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Autore: Verfall    23/11/2022    2 recensioni
«Io e te, solo per questa notte, saremo fidanzati. È solo questo che vuoi, giusto?»
E lui, che cosa voleva?
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23 marzo 1990: Per Ryo inizia una giornata come tante altre, ma non sa che una certa stilista ha deciso di scombinare la sua routine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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III – The Great Pretender

Una volta usciti dal Sunrise Hill, Ryo rimase indietro di qualche passo, approfittandone anche per squadrare il bel fisico della giovane donna; ancora non riusciva a credere a quello che era appena successo, gli sembrava tutto così irreale. Sicuramente in quel momento Kaori stava elaborando una storia da rifilargli: sapeva quanto fosse onesta di natura e non riuscisse a fingere, perciò un po’ gli dispiacque di averla messa in difficoltà. Aveva deciso di non riconoscerla perché gli era sembrata la soluzione migliore e, visto che lei non aveva replicato, forse iniziava a essere del suo stesso avviso.
Piegò le labbra in un timido sorriso quando la vide attraversare la strada temeraria, in barba a qualsiasi semaforo o striscia pedonale.
“Sì, decisamente c’è un gran fermento sotto quella parrucca” si disse. Decise di accorciare le distanze e si mise accanto a lei.
Kaori, notatolo, iniziò a lanciargli numerose occhiate di sottecchi e Ryo trattenne a stento un sorrisino di scherno; era così strano starle accanto senza dire niente per prenderla in giro! Entrarono nel Chou Park ormai semi deserto e, dopo qualche passo, Kaori si fermò accanto a un lampione e gli si mise di fronte.
Ryo ebbe un sussulto: ora che poteva vederla alla nuda luce, la trovò bella come non mai nonostante il trucco e il parrucco.
La giovane si portò le mani sul grembo e iniziò a stringerle con un lieve nervosismo.
 
«Sì, hai ragione» gli disse lanciandogli uno sguardo fugace «Oggi sono scappata da casa, è la prima volta che vengo da queste parti»
 
Ryo si rilassò; alla fine lei aveva deciso di stare al suo gioco perciò decise di recitare al meglio delle sue capacità.
 
«Eh?» esclamò genuinamente sorpreso «Tu… Sei davvero una signorina di buona famiglia fuggita di casa?»
 
«Sì…» rispose annuendo col capo «Almeno per un giorno volevo provare a spassarmela in tutta libertà e non ho detto niente ai miei…» proseguì abbassando la testa e torturandosi le mani «La mia è una ex famiglia nobile e ho ricevuto un’educazione molto rigida… Fino a oggi non ho mai potuto fare ciò che volevo. Esco dalla nostra villa giusto per andare a scuola, e anche in quel caso vengo sempre accompagnata in macchina… Praticamente non sono mai uscita di casa»
 
Kaori sospirò prima di continuare la sua spiegazione «Per questo volevo provare almeno una volta ad andare nel mondo che c’è fuori di casa senza nessuno che mi tenesse legata. Se la mia famiglia mi trovasse, mi riporterebbe subito indietro. Tu saresti in grado di proteggermi perché questo non avvenga?» il tono con cui formulò la sua richiesta sorprese Ryo «È soltanto per oggi… Io… Desidero soltanto avere il ricordo di anche un solo giorno di libertà…»
 
Quell’ultima frase colpì l’uomo più di tutto il discorso. Aveva ascoltato quasi distrattamente la storia che aveva tirato fuori Kaori, una palese rielaborazione di quelle che le diverse principesse che avevano avuto come clienti avevano raccontato loro. Però, per quanto fosse tutto inventato, gli era sembrato di leggere tra le righe un suo autentico bisogno di evasione; in fin dei conti anche la vita che conduceva con lui non era proprio libera, con i pericoli che correvano quotidianamente sapeva che lei non godeva della stessa libertà delle sue coetanee.
 «Anche un solo giorno di libertà...». E forse non lo aveva desiderato lui stesso per prima? Una serata diversa, una sola… Poteva farle quel regalo, no? E poi, non sarebbe stato anche un regalo per lui? Certo che lo voleva, mai come negli ultimi tempi i suoi sentimenti per lei si erano fatti così dolorosi. Si convinse che il ricordo di quella notte sarebbe stato sufficiente per tenerli a bada.
 
La guardò deciso, un lampo di tenerezza negli occhi «Uh… Hai incontrato la persona giusta… Se è di questo che si tratta, sarò lieto di aiutarti»
 
Non si era aspettato, però, la reazione di Kaori che entusiasta gli si gettò tra le braccia «Davvero?! Come sono felice!»
 
Non riuscì a contenere un’espressione trasognata: non sembrava neanche più lei, quando mai gli aveva riservato degli slanci del genere? E dovette ammettere che non era affatto spiacevole.
D’altra parte, era ben consapevole che quei gesti sarebbero stati impossibili se non avessero iniziato quella commedia.
 
“Temo di essere troppo egoista Kaori” pensò mentre osservava la ragazza trotterellargli davanti e si sentì travolgere dal suo entusiasmo.
 
