Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: crazyfred    18/11/2022    4 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
 
 
 
 Capitolo 23


 


Quando era morto suo marito, Matilde aveva passato i mesi successivi a capire: il primo mese che suo marito era morto per davvero, il secondo che li aveva lasciati davvero in un mare di debiti, il terzo come era stato possibile non accorgersi di nulla e il quarto come fare per uscire da quella situazione. Al quinto, finalmente, era tornata a respirare di nuovo di giorno e a dormire senza tranquillanti di notte. 
Si era chiesta se amasse ancora quell’uomo di cui era rimasta vedova, ma presto era arrivata alla conclusione che la domanda dovesse essere un’altra: chi era l’uomo che lei amava? Perché lo amava ancora, c’era poco da fare: era il padre dei suoi figli, erano stati sposati per 25 anni e di lui conservava solo ricordi bellissimi. Era stato tutto quello che una donna può desiderare: un compagno leale, un amico inseparabile, un marito fedele, un amante appassionato. Non c’era mai in casa loro una giornata che si chiudesse con il broncio o un problema a cui non trovasse una soluzione con il sorriso. Ecco perché quando a casa si erano presentati i creditori e le banche avevano esposto la situazione finanziaria a Matilde era crollato il mondo addosso. Fatta l’unica cosa possibile, non erano poi così poveri: se prima 
però poteva permettersi di comprare borse e scarpe solo perché le aveva viste in una vetrina e le erano piaciute, di punto in bianco si era ritrovata a dover fare i conti per pagare l’affitto e mantenere non uno ma tre figli all’università e quei pochi soldi rimasti dalla vendita dei loro beni non sarebbero bastati per più di un anno con le spese che aveva. Lavinia era una ragazza giudiziosa, Andrea uno studente brillante ed entrambi riuscivano ad ottenere borse di studi e sgravi ma Maya, lei era una scheggia impazzita e nessuno riusciva a rimproverarla perché era la piccolina di casa e perché era quella più legata al padre. 
E il problema, a quel punto, era diventato doppio: oltre a dover trovare un lavoro per mantenersi, Matilde in vita sua non aveva mai lavorato; o almeno non nella maniera in cui intendono il lavoro le persone che tutte le mattine si alzano alle sei per timbrare un cartellino. Lei organizzava eventi benefici e le riusciva benissimo a detta di tutti, se c’era da raccogliere fondi preti e associazioni di volontariato di tutta Roma bussavano alla sua porta o le telefonavano come fosse una PR di un locale, cosa di cui andava particolarmente fiera. Senza arte né parte se non i suoi studi di moda mai messi in pratica e con dei figli ancora non totalmente indipendenti, bisognava trovare qualcosa da fare e per cui fossero disposti a pagarla. Sarebbe stata disposta anche ad andare dall’altra parte di Roma a fare le pulizie in qualche centro commerciale se fosse stato necessario, il problema era che nemmeno per pulire i gabinetti era qualificata.
Il destino, per fortuna, aveva deciso che si era accanito già abbastanza su di lei e grazie a una serie fortuita e fortunata di eventi Matilde si era ritrovata ad incontrare Ruggero durante uno degli eventi di beneficenza che organizzava ancora per salvare le apparenze, proprio nel giardino di quella che di lì a poco sarebbe diventata casa sua e lui l’aveva presentata ad una costumista: in un colpo solo aveva trovato, senza saperlo, un nuovo compagno e un impiego.
Tutto quello che aveva, comunque, lo aveva dovuto sudare e così i suoi figli, a cui nessuno aveva regalato nulla: ecco perché non aveva ben digerito la decisione di sua figlia di lasciare di punto in bianco un lavoro sulla carta perfetto e che sembrava aver persino imparato ad amare negli ultimi tempi.
Maya non gliene faceva una colpa, visto che non conosceva i reali motivi dietro a quel cambiamento, ma comunque preferiva avere con sé un diversivo durante i pellegrinaggi dalla principessa Torlonia, qualcuno che potesse attirare su di sé l’attenzione e sarebbe stato oggetto di conversazione. Quel pomeriggio Maya, nella fattispecie, si era fatta accompagnare da Monica, in mancanza di sua sorella e della sua migliore amica: chi meglio di una nuova conoscenza; e neanche a dirlo Monica era stata presa subito in simpatia da Ruggero ... prende sempre tutti subito in simpatia, lui ... che l’aveva prontamente portata a fare il giro della casa. Naturalmente Monica, che di case nobiliari di campagna non ne aveva mai viste, non sapeva dove volgere lo sguardo tanti erano i dettagli che non voleva perdere e si sperticava in complimenti.
