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Autore: Jeremymarsh    16/11/2022    2 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Sorprese



Ofelia non avrebbe mai potuto dimenticare i giorni successivi al loro primo vero litigio da quando si erano ritrovati e sebbene il cuore ancora le dolesse al ricordo delle parole di Thorn, dall’altro lato era consapevole di quanto i diverbi fossero stati necessari così come ogni altro passo che avevano fatto finora. Riconosceva più che mai, ora, che il loro viaggio non era finito nel momento in cui avevano lasciato New Babel ma che, come coppia, avevano di fronte a loro una lunga vita aperta a tanti sbagli, lacrime e rabbia. Eppure, la cosa non le dispiaceva, ma anzi sorrideva, perché a sostituire i sentimenti negativi ci sarebbe sempre stata la certezza dell’amore e del sostegno reciproco, amore che mai come adesso la coppia stava consumando.

A vederli, gli abitanti del vecchio mondo avrebbe parlato di una luna di miele anche se, forse, non bastava a descrivere l’euforia, l’entusiasmo e la passione che li contraddistinse in quelle settimane.

Pur continuando a svolgere il suo lavoro con la sua tipica diligenza, Thorn non era più così sciocco da ripetere l’errore di una volta e aveva compreso che i benefici del trascorrere più tempo a casa erano maggiori; senza contare che, semmai, avrebbe potuto portarsi il lavoro a casa e intanto approfittare di qualche pausa ben calcolata con la moglie. E sebbene questa bolla in cui attualmente vivevano non lasciasse entrare alcuna interferenza esterna, permetteva intanto al loro umore di contagiare e attirare l’attenzione altrui. Era impossibile, infatti, vivere accanto a Thorn e Ofelia e non notare come i due stessero sperimentando un aumento della passione e del sentimento che li legava. Se fossero stati più attenti e non troppo presi l’uno dall’altra, avrebbero anche notato le voci che stavano cominciando a girare nel castello e nelle residenze accanto, ovvero che presto ci sarebbe stata sicuramente una nuova aggiunta — e chi avesse diffuso certe idee non era un mistero.

Un certo pomeriggio l’Intendente tornò eccezionalmente prima e trovata la moglie a leggere, le chiese con l’usuale tono che non accettava repliche di vestirsi e uscire con lui per una questione della massima urgenza.

Ofelia, già sconvolta dal suo arrivo non programmato — Thorn non tornava mai in anticipo senza aver avvisato —, rimase immobile nel tentativo di captare ogni segreto di quella richiesta appena udita. Nel vederla ferma, l’uomo aggiunse: “Andremo a fare una passeggiata in centro.”

E perché avesse pensato che una frase del genere avrebbe potuto tranquillizzarla Ofelia non l’avrebbe mai capito, ma di fatto ebbe l’effetto contrario. “La tua questione della massima urgenza riguarda una passeggiata nel centro?”

A quel punto lui assottigliò lo sguardo. “Ofelia, sai bene che prediligo i fatti alle parole; preferirei non indugiare troppo e affrontare il tutto là dove sarebbe più consono e immediato.” E detto ciò, la spinse a seguire i preparativi necessari affinché potessero lasciare la dimora quanto prima, aprendo e chiudendo il fedele orologio con un sonoro tac più per trasmettere un messaggio che per reale bisogno.

“E il centro, brulicante di gente impicciona e fastidiosa, sarebbe questo luogo ideale?” sbuffò tra sé e sé Ofelia mentre si dirigeva in camera da letto, scocciata più dal fatto che non avesse idea di quali fossero i piani del fidanzato che dal resto. Dopo tutto, non che le dispiacesse passare del tempo in più con Thorn, ma ormai le sorprese non erano ben accolte da nessuno dei due e questo la portò a chiedersi come mai lui avesse deciso di ricorrere proprio a queste modalità. Però, aggiunse, se aveva ritenuto necessario farlo, sicuramente c’era un motivo valido dietro; Ofelia ne era certa.

Dunque, assicuratasi di essere ben coperta — sicuramente più di Vittoria quando era la madre a vestirla ma meno di quando, invece, se ne occupava la zia Roseline — e avvolta la fedele sciarpa al collo, si avviò con un sorriso eccitato in direzione del marito, dove nella stessa posizione di prima egli l’attendeva.