§
 
Uscirono dal parco e iniziarono a camminare lungo la Koen Dori. Nessuno aveva deciso alcuna direzione e lui si era limitato a seguirla, non riuscendo a smettere di osservala; se avesse avuto uno specchio, Ryo si sarebbe accorto con terrore che in quel momento i suoi occhi tradivano i suoi pensieri.  Mise le mani in tasca e si schiarì la gola; non voleva rompere il silenzio, con lei era così piacevole, ma se dovevano fingere di essere sconosciuti andava intavolata una minima conversazione.
 
«Ah, lì sembrerebbe esserci più movimento» lo anticipò Kaori, rallentando il passo e affiancandosi a lui «Che dici andiamo…» la vide fermarsi in tempo, prima di chiamarlo per nome e tradirsi.
 
Ryo abbozzò un sorriso e, dopo aver accettato la sua richiesta con un cenno del capo, decise di facilitarle il compito facendo le dovute presentazioni.
 
«Scusami, non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Ryo Saeba…» ma non riuscì a trattenersi dall’aggiungere «E ho vent’anni!»
 
Come previsto, Kaori sbottò esasperata per quella sua uscita e ridacchiò dentro di sé; era inutile, si divertiva troppo a stuzzicarla.
 
«Come?!» le fece innocentemente mentre imboccavano la Chou-dori Ave.
 
La vide trasalire «Ah… No, niente! Parlavo fra me e me!» replicò Kaori, agitando la mano come a scacciare quel pensiero «Quindi tu saresti Ry… Saeba, eh?»
 
“Inutile, non ci sa proprio fare. Si lascia scoprire così facilmente”
 
Non era certo un rapporto fintamente formale quello che desiderava per loro quella sera perciò, in uno slancio dettato dalla situazione o, forse, perché al riparo della sua finzione, si voltò verso di lei.
 
«Chiamami pure Ryo. Va benissimo per nome… Come se fossimo fidanzati!»
 
La vide subito distendersi e accettare di buon grado la sua scelta. Eppure, Ryo si sorprese della sua stessa audacia. Loro come coppia… Un’idea su cui non poteva permettersi nemmeno il lusso di indugiare, ma per quella sera aveva deciso di concedersi tutto, sapendo di far felice la sua socia. Era consapevole dei suoi sentimenti, e il dispiacere che provava nel vederla incassare i colpi della sua indifferenza era paragonabile al dolore che si autoinfliggeva tenendola lontana da lui. Con Shiori Kaori aveva voluto giocare alla famigliola felice, e già in quel frangente lui aveva capito quanto la vita che le offriva fosse lontana da quel desiderio di normalità che, forse, poco alla volta la ragazza iniziava ad anelare. Non avrebbe mai potuto avere nient’altro dalla vita, lo sapeva bene, perciò che gli venisse concessa almeno una sera in cui immaginarsi come un fidanzato attento nei confronti della sua donna. Questo almeno poteva permetterselo.
 
«E qual è invece il tuo nome?» le chiese, più che altro per interrompere il flusso di pensieri.
 
Per lui era stato facile, visto che impersonava semplicemente se stesso, ma per Kaori era più complicato; si stava fingendo un’altra e intuì il disagio che stava provando in quel momento.
 
“Scommetto che stai pensando a un modo per evitare la domanda… Sei troppo onesta per farti chiamare con un altro nome, vero?”
 
Non lo meravigliò vederla farfugliare cose senza senso ma non volle aiutarla, era troppo curioso di scoprire come se la sarebbe cavata.
All’improvviso la vide nascondersi dietro di lui spaventata, affermando che l’omone che camminava verso di loro era stato mandato dalla sua fantomatica famiglia per riprenderla.
“Discorso sviato, e brava Kaori” si disse, e non gli rimase che assecondarla. In pochi attimi si parò dinanzi l’ignaro passante, affermando minaccioso che non gli avrebbe consegnato la ragazza.
Lo aveva già preso per il bavero della giacca, pronto a tirargli un pugno, quando sentì Kaori cinguettare candidamente di essersi sbagliata.
 
“Quella stupida…”
 
Non poteva certo picchiare un uomo senza motivo, non era il caso di scatenare una rissa per strada, perciò accettò passivamente il poderoso gancio che gli assestò l’uomo, seguito da una formidabile presa di arti marziali che lo mise a tappeto. Soddisfatto, lo sconosciuto riprese la sua strada come se nulla fosse successo.
 
«Scusami! È che non ci vedo bene…» gli disse Kaori con un tono che conosceva fin troppo bene: era tutto tranne che dispiaciuto.
 
«Ahah… A quest’ora dubito proprio che ci sia qualche oculista aperto, eh!» le rispose ancora ammaccato.
 
Si rimise in piedi spazzolandosi i pantaloni con le mani «Forse è meglio andare da qualche parte, se restiamo per strada c’è il rischio che tu possa confonderti di nuovo» disse guardandola con la coda dell’occhio.
 
La vide nascondere malamente un sorriso mentre stringeva a sé il soprabito che si era tolto per picchiare il passante.
 
“Non è tesa, ma non è neanche completamente a suo agio… Ci vorrebbe qualcosa che l’aiutasse a lasciarsi andare…Ah, ci sono!”
 
«Allora principessa, che ne dici se ci divertiamo un po’?» le chiese sornione mentre Kaori gli allungava il soprabito.
 
«Divertirci? E come?» replicò ingenuamente.
 
“Ah, certe battute me le servi su un vassoio d’argento” pensò, trattenendosi dal fare qualche battuta sconcia.
 
