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Autore: k_Gio_    17/10/2022    0 recensioni
C'è una nuova arrivata in casa famiglia. Il caos è il loro pane quotidiano e lei ha tutte le carte in regola per diventare il suo inferno personale. Kaz Brekker cerca solo di sopravvivere a questa vita che non gli ha sorriso e l'arrivo di una ragazza Suli potrebbe minare la sua reputazione che ha faticato a costruirsi. Potranno convivere pacificamente o saranno vittime dei loro sentimenti?
Genere: Erotico, Parodia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Inej
 
Haskell ci convocò nella sala comune, il soggiorno ora ospitava una banda di ragazzini che non era per niente felice di stare lì. Cercai Kaz, era dall’altro lato della stanza appoggiato alla parete, le braccia incrociate che guardava ovunque tranne che nella mia direzione. Come se non sapessi che mi aveva seguita con lo sguardo mentre scendevo le scale. Jesper accanto a me era un fascio di nervi che non riuscivano a stare fermi.
«Jes stai tranquillo, vediamo cosa ci deve dire prima di preoccuparci»
«Si tratta della scuola Inej, lo so, e so che non sta andado come dovrebbe. Accidenti a me». Era davvero scosso sebbene cercava di non darlo a vedere, un sorriso tirato che poco gli si addiceva. Gli strinsi un braccio, Jesper era effettivamente un disastro ma non era completamente colpa sua.
Cercai di nuovo Kaz, impassibile nella sua felpa nera abbottonata fino al collo, era sexy anche vestito così casual, lontano dalla solita camicia bianca e giacca nera che lo incastravano in quell’aria da giovane uomo in carriera che gli piaceva tanto assumere. Morsi l’interno della mia guancia, volevo andargli vicino e vedere fino a che punto potevo stuzzicarlo. Quanto avrebbe retto prima di scappare in camera sua. Come se poi gli fosse possibile sfuggirmi, nemmeno la doppia serratura che si era montato alla finestra era riuscita a fermarmi. Mi aveva insegnato troppo bene il bastardo. E a lui piaceva nonostante non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce. Già pregustavo il momento in cui saremmo stati da soli.
«Allora, banda di delinquenti» esordì Haskell una volta entrato nel salotto e seduto sulla sua poltrona. «Ho parlato con la preside, sì Jesper, fai bene a fare quella faccia, ed è anche peggio di quel che credi. Dicevo, non brillate certo di intelligenza, la condotta fa abbastanza schifo per la maggior parte di voi. Se non migliorate in questi mesi vi trasferiranno da qualche altra parte, se vi andrà bene, in alternativa sapete che vi lasceranno in mezzo alla strada. Questa città ha fin troppo teppisti di cui occuparsi. Ma noi non vogliamo questo, vero?». Lanciai uno sguardo di soppiatto a Kaz che, come era prevedibile, aveva sollevato impercettibilmente un sopracciglio a quelle ultime parole, per poi tornare con il suo volto imperscrutabile. Non era certo un segreto che ad Haskell noi facessimo comodo per gli assegni che lo stato gli dava. E a dirla tutta quella casa era la meno peggio in cui fossi finita. Solo il pensiero di Heleen mi fece rabbrividire, tornai ad Haskell.
«Quindi, o vi mettete in riga o ve ne andate.»
Mentre gli altri ragazzi si incamminavano chi per la propria camera e chi invece andava a tirarsi su con quello che offriva la cucina, io avevo lasciato il braccio di Jes per avvicinarmi ad Haskell, l’ultima cosa che volevo era che mi mandassero via, volevo sapere la mia situazione.
«Ragazzina,» esordì, leggermente sconsolato, eravamo tutti un disastro in qualche modo «devi studiare la lingua. C’è poco da fare. Gli insegnanti non si lamentano di te, almeno non troppo, ma nei temi sei un fottuto disastro. Kaz! Vieni qua».
Percepii la sua presenza dietro di me, sempre ad una certa distanza ma comunque vicino. Avrei voluto guardarlo ma ero incazzata per quello che avevo appena sentito.
«Senti, aiuta Inej, ti direi di aiutare pure Jesper, ma quello è un caso perso. Tra tutti sei quello con la testa più sulle spalle. Ovviamente non devo dirti che il tuo problema è solo nella condotta stronzetto,vero? Quel cervello funziona bene, ma cerca di evitare le risse. Almeno all’interno della scuola. Ora sparite, ne ho avuto abbastanza».
Seguii Kaz su per le scale, muto come la maggior parte del tempo. Gli guardai il sedere che era fasciato alla perfezione in quei pantaloni della tuta, nera ovviamente. Santi, non ci avrei messo niente ad allungare la mano e toccarglielo.