Giunti in centro, si avviarono a passo moderato lungo le viuzze più affollate, quelle dove incontrarono nobili più frivoli e abituati a sprecare le loro giornate e occhiate poco gentili a cui però  non fecero nemmeno caso. D’altronde, non avevano tempo da dedicare a simili inezie. Solo dopo aver camminato per un po’, quando Ofelia stava ricominciando a chiedersi il motivo dietro quella passeggiata, Thorn si bloccò di colpo, portandola a guardarsi attorno con ancora più attenzione.

Erano poco fuori dal centro e gli edifici, pertanto, mostravano ancora tutta la loro eleganza e il loro sfarzo, tutti tranne uno. Questo era vecchio, molto, ma ciò che colpì Ofelia e le fece dimenticare ogni altra cosa attorno a sé fu l’aura che emanava. Fra tutti — nonostante avesse evidente bisogno di essere ristrutturato — le appariva come il più bello e riuscì subito a discernere l’architettura originale, ignorando l’usura che lo circondava.

Un cancello in ferro battuto si apriva per rivelare un lungo viale che conduceva verso un largo cortile che un tempo doveva essere stato ben curato; l’entrata era costituita da un portone decorato con arte che non era originaria di nessuna delle loro arche e lei ricordava di aver visto soltanto in libri proibiti, e le grandi e alte finestre che si stagliavano su entrambi i lati — inquadrate dallo stesso decoro dell’ingresso — le dissero che l’ambiente all’interno sarebbero stato ben illuminato se il Polo avesse avuto una fonte di luce naturale maggiore. Sentì l’immediato impulso di investigare la bellezza che sicuramente si celava al suo interno.

Accanto a lei, Thorn osservava ogni sua reazione senza però far trapelare ciò che stava accadendo nel suo animo, fiero però di aver ancora soddisfatto la moglie. “Questa è una delle cose a cui stavo lavorando durante le mie lunghe giornate all’Intendenza.”

Quelle parole riscossero finalmente Ofelia che, distolti gli occhi dall’edificio, incontrò quelli del marito. “Non capisco,” mormorò con un filo di voce.

Lui in risposta si schiarì la voce e lei poté vedere l’insicurezza che nascose dietro quei pochi gesti a cui si lasciò andare prima di dichiararle finalmente l’intento di quell’escursione. “Ho acquistato questo edificio per l’Intendenza e da domani esponenti del vecchio mondo cominceranno a lavorare per riportarlo all’antico splendore — ho immaginato che fossero i più qualificati e quelli da me scelti si sono detti più che entusiasti una volta preso atto del progetto. Nel frattempo, ho intrapreso collaborazioni con i dirigenti delle altre Arche così che potessimo avviare quanto prima lo scambio di materiali: in questo modo, non appena l’archivio sarà pronto non dovrà restare a lungo vuoto e tu potrai prenderne le redini quanto prima.” Raggiunsero l’ingresso — Ofelia seguendo lui come un robot senza essere consapevole di dove stava mettendo i piedi — e Thorn tirò fuori dal taschino una chiave altrettanto vecchia che permise loro di entrare. Immediatamente furono investiti dall’aria stagnante e la polvere che si era accumulata da chissà quanto tempo, ma dopo qualche colpo di tosse si abituarono e Thorn riprese a parlare mentre Ofelia lo guardava a bocca aperta, volendo sentire in modo chiaro, dalla sua bocca, quale sorpresa le avesse organizzato. “Legalmente è già tutto in perfetto ordine e come puoi vedere,” indicò con un braccio gli alti soffitti, il largo ambiente che si affacciava su altrettante enormi stanze, “l’edificio è più che adatto al fine che gli ho destinato.”

A quel punto smise di parlare e si concentrò finalmente sulla moglie che stava trattenendo a fatica le lacrime e le parole. “Sarà la tua biblioteca, Ofelia, e anche se in essa si terranno letture diverse da quelle a cui per anni ti sei dedicata, non ho dubbi che farai un eccellente lavoro. Questo archivio diventerà luogo di cultura e riscoperta e sarai proprio tu a dirigerlo, non permettendo più a niente e nessuno di essere cancellato dalla memoria generale.”