«Più avanti ci sono diverse sale giochi, potremmo fare qualche partita, che ne dici?»
 
Gli occhi le si illuminarono all’istante come risposta immediata «Oh sì Ryo mi piacerebbe molto! Ho sempre voluto vedere quei posti!» esclamò felice, regalandogli un ampio sorriso.
 
«Allora andiamo, non prendiamo altro freddo qui» e così dicendo iniziò a camminare.
 
“Beh, una sala giochi non è proprio il posto per un appuntamento romantico, ma è sempre un inizio”
 
Dopo pochi passi, però, non sentendosi seguito, si fermò e voltandosi la vide indietro, ancora ferma a torturarsi le mani, gli occhi concentrati a fissare un punto indistinto. Non si rendeva conto di attirare più di uno sguardo e Ryo provò nuovamente quella fitta allo stomaco che aveva sperimentato poco prima nel locale. Con poche falcate la raggiunse.
 
«Qualcosa non va?» le chiese gentilmente.
 
Kaori scosse la testa e, dopo avergli lanciato un’occhiata fugace, tornò a guardare per terra «Per la domanda che mi hai fatto prima…» disse leggermente abbattuta «Non voglio essere maleducata, ma…Ti prego… Non chiedere il mio nome Ryo» e trovando i suoi occhi, concluse «Stanotte voglio scordarmi anche del mio nome e godermi la mia libertà…»
 
Ryo non aveva mai sentito così forte l’impulso di abbracciarla come in quel momento. La vedeva così dolce, quegli occhi erano così luminosi eppure velati da un’ombra di malinconia… Kaori quella sera era ben lontana dalla pazza scatenata che lo rimetteva a posto a suon di martellate. Stava scoprendo un lato di lei che non poteva mostrare nella loro vita quotidiana e si scoprì desideroso di sfruttare quell’occasione per vederne di più.
 
«Va bene» le disse facendole un caldo sorriso «Io e te, solo per questa notte, saremo fidanzati. È solo questo che vuoi, giusto?»
 
Kaori annuì e subito le sue guance si colorarono di un rossore diffuso; fu ben felice di essere l’autore di quell’imbarazzo che, per una volta, non era dovuto a una sua battutina. Senza pensarci troppo le offrì il braccio invitandola ad andare facendo un occhiolino. Fu così che, qualche istante dopo, Ryo si ritrovò a passeggiare per quelle strade conosciute con Kaori sottobraccio e, man mano che si concentrava sul suo calore e la sua vicinanza, tutto ciò che lo circondava sfumò in secondo piano.
 
«Io e te, solo per questa notte, saremo fidanzati. È solo questo che vuoi, giusto?»
 
E lui, che cosa voleva? Troppi desideri e troppe paure si agitavano dentro di lui, ma se proprio avesse potuto esprimere un desiderio, avrebbe voluto fermare il tempo e restare così, semplicemente allacciato a lei.
 
§
 
Ryo senza rendersene conto si ritrovò sulla Chou-dori all’altezza dell’incrocio con la Nibangai Street, le gambe si erano mosse autonomamente, portandolo davanti l’ingresso angolare del Game Center. All’interno attirarono non pochi sguardi curiosi per via del loro abbigliamento così fuori luogo per quel posto, ma Ryo non se ne curò affatto e scoprì che con Kaori avrebbe potuto giocare ai videogiochi per tutta la sera. In realtà avrebbe potuto fare qualsiasi con lei, non avrebbe mai immaginato di potersi sentire così felice, così leggero. Dopo aver sfoggiato la sua eccezionale mira – e aver incassato la delusione del totale disinteresse della giovane, che non ne voleva sapere di fingersi sorpresa – decise che era ora di salutare i cabinati.
 
«Che ne dici se mangiamo qualcosa?» le chiese mentre si avviavano verso l’uscita.
 
«Dico che mi sembra un’ottima idea!» rispose allegra Kaori, precedendolo fuori la sala giochi.
 
«E cosa desidera una signorina a modo come lei?» domandò Ryo con fare eccessivamente formale «Un ristorante francese o italiano? Oppure cucina tradizionale? Dovrebbe esserci un ristorante stellato nell’hotel…»
 
«No, No» lo interruppe lei, scuotendo le mani e la testa in diniego «Non mi sentirei a mio agio in luoghi come quelli, non saprei come comportar-»
 
«Ma come? A una ragazza di buona famiglia come te non hanno insegnato il galateo?»
 
Kaori avvampò all’istante mentre Ryo sorrideva tra sé, divertendosi a punzecchiarla. Ormai gli era chiaro come il sole che le bugie avevano davvero vita breve con lei.
 
«Ecco… Intendevo che non mi fanno sentire a mio agio… Mi piacciono le cose semplici, meno formali ecco» e così dicendo si guardò intorno prima di continuare «Va bene un gelato?»
 
«Eh? Solo un gelato?» disse mentre iniziavano a camminare.
 
«Sì, è da tanto tempo che non ne mangio uno! Forse è un desiderio fuori stagione, se vuoi altr-»
 
«No, va benissimo. E gelato sia allora» rispose facendole un occhiolino.
 