«Ti presto qualche libro e ti metti a leggerlo. Non ho tempo da perdere per insegnarti come si fa.» sprucido come suo solito. Aprì la porta della sua stanza ed entrai dietro di lui, chiudendomi la porta dietro.
«Avanti Kaz, non fare lo stronzetto» lo presi in giro «Solo perché tu sei uno studente modello non è che devi temere che io possa toglierti il primato se mi aiuti». Sogghignò mentre guardava tra i suoi libri, cosa non avrei fatto a quella faccia…
Mi feci più vicina e lo sentii irrigidirsi alla mia presenza, era un gioco che iniziava a piacermi sul serio quello.
«E dai…» gli tirai il bordo della felpa, spingendo il suo fianco contro di me. Poi gli sussurai, come a raccontargli un segreto «Se mi aiuti ad imparare meglio la vostra terribile lingua io poi ti insegno e ti faccio conoscere la mia» e il doppio significato delle mie parole gli era arrivato forte e chiaro perché le sue orecchie si erano tinte di un bellissimo rosso scarlatto. Volevo vedergli la faccia in che condizioni fosse ma, come se si fosse bruciato sul serio, scappò dalla mia presa dandomi le spalle e andando ad un’altra libreria.
Inchiodarlo al letto e averlo sotto di me, era il mio pensiero fisso da quando gli avevo lasciato quel marchio sul collo. Era passata una settimana e avevo sempre cercato l’occasione per ripeterla ma c’era stata la scuola, qualche rapina e qualcuno sempre in mezzo. Era estenuante averlo intorno e non poterlo toccare come volevo. Le sue reticenze non facevano altro che invogliarmi ancora di più a spingerlo oltre. Mi sedetti sul suo letto, gambe a penzoloni e mezza distesa sui gomiti «O forse quello che vuoi è che mi mandino via?», a quelle parole Kaz si voltò nella mia direzione, rosso come un pomodoro ma con un cipiglio serio sul volto. Sorrisi vittoriosa, inclinando la testa di lato e con i capelli che mi cadevano come una cascata nera sulla spalla. I suoi occhi color caffè ne seguirono il movimento e il mio basso ventre prese fuoco, cosa non scateneva in me quel ragazzo dall’aria tormentata.
Si passò una mano tra i capelli e pensai di uscire di testa se non lo avessi toccato in quel momento. Mi alzai e lo raggiunsi non sapendo nemmeno bene io cosa gli avrei fatto. Gli afferrai i lacci della felpa e li tirai verso di me, il suo viso sorpreso ad un palmo dal mio. I suoi capelli di nuovo nella mia presa ferrea, il mio corpo premuto contro il suo che avevo schiacciato tra me e la libreria. Misi una gamba in mezzo alle sue facendo pressione mentre la mia bocca gli torturava il collo. I suoi gemiti mi risuonavano come musica nelle orecchie. Poi uscì un suono più acuto dalle sue labbra all’ennesima spinta. Cazzo, la sua gamba. Poggiai la mano sulla sua coscia e lo sentii sospirare di nuovo. Sorrisi di nuovo «Meglio?» gli chiesi mentre gliela accarezzavo, e notai che la cosa mi eccitava. Volevo farlo mio. Vivere quello che mi era stato tolto come volevo io. Alle mie condizioni.
Le sue mani intanto erano risalite sulla mia vita e timide facevano su e giù sui miei fianchi, incerte se proseguire sotto la mia felpa o scendere sul mio sedere. Quel suo fare incerto mi accendeva come un fuoco.
«Avanti Kaz…non sei mica uno scolaretto ingenuo, fammi vedere come usi le tue mani intelligenti. Oppure possiamo fare così, tu aiuti me con la scuola e io aiuto te in questo» e spostai la mano che gli accarezzava la coscia verso il cavallo dei suoi pantaloni. Il suono che emise era musica per le mie orecchie.
Le sue mani rafforzarono la presa sui miei fianchi ma invece di tirarmi a lui mi allontanò. Ero sorpresa e anche leggermente infastidita. Gli stava piacendo, lo potevo affermare senza ombra di dubbio.
Kaz inspirò, riprendendo il fiato che gli avevo tolto «Leggi questo, capitolo uno e due e poi torna qui. Ti chiederò di farmi un riassunto e di rispondere a qualche domanda di comprensione» disse con la voce più ferma che riuscì a trovare. Mi allungò il libro che aveva preso dalla libreria dietro di lui e si raddrizzò.