Nell’udire quelle ultime frasi, chiare e dirette, Ofelia infine abbandonò ogni freno e lasciò che le lacrime le appannassero la vista e le rigassero le guance mentre si lanciava verso il marito e gli stringeva il collo in una morsa stretta; Thorn si piegò verso di lei per permetterle di abbracciarlo ancora più forte, accogliendo il gesto e percependo dietro di esso ogni sentimento, ma rifiutando di commuoversi a sua volta.

“Thorn, i-io... Io non so cosa dire.”

“Non devi dire nulla, solo accettare questo mio dono e perdonarmi per aver mantenuto il segreto fino ad adesso pur sapendo quanto detesti le sorprese.”

Lei tirò il fiato. “Perdonarti? No, non hai nulla da perdonarti. Semmai sono io che-”

“No,” la interruppe lui, secco. “Non merito delle scuse.”

“Ma, Thorn! Se penso a quel litigio, al motivo per cui ero così arrabbiata e invece tu ti stavi solo prodigando per permettermi di avere questo.” Si separò per un secondo da lui solo per riportare gli occhi sulle innumerevoli stanze in attesa di essere riempite di tesori.

Scioccandola, lui sorrise in risposta. “Non è l’unica cosa che mi tratteneva, Ofelia, e non voglio che pensi di aver sbagliato. Ne avevo bisogno; era necessario che io sentissi ciò che avevi da dire affinché potessi aprire gli occhi prima di ricadere in abitudini malsane. Non tornare sui tuoi passi cancellando i nostri progressi.” Lei annuì e poi tornò ad abbracciarlo, godendosi il momento mentre il silenzio li inghiottiva.

Un po’ dopo, sulla via di casa, gli animi ancora più sereni, fu presa da un’improvviso dubbio e gli chiese: “Se hai avviato contatti con ogni arca, mi stai dicendo anche che hai chiamato Octavio?” L’espressione scettica la diceva lunga su quanto fosse stupita da quello scenario.

“Hn,” fu l’unica risposta che il Drago fornì, facendole intendere lì e ora che l’argomento non sarebbe più dovuto essere riesumato e Ofelia rise, contenta. Thorn non sarebbe mai cambiato sul fronte gelosia, ma a lei, dopo tutto, non dispiaceva.

 

***

 

La vita, in seguito, proseguì abbastanza frenetica per tutti tra i preparativi del matrimonio e quelli lavorativi. Sia Thorn che Ofelia, in realtà, stavano impiegando più tempo per quest’ultimi che per la cerimonia in sé visto che non desideravano nulla di appariscente, solo poter ridiventare moglie e marito, questa volta in modo più appropriato e senza alcuna minaccia incombente. Il tutto restava, però, una formalità considerando che, di fatto, vivevano come se il divorzio non avesse mai avuto luogo.

La zia Roseline era rimasta senza parole quando avevano rivelato i loro piani e aveva insistito che, dati gli ultimi avvenimenti, Ofelia tornasse a vivere con loro fino a quando non sarebbero ritornati a essere sposati. Tuttavia, Berenilde aveva ribattuto affermando la necessità di non far trapelare alcuna notizia: sarebbe stata una tragedia se qualcuno avesse scoperto cosa quei due avessero combinato. Se fossero riusciti a far passare tutto in sordina, nessuno avrebbe potuto dire che avevano vissuto sotto lo stesso tetto da nubili. Ed era stato proprio il litigio tra le due donne a permettere a Thorn e Ofelia di andar via con tutta tranquillità, senza subire poi grandi lamentale e continuare come previsto dai piani.

Forse, però, si erano adagiati un po’ o, magari, quella felicità che stavano sperimentando li aveva influenzati, al punto da farli diventare eccezionalmente fiduciosi. Infatti, se credevano che le zie sarebbero rimaste tranquille senza intromettersi stavano per avere la sorpresa più grande di tutte.

“Non capisco come vorresti far passare tutto questo,” alzò il braccio per indicare il salotto sommerso da tulle, centrini, centrotavola e quant’altro, “in sordina. Insomma, sarà una cerimonia di tutto rispetto e la lista degli invitanti non è di certo magra — non se contiamo tutti i cugini in arrivo da Anima. Se ne accorgeranno tutti e vorranno sapere il perché. Dopo tutto, qui al Polo sono più impiccioni della cugina Gertrude!” sbottò Roseline mentre Berenilde elogiava un particolare tessuto che secondo lei sarebbe stato perfetto per l’abito di Ofelia.

