalle nello stomaco? Se sì, lei di sicuro le stava provando per la prima volta in vita sua.

Lì in quel letto, quella domenica mattina, Imma realizzò che ci sono rapporti in cui ci si riesce a dire tutto tranne Basta e quello fra lei e Calogiuri era decisamente uno di quelli.

 
   
 
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