Ero scioccata, lo stavo per far venire e lui intanto pensava a cosa farmi leggere?! Mi portai i capelli dietro le orecchie e poi presi il libro tra le mani. Almeno potevo dedurre che non volesse che mi mandassero via. Assottigliai lo sguardo guardandolo di rimando visto che ovviamente mi stava già osservando, quel suo cervello che ne pensava cento e una. «Grazie, bastardo» mi voltai e con il cuore che ancora cercava di riprendere il suo ritmo normale me ne andai in camera a leggere quello stupido libro.
 
Le nostre sessioni di studio procedevano, il libro di storia era mortalmente noioso, quella lingua per niente melodica non riusciva ad entrarmi in testa. Leggevo, rispondevo alle domande, facevo quei riassunti che, a dire di Kaz, erano davvero penosi e che un bambino di sette anni avrebbe saputo scriverli meglio, ma la cosa andava a rilento.
 Miglioravo a fatica nello scritto, ma a quanto pareva Kaz aveva preso a cuore quel compito perché si metteva di impegno lì, vicino a me, ad aspettare che finissi di scrivere l’ennesimo disastro.
«Ghezen,» iniziò frustrato, leggendo l’ultimo mio capolavoro  «Inej, abbiamo incontrato questa parola almeno una decina di volte. E la struttura di questa frase è sbagliata.» gli occhi che correvano lungo quell’insieme di scarabocchi. «Non ti stai impegnando» asserì.
Posai il telefono con cui stavo perdendo tempo nell’attesa del verdetto. Seduta sulla scrivania accanto al suo braccio lo fissai male. Non poteva dire una cosa del genere, non era vera. «Sai perfettamente che non è così. Ci ho passato due ore su quel riassunto. Ho solo bisogno di una pausa»
«Certo, come no. Fatti un giro allora, e se continui a scrivere così dovrò iniziare anche a decifrare cosa c’è scritto, quindi portati una sedia .»
«Mi piace stare sopra di te» gli dissi abbassandomi, ad un soffio dalla sua faccia che prese colore in un battito di ciglia.
Senza guardarmi, gli occhi fissi e concentrati su quel foglio per non perdere l’autocontrollo continuò «Di questo passo sarà questo l’unico modo in cui mi starai sopra, visto che perdiamo tutto questo tempo a cercare di mettere qualcosa in quella tua testa».
Kaz che implicitamente mi stava dicendo che voleva stare sotto di me? Sentii le guance dolermi per quanto mi ritrovai a sorridere.
«Kaz Brekker, mi stai forse invitando a venire lì e baciare quel tuo bel faccino?» mi sentivo ebbra di desiderio, lo studio sparito dalla mia mente. Il modo in cui strabuzzò gli occhi era la cosa più tenera che avessi mai visto.
«Intendevo che se non migliori non mi supererai mai e anzi finirai tra i peggiori». Alzai gli occhi al cielo, preferivo l’altra interpretazione. E poi lo vidi fare quella faccia intrigante che di solito preannunciava il prossimo colpo. La sua mente brillante era solo l’ennesima qualità di quel ragazzo tutto spigoli e caparbietà.
«Cosa stai pensando, Kaz?» allungai la mano riportandogli indietro una ciocca sfuggita alla perfezione della pettinatura in cui li pettinava ogni mattina. La sua mano tremò vicino alla mia caviglia.
Si schiarì la voce, tornando in posizione più dritta il che implicava allontanarsi da me. Era divertente vedere come essere lucido gli risultava difficile quando gli ero accanto.
«Dobbiamo trovare qualcosa che ti motivi, fai bene qualcosa e ottieni qualcosa. La fai male e non ottieni nulla»
Era una cosa intelligente in effetti anche se non credevo che avrebbe funzionato, forse però Kaz aveva un po’ ragione, mi ero impegnata ma mi ero lasciata anche distrarre mentre svolgevo i miei compiti. Sì, poteva essere una buona idea. «Cosa propone signor Brekker?»
«Niente kruge, non ti darò dei soldi per qualcosa che avresti già dovuto imparare da sola»
«Non li voglio i tuoi kruge, li posso rubare quando voglio» e il ghigno soddisfatto che fece a quelle mie parole mi accese la lampadina, «Voglio te». Il modo in cui mi guardò sorpreso mi fece spingere verso di lui. Allo  scolaretto ingenuo sembrava così impensabile?
«Cosa?»
«Cosa?» gli feci il verso, «se riesco a scrivere il prossimo tema bene ti bacio.» dissi non perdendomi nemmeno un minuto dell’agitazione che aveva scosso il suo corpo. Unì le sue mani guantate in una stretta che ne fece stridere la pelle. Mi leccai le labbra.
«E…e in che modo dovrebbe essere…essere una ricompensa per te questa?» Kaz Brekker non aveva mai balbettato. Era visibilmente perplesso, cosa che non capivo. In quella settimana lo avevo tormentato quasi ogni singolo giorno e ad ogni occasione che mi si presentava per toccarlo e vederlo cedere sotto di me. Santi, che aiutassero questo stupido uomo.