“Suvvia, Roseline, per chi mi hai preso?” Berenilde alzò finalmente lo sguardo su di lei e le sorrise. “È ovvio che il nostro sarà solo un festeggiamento per celebrare il matrimonio e il ritorno di Thorn e Ofelia.  Piuttosto, hai spedito gli inviti?”

La dama annuì, riprendendo in mano la lista e stendendo allo stesso tempo alcune pieghe che si erano formate sulla carta. “Mia sorella arriverà qualche giorno prima,” le lanciò un’occhiata eloquente, “quindi prepariamoci ad ospitarli.”

Berenilde, dal canto suo, gliene lanciò una arcigna. Non sarebbe mai stata preparata per quella nidiata di persone bizzarre e indisciplinate, ma tenne per sé quel commento per evitare l’ennesimo litigio con la compagna. Piuttosto, avrebbe dovuto addestrare Vittoria a dovere; non voleva in alcun modo che i loro modi di fare influenzassero sua figlia. Scosse la testa mentre accarezzava dell’altro tessuto e pensò che suo nipote era proprio fortunato ad averla nella sua vita; era proprio disposta a tutto per amor suo, anche sopportare un’intera arca di Animisti!

“È inutile bofonchiare tra te e te,” la castigò Roseline mentre stringeva gli occhi e cominciava a spiegare ogni foglio di carta che aveva stropicciato dal nervoso nel frattempo. “So meglio di te cosa ci aspetta dalla mia famiglia, ma piuttosto che lamentarti pensa a come far proseguire questa faccenda senza che i nostri nipoti se ne accorgono. Io sarei in grado ancora di tenere all’oscuro Ofelia, ma Thorn...” Sbuffò, contrariata. Era proprio da sua nipote mettersi in testa idee tanto oscene e poi lasciare a lei il compito di sistemare tutto. Un giorno sarebbe stata in grado di fare entrare qualcosa nella sua testoccia dura e lasciargliela lì, ma non era quello il giorno. “D’altronde, sei stata tu ad assicurarmi che tutto sarebbe filato liscio!” E detto ciò, si alzò più scocciata che mai, lasciando dietro di sé una serie di borbottii che superavano anche quelli di una teiera animata. 

“Sempre a dubitare di me quella donna, incredibile! Con chi pensa di star parlando? Sono pur sempre un Drago, dopo tutto!” Berenilde lanciò un’altra occhiataccia in direzione dell’Animista ormai scomparsa – che così facendo aveva evitato anche un’emicrania – e poi si alzò a sua volta, chiamando a sua voce una delle nuove domestiche di modo che potesse impartirle l’ennesima sfilza di ordini necessari per completare tutti i preparativi.

 

*** 

 

Infine, il giorno prima delle nozze arrivò, ma Thorn e Ofelia erano degli sposi atipici e dunque se ne stavano seduti in tutta tranquillità nel salotto di casa, sorseggiando bevande calde e consultando i libri più disparati, ognuno per conto proprio ma consci della persona accanto a sé.

Eppure, nonostante fossero più che calmi, erano consapevoli di ciò che avrebbero raggiunto il mattino dopo. Avrebbero potuto fingere che gli anni della separazione non erano mai esistiti, e così anche l’Altro, i suoi burattini, gli Echi, e che alla fine stavano solo rispettando i progetti fatti insieme, come una qualunque coppia affiatata. Da domani in poi, Ofelia era anche decisa a chiamare la madre e, perché no, organizzare un viaggio ad Anima; Thorn, da parte sua, era disposto ad accompagnarla, anche se dentro di sé non era tanto soddisfatto dei parenti acquisiti. Nessuno dei due, però, sapeva cosa davvero li aspettava. Ma lo avrebbero scoperto a breve, proprio quando una domestica sarebbe andata ad aprire la porta che qualcuno stava insistentemente bussando.

Thorn chiuse di scatto il libro di matematica che stava leggendo, facendo così saltare Ofelia dalla sorpresa che, troppo presa dalla sua lettura, a differenza di lui non aveva percepito alcun rumore. La smorfia pronunciata sul volto del marito, però, la mise in allarme e solo allora si accorse del rumore continuo.

“Sono le 20.13,” annunciò Thorn, contrariato. “Ero certo di aver messo in chiaro cosa pensassi di chi si presenta non invitato o senza annunciarsi a qualsiasi ora del giorno e, soprattutto, che non si tollerano visite a quest’ora della sera.”

