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Autore: k_Gio_    24/11/2022    0 recensioni
C'è una nuova arrivata in casa famiglia. Il caos è il loro pane quotidiano e lei ha tutte le carte in regola per diventare il suo inferno personale. Kaz Brekker cerca solo di sopravvivere a questa vita che non gli ha sorriso e l'arrivo di una ragazza Suli potrebbe minare la sua reputazione che ha faticato a costruirsi. Potranno convivere pacificamente o saranno vittime dei loro sentimenti?
Genere: Erotico, Parodia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Compiti e merenda
parte 1
 
Kaz
 
I lavori di gruppo non facevano per me. Un conto era organizzare e pianificare un colpo in cui servivano necessariamente delle altre persone per portare a termine la missione, ma stare a stretto contatto con qualche idiota della classe per svolgere un compito che avrei potuto benissimo svolgere da solo e nella metà del tempo no, era peggio che finire in prigione.
Ma avevo dovuto acconsentire per forza, l’anno era ancora lungo e la mia condotta doveva migliorare, quindi eccomi qui a tornare a casa con Imogen. Poteva andarmi peggio, poteva capitarmi un lavativo che mi avrebbe solo fatto perdere tempo e che mi avrebbe costretto in ogni caso a fare tutto il lavoro da solo. Al giusto prezzo avrei anche messo il suo nome alla fine della relazione, e in caso fosse stato restio alla mia magnanimità era da un po’ che non usavo il mio bastone…
«Dovrebbe essere facile, credo che massimo due pomeriggi e avremo terminato», Imogen mi guardava e sorrideva mentre si stringeva la spallina dello zaino in una mano e l’altra nella tasca dei suoi pantaloni a vita bassa. Era la mia cotta dall’inizio della scuola, non che avessimo fatto nulla, l’unica volta che avevo provato a toccarla le avevo quasi vomitato addosso. Però eravamo rimasti amici, per quanto qualcuno poteva definirsi mio amico. E non che avessi bisogno di qualcuno. Almeno la conoscevo e non ci sarebbero stati troppi problemi.
«Sì, secondo me in un paio d’ore dovremmo aver finito». Era una delle poche ragazze che mi si fosse avvicinata senza sembrare spaventata da tutte le voci che si sentivano su di me. Voci vere ovviamente. Ma lei era stata carina, pensavo che sarebbe potuta andare bene tra di noi ma alla fine avevo rovinato tutto. E in ogni caso si sarebbe accorta alla fine di che mostro fossi. Meglio così, le distrazioni non portavano a nulla di buono. La prova lampante era quella piccola ninja che non perdeva occasione per mettermi in difficoltà nei momenti meno opportuni. Scrollai la testa. Non dovevo pensare ad Inej, per fortuna i suoi miglioramenti stavano fruttando qualche voto decente e poteva cavarsela da sola. Dovetti deglutire e guardare la strada davanti a me per non cadere di nuovo nei ricordi delle sue labbra sulle mie. Imogen mi riscosse dai miei pensieri, le sue lentiggini che risaltavano alla luce sporadica che ogni tanto filtrava dalle nuvole grigie di Ketterdam.
«Beh, spero che saranno più di un paio d’ore…» la sua voce era un sussuro mentre esibiva un sorrisetto furbo. Io volevo solo chiudermi in camera e pensare alla prossima rapina. C’era un quadro che mi faceva particolarmente gola e sarebbe stato perfetto sulla parete della mia stanza.
Le feci un mezzo sorriso, mugugnando in risposta.
Quando varcammo la porta principale il salotto era tutto occupato dagli altri ragazzi, chi guardava la televisione, chi giocava a carte e chi cercava di leggere un libro. Tutto era preferibile allo studio, idioti.
Stavo per imboccare le scale quando Imogen mi chiese «Posso chiederti un bicchiere d’acqua, Kaz? Ho dimenticato la borraccia a casa oggi». Alzai gli occhi al cielo ma le feci cenno di seguirmi.