“Ha una casa bellissima signor conte”
“Tutto merito di Matilde, quando l’ho conosciuta era ridotta maluccio, a me bastavano una camera da letto, il bagno e la cucina”
“Quella era l’unica stanza ad essere presentabile” precisò Matilde, guardando il compagno con aria divertita. Da quando aveva divorziato e i figli avevano lasciato il nido, Ruggero ci si era messo d’impegno a trasformare il casale in una specie di museo automobilistico con modellini, cimeli e ricordi delle sue partecipazioni alla Mille Miglia con la sua Alfa del ’31; c’era voluta tutta la pazienza e la buona volontà di Matilde per ridare a quel posto un aspetto di casa.
“Ma ti prego, Monica, chiamami Ruggero e dammi del tu, in famiglia siamo repubblicani da quando c’era ancora il re” Non era propriamente vero, era estremamente orgoglioso del suo lignaggio e del suo albero genealogico di condottieri, ministri, cardinali e beati, Maya lo sapeva bene, ma sapeva anche mettere le persone a loro agio. Ruggero le fece strada verso l’angolo del giardino che preferiva, più della piscina, che aveva fatto costruire solo per fare contenti i nipotini in visita: era un piccolo boschetto su una collinetta, con un vialetto brecciato e, riparata dagli occhi indiscreti, un grande voliera.
“Maya fammi capire” esclamò Monica “c’è la piscina con tanto di spogliatoi, una dependance che sembra più un palazzo, 8 camere da letto solo in questo edificio, un bosco privato ... e tu non ti trasferisci qui d’estate?! Sono scandalizzata … cioè boh io mi accontenterei pure di una canadese in giardino, non disturberei … neanche mi notereste”
Tutti scoppiarono in una risata sonora e sincera. Nel frattempo, mentre Ruggero e la giovane andavano in esplorazione, Maya e sua madre salirono nel terrazzo del primo piano, approfittando dell’ombra e della frescura del pergolato in quella giornata di caldo intensa, la prima della stagione. Anche Bianca, la cagnolina di Matilde, se ne stava sdraiata nella sua cesta all’ombra dei glicini in fiore. Le donne aprirono le scatole con gli inviti che Maya aveva ritirato dalla tipografia prima di andare a Grottaferrata. Bisognava imbustare i cartoncini stampati e scrivere a mano, in bella grafia neanche a dirlo, gli indirizzi degli invitati. Per Matilde quello che si stava avvicinando era l’evento più importante della sua estate: una mostra di tessuti che si sarebbe conclusa con un’asta di beneficenza. Il suo lavoro di ricerca le aveva permesso di riconoscere l’arte dietro ad ogni singolo pezzo di tessuto e, ora che poteva, da brava mecenate, sponsorizzava i migliori creativi, una sorta di ringraziamento per essere riuscita, proprio grazie a quel mondo, a rimanere a galla.
“Sono contenta che tu abbia fatto pulizia tra i tuoi amici … dico sul serio, Maya”
“Io per prima, credimi”
Matilde credeva fermamente nel lasciare liberi i suoi figli di fare le loro scelte, ma questo non significava che approvasse o ignorasse la tossicità di alcune compagnie. Ci sperava sempre che un giorno Maya avrebbe aperto gli occhi, e finalmente quel giorno era arrivato…meglio tardi che mai. “E Monica sembra proprio una persona a posto! Una sola cosa ti chiedo” aggiunse la donna “basta che tu ed Olivia non vi perdete, vi conoscete da quando eravate bambine, e mi dispiacerebbe … poi la madre è sempre stata una cara amica. L’unica che non è scappata quando eravamo in difficoltà, lo sai…”
“Lo so … e infatti Olivia mi ha già chiesto di mettere in lista tutta la famiglia, porta anche Max”
“Finalmente lo conosciamo … era anche ora! Piuttosto tua sorella … non è che ci nasconde qualcosa, o qualcuno …?”
“Ma che dici mamma?!” la rimproverò Maya. Non le piaceva quando faceva la pettegola, né con lei né tanto meno con Lavinia.