Kaori gli rivolse un sorriso radioso per poi mettersi al suo fianco. Camminarono per un po’ in silenzio e Ryo si ritrovò a riflettere su come fossero proprio le piccole cose a dare più gioia alla sua partner. Solo lei poteva accontentarsi di così poco e mostrarsi così entusiasta. E per lui andava più che bene, a dispetto delle sue abitudini si sentiva lo stomaco stretto in una morsa agrodolce e, in un certo senso, fu lieto della sua scelta.
 
“Forse anche lei si sente come me, incapace di mangiare altro”
 
Le lanciò uno sguardo fugace e gli sembrò serena, di un tipo di serenità che le aveva visto raramente. Forse quella accanto a lui era la vera Kaori. Forse era davvero la sua brutta influenza a renderla più violenta; la sua indole era dolce, calda, e in quel momento sembrava irradiarlo come un sole fulgido. Con tutto il cuore avrebbe voluto vederla così ogni giorno, ma era ben consapevole che ciò non era possibile. Lui non poteva… Non doveva permettersi di illudersi troppo. Doveva accontentarsi delle briciole, come stava facendo quella sera.
 
“Ma così non condanni anche lei a quelle briciole?”
 
Quel pensiero crudele si affacciò un attimo nella sua mente, stringendogli il cuore. Sì, era davvero egoista.
 
§
 
Qualche metro più avanti trovarono una gelateria piuttosto affollata e di comune accordo decisero di fermarsi lì.
 
«Cavolo, ci sono così tanti gusti che non so cosa scegliere… Tu quali prendi Ryo?» gli domandò Kaori mentre osservava il cartellone all’esterno.
 
«Nel dubbio direi tutti»
 
«Ma sarebbe impossibile! Sei proprio un ingordo» rispose ridendo la ragazza.
 
“Come se non mi conoscessi” pensò divertito e precedendola ordinò e pagò i due gelati; il suo, naturalmente era un enorme cono a tre gusti, e proprio mentre stava per azzannarlo, inciampò sui suoi stessi passi. I suoi riflessi prodigiosi, però, non furono sufficienti a salvare la sfera di gelato traballante che finì un po’ sulla sua mano sinistra e un po’ per terra.
Era solito fare siparietti comici, ma questo era davvero un caso di imbranataggine e se ne sorprese.
 
«Ti sei sporcato?» gli domandò Kaori che per tutto il tempo non aveva fatto altro che sghignazzare.
 
«No, solo la mano. Peccato, in cima c’erano le scaglie di cioccolato…» rispose con un pizzico di rimpianto «Colpa di questi marciapiedi così malmessi» bofonchiò infine.
 
Vide la sua partner lanciare un’occhiata al pavé perfettamente liscio su cui si trovavano e scuotere, poi, lievemente la testa. Si aspettò che sottolineasse la sua bugia, ma lei non fece niente di tutto questo; diede un assaggio al suo gelato e poi alzò gli occhi ridenti verso di lui.
 
«Per tirarti su dopo ti offro un caffè»
 
Lo aveva detto senza nessuna esitazione e Ryo si limitò ad annuire con il capo prima di dedicarsi ai due gusti rimanenti del suo gelato. Effettivamente la sua bevanda preferita era il caffè; per lui, cresciuto nel Centroamerica, era insostituibile come per i giapponesi lo era il tè, e niente lo rimetta in pace col mondo come una tazza di buon caffè nero fumante. Ebbe solo l’ennesima conferma che Kaori lo conosceva fin troppo bene.
 
§
 
L’appuntamento proseguì leggero come una carezza per l’animo dello sweeper; con nessun’altra donna aveva trovato così interessante parlare di piccolezze, come commentare gli strani abbigliamenti che sfilavano davanti ai loro occhi mentre erano seduti al tavolino della caffetteria. Non sarebbe stato in grado di ripetere di cosa precisamente avessero parlato, ma non avrebbe mai potuto dire di starsi annoiando; quella serata, nata per volontà di una ex cliente –e amica– un po’ troppo impicciona, si stava rivelando una boccata d’aria fresca per Ryo. Era uscito innumerevoli volte con altrettante donne, ma le sue serate si erano svolte seguendo un copione rigoroso, scritto e perfezionato negli anni. Con Kaori non lo seguì affatto. L’aver finto di non riconoscerla si era rivelata la libertà più grande che si fosse potuto prendere; lui, che quotidianamente doveva fare attenzione a non tradirsi, a non lasciare trasparire i suoi sentimenti e i suoi tormenti, era finalmente libero. Per quelle poche ore si stava concedendo il lusso di non indossare alcuna maschera e di trattarla come meritava e, come ben sapeva, lei desiderava da tempo. Dopo che ebbero ripreso a passeggiare sottobraccio, si meravigliò di come non avesse fatto altro che guardarla negli occhi; ormai era consapevole della splendida donna che era diventata ma i suoi occhi erano calamitati dal suo viso. Non si era mai permesso di osservarla così tanto proprio per impedirsi di considerarla attraente. Sorrise mentalmente al pensiero di come la sua battaglia per considerare Kaori un essere asessuato l’aveva ormai persa miseramente e definitivamente, tuttavia questo non voleva dire che avrebbe cambiato il suo modo di fare, avrebbe solo richiesto più impegno da parte sua.
Era felice di vederla così allegra e a suo agio, ormai Kaori stringeva il suo braccio senza esitazione e la sentiva ridere per piccole cose che, tuttavia, il suo cervello non registrava, troppo preso da quella bolla momentanea. Poi, all’improvviso la sentì irrigidirsi e lasciare la presa, allontanandosi da lui. Quel distacco repentino mise fine a quel suo stato di semi torpore e non riuscì a capire cosa lo potesse aver causato.
 