Ancor prima di entrare in cucina la percepii. Mi si rizzarono i capelli sulla nuca e un brivido mi attraversò dalla testa ai piedi. Che cazzo ci faceva Inej a casa? Aveva detto che sarebbe andata a studiare in biblioteca.
«Oh, ciao Imogen. Ehi Kaz, sono andato a fare spesa prima, ho trovato in offerta delle merendine-»
«Che ci fai tu qui?» ignorai Jes come la maggior parte del tempo che apriva quella bocca e mi rivolsi direttamente a lei. Inej era sul bancone della cucina che succhiava dalla cannuccia uno di quei suoi succhi di frutta dai gusti improbabili.
«Ci vivo idiota» mi rispose deviando il suo sguardo indagatore dalla mia faccia alla ragazza bionda accanto a me. Non sapevo se Imogen se ne fosse accorta ma in modo piuttosto tranquillo e spigliato, come se non avesse notato la luce fredda che aveva attravarsato gli occhi di Inej, salutò entrambi.
«Ciao Jes, ciao Inej. A me e a Kaz hanno assegnato una relazione da consegnare per la prossima settimana. Dovrebbe essere una cosa facile. A voi come va con la scuola?»
Jesper non mancò di riprendere in mano la conversazione, ci conoscevamo tutti da diverso tempo, solo Inej che era arrivata da poco non ci aveva scambiato che occasionalmente qualche parola a scuola.
Quando tornò a posare i suoi occhi su di me mi ritrovai a dover far più pressione sul bastone. Respirare diventava difficile quando mi guardava così intensamente, la bocca ancora su quella cannuccia…
E poi sorrise, un ghigno subdolo, i denti bianchi che si vedevano appena tra quelle labbra che desiderai mi baciassero di nuovo, lì, in quel momento, davanti a tutti. Cazzo, no. No. Deglutii a vuoto, la gola si era fatta così arida che invece di passarlo ad Imogen il bicchiere d’acqua che avevo riempito lo trangugiai io. Era soddisfatta delle mie condizioni, godeva nel vedermi così vulnerabile. Non potevo dargliela vinta. Passai un altro bicchiere d’acqua ad Imogen e poi mi avviai verso le scale, incurante se mi stesse seguendo o meno.
Da dietro di me sentii urlare «Dopo vi porto la merenda!». La sua voce mi aveva quasi fatto perdere l’equilibrio, era chiaro che il suo intento era quello di uccidermi.
 
«Stiamo andando bene, non credi? Che ne dici se facciamo una pausa? Ho gli occhi che bruciano» disse Imogen rilassandosi sullo schienale della sedia e stiracchiandosi. Avevamo lavorato ininterrottamente da quando ci eravamo chiusi in camera e i risultati si vedevano visto che avevamo quasi concluso. Se avesse retto ancora una mezz’ora sarebbe stato perfetto, ma non potevo costringerla a continuare. Non avevo nessuna leva contro di lei. E poi avevo bisogno di una pausa anche io. Annuii allungando sotto la scrivania la gamba che mi chiedeva pietà. Il freddo non aiutava il dolore.
«Dovrei andare in bagno, è quello in fondo al corridoio?» mi chiese mentre si alzava, tirandosi il maglioncino lilla lungo i fianchi. Se non le avessi quasi vomitato addosso forse saremmo stati insieme a quest’ora. Era tra le persone che potevo non considerare sulla mia lista nera.
«Usa il mio, non so in che condizioni lo hanno lasciato quell’altro» le feci un gesto vago verso la porta che stava sulla parete dall’altra parte della stanza. Lei si voltò a guardarla, come se non l’avesse vista prima.