“Non si fa vedere da una vita, dice sempre che non ha neanche il tempo di farmi un colpo di telefono”
“Mamma ti ricordo che Lavinia lavora in un ospedale pubblico italiano, è già troppo se ogni tanto riesce ad uscire dal reparto e a tornare a casa per una doccia. Non c’è nessuno … stai tranquilla”
“Eppure non sono convinta … una madre le sente certe cose …”
Maya non poteva esserne completamente certa, ma sentì lo sguardo di sua madre soffermarsi su di lei più del dovuto. Che fosse una frecciatina? Si fidava al 100% di Lavinia, e conosceva fin troppo bene sua madre da sapere che alla minima notizia una sua reazione, di qualsiasi tipo, non gliel’avrebbe risparmiata nessuno, ma come aveva fatto a capire che c’era qualcosa che le aveva nascosto restava un mistero. A quelle stronzate sull’istinto materno e sul sesto senso lei non ci credeva, no: forse le erano arrivate voci, gli stessi uccellini che avevano cantato con Giangi potevano aver spifferato anche con Matilde, non era poi così irreale come prospettiva visto il circolo piuttosto chiuso di conoscenze. O forse la sua mente si stava facendo un film tutto suo tanto per cambiare e sua madre aveva buttato una frase a caso parlando della sorella: sì, di sicuro era così, del resto lei a Roma ci metteva piede, si poteva dire, una volta ogni morte di papa e delle vecchie amicizie le erano rimasti più che altro gli indirizzi scritti nella sua agenda a cui mandare auguri e inviti un paio di volte l’anno.
“Eccomi eccomi!!!” la voce di Monica arrivò a loro mentre ancora la giovane stava salendo le scale in fretta per raggiungerle “avevo promesso che avrei dato una mano ed invece mi sono dileguata. Ma quando Maya mi aveva detto andiamo a casa del compagno di mia madre non mi aveva mica avvertito che questa è una reggia!”
“Non ti preoccupare, siamo ancora in alto mare” spiegò Maya. Sì, perché ad ogni nome sulla lista, Matilde chiedeva a sua figlia aggiornamenti sulla persona in questione, segnando tutto accuratamente sul suo taccuino: era fondamentale per non fare brutte figure.
“E poi sei ospite” decretò Ruggero, uscendo sul terrazzo con una bevanda fresca e qualche stuzzichino da sgranocchiare. Lui era così, pensò Maya, gli bastava potersi mettere ai fornelli e far da mangiare per essere felice: sarebbe andato d’accordo con Cesare … mio Dio Maya, ma a cosa vai a pensare?!
“Wow! Conoscete davvero così tante persone?” domandò Monica, prendendo un plico di inviti già pronti per apporre i francobolli.
“Conoscere è una parola grossa” spiegò Matilde “l’importante è che abbiano un portafogli bello pieno per poter partecipare ad un’asta. E più ne invitiamo, più abbiamo la possibilità di avere dei buoni ricavi. Visto che mia figlia si è rifiutata di farci pubblicità…”
“Ma come te lo devo dire?!” si inalberò Maya “Roma Glam si occupa solo degli eventi che si tengono a Roma, e Capalbio nemmeno è nel Lazio! E poi nemmeno ci lavoro più lì …”
“Non tocchiamo questo tasto, io ancora non ho capito cosa ti è saltato in mente … tu lo hai capito Monica?”
“Ehm…veramente io…”
“Non mettere in mezzo Monica!” si affrettò Maya ad intervenire “Dopo 5 anni avevo bisogno di cambiare aria …”
“Ma se fino ad un mese fa eri entusiasta come non ti avevo mai vista?! Di punto in bianco …”
“Sono lunatica e permalosa, lo sai…”
“Eh lo so…dì la verità, è successo qualcosa con il tuo capo?”
Maya buttò giù un intero bicchiere della rinomatissima sangria analcolica di Ruggero pur di rinfrescarsi ed evitare che potesse vedere le sue guance diventare rosse come il fuoco. “Ma che vai a pensare…”
“Ti conosco Maya, un’espressione o anche due fuori posto e ti ha messo alla porta. Come se non ti conoscessi”
Ah, intendeva quello … cessato allarme. “Assolutamente no. È come ti ho detto: avevo bisogno di cambiare. Bonelli era un ottimo datore di lavoro ma l’ambiente era tossico, non ce la facevo più” Non era del tutto una bugia ed era il meglio che poteva inventare per chiudere la discussione, l’ennesima, con sua madre. “Comunque se ti fa stare tranquilla nelle prossime settimane ho diversi colloqui, non me ne sto con le mani in mano …”
Finalmente qualcosa si stava muovendo: tornare a fare la semplice segretaria avendo accarezzato la scrittura non era proprio il massimo, ma l’affitto non si pagava da solo. E poi forse quella era stata una bella avventura che tale doveva rimanere: lei forse un po’ di talento e di passione li aveva ma restava il fatto che Alessandro l’aveva aiutata perché non aveva la minima credenziale.
“E comunque io Roma Glam lo leggo e si parla anche di Sanremo, che mi risulta essere in Liguria…una scusa si può trovare sempre”
“Va beh mamma ma non ti starai mica paragonando al Festival…”
Le due continuarono il battibecco tra un indirizzo e l’altro, tra una busta da lettere e l’altra, sotto lo sguardo divertito di Monica e quello spazientito di Ruggero.
