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Autore: Stillathogwarts    18/11/2022    2 recensioni
"Ogni due maggio, c’era un memoriale in onore dei caduti in guerra.
Ogni due maggio, lui indossava un cappuccio e vi si presentava, ma rimanendo sempre ben nascosto agli occhi altrui.
Ogni due maggio, non era l’unica figura incappucciata a prendere parte alla celebrazione."
Songfic ispirata alla canzone "Il Diario degli Errori" di Michele Bravi. | Pov Draco Malfoy | Hints Drastoria
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Disclaimer: I personaggi e il mondo di Harry Potter in generale non mi appartengono. La canzone "Il Diario degli Errori" appartiene a Michele Bravi. Questa è un'opera di fanfiction scritta da me senza alcuno scopo di lucro.



Il Diario Degli Errori


 
“Ho lasciato troppi segni
Sulla pelle già strappata
Non c'è niente che si insegni prima che non l'hai provata
Sono andato sempre dritto come un treno
Ho cercato nel conflitto
La parvenza di un sentiero

Ho sempre fatto tutto in un modo solo mio
E non ho mai detto resta se potevo dire addio
Poche volte ho dato ascolto a chi dovevo dare retta
Ma non ne ho tenuto conto
Ho sempre avuto troppa fretta”
 
Non sapeva da quanti giorni fosse rinchiuso nella sua stanza.
Ci si era rintanato dentro da quando quella mattina aveva lasciato il Ministero, inspiegabilmente da uomo libero, e non ne era più uscito.
C’era un temporale estivo in corso quel giorno, erano previste violente piogge per tutta la settimana, come se il cielo avesse intenzione di piangere i caduti in guerra.
Lui, dall’acqua, si era lasciato travolgere.
Il freddo, in fondo, non lo sentiva, perché lo aveva dentro.
«Assolto da tutte le accuse.»
Draco non si reputava innocente, ma era comunque felice di quel verdetto, di non essere finito ad Azkaban. Attenuante l’età, la pressione sotto cui era stato posto, l’influenza che il padre aveva avuto su di lui, la testimonianza di Potter circa la sua esitazione nell’eseguire gli ordini che gli erano stati imposti e la sua riluttanza nel confermare ai Mangiamorte la sua identità, il fatto che fosse minorenne quando aveva preso il Marchio… una serie di scusanti non propriamente tali che avevano contribuito a convincere il Wizengamot che fosse degno di vedersi concessa una seconda possibilità.
Non era sicuro di meritarla, ma non sapeva neanche se gli importasse veramente.
Era sopravvissuto, tanto gli bastava.
Sapeva già che non avrebbe avuto modo di provare al mondo magico di non essere solo un bullo altezzoso e viziato che era stato graziato per la misericordia del grande Harry Potter e la pietà di un gruppo di maghi che dietro al suo volto ci vedevano ancora un ragazzino; sapeva già di essersi giocato tutte le carte che aveva a disposizione per far sì che il mondo magico lo riconoscesse per i suoi meriti, era consapevole di aver puntato tutto sulla strada sbagliata, una di cui aveva sempre e solo sentito parlare e che a seguito degli elogi che si riversavano dalle labbra di suo padre era arrivato ad ammirare, ma che non aveva mai visto con i suoi stessi occhi nella sua cruda realtà, per poter veramente giudicare con cognizione di causa.
Lui, per tanto tempo, in quella strada ci aveva creduto veramente; aveva creduto nell’ideologia con cui era stato cresciuto e aveva intrapreso quel cammino con fierezza, convinto di essersi immesso sul sentiero della gloria e del potere.
Non aveva capito quanto si fosse sbagliato prima che fosse troppo tardi.
Prima di imparare la lezione nel modo più duro in cui lo si potesse fare: guardando in faccia la morte e l’orrore, vivendo nel terrore.