«Oh, okay, grazie. Faccio subito»
Mentre lei si chiudeva in bagno mi alzai anche io, le osse che scrocchiavano per essere state ferme così a lungo nella stessa posizione. Come se non fossero abituate.  Mi inchinai a raccogliere lo zaino quando una folata di aria gelida mi colpì le spalle. Non poteva fare così, doveva lasciarmi in pace.
«Quindi è così che fai. Aspetti che io non sia in casa per portarti le altre in camera. Sei scortese, Kaz, non ti basto io?» sussurrò Inej dietro di me, silenziosa come un gatto. Anche se non avrei scommesso sul gatto in quella sfida. Mi sfiorò la schiena con la punta delle dita, e dovetti inspirare una gran quantità d’aria per non farmi plagiare dal suo tocco. Mi voltai e i suoi capelli legati nella sua solita treccia apparivano più luminosi che mai con i raggi del sole morente dietro di lei. Le mani nascoste dietro la schiena come a farmi credere che non aveva brutte intenzioni. L’angolo della bocca sollevato la tradiva.
C’era Imogen nel bagno mi ricordai, non era il momento per quella sua caccia spietata nei miei confronti «Vattene» moromorai.
«Che villano, io vengo a perdonarti per avermi ingannata e spezzato il cuore e tu mi dici di andarmene?» disse con voce liliale. Poteva dirmi le cose più aberranti e malvage e io sarei rimasto ad ascoltarla per sempre. «Sai che sei un gran maleducato? Dovrai farti perdonare»
Guardai nella direzione del bagno, anche se ci avesse visti insieme nella stessa stanza non era nulla di compromettente, vivevamo sotto lo stesso tetto dopotutto. Sarebbe stato solo strano visto che la porta era ancora chiusa con tutte le varie serrature che vi avevo applicato al loro posto.
Lei guardò nella mia stessa direzione e poi tornò a me «Ci penso io tesoro». Ero confuso, a cosa doveva pensare lei?
 Prese la sedia dove era stata seduta Imogen fino ad un secondo prima e la mise sotto la maniglia della porta del bagno, bloccandola. Veloce come il vento era tornata da me spingendomi sulla scrivania, le sue mani ai lati del mio busto.  Cosa cazzo voleva fare?!
«Inej!» sibilai sorpreso mio malagrado. Il pensiero che Imogen potesse scoprirci in quelle condizioni suscitava in me pensieri ambivalenti. Eccitazione, repulsione verso me stesso. Non volevo farla soffrire nonostante tra noi non ci fosse mai stato nulla di concreto. Chiusi gli occhi quando mi tirò in basso verso la sua faccia. Inspirai il suo profumo mentre mi tirava i capelli nella presa delle sue mani. La sua lingua calda che risaliva la mia mascella tracciando una scia umida fino al lobo del mio orecchio. Tremai sotto il suo tocco.
«Vogliamo scoprire quanto sei silenzioso, Kaz? Mi sembra l’occasione perfetta, non credi?» mi morse il lobo «Imogen ci dirà quanto sei stato bravo». Ridacchiò. La mia mente era persa, Imogen non doveva vedermi in quello stato. Nessuno avrebbe dovuto.
Le sue mani mi aprirono la cerniera della felpa, agili e veloci, mentre le mie, improvvisamente goffe, le appogiai una sulla spalla e l’altra sulla sua vita. Mi afferrò i polsi portandomi le mani dietro, sul piano della scrivania.
«Te l’ho detto Kaz, sei stato scortese e maleducato, non puoi toccarmi» e mentre cercavo di mantenermi in piedi come meglio potevo in quella posizione a dir poco scomoda, riprese a baciarmi e toccarmi.
Lingua e morsi lungo il mio volto, mani che mi tracciavano l’addome per proseguire impudiche le linee delle mie ossa iliache che scomparivano sotto i miei pantaloni. Pensavo si sarebbe fermata e invece la sentii procedere, senza tentennamenti.