A fine pomeriggio, le due ragazze salutarono Matilde e Ruggero per tornare a Roma, e Matilde fece promettere a Monica di andare anche lei a Capalbio per la mostra visto che era stata così gentile da darle una mano.
Salite in auto, mentre aspettavano che il cancello si aprisse, Monica portò una mano alla fronte dopo aver rovistato in borsa “Dio mio Maya, che sbadata, ho lasciato il telefono … dove ho la testa?! Arrivo subito …”
Monica tornò con il fiatone, chiudendo attentamente la borsa prima di gettarla ai suoi piedi in auto.
“Preso tutto adesso?”
“Affermativo”
“La testa pure? No perché non faccio più marcia indietro, ho fretta di tornare a casa e andare a fare una corsetta prima che faccia buio”
“Tu che vai a correre … questa è una novità”
“Lo faccio sempre quando torno dal pellegrinaggio, vuoi per i manicaretti di Ruggero, vuoi per le chiacchiere di mia madre ma devo smaltire …”
Non lo ammetteva, ma quella tappa obbligata era diventata col tempo una piacevole sosta dalla quotidianità e dal caos cittadini. E poi era davvero felice per sua madre, per come le cose erano andate per il verso giusto per lei, che avesse avuto una seconda chance, e lo stesso valeva per Ruggero che era una bravissima persona a cui era facile volere bene. Fare la melodrammatica però era parte del divertimento ormai.
“Senti” esordì l’amica, arrancando, una volta arrivate a casa “una di queste sere Alex verrà a cena …”
“Monica, quante volte ti ho detto che non devi farti problemi?” la interruppe Maya “È un amico di Paolo, avete tutto il diritto di invitarlo da voi, non dovete pensare a me. Siamo adulti e vaccinati…”
“Sì lo so, ma avvertirti mi fa stare più tranquilla. Adesso che nemmeno più vi vedete al lavoro ritrovarselo per caso davanti al portone poteva essere un problema”
“Non lo sarà, stai tranquilla. Anzi, se dovessi incontrarlo potrebbe essere un test…”
“Un test?”
“Cose mie … lascia stare”
Era facile non pensarlo durante il giorno, cercando lavoro, aiutando sua madre, pulendo casa a fondo, ma vederlo – e non era sicuro che sarebbe successo – poteva aiutarla a schiarirsi le idee su quale fosse la situazione nel suo cuore. Ma chi prendi in giro? Lo sai benissimo qual è la situazione.
Salutata l’amica, salì con l’ascensore all’ultimo piano. Mentre infilava la chiave nella serratura, sentì la porta della vicina aprirsi e una voce squillante e familiare richiamò la sua attenzione.
“Mayaaa!!!”
“Giulia?! ... che ... che ci fai qui?” domandò, inginocchiandosi per abbracciarla. In quel momento in cui la teneva tra le braccia, che sentiva quel suo dolce profumo di infanzia che sapeva leggermente anche di Alex si era resa conto che le era mancato tantissimo avere a che fare con quella bimba. Non era mai stata una persona particolarmente materna, con i nipoti di Ruggero era più la zia ribelle che faceva casini ed era complice delle marachelle. Con Giulia era tutto diverso. Solo con Giulia. E che fosse figlia di Alessandro, ne era sicura, non c’entrava proprio nulla. Tra loro era scattata semplicemente, fin da subito, una chimica speciale. 
“Sono venuta a scegliere la torta per il mio compleanno”
“Ah sì?”
Maya per un attimo ebbe un flash dell’anno prima, quando Alex le aveva chiesto un parere per il regalo per sua figlia e lei era rimasta completamente spiazzata visto che non era pratica di bambini, né degli ultimi film Disney e perché di solito a quelle cose ci pensava una madre, non l’assistente personale. Col senno di poi… 
“Eh sì” Cesare, col suo sorriso affabile e schietto si avvicinò alle due uscendo dall’appartamento di fianco “un giorno con il padre abbiamo ricordato dei compleanni da piccolo e da allora non ha fatto altro che chiederci la stessa torta. E così eccoci qua dalla signora Rossi che si è gentilmente prestata. Ciao cocca!” come sempre, l’uomo completò il saluto strizzandole una guancia velocemente e facendole l'occhiolino.
“Cesare …”
“Come stai?”
Non stava male, e questo era importante, era stata ben peggio, ma bene era una parola grossa e lei non si sentiva bene. “…sto. Né più, né meno”
“E tu che ci fai qui Maya?” chiese la bimba, sbirciando nella porta che la giovane aveva a malapena aperto. 