Lei gli sorrise mesta. “Lo so, Thorn, ma conosci anche tua zia e—”

Thorn si irrigidì, facendola bloccare di conseguenza. Se ancora quell’uomo si era permesso di presentarsi da loro, proprio quella sera, non avrebbe avuto alcuna remore a mostrargli quanto apprezzasse la sua improvvisata. Tuttavia, il suono di numerosi passi che attraversavano il corridoio smentì quel suo pensiero e, un attimo dopo, entrambi rimasero sbigottiti nel vedere entrare in salotto l’intera famiglia di Ofelia guidata da due zie particolarmente sorridenti e soddisfatte del loro operato. Un’istante e comparì dietro di loro, trafilata, anche la domestica che era andata ad aprire la porta; sconvolta tanto quanto i padroni di casa da quella visita inaspettata e per nulla preventivata.

Non ci fu, però, il tempo di pensare né di riprendersi dallo shock perché tra i nuovi arrivati ce n’era qualcuno in particolare che aveva aspettato fin troppo per far sapere a Ofelia cosa ne pensasse del suo atteggiamento.

“Per tutti gli Antenati, Ofelia, è così che ripaghi la tua povera madre dopo tutto quello che ha fatto per te?” La donna comparve da dietro la sorella — che, magra come uno stuzzicadenti, non era riuscita comunque a nasconderla — e investì la figlia come un ciclone. Da quel che poco che aveva potuto vedere, Ofelia rifletté che non era cambiata per nulla, nonostante gli anni passati, sia caratterialmente che fisicamente. E mentre faceva quelle osservazioni, mutava nella sua testa i suoi lamenti incessanti, per nulla pronta a quell’incontro, nonostante avesse sentito la sua mancanza, le tante parole che avrebbe voluto dirle o i rimorsi che celava. Rivedere la madre — tutta la sua famiglia — non era qualcosa a cui voleva essere sottoposta così, come un fulmine a ciel sereno, ma si rese anche conto che mai, con loro, le cose erano andate come previsto.

Lei, però, non era più quella ragazza di una volta e sebbene avesse sempre avuto una personalità abbastanza forte da scontrarsi con quella del genitore, da allora era cambiato tanto e Ofelia era cresciuta. Tuttavia, la prospettiva di un dibattito durante il loro primo incontro dopo tanto tempo non la allietava e così, andando contro se stessa, decise di spegnere la mente e ogni replica. Lasciò che la madre la punzecchiasse e riprendesse, mentre Agatha si avvicinava e cominciava la stessa pantomima, pensando che, dopo tutto, glielo doveva. Sicuramente erano state molto in pena per lei e non avrebbe dimostrato la sua gratitudine se si fosse comportata come avrebbe voluto davvero. E poco importava se non era stata preparata all’incontro — che la zia Roseline aveva complottato contro di lei — o che quella era la sera prima del suo matrimonio con Thorn. Tutto sarebbe andato liscio comunque.

Alzando infine lo sguardo, incrociò quello del prozio che le era mancato più di tutti e sentì gli occhi inumidirsi dalla felicità. Lui scosse la testa, sorridendo, e la pregò implicitamente di tenere testa a tutta la famiglia, ma in quella sua espressione ciò che la colpì più di tutte fu l’orgoglio che provava per lei e, nel rendersene conto, le lacrime che aveva finora trattenuto caddero andando a bagnarle le guance e preoccupando il marito che in mezzo secondo aveva scacciato via suocera e cognata per occuparsi di lei.

Ofelia alzò il braccio e si asciugò gli occhi prima con una manica del vestito e poi con il fazzoletto ricamato che le passò Thorn.

Andava tutto bene, nonostante gli imprevisti o i parenti opprimenti; andava tutto bene.

E domani anche un po’ di più.




 


N/A: Che bello riuscire finalmente a pubblicare questo capitolo **
Spero innanzitutto che sia valsa la pena aspettare, ma soprattutto che vi sia piaciuto. 
Nel prossimo - che è già scritto per metà - i due fidanzati saranno alle prese con tutti parenti e finalmente ci sarà l'atteso matrimonio 😉. 

A prestissimo, vi abbraccio tutti. 

   
 
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