«Che ti prende così all’improvviso?» le domandò, temendo di aver fatto qualcosa di sbagliato.
 
Kaori non si mosse e continuò a dargli le spalle, la testa leggermente abbassata.
 
«No… Niente…» la sentì sussurrare mesta.
 
Gli dispiacque di riconoscere nella sua voce il tono sommesso che sapeva indicare un suo turbamento. Stava iniziando a pensare a un modo per poterla tirare su, quando la donna si girò di scatto verso di lui.
 
«Ehi, senti!» esclamò nuovamente allegra «Non ti va di andare da qualche parte a ballare?!»
 
“Ah sarai la mia rovina, beato chi capisce le donne!” pensò Ryo più confuso che mai nell’assistere a quel cambiamento così repentino. “Incredibile, sembra posseduta o che abbia due personalità…”  
 
Le si avvicinò sorridendole «Con piacere» rispose mentre si abbassava verso di lei «Però nelle vicinanze non ci sono discoteche o, almeno, non che si addicano a una signorina della buona società come te»
 
«Ah» Kaori abbassò la testa imbarazzata.
 
Ryo poteva immaginare bene cosa stesse pensando, ma in realtà le aveva detto così per un altro motivo ben più pratico; ora che aveva ritrovato maggiore lucidità si era reso conto che aveva passato fin troppo tempo per i viali di Shinjuku in compagnia della sua partner. Certo, aveva una parrucca e vestiva un abito elegante ma chiunque la conosceva non avrebbe faticato molto a riconoscerla. Una situazione fin troppo compromettente per lui. Decise di cambiare aria, rimproverandosi mentalmente per non averlo fatto prima.
 
«Però conosco una discoteca che è molto rinomata, un bel posto alla moda, solo che si trova un po’ lontana da qui»
 
«Non possiamo andarci a piedi?»
 
«Temo di no» rispose mentre si grattava distrattamente la nuca «Si trova a Yokohama1»
 
Kaori lo fissò con due occhioni delusi ai quali Ryo non seppe dire di no.
 
«Per tua fortuna ho la mia macchina qui vicino; in una mezzoretta saremo lì» la rassicurò sorridendole.
 
La giovane donna si limitò ad annuire e iniziarono a camminare l’una accanto all’altro, ma questa volta Kaori non cercò il suo braccio, preferendo stringersi le mani sul ventre.
 
«Ci vai spesso?» gli domandò infine dopo qualche istante di esitazione.
 
«Dove?» chiese nonostante avesse compreso benissimo.
 
«Nella discoteca dove siamo diretti»
 
Ryo si girò verso di lei e la vide camminare irrigidita. Si era allontanata da lui e gli aveva parlato senza guardarlo in faccia.
 
“Anche in versione principessa facciamo le gelose, eh?” si disse mentre sorrideva dentro di sé. Era divertente vederla mentre cercava di contenersi, sapendo di non poter dare sfogo ai suoi pensieri più violenti col suo fidato martello.
 
«In verità non ci sono mai stato» le rispose candidamente, non volendo stuzzicarla troppo «Sono semplicemente un uomo ben informato su tutto quello che succede in città»
 
«Però Yokohama non è Tokyo»
 
«No, è vero. Allora diciamo che non mi sfugge nulla di quello che c’è - e succede - a Tokyo e nelle sue immediate vicinanze»
 
«Davvero?» domandò Kaori quasi sovrappensiero.
 
«Certo, mia cara principessa scettica. Solo a Shinjuku oggi ci sono stati quindici scippi, ben venti risse, tre rapine di poco conto – almeno fino a qualche ora fa. Se vuoi posso continuare l’elenco continuando con Shibuya dove…»
 
«Basta, basta ti credo non c’è bisogno di fare l’elenco di tutti i distretti!» esclamò la ragazza non riuscendo a nascondere una certa sorpresa.
 
 «Certo che deve essere difficile…» mormorò assorta dopo qualche istante.
 
«Eh?» Ryo si girò verso di lei, notando subito la sua espressione meditabonda.
 
«Non deve essere facile» proseguì Kaori nella sua riflessione a voce alta «Dover mantenere il controllo su tutto e, allo stesso tempo, dare l’impressione di essere così distratto… Come deve essere estenuante portare il peso di qualcosa e dare l’impressione di non averne affatto. Non vuoi condividere niente con nessuno…»
 
Ryo girò la testa di scatto, punto sul vivo da quelle parole. La sua socia lo aveva sorpreso: lui, che aveva sempre la risposta pronta per tutto, sentiva di non avere parole per rispondere. Aveva detto la verità, era riuscita a comprendere che dietro la sua apparenza di indolente perdigiorno c’era un uomo carico di responsabilità. Intimamente gioì per quella riflessione che considerò come un complimento; era bello sapere che lei lo considerasse così. Si schiarì la voce per nascondere l’imbarazzo. Grazie a ciò Kaori si ridestò e, rendendosi conto di aver dato voce ai suoi pensieri, fu nel più completo imbarazzo.
 
«Scusami Ryo, sono stata inopportuna!» disse precipitosamente Kaori «Dimentica le stupidaggini che ho detto…» e torcendosi le dita lo guardò con vergogna.
 