“Io ci abito, Puffetta. Anzi … lo sai che qui una volta ci abitava anche il tuo papà quando era piccolo? E anche nonno Cesare”
“Davvero???”
“Eh sì … un sacco di anni fa ormai pupetta, quando nonno era ancora giovane e i capelli erano ancora rossi” disse l’uomo, con la sua caratteristica risata corposa e bonaria.
“E perché ora ci stai te?”
“Perché avevo bisogno di una casa e tuo papà mi ha detto che questa era vuota e ci potevo venire se mi fosse piaciuta”
“Te l’ha regalata?”
“Noooo” intervenne Cesare, chinandosi a prendere la sua nipotina in braccio per liberare Maya dal suo abbraccio “è come quando andiamo al mare d’estate. Noi paghiamo l’ombrellone e ci possiamo stare tutto il giorno, ma non è nostro. E così è per Maya: la casa è mia, ma lei mi dà una specie di paghetta ogni mese. Capito adesso?”
“Più o meno …”
“Cesare” una voce femminile richiamò l’attenzione dell’uomo dall’appartamento della Betti, facendo irrigidire l’uomo d’improvviso “con chi stai parla..ndo?”
All’uscio della porta si avvicinò una donna di media statura e che la sua età – sulla settantina, facendo due calcoli – se la portava divinamente, con la permanente mossa sui capelli corti, striati di un grigio studiato che si sposava perfettamente con quelli naturalmente bianchi che la vecchiaia le aveva dato, opera sicuramente di una figlia che sarà stata pure una stronza ma nel suo lavoro sapeva il fatto suo, e vestita con abitino a fiori rossi e bianchi che forse era un po’ demodé, ma che le stava bene e faceva risaltare la bellissima carnagione olivastra che Maya riconosceva essere la stessa di Alex. Era sua madre, la signora Bonelli. Non c’era ombra di dubbio: era praticamente la sua copia, ad esclusione degli occhi, eredità paterna.
Maria sapeva che andare dalla signora Rossi si sarebbe rivelata una pessima idea. Per un attimo, arrivando sotto casa e notando che le persiane del loro vecchio appartamento erano completamente chiuse aveva tirato un sospiro di sollievo e aveva totalmente dimenticato, per tutto il tempo che erano stati a casa della loro vecchia vicina, che all’uscita avrebbe rischiato di incontrare la loro inquilina. Aveva detto a suo marito di andare da solo con la bambina, ma la signora Rossi aveva tanto insistito per rivederla e così anche Giulia e lei alla sua nipotina non sapeva proprio dire di no. Ma avrebbe dovuto aspettarsi che sarebbe successo, solo che aveva abbassato la guardia e ora non sentiva la forza di reagire come aveva programmato a casa, davanti allo specchio, prima di uscire.
Maya, dal canto suo, avrebbe voluto sprofondare. Quando aveva conosciuto Cesare aveva pensato a come sarebbe stato l’incontro con la madre di Alex. Da quel po’ che lui si era lasciato sfuggire era molto più legato a lei che al padre e Maya sapeva che incontrarla sarebbe stata la prova del fuoco da superare: conoscerla in quel momento sembrava uno scherzo assurdo del destino. Lei ed Alex non avevano mai parlato troppo delle rispettive famiglie ma questo non le aveva impedito di crearsi un’immagine tutta sua di come fosse la famiglia Bonelli. E ora che aveva davanti a sé la signora Maria, le sembrava non essersi allontanata troppo dalla realtà. Chissà cosa sapeva o cosa semplicemente aveva intuito di lei e suo figlio, si domandava, e soprattutto chissà cosa pensava di lei? In fondo, ne era consapevole, ai suoi occhi doveva sembrare una ragazzina viziata come ce ne sono tante a Roma Nord che cercano il riccone di turno per fare le signore. Lei stessa, probabilmente, lo avrebbe pensato. E, in fondo, non era proprio quello il suo piano per il futuro, fino a qualche mese prima?
“Maria, ti presento la signorina Alberici, la nostra inquilina” disse Cesare, molto – troppo – più formale del solito, con quell’italiano forzatamente pulito e il forte accento romano di borgata che non riusciva proprio a nascondere con cui si era presentato alla sua porta qualche mese prima. All’epoca l’aveva messa in soggezione, ma adesso che lo conosceva meglio era solo adorabilmente goffo e impacciato. Maya tese la mano, impacciata, e la donna la strinse, cordiale ma restando sulle sue.
“Com’è che conosci già la signorina?” domandò, senza troppi formalismi, a differenza di suo marito.