Ma forse, certe cose, si imparavano solo vivendo, pensava, almeno per la gente cresciuta in un ambiente come il suo, almeno per la gente come lui.
Draco aveva perso tutto durante la guerra; non i suoi soldi, ma ogni punto di riferimento che avesse mai avuto, ogni singola cosa in cui avesse mai creduto, ogni precetto che gli era stato insegnato… lasciandolo solo, con un senso di spaesamento che gli aveva fatto comprendere che ci fossero cose ben più importanti dell’essere oscenamente ricco nella vita.
Suo padre non era più il suo eroe, era diventato il cattivo della sua storia.
I valori cui aveva sempre prestato fede e di cui si era fatto promotore non erano più motivo di vanto, ma una vergogna, perché ora li vedeva per quello che erano veramente: pregiudizi infondati, meschine menzogne che gli erano state inculcate sin dalla nascita.
Il retaggio di cui era tanto andato fiero non era più ragione d’orgoglio, ma scorno pubblico.
C’erano state volte, durante i suoi giorni di isolamento volontario, in cui aveva riflettuto su come sarebbero potute andare le cose nella sua vita se avesse preso delle decisioni diverse; aveva immaginato come si sarebbero dispiegati gli eventi se avesse fatto anche solo una cosa in maniera differente.
Se non avesse reso Potter suo nemico, visto che non era riuscito a farselo amico.
Se non avesse cercato la minima scusa per attaccare briga con lui e i suoi stucchevoli bracci destri.
Se avesse tenuto conto delle opinioni della maggioranza del mondo magico in merito a quello che era stato educato ad apprezzare.
Se non avesse tenuto su un paraocchi e avesse guardato, perché Hermione Granger era sempre stata lì a dimostrargli che i Nati Babbani non erano inferiori proprio a nessuno.
Se avesse ascoltato Piton e gli avesse permesso di aiutarlo, invece di respingerlo e impuntarsi, continuare ad illudersi di essere sulla via giusta, di essere in grado di gestire da solo quanto gli stava capitando, di essere orgoglioso della posizione in cui era stato messo.
Se non avesse desiderato così tanto di venire scelto per qualcosa da sentirsi speciale quando il Signore Oscuro gli aveva proposto di prendere il Marchio, invece di riconoscere la sua offerta per quello che era: una missione suicida, una condanna a morte, una punizione per i fallimenti del padre.
Se avesse parlato con Silente e gli avesse chiesto una via d’uscita, invece di precludersi quell’alternativa perché paralizzato dalla paura.
Se fosse stato anche solo un po’ meno un codardo.
Se non avesse avuto la presunzione di credere di potercela fare con le proprie forze, la capacità di autoconvincersi che fosse quello che desiderava veramente.
Se si fosse fermato a riflettere prima, invece di lasciarsi travolgere dagli eventi, smanioso di dimostrare ai suoi genitori, al mondo, di valere qualcosa.
Forse, sarebbe stato in grado di vedere i suoi errori, se si fosse preso la briga di porsi qualche domanda in più.
Forse, si sarebbe potuto salvare da solo.
Perché ora, fissando il soffitto della sua stanza, Draco non si sentiva salvo.
Si sentiva come se stesse precipitando nel vuoto e sapeva già che nessuna mano si sarebbe sporta per aiutarlo, per tirarlo su e fermare la sua caduta.
Non sarebbe arrivato nessuno a dirgli: «Ci sono io, ti tengo io.»
Perché aveva fatto troppo male per meritarsi la comprensione e la compassione della gente, l’indulgenza che aveva ricevuto era già troppo per uno come lui.
E lì, disteso sul suo letto, Draco non poteva fare a meno di chiedersi quando avrebbe toccato il fondo e quanto avrebbe fatto male l’impatto, se già la caduta era così dolorosa.
 