«Non hai nulla di cui scusarti» le sorrise scrollando leggermente le spalle «Comunque siamo quasi arrivati, ho parcheggiato l’auto vicino al locale dove ci siamo incontrati. Mi spiace che non sia lussuosa come quelle a cui sei abituata»
 
«Ah, non è assolutamente un problema, non sono certo così schizzinosa» gli rispose portandosi le mani dietro la schiena, cercando di ritrovare una certa compostezza.
 
Camminarono in silenzio per altri cinque minuti, fin quando non raggiunsero la Mini e vi entrarono.
 
«Mi piace davvero la tua macchinina Ryo, è piccola ma accogliente» commentò Kaori mentre attraversavano i viali illuminati.
 
«Ne sono felice, è una mia fedele compagna di mille avventure. Ci sono molto affezionato»
 
«Eppure per un uomo della tua statura dovrebbe essere abbastanza scomoda da usare»
 
Lo sweeper le lanciò un’occhiata fugace; quella che stava parlando non era la giovane di buona famiglia ma la sua socia, poteva avvertire che quelle osservazioni erano le sue e, per chissà quale motivo, non le aveva mai espresse apertamente.
 
«Beh, è tutta una questione di abitudine. E poi, se avessi un’auto più grande avrei difficoltà a destreggiarmi nel traffico e passare per i vicoli stretti»
 
Kaori fece per dire qualcosa ma alla fine si accoccolò meglio sul sedile, osservando la strada davanti a sé. Quante volte si erano trovati seduti l’uno accanto all’altra, ma mai come in quel momento Ryo si era sentito così lontano da lei; erano intrappolati nelle loro rispettive finzioni, partecipando a un gioco di ruolo che, si augurò, alla fine non avrebbe lasciato amari ricordi soprattutto in Kaori.
 
§
 
Erano ormai le undici quando Ryo parcheggiò l’auto sulla Yamashita–Koen Dori. Una volta fuori dall’abitacolo venne investito dalla frizzante brezza marina che gli scompigliò i capelli, rinvigorendolo. Gli piaceva quel vento salmastro, anche perché non poteva goderne di frequente; difficilmente riusciva a lasciare la sua città, Shinjuku in particolare, e il doversi sempre muovere tra i fitti e angusti vicoli della malavita gli faceva dimenticare che Tokyo era una città di mare. Si girò e intravide Kaori stringersi nel suo scialle evidentemente infreddolita, perciò non perse tempo e la affiancò porgendole il braccio.
 
«Il locale è a meno di dieci minuti di cammino, hai troppo freddo?»
 
Kaori scosse la testa «No, solo che in auto si stava così caldi» disse con le guance e il naso leggermente arrossati a indicare quel repentino cambio di temperatura.
 
Ryo le sorrise e stringendole il braccio cercò di trasmetterle un po’ del suo calore «Vedrai che una volta dentro rimpiangerai questo bel freschetto»
 
Kaori si limito ad annuire, cercando di mostrarsi spensierata, ma Ryo percepì distintamente che qualcosa si era rotto all’interno della sua partner.
 
“Forse non vuole più continuare a fingere?” pensò con una punta di amarezza.
 Per quanto l’appuntamento si fosse mostrato piacevole, quel fondo di menzogna gli stava lasciando col tempo l’amaro in bocca. Aveva dato vita a quella mascherata principalmente per farle piacere, per regalarle una serata da sogno, ma se lei ora ne soffriva non aveva più senso proseguire. Decise che una volta usciti dalla discoteca avrebbe trovato un modo per concludere la serata nel modo più indolore possibile. In silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, raggiunsero l’ingresso della Club House, una discoteca situata ad angolo sulla Kita Naka-dori. Una volta spinta la porta, Ryo venne investito dalla musica che, sebbene giungesse ovattata dal piano superiore, lo scosse dall’interno con i bassi portati alla massima potenza.
 
«Sono sicuro che ti piacerà qui, è un bel posto» le disse mentre si avvicinavano alla cassa «Ti avviso che c’è solo musica occidentale2, spero non ti dispiaccia»
 
«Ah no, affatto» replicò Kaori con finta disinvoltura.
 
Ryo le lanciò un’altra occhiata veloce prima di lasciare il suo soprabito e la precedette per le scale scarsamente illuminate.
 
“Chissà cosa le sarà successo… Si è fatta così sfuggevole, qualcosa la impensierisce sul serio”
 