Respiravo a fatica, le orecchie mi fischiavano e non ero completamente sicuro di essere abbastanza silenzioso. Non sentivo niente che non fosse la sua dolce e implacabile pressione su di me. Tenevo i denti stretti, gli occhi chiusi per non gemere e chiederle di più. Doveva allontanarsi o non mi sarei più controllato. In lontananza udii la porta sbattere, una voce lontana che gridava qualcosa.
Aprii di scatto gli occhi. Ero nella mia stanza, Imogen chiusa in bagno che mi chiamava dicendomi che non riusciva ad uscire. Il cuore correva, stavo ansimando, non ci stavo più capendo un cazzo.
«Rispondile Kaz, non essere maleducato anche con lei» disse beffarda per poi mordermi il labbro, mi sfuggì  un gemito.
Non sapevo se ero in grado di parlare, non sapevo nemmeno da quanto tempo mi stava chiamando. Feci appello a tutta la mia forza di volontà per aprire bocca e dire qualcosa di vagamente sensato quando Inej mise una mano nelle mie mutande. L’aria defluì dai miei polmoni. La sentii ridacchiare di nuovo e le sue mani ripresero la salita, tracciando percorsi immaginari sulla mia pancia, la bocca che ora scendeva verso di loro.
Mi schiarii la gola prima che mi tirasse un altro colpo mancino.
«La porta deve essersi incastrata Kaz!»
«Sì…sì, sto controllando. Ora arrivo, un-» la bocca di Inej che scendeva sempre più in basso non mi facilitava dare voci ai miei pensieri. Dov’era la nausea? Dove la repulsione verso un altro corpo? Perché non potevo fare lo stesso con Imogen? Avrei potuto spingerla via ma non lo feci. Volevo che non si fermasse mai «un attimo e vedo cosa è successo»
Continuava a girarmi la testa, le mani e la bocca di Inej su di me, Imogen che urlava, le gambe molli e il respiro ansante. Forse avrei vomitato.
Qualcuno iniziò a battere sulla porta della stanza «Kaz, Imogen, volete un tegolino? Queste nuove merendine sono la fine del mondo»
«Non è il momento Jesper!» urlai incazzato. Volevo urlare. Poi inej si staccò.
«Beh, io lo voglio» disse tirandosi su in tutta la sua minuta altezza, le spalle dritte e la treccia che veniva spostata sulla schiena. Mi battè sul petto le sue mani e concluse «Buono studio, e aggiustati un po’ che non sei molto presentabile. Imogen penserà male di te se ti vede in queste condizioni» e così come era arrivata sparì dalla finestra.
Ancora scosso, tremante e con il fiato corto mi diedi una sistemata mentre cercavo di temporeggiare alla porta del bagno dove Imogen continuava chiedermi se fosse il caso di chiamare un fabbro per aprire la serratura.
 
 


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Alla fine mi son detta: li ho scritti, perchè non mi pubblicarli?!
Bentrovate persone che sono arrivati alla fine di questo ennesimo piccolo delirio, spero vi abbia fatto un po' sorridere, tutte le premesse le ho fatto nel capitolo scorso, credo, quindi sapete cosa potreste trovare in questa raccolta di capitoli che non seguono un ordine preciso ma vanno dove l'ispirazione mi porta.
In tutto questo macello vorrei ringraziare Siluvaine , che ha supportato la nascita di questa cosa che ho scritto, se sia una cosa buona o cattiva non lo so, a me diverte scrivere di loro in queste vesti così anomale e lontane dagli originali. Quindi se vi va leggete, altrimenti amici come prima. Forse prima o poi tornerò a scrivere di loro più seriamente ma per il momento questo passa il convento.
Inoltre spero abbiate colto il riferimento ad una determinata cosa di cui non starò qui a spiegarvi quale, o sapete o non la sapete...e se la sapete penso possiate arrivare a comprendere da cosa nasce tutto questo circo.
E nulla, se vi fa piacere lasciate un commentino, un parere, quello che volete insomma. 
Alla prossima!
  
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