“Ho giocato con il fuoco
E qualcuna l'ho anche vinta
Ma ci è mancato poco
Mi giocassi anche la vita
Ho lasciato troppe volte
La mia impronta sopra un letto
Senza preoccuparmi troppo
Di cosa prima avevo detto

Ho guardato nell'abisso di un mattino senza alba
Senza avere un punto fisso
O qualcuno che ti salva”
 
«Assolto da tutte le accuse.»
Draco non si sentiva assolto.
Ne aveva fatti troppi di errori per esserlo veramente.
Aveva bisogno di avere attorno i Dissennatori, quando vivere al Manor era già di per sé un tormento?
Vedere il serpente del Signore Oscuro strisciare sul pavimento anche dopo un anno che era morto, il corpo della professoressa Burbage crollare esanime sul tavolo della propria sala da pranzo a ogni pasto, sino ad arrivare a consumarli nella propria stanza, in solitudine? Sentire ancora le urla di Hermione Granger riecheggiare dal proprio salotto, spargere sale sulle proprie ferite, sui suoi sensi di colpa, svegliarlo durante la notte senza mai lasciargli il tempo di decidere se fosse meglio restare addormentato o destarsi, senza mai riuscire a capire se fossero più vividi e angustianti i suoi incubi o i suoi ricordi?
La guerra era finita, ma lui sembrava bloccato nel suo ricordo.
Nella sua testa era ancora in corso.
Come si dimenticava l’orrore a cui aveva assistito?
E il terrore che aveva provato?
Il dolore che aveva causato a degli innocenti?
La paura di morire?
Il timore di vedere le poche persone che considerava care venire uccise?
Il costante pensiero di essere il prossimo a capitolare?
Come si superavano i propri sbagli, se non si aveva nessuno con cui fare ammenda?
Se ormai era troppo tardi per cambiare posizione?
Poteva avere significato per lui, il suo rinsavire, ma non per il resto del mondo.
Il suo promettente futuro era andato, dissolto nel vuoto, perso per sempre… e lui ne era la sola causa.
Come poteva capire chi fosse restando chiuso in una stanza giorno dopo giorno? Da solo? Perché lui, chi fosse Draco Malfoy non lo sapeva più.
Tutto ciò che era sempre stato non gli piaceva più, lo disgustava.
Eppure, glielo avevano detto che era meschino, ma a quegli avvertimenti lui non aveva dato peso. Aveva continuato a ripetere le parole che sentiva uscire dalla bocca di suo padre come se fossero verità assolute e perle di saggezza e adesso, solo adesso, si prendeva la briga di interrogarsi, di chiedersi se ci avesse mai creduto veramente in quelle definizioni.
Aveva una qualche importanza, cambiare ora? Riconoscere i propri errori quando non c’era nessuno a cui mostrarsi pentito?
Quando non c’era nessuno disposto ad ascoltare le sue urla, quelle di un ragazzino cresciuto troppo in fretta, tormentato dal suo stesso passato ora che era in grado di discernere la realtà per quello che era veramente?
Ora che vedeva chiaramente cosa fosse stato?
Faceva una qualche differenza prendere la propria posizione ora? Trovare finalmente il coraggio, o la forza, di sfidare suo padre, di opporsi al suo volere, di distaccarsi da quelle che erano le sue aspettative nei suoi confronti?
«Non ho intenzione di seguire ancora la linea purosanguista.»
Lucius non ne era stato contento, ma lui si era sentito più sollevato dopo averglielo detto. Cercare di renderlo orgoglioso di lui lo aveva quasi ucciso e il dopoguerra non lo aveva reso più affabile. Cercare di essere conciliante nei suoi confronti anche dopo e nonostante tutto, non lo aveva portato da nessuna parte.
Perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e Lucius non aveva mai voluto farlo e forse, semplicemente, a Draco non importava più della sua opinione.
Ma perché, allora, continuava a precipitare?
 
“Almeno tu rimani fuori
Dal mio diario degli errori
Da tutte le mie contraddizioni
Da tutti i torti e le ragioni”

Aveva iniziato a tenere un diario, senza sapere bene per quale motivo.
Forse per mettere ordine nella sua testa, forse per concedersi l’illusione di parlare con qualcuno, forse per mettere su carta quello che provava, forse sperando che un giorno qualcuno lo avrebbe letto e avrebbe appreso quanto veramente Draco Malfoy si fosse pentito delle sue azioni giovanili, che dietro al grigio dei suoi occhi non c’era il ghiaccio, ma la tempesta. Forse sperando che mettendo su carta i suoi incubi, sarebbero svaniti dalla sua mente.
O forse, voleva semplicemente fare una lunga lista dei suoi sbagli, dei suoi rimorsi e dei suoi rimpianti.
Il suo diario degli errori.
Sperava che un giorno qualcuno sarebbe entrato a far parte della sua vita e sarebbe rimasto fuori da quelle pagine cariche di tormento, dolore e rabbia.
Sperava che un giorno avrebbe imparato a non sbagliare più.
Era sbagliato da parte sua desiderare che qualcuno gli si avvicinasse e si proclamasse disposto a provare a conoscerlo per la persona che era diventata? A dargli una vera seconda possibilità?
Perché quale seconda occasione gli aveva dato il Wizengamot non spedendolo ad Azkaban, se restava sempre e insopportabilmente solo, in compagnia dei suoi demoni?
Era sbagliato da parte sua volere qualcuno al suo fianco?
Era sbagliato da parte sua desiderare di avere l’opportunità di coltivare qualcosa di bello, qualcosa che avrebbe portato un po’ di luce nella sua vita cupa e oscura?
Sapeva di non meritarlo.
Eppure, lui ci sperava ugualmente.
E ogni volta giurava che se quella possibilità gli fosse stata concessa, lui non l’avrebbe sprecata.
Se avesse avuto modo di conoscere qualcuno in grado di far ripartire il suo cuore, di farlo sentire vivo, lui non lo avrebbe ferito. Si sarebbe impegnato.
Perché in fondo, arrivato a quel punto, Draco voleva solo avere qualcuno a cui dimostrare di essere in grado di amare.
Voleva solo qualcuno che vedesse che non era come suo padre.
 