Una volta raggiunta la pista, Ryo fece del suo meglio per sollevare il morale della sua socia, trascinandola nel pieno della bolgia intenta a scatenarsi con una selezione disco dance anni ‘70. Iniziarono a muoversi, Ryo subito sciolto e a suo agio, Kaori leggermente rigida all’inizio. Lo sweeper la cercava il più possibile con gli occhi, assicurandosi di sorriderle sempre; voleva farle capire che si stava divertendo davvero con lei. Nella semioscurità del locale, interrotta solo dai raggi intermittenti dei fari, riusciva a scorgere il suo viso, che gli lanciava dei brevi sorrisi ma che per la maggior parte del tempo sembrava rifuggire un contatto prolungato con lui. All’inizio Ryo non volle dare troppo peso alla cosa, e ogni tanto si permetteva di socchiudere gli occhi, soppesando quella musica che lo stava trasportando indietro di molti anni, nel periodo in cui era solito frequentare i vari club e disco pub di San Francisco e Los Angeles. Allora ci andava principalmente per bere in compagnia, ascoltare buona musica e adocchiare donne provocanti che, con poca difficoltà, riusciva a trattenere con sé per la notte.
“Quell’uomo dove sarà finito?” si ritrovò a pensare mentre focalizzava nuovamente lo sguardo sulla sua avvenente partner.
Non aveva più ragione di esistere, lo sapeva bene; l’uomo che era stato si era plasmato e adattato a una vita e un ambiente che lo avevano tradito, ferito e costretto alla solitudine. Difficilmente avrebbe immaginato che quindici anni dopo si sarebbe ritrovato a condividere le sue giornate con una persona tra le più lontane dal suo ambiente per quanto riguardava origine e carattere; così diversa eppure così complementare a lui, col tempo divenuta imprescindibile presenza nella sua vita. Mary aveva avuto ragione: era cambiato, solo che era stato un cambiamento così graduale che non se n’era accorto prima. La deriva che avevano preso i suoi pensieri lo turbò non poco, perciò tornò a concentrarsi esclusivamente sulla musica, felice di scatenarsi in pista dopo tanto tempo.
Fu soddisfatto nel vedere come anche Kaori si fosse scrollata di dosso la sua rigidità e si muovesse più sicura; ballava molto bene, doveva ammettere che il suo modo di ondeggiare era armonioso, perfettamente a tempo con la musica.
Poi, però, le luci si abbassarono, virando sui toni del violetto e blu, e per la pista da ballo si diffusero le dolci note che introducevano una ballata dei Bee Gees che conosceva bene. Subito le coppie attorno a loro si avvicinarono, pronte a ballare il lento da loro tanto atteso, e Ryo notò all’istante lo smarrimento negli occhi di Kaori. Possibile che non sapesse che nelle discoteche ci fossero questi intermezzi? Decise di porre fine alla sua indecisione tendendole la mano.
 
«Ehi… È il momento del lento…» disse tranquillo.
 
In realtà la prospettiva di stringerla a sé lo rendeva leggermente inquieto, ma nulla trapelò dal suo contegno. La vide girare la testa verso le coppie che già ballavano strette, ancora confusa. No, una parte di lui, quella che solitamente giaceva silente, decise che non voleva perdere né altro tempo né quell’unica occasione che gli si era presentata e, in uno slancio la strinse a sé. Chiuse gli occhi, lasciando che i suoi sensi imprimessero nella loro memoria quel momento: Kaori gli riempiva le narici con il suo profumo; accarezzava il suo cuore, così vicino a quello di lei che avvertiva battere furioso; le sue braccia stringevano il suo corpo flessuoso. La vedeva, la avvertiva in tutta la sua essenza, e in un modo così diretto, che inspirò profondamente per non perdersi, per mantenere una lucidità che, con sua grande sorpresa, sembrava voler diradarsi man mano che la musica incalzava. In quel momento rimpianse di sapere fin troppo bene l’inglese e di poter comprendere appieno il testo della canzone; sembrava diretta proprio a lui e in alcune strofe parlava di loro… Di lei, che non smetteva di mostrargli quanto profondo fosse il suo amore per lui, che lo conosceva così a fondo come nessuna donna era mai stata capace3. Riaprì gli occhi e istintivamente alzò la mano destra, stringendola con forza sulla sua spalla per superare l’imbottitura: doveva aggrapparsi a lei per non lasciarsi andare a sentimentalismi che non poteva permettersi e che non si potevano associare a un uomo come lui. Il rischio di fare qualcosa di cui pentirsi era forte e, per quanto fosse cosciente di dover interrompere quel contatto magico, non poté fare a meno di avvertire un dolore acuto all’altezza del petto. La strinse un po’ più a sé e ciò permise al suo lato da donnaiolo incallito di uscire allo scoperto, aiutandolo a spezzare quel dolce incantesimo a cui la giovane lo aveva legato inconsapevolmente.
 
«Uh uh! Hai proprio una vita sottile, eh!» esclamò mentre si lasciava andare a un’espressione libidinosa «E poi c’è questa sensazione del tuo prosperoso seno che sento schiacciato su di me!»
 
«Come?!» Kaori si irrigidì all’istante a quel cambio improvviso.
 
«Ora capisco perfettamente… La perfezione delle tue forme!»
 
“Caspita, mi sono fatto prendere un po’ troppo la mano” rifletté, certo di aver scatenato la furia della sua socia, che sicuramente non aveva apprezzato quei suoi commenti. Però… Almeno un piccolo complimento glielo poteva fare, no? Sorrise timido, scacciando via il ghigno lascivo.
 
«Non ho mai incontrato una donna splendida quanto te» le sussurrò, sincero come gli era capitato poche volte in vita sua.
 
Pensò che quelle sue ultime parole l’avrebbero piacevolmente colpita, ma non aveva fatto i conti con la possibilità che l’unico a essere colpito sarebbe stato lui, e con un piacevolissimo martello calato senza pietà sulla sua testa.
Si ritrovò spiaccicato sul pavimento, sorpreso che si fosse tradita in quel modo.
 
“Si vede che non ha apprezzato la mia onestà… Diavolo che botta!”
 
Decise, però, di darle la possibilità di continuare la loro recita.
 