“Ci ha presentati la signora Rossi, te ricordi quella volta che so’ venuto per il bagno? Beh il guasto era a casa nostra veramente…” improvvisò Cesare, come meglio poteva, leggermente più a suo agio ora che poteva vuotare il sacco. Non era proprio la verità, ma ci si avvicinava molto.
“Facciamo che ce credo” sussurrò la donna tra i denti, ma a Maya quella frase non passò inosservata. Ecco da chi ha preso il carattere Stronza 2, pensò Maya, non si mette affatto bene.
Ma in realtà Maria lo diceva perché conosceva il marito fin troppo bene: dietro i suoi silenzi indecifrabili, quel modo pacato di osservare gli eventi senza commentarli, si nascondeva un impiccione di prima categoria, che aveva bisogno di toccare con mano tutto ciò che riteneva riguardarlo – e di solito riteneva che molte cose lo riguardassero. Poi poteva anche starsene in silenzio a rimuginare, ma l’importante era sapere.
“Maya?”
“Sì, piccola?”
“Posso entrare?” le domandò Giulia con quegli occhioni a cui non si può negare alcunché.
“Ma sì cer-”
“Giulia dobbiamo andare a casa! E poi la signorina avrà di sicuro da fare” la frenò la nonna, mentre la bambina, senza nemmeno aspettare la risposta di Maya si era già portata nell’ingresso dell’appartamento, da brava piccola ribelle qual era.
“Non è una signorina, nonna!!! È Maya, una mia amica! Ha visto la mia cameretta ed è pure venuta a casa di papà … Maya posso vedere la tua cameretta?”
“Sì che puoi, ma devi chiedere il permesso a nonno e nonna. Forse loro hanno fretta”
“Viene mamma a prenderti tra un po’ Giulia, non possiamo fare tardi” spiegò Maria. Quelle poche parole e lo sguardo che brevemente le rivolse Cesare, fecero capire a Maya il problema. I rapporti tra i Bonelli e Claudia non erano idilliaci, Maya lo aveva intuito ben prima che Alex entrasse nella sua vita ben oltre l’orario di lavoro, se poi avesse saputo di questa escursione sarebbe stati peggio e loro non volevano problemi, era comprensibile.
“Cinque minuti!” si lagnò Giulia “Poi ci parlo io con mamma” Sembrava così matura che, certe volte, se non fosse stata uno scricciolo che faticava ancora a pronunciare bene tutte le parole, quasi ci si dimenticava dei suoi 5 anni.
“Va beh dai!” Cesare prese il controllo della situazione “Cinque minuti passano in fretta e mamma tua non è mai puntuale”
La piccola non se lo fece ripetere due volte, entrando in casa senza sapere precisamente dove andare.
“Wow c’è così tanta luce” esclamò, con il naso all’insù, quando Maya aprì le persiane “e il tetto è così alto”
"Non volevi vedere la mia camera?” chiese allora la giovane. La piccola annuì. “Vieni con me” tese la mano alla bambina che la strinse subito, diligente ed insieme andarono nella stanza da letto.
“Beh, che te ne pare? Te la tratta come na bomboniera sta casa, vè?!” commentò Cesare verso sua moglie con una punta d’orgoglio. Suo figlio aveva fatto un casino ma lui continuava a fare il tifo per loro e non si faceva problemi a nasconderlo.
“Ma che stai a dì, ah Cè? E che stamo a fa noi qui? Questa e Alessandro si sono lasciati? Perché ti intrometti …e poi incoraggiare così la bambina, non va bene per niente”
“Non la chiamare questa, me pari Anna, la fai sembra na donnaccia”
“E non lo è?”
“È una ragazza d’oro. E prima che te metti a difenderlo sta a sentire a Cesare tuo … tu fijo a sto giro ha fatto na cazzata de dimensioni bibliche. E lo sa. La bambina è affezionata a una persona che le vuole veramente bene. Quanno je ricapita de rivederla, famoje sto regalo …”
Maria abbozzò, un po’ perché tanto era evidente che né suo marito, né tantomeno sua nipote avrebbero schiodato da lì e lei di fare la figura della cafona sostenuta non ne aveva intenzione, un po’ perché, era scattata la scintilla della curiosità anche in lei a quel punto. Alessandro non ne aveva parlato molto, dopo che la sorella lo aveva esposto pubblicamente, ma non era per vergogna, era come se volesse proteggere e tenere per sé qualcosa di bello, prezioso e fragile e il fatto che persino Cesare, il perennemente polemico Cesare, non facesse altro che spendere belle parole per lei, al punto da mettersi contro Anna che era sempre stata la luce dei suoi occhi, doveva pur significare qualcosa. E non poteva credere a quello che le diceva sua figlia, che quella ragazza era stata capace di ammaliare suo figlio e pure suo marito. Alessandro era intelligente e quadrato; quanto a suo marito, era diffidente e soprattutto troppo verace per poter cadere nelle lusinghe di una maga Circe qualunque. Se le ricordava ancora le occhiatacce e i commenti dopo la prima visita di Claudia a casa loro, quando sembrava un agnellino gentile e mansueto e, alla prima opportunità le sussurrò in un orecchio “questa me puzza”. E non si sbagliava: tempo di celebrare le nozze e i suoceri erano poco in da frequentare e loro erano sempre troppo impegnati per andare a trovarli. Lei alla fine trovava sempre il modo di giustificarli, anche davanti al marito: erano giovani, belli, stavano bene economicamente, Alessandro stava costruendo una carriera, di certo non potevano perdere tempo dietro a loro in un quartiere desolato e dalla cattiva reputazione tra la gente che conta. Era la donna che suo figlio aveva scelto per passare la vita insieme e doveva rispettare la sua scelta: non doveva piacere a loro.
