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Autore: GReina    20/11/2022    2 recensioni
[bokuaka - hurt/comfort]
Akaashi è alle prese con un esame universitario e la pressione lo fa crollare. Bokuto però è lì.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lacrime e danza

Akaashi stava studiando da tutto il giorno – come ogni giorno – quando Bokuto entrò nella stanza. Il corvino non era del tutto certo di volere il proprio ragazzo lì in quel momento, ma d’altronde aveva pensato lo stesso tre giorni prima, quando la troppa tensione era infine sfociata nel più grosso crollo nervoso che Keiji avesse mai avuto. In quell’occasione era stato sicuro di voler stare da solo; odiava farsi vedere in quello stato. Si vergognava, piangere era così inutile ed esagerato! Si trattava solo di un esame – l’ultimo! – il tempo era stretto, troppo, e credeva di non farcela, quindi aveva iniziato a piangere.
Odiava fare così. Che bisogno c’era? Era controproducente, non poteva studiare con le lacrime agli occhi e il respiro mozzato dai singhiozzi e di tempo da sprecare non ne aveva. Eppure, una volta iniziato non poté più fermarsi. Aveva trattenuto quel groppo in gola troppo a lungo e alla fine aveva ceduto. Doveva sfogarsi, lo capiva, ma fino a un certo punto. La sua testa era invasa da calcoli: infinite pagine da fare ogni giorno, distribuite in ore, minuti, secondi; i momenti per mangiare, andare in bagno e men che meno rilassarsi neanche ponderati, ma tutti quei calcoli portavano alla medesima conclusione: “non c’è abbastanza tempo”. E quindi i singhiozzi aumentavano, il respiro si fermava.
“Ora basta.” ripeteva a se stesso; “Devo studiare.” e piangeva, rimaneva bloccato, intrappolato in un vortice senza via d’uscita: “Non ho tempo, non ha senso piangere, esistono cose peggiori, non posso farmi vedere così, devo smetterla, devo smetterla.”
E poi era arrivato lui.
Akaashi non lo voleva. Sapeva di non volerlo. Al suono della porta che si apriva si era coperto con il piumone, un vano tentativo di sfuggire al suo sguardo, ma come avrebbe potuto quando i suoi singhiozzi riempivano tutto il silenzio?
Bokuto non disse nulla. Solo un lieve: “Hey…” e poi si era seduto accanto a lui, una mano che lo accarezzava al di là della coperta. Gli aveva avvicinato dei fazzoletti e poi lasciato che continuasse a piangere, infine Akaashi aveva parlato.
Gli aveva detto tutto. Delle pagine in più che aveva scoperto di dover studiare per forza a soli dieci giorni dell’esame, di come gli avessero detto quanto esigente fosse la professoressa, di come continuasse a fare calcoli nella sua testa solo per capire che non ce l’avrebbe mai fatta ed infine di quanto si odiasse per non aver iniziato a studiare prima. Non voleva una risposta da Koutaro, sapeva che non avrebbe potuto dirgli niente per farlo stare meglio: la realtà dei fatti era una e non c’era niente che lui potesse fare. Ma poi il pallavolista aveva risposto.
A distanza di cinque giorni, Akaashi non ricordava con esattezza tutto il suo discorso, ma aveva bene in mente alcune frasi: “Pensa a tutto quello che hai fatto finora”; “Pensa a tutte le materie che sei stato in grado di superare prima di questa”; “Dimenticati di colpevolizzarti”. Poi gli aveva chiesto se preferisse rimanere solo o che restasse e la risposta era stata chiara. Non avevano più parlato finché Akaashi – stremato – non si era addormentato, ma Bokuto era lì.
 
Il pomeriggio era andato meglio: si era rimboccato le maniche e si era messo sotto con lo studio. L’ansia da esame non gli era nuova, lo era invece che gli rimanesse bloccata sul petto ogni secondo, ma era andato avanti. Gli occhi che si inumidivano, le gambe che ballavano impazzite in un tic incontrollabile, il fiato che di colpo si mozzava, ma era andato avanti.
Cinque giorni andati; ne mancavano altrettanti. Ansia, fiato mozzato, stanchezza, stomaco chiuso. Akaashi era andato avanti; continuava ad andare avanti.
E poi Bokuto era entrato nuovamente nel suo studio. Non era certo di volerlo lì: doveva studiare, non aveva tempo, eppure era così bello sentire la sua semplice presenza. Gli accarezzò il volto ed Akaashi si sciolse nel suo tocco. Poi Bokuto gli afferrò la mano e lo tirò verso di sé in modo che si alzasse.
«Kou…»
«Solo per un momento.» il corvino aveva sospirato, ma seguì la presa di Bokuto fino a che non fu tra le sue braccia. Il pallavolista li guidò in un ballo lento, stringendo la vita di Keiji con una mano e tenendo una delle sue con l’altra. Akaashi buttò fuori un ampio respiro senza accorgersi di averlo trattenuto così a lungo. Non c’era musica, e presto la camera fu invasa dai suoi singhiozzi, eppure entrambi sentivano la melodia, entrambi stavano bene.
Ballarono per qualche minuto, poi Akaashi sorrise, baciò Koutaro e si asciugò gli occhi. Era pronto per tornare a studiare. Il pallavolista gli baciò la fronte ed andò via come era arrivato.
Akaashi riprese la sua battaglia, ma con il peso sul petto più leggero.
  

Vabbè, okay, questa piccola OS potrebbe o non potrebbe essere autobiografica. Per tutto tranne che per la fine, ovvio… perché io non ho un Bokuto nella mia vita, mannaggia ai casi umani che incontro! Nessuno mi ha fatto ballare, ma un’amica è accorsa il fatidico giorno del crollo a dirmi frasi come quelle in un discorso fantastico che non ricordo del tutto ma che continuo ad amare <3
Alla fine ho superato l’esame, quindi anche Akaashi l’ha fatto ahahah
Grazie per essere arrivati fino a qui!
Un bacione <3
   
 
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