«Ch… Che cosa diavolo… È…?» balbettò distrutto «E poi… Questo dolore… È così familiare…?»
 
Ancora in stato comatoso si sentì preso e trascinato per il colletto da Kaori che, come una furia iniziò a farsi strada tra la folla pietrificata dopo ciò che era appena successo davanti ai loro occhi.
 
«C-che discoteca pessima! Si è staccata una luce e ti ha preso dritto in testa!» disse concitata la donna mentre continuava la sua folle corsa verso l’uscita.
 
Ryo si sentiva dolorante e quello strattonare forte e deciso non lo aiutava a riprendersi in tempi rapidi.
 
«Eh? Davvero…?» fu tutto ciò che riuscì a pronunciare.
 
«Andiamocene subito!»
 
§
 
Nel ripercorrere al contrario la strada che avevano fatto all’andata, Ryo non poté fare a meno di notare quanto Kaori si fosse rabbuiata; appena usciti dalla discoteca aveva iniziato a camminare veloce, precedendolo di pochi passi sufficienti a mostrargli solo le spalle. Sebbene non potesse vederla bene in viso, riusciva perfettamente a visualizzare le sue sopracciglia sollevate a formare una piccola ruga nel mezzo, lo sguardo basso ricolmo di tristezza e le belle labbra strette in una linea dura. Era la sua partner da anni ormai, gli bastava starle vicino per comprendere il suo stato d’animo, poteva avvertirlo nell’aria attorno a loro che si era fatta più pesante, rendendogli più difficoltoso anche semplicemente respirare. Immaginava che parte di quel malumore fosse dovuto al suo comportamento sulla pista da ballo, ma onestamente non si sarebbe mai aspettato di turbarla in quel modo.
 
“A che cosa stai pensando adesso Kaori? Quali pensieri ti stanno angosciando?”
 
Parte della risposta sentì di conoscerla: la loro recita stava presentando il suo conto. Aveva temuto l’arrivo di quel momento.
“Eppure l’ho trattata con tutte le attenzioni possibili stasera, l’ho fatta sentire desiderata…” pensò ma all’improvviso fu travolto dalla consapevolezza che, mentre lui aveva visto sempre e solo lei, Kaori, la sua socia in quell’elegante vestito e parrucca, la giovane donna aveva trascorso la serata con la convinzione che lui la credesse un’altra. In quell’istante gli fu chiaro il tormento della sua partner: secondo la sua visione lui aveva coccolato e trattato con galanteria invidiabile una donna sconosciuta trovata per caso in un locale, non lei, la donna con cui condivideva la sua casa, il suo lavoro e anche parte del suo cuore da quasi cinque anni.
“Quindi è per questo che sei così triste Kaori? Perché credi che io non sappia che sei tu la donna con cui sono uscito stasera?” le domandò mentalmente con una punta di dolcezza mentre proseguiva in quell’inseguimento. Poi, però, sbuffò sentendosi sia esasperato che sconfitto.
 
“Sei proprio una tonta! Questa è la considerazione che hai dello sweeper numero uno del Giappone? Che mi basti così poco per non riconoscerti? Possibile che tu mi abbia creduto subito e non ti sia venuto il minimo dubbio?! Però, forse è meglio così…”
 
Ryo cacciò le mani nelle tasche dei pantaloni e appena arrivarono in prossimità del parco la vide rallentare, incerta sul da farsi. Deciso a risollevarle un po’ il morale prima della conclusione della serata, allungò il passo e in un balzo le fu vicino.
 
«Tutto a posto?» chiese, chinandosi verso di lei.
 
«Sì, certo» rispose con la bocca, ma il suo sguardo sembrava suggerire tutt’altro.
 
«Sicura?»
 
«Sì, solo che… Io…» mormorò indecisa per poi guardarsi velocemente intorno «Andiamo verso il mare Ryo?» propose infine, facendo un cenno col capo in direzione della terrazza panoramica.
 
L’uomo acconsentì prontamente alla sua richiesta e, nuovamente affiancati, camminarono lentamente tra le aiuole sagomate, davanti a loro un mare di china su cui si riflettevano le luci della città.
 
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1 Durante l’episodio Hojo si mantiene abbastanza generico sulla collocazione spaziale. Dove invece si mostra preciso è proprio nella scena del commiato. Il lungomare, il parco, la nave ristorante e anche la ruota panoramica sullo sfondo esistono e si trovano a Yokohama (Ryo e Kaori sostano nello Yamashita Park). Poiché ci vanno subito dopo l’uscita dalla discoteca, mi è sembrato più logico situare quest’ultima nella stessa città, anche perché la distanza tra Shinjuku (riferimento Chou Park) e lo Yamashita Park è di una quarantina di km. Un po’ difficile farli a piedi.

2 Questa è una mia personalissima ipotesi, dato che in discoteca le onomatopee sono in alfabeto latino e non in katakana. Non sono certo un’esperta, ma mi è sembrato che questa potesse essere la ragione.

3 Per chi se lo stesse chiedendo, la canzone in questione è “How deep is your love”, celeberrima ballata dei Bee Gees del 1977. Per chiudere l’angolo musicale, il titolo del capitolo è una citazione all’omonima canzone, cantata da Freddie Mercury nella sua favolosa cover. Il testo lo trovo molto calzante per Ryo.
   
 
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