E Maria dietro alle scelte di suo figlio aveva faticato a starci negli ultimi tempi: il divorzio all’improvviso, una nuova donna dopo pochi mesi e poi neanche un paio di mesi e di nuovo una rottura; continuava a volergli e bene e a rispettarlo, ma nessuno doveva pretendere da lei trovasse tutto normale, era una donna di altri tempi lei.
Senza nemmeno rendersene conto, si era ritrovata davanti alla cucina, davanti alla credenza di sua nonna; lì di fianco, su un frigo all’americana anni ’50 faceva bella mostra la vita della ragazza: qualche post it, un magnete con una citazione dal Piccolo Principe, una polaroid e una cartolina con un castello sul mare al tramonto. Maria sorrise: pensava che le cartoline nemmeno fossero più in vendita, cimelio del suo mondo, non di quello dei ragazzi di oggi. Ma fu un’altra cosa ad attirare la sua attenzione: un disegno infantile, tenuto su da una calamita a forma di cuore, con una bambina dai capelli biondi e due adulti: Alessandro, Giulia e Maya.
Era una vecchia romanticona, aveva visto troppe telenovele e si commuoveva troppo facilmente, suo marito glielo diceva sempre.
“E lì sopra che c’è?” sentì la vocina della sua nipotina alle sue spalle.
“C’è il terrazzo … papà tuo ci giocava sempre a pallone là sopra” disse Cesare. E il viale dei ricordi si aprì di fronte a Maria: quel monello mingherlino, un caschetto castano che cresceva sempre troppo in fretta, le ginocchia sempre sbucciate, che gli sporcava sempre le lenzuola che metteva ad asciugare o rischiava di ammazzare qualcuno ogni volta che il pallone cadeva di sotto. Quella volta che l’inquilino del secondo piano glielo aveva bucato aveva provato una lieve soddisfazione, doveva ammetterlo: aveva sorriso chiusa in bagno, si era ricomposta, ed era scesa a dirgliene quattro a quel buzzurro del vicino perché come si permetteva, era solo un regazzino.
A Cesare gli occhi lucidi di sua moglie non passarono inosservati. “Che c’è ?” domandò, affettuoso, abbracciandola, appena Maya e Giulia salirono in terrazza. La chiamava così quando si erano conosciuti, che entrambi erano poco più che bambini, ma non erano più ragazzini e quel vezzeggiativo era rimasto per i momenti di tenerezza come quello.
“Niente Cè … ma c’avevi ragione te … la tiene proprio come na bomboniera sta casetta…”
“Che t’avevo detto? Devi stare a sentire Cesarone tuo…” e Cesare le stampò un bacio sulle labbra, ma sua moglie, pur ridendo, lo scacciò imbarazzata e timorosa che la ragazza e sua nipote tornassero da un momento all’altro. Cesare rise di gusto, sornione, consapevole che tutto quel parlare di case in realtà nascondeva ben altro.
“Finito!” decretò Giulia, soddisfatta, mentre scendeva per le scale mano nella mano con Maya che stava attenta a che non cadesse. Erano così belle da vedere insieme che a Cesare non sembrò affatto inopportuno pensare che avrebbe preferito che Maya fosse la mamma di Giulia. Sarebbe stato tutto più semplice, pure in quel momento in cui lei e suo figlio non stavano insieme. E anche Maria iniziava a vedere quella sconosciuta con occhi diversi, di fronte alle attenzioni che dava a quella bambina senza sforzarsi, senza affannarsi a dimostrare qualcosa che non esisteva.
“È proprio ora di andare adesso … grazie per la pazienza signorina” disse a Maya, gentile.