“Ma almeno tu rimani fuori
Dal mio diario degli errori
Da tutte le mie contraddizioni
Da tutte le mie imperfezioni
Dalle paure che convivono con me
Dalle parole di un discorso inutile
Almeno tu rimani fuori
Dal mio diario degli errori”

Ogni due maggio, c’era un memoriale in onore dei caduti in guerra.
Ogni due maggio, lui indossava un cappuccio e vi si presentava, ma rimanendo sempre ben nascosto agli occhi altrui.
Ogni due maggio, non era l’unica figura incappucciata a prendere parte alla celebrazione.
Chi altri poteva provare così tanta vergogna verso sé stesso e il proprio passato da non sentirsi degno di mostrare il proprio volto durante un evento del genere?
Chi altri poteva annegare nei suoi sensi di colpa al punto di fare l’unica cosa che gli era rimasta da fare, ovvero piangere chi non c’era più, chi non aveva aiutato?
Chi altri poteva essere così solo da non avere qualcuno a stringergli la mano, in una giornata come quella?
Eppure, un’altra persona c’era.
Un’altra persona che, come lui, si teneva in disparte, non parlava con nessuno, si nascondeva dietro un cappuccio e si posizionava dietro un albero o dietro una colonna, non troppo lontano per poter vedere e sentire, ma neanche abbastanza vicino da poter essere individuato da altri.
Immaginava che non gli importasse se a notarla fosse stato qualcuno che era un reietto e presenziava alla cerimonia celandosi al mondo a sua volta. Non avrebbe mica potuto esporla, non senza esporsi egli stesso; non aveva motivo di farlo, quando capiva così bene la necessità di non mostrare il proprio volto.
Il due maggio era l’unico giorno dell’anno in cui Draco lasciava il Manor; lo faceva per avere almeno la parvenza di stare facendo qualcosa per fare ammenda, per far vedere al mondo che era pentito, che era cambiato, anche se non c’era nessuno ad osservare. E lo faceva per guardare in faccia lei, che era la sintesi perfetta di tutti i suoi sbagli e l’espressione massima del suo rimorso, per rinnovare il suo tormento anche per l’anno a venire. Lo faceva per autopunirsi, perché in qualche modo, essere lasciato completamente da solo in balia dei suoi pensieri autodistruttivi non gli sembrava una pena sufficiente in relazione al male che aveva causato.
Trascorreva il resto dei suoi giorni tra una valanga di parole scarabocchiate sulle pagine gialle di un diario, l’espressione perpetua del proprio disgusto verso sé stesso e la contemplazione di “ciò che avrebbe potuto essere della sua vita se”.
Se fosse stato un’altra persona.
Se avesse avuto un altro cognome.
Se non avesse mandato all’aria il suo intero futuro.
Se avesse sfruttato le proprie potenzialità.
Se non fosse stato un codardo.
Se avesse aperto gli occhi prima.
Se, se, se.
Draco ormai ne aveva un milione di “se” e nessun “ma”.
Perché indugiare in quei pensieri era tutto ciò che aveva a sua disposizione per impiegare le estenuanti ore delle sue giornate.
Leggeva qualche libro, approfondiva le aree della magia che più lo interessavano. Stava sviluppando una propensione per l’Alchimia.
Non aveva molto da fare, nessun amico con cui incontrarsi, nessuno con cui conversare. Il lavoro non gli serviva e comunque nessuno sarebbe stato disposto a dargliene uno. I suoi genitori, ormai, li evitava, perché ogni conversazione con loro verteva inesorabilmente sul loro desiderio che si trovasse una moglie Purosangue e “producesse un erede”.
Tutta quella faccenda a Draco faceva ribrezzo e sinceramente, ormai, si era anche stancato di ripetergli che non voleva una moglie tradizionalista, perché lui per primo non voleva più avere niente a che fare con l’ideologia che gli aveva rovinato la vita e maledetto la sua esistenza, né tanto meno avrebbe voluto che un suo eventuale figlio fosse cresciuto secondo essa.
Quell’anno, il terzo dopo la fine della guerra, il due maggio, pioveva.
Lui era di nuovo lì, con il mantello stretto e i lembi del cappuccio abbastanza tirati da oscurare gran parte del suo viso, nessun ombrello a impedirgli di bagnarsi.