“Ma si figuri, per così poco … mi scuso io per questo fuori programma”
“Pendiamo tutti dalle labbra di Giulia in questa stanza, mi pare di capire … in famiglia noi ce ne siamo fatti una ragione” Maya si lasciò andare ad un sorriso rilassato, di fronte a quella donna che non era più così rigida come l’aveva vista poco prima. “Andiamo pupetta?!”
“Aspetta no’!” esclamò la piccola, puntando il dito oltre le spalle della nonna, verso il frigo “Quello è il mio disegno!”
“Eh sì” Maya arrossì. Era un regalo della bimba, non c’era nulla di male, ma restava per lei qualcosa di tremendamente intimo e personale, qualcosa a cui era legata profondamente.
“Lo hai tenuto?”
Maya si chinò davanti a lei e la bimba le cinse le spalle con un braccio. “Perché non avrei dovuto, era un regalo, no?”
La bimba sorrise, soddisfatta. Poi, con fare discreto, portò una mano all’orecchio di Maya e sussurrò “Io lo so che hai litigato con papà e non gli vuoi bene più però a me mi vuoi sempre bene, vero?”
“Certo piccola … e comunque non è vero che non voglio più bene al tuo papà” Lo aveva detto davvero. Davanti a Cesare e Maria. Davanti ai genitori di Alex e sua figlia. Mai come in quel momento, sentì il giudizio divino su di lei. Che poi si trattava di Cesare e Maria Bonelli, ma era più o meno la stessa cosa. Terra apriti e inghiottimi ora, ti prego, grazie. No, ok Maya, rimani razionale. Lo hai solo detto ad una bambina di 5 anni per non farla dispiacere. Che poi non significava nulla. Perché a volte non si va più d’accordo, e si decide di non stare più insieme, ma il bene resta intatto, per quello che c’è stato e perché, in fondo, per lei lui era stato importante: le aveva fatto scoprire la parte migliore di sé.
“E allora se gli vuoi ancora bene ci puoi venire alla mia festa di compleanno a casa di papà la prossima settimana?”
“Giulia!” la riprese Maria.
“Perché no? È la mia festa e posso invitare chi voglio. Mamma non c’è!”
Maya incrociò lo sguardo dei due ospiti ed entrambi erano stati presi alla sprovvista dalla bambina quanto lei e si aspettavano che lei reagisse nell’unico modo possibile. “Mi dispiace Giulia, ma la settimana prossima non posso proprio, vado con la mia mamma fuori Roma per qualche giorno” Certo quell’evento di sua madre si stava rivelando provvidenziale, ma non era una balla. Vedendo che la bambina c’era rimasta male, le accarezzò il visino tirandole su il mento con un dito “Grazie lo stesso Puffetta, sei una brava bambina. La mia bimba preferita … la mia amica”
“Come lei?” domandò, indicando la foto sul frigo; Maya scosse la testa “Lei è mia sorella” spiegò.
“È bella!” commentò Giulia “sembra una principessa delle favole”
“Le farà di sicuro piacere saperlo. E comunque” continuò Maya “se proprio vuoi saperlo, tu sei la mia amica del cuore, è diverso”
Giulia si buttò al suo collo “Ti voglio bene Maya”
“Anch’io Puffetta. Tanto”
A malincuore, Maria e Cesare riuscirono a fatica a staccare la bimba da quell’abbraccio e portarla fuori dall’appartamento e giù per le scale, e Giulia ancora si sbracciava per salutarla, fino a che, cambiando rampa, non poté più vederla.



 

Alloraaa...oggi un capitolo un po' diverso,dove abbiamo sbirciato anche nella vita di Matilde, la mamma di Maya. Per me è importante conoscerla per capire anche qualcosa di più di Maya. E poi c'è l'incontro che non ti aspetti...più che un incontro direi un agguato. Direi che è andata piuttosto bene,  non vi pare? E poi anche qui mi sono presa una pausa per conoscere Maria, la mamma di Alessandro. Lei è un personaggio che io stessa, nel crearlo, ho avuto molta difficoltà: è un personaggio molto enigmatico e complesso. Spero sia arrivato a voi come merita.
Piccolo sondaggio: se riesco, da qui a Natale vorrei pubblicare un paio di volte a settimana, perché vorrei provare a lasciarci lo spazio per qualcosa...una sorpresa che non voglio anticiparvi ancora, tutto dipende da quanto tempo avrò a disposizione per scriverla. Fatemi sapere se siete d'accordo o se magari un capitolo a settimana è più che sufficiente. Vi aspetto nei commenti, fatemi sapere - ovviamente fatemi sapere anche se la storia vi sta piacendo!!!
Alla prossima,
Fred ^_^
 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: crazyfred