E anche quella volta, non era l’unico a nascondersi.
Durante le sue giornate lunghe e solitarie, si era chiesto chi fosse quello sconosciuto, o quella sconosciuta, più spesso di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere, ma non aveva mai provato ad avvicinarsi, né tanto meno c’era stata la volontà di farlo dall’altra parte.
Quell’anno, però, no.
Un momento la figura era nella zona appartata opposta alla sua, quello dopo era al suo fianco, dall’altro lato del tronco dell’albero dietro il quale si stava nascondendo lui.
«Quali morti piange Draco Malfoy?» gli aveva chiesto, permettendogli di scoprire dalla sua voce che sotto il cappuccio ci fosse una donna.
Teneva il volto ben chino, per non farsi vedere e lei faceva altrettanto; come aveva fatto a riconoscerlo?
«Quelle tra le fila delle vittime, o quelle tra le fila dei boia?»
Draco si era irrigidito nel sentire quell’accusa velata ed era rimasto in silenzio per un po’.
«Piango gli innocenti, anche se non sono sicuro di avere il diritto di farlo», aveva detto alla fine. «Piango perché non sono stato una brava persona. Piango perché ho fallito nel discernere cos’era giusto e cos’era sbagliato.»
C’erano tante altre cose per cui piangeva, ma non le avrebbe mai dette a voce alta; perché avrebbe dovuto? A chi sarebbe importato?
«E tu? Per cosa piangi, tu?»
La donna si era finalmente voltata a guardarlo e lui l’aveva riconosciuta.
Era a Serpeverde anche lei, solo un anno dietro il suo; non ci aveva mai parlato a Hogwarts, ma conosceva la sorella, Daphne.
«Per le stesse cose per cui piangi tu», aveva sussurrato. «E per essere rimasta a guardare.»
E poi, erano stati silenti per il resto della cerimonia.
Si erano allontanati prima che finisse veramente, perché, evidentemente, nessuno dei due voleva rischiare di essere visto.
«Cosa cerca di questi tempi, Draco Malfoy?», gli aveva domandato poi, voltandosi a guardarlo per un’ultima volta.
Lui aveva tratto un respiro profondo. «Non lo so», aveva ammesso.
«Forse perdono, forse pace… o forse un nuovo inizio. Non lo so
«Hai dimostrato più profondità nell’ultima ora di quanto tu non abbia fatto in sette anni a Hogwarts, Draco Malfoy.»
Aveva riso; una piccola e breve risata, quasi istantanea, ma che non era riuscito a trattenere.
Da quanto tempo non rideva?
Dal suo quinto anno a scuola?
Erano davvero trascorsi cinque anni dall’ultima volta che aveva sentito quel suono lasciare le sue stesse labbra?
Ma d’altronde, rifletteva, era da anni che non aveva niente per cui ridere o sorridere.
Perché avrebbe dovuto farlo?
«Il tempo cambia le persone», le aveva risposto. «E la guerra anche di più.»
«Questo lo so bene» aveva ammesso lei, annuendo, poi gli aveva rivolto un mezzo sorriso.
«Sono Astoria Greengrass», aveva aggiunto, anche se era perfettamente consapevole del fatto che sapeva già chi fosse. «E cerco qualcosa per cui valga la pena vivere.»
E allora anche Draco aveva sorriso, seppur debolmente.
«Suona come un nuovo inizio, per me.»
«Chissà», aveva esclamato Astoria, ma gli angoli delle sue labbra erano sollevati all’insù.
«Buona giornata, Draco Malfoy», disse poi. «E arrivederci.»
 
“Almeno tu rimani fuori
Dal mio diario degli errori.”
 
 
[COMPLETA]


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N.d.a.
Salve a tutti!
Ho scritto questa songfic qualche tempo fa, dopo aver per caso ascoltato la canzone Il Diario degli Errori di Michele Bravi (che io non conoscevo). Fin dal primo ascolto, ho pensato che mi ricordasse il personaggio di Draco post guerra, che conosce Astoria e cerca di tenerla fuori dalla sua lunga lista di sbagli, che cerca di essere migliore per lei e poi per Scorpius. Qui la Drastoria è solo menzionata, nel senso che il finale è aperto e a libera interpretazione, ma spero che comunque vi sia piaciuta.
Se vi va, lasciatemi una piccola recensione con il vostro parere, per me significa tanto avere del feedback. 
A presto! 

 
   
 
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