«Te l’ho detto Brekker, mi piace il tuo faccino. Allora, abbiamo un accordo?»
Deglutì e alla fine serio come solo lui poteva esserlo in qualsiasi contrattazione, tese la mano e strinse la mia.
«Sì»
 
I Santi dovevano aiutare me. Non ero riuscita a terminare né il tema né una comprensione senza fare almeno un paio di errori. Kaz aveva detto che comunque avevo fatto un miglioramento ma che non avrei comunque avuto nulla perché non erano quelle le condizioni che avevamo pattuito.
Uomo kerch che non era altro.
Mi ero chiusa in camera mia quel pomeriggio, non era possibile che non riuscissi a non fare errori. Non era da me, e sì, volevo avere Kaz ma se non avessi fatto progressi mi sarei dovuta preoccupare di ben altro.
Ero talmente presa che quando il cellulare vibrò sobbalzai:
 
K: Jes ti ha lasciato la cena in frigo, dietro alle verdure e al tuo yogurt disgustoso senza zuccheri.
I: Ringrazia Jes
K: Non sono un cazzo di ambasciatore, ti ho scritto solo perché lo stupido ha il telefono scarico e voleva avvertirti prima che qualcuno trovi il piatto
I: Allora grazie per la tua gentilezza bel faccino. A te non interessava che stessi a digiuno?
K: Pensa a finire quel tema piuttosto
I: Così dopo posso mangiare te?
 
Dopo forse diversi tentativi per una risposta degna di lui che faticava ad essere scritta, Kaz tornò di nuovo offline. Forse riuscire a baciare Kaz come volevo mi premeva di più dell’essere cacciata da quella casa dopotutto. Gli avrei fatto uscire tutte le parole che si teneva dentro a quella bellissima bocca.
Tornai a rileggere per l’ennesima volta quel tema che ormai era impresso nel mio cervello, sperando che finalmente fosse tutto al posto giusto.
 
«Allora?» non ero nervosa, rivederlo dopo un intero pomeriggio in cui mi ero isolata di mia spontanea volontà mi aveva ricaricata. Decisi che se anche fosse stato il tema peggiore della mia vita lo avrei bloccato su quella sedia finché non ci fosse mancata l’aria.
Aveva il sopracciglio alzato, mentre procedeva sempre più giù verso la fine. Volevo che guardasse il mio corpo allo stesso modo, studiandolo nei minimi dettagli. Mi accorsi che mi ero avvicinata al suo fianco, avevo aggirato la scrivania e gli stavo praticamente addosso, le mie mani che pizzicavano e fremevano dalla voglia di toccarlo.
Senza distogliere ancora gli occhi dal tema disse, era quasi sorpreso lo stronzo «Non so come hai fatto ma non vedo errori» e continuava a scorrere cercando l’imperfezione che mi avrebbe fatta fallire di nuovo. Gli tolsi il foglio dalla mano per non sfidare la sorte.
«Perché mi sono impegnata idiota»
Si appoggiò allo schienale, studiandomi con quella faccia da schiaffi che aveva quando doveva decifrare la portata di una bugia. «Hai barato»
«No che non ho barato! Voglio baciarti ma non sono mica una disperata Kaz!» agitai il foglio che si spiegazzava sempre di più nelle mie mani.
Era ancora dubbioso nonostante la mia veemenza nel portare avanti la mia causa.
«Dì piuttosto che non credi nelle mie capacità»
Alzò gli occhi al cielo «Non avrei perso tempo con te se fosse vero, Inej, lo sappiamo entrambi».
«Allora non vuoi baciarmi»
Si voltò, finalmente guardandomi negli occhi «Voglio che migliori, Inej. Se imbrogli non vince nessuno»
«Non.Ho.Imbrogliato» scandii seria. E dopo avermi dato un’ultima occhiata annuì, rilasciando un respiro che gli fece gonfiare il petto. La maglia ben tesa sopra i suoi pettorali.
«Non era affatto male, hai fatto un lavoro discreto» continuava a blaterare ancora su quel compito di cui già non me ne fregava più niente. Osservavo solo il movimento delle sue labbra sapendo che ora le avrei avute premute sulle mie. E mentre ancora parlava di solo i Santi sapevano cosa, allungai la gamba oltre le sue, ritrovandomi incastrata nello spazio esiguo tra lui e la scrivania.
Non gli diedi nemmeno il tempo di metabolizzare perché mi buttai sulle sue labbra, tenendo il suo viso nei miei palmi fermo in una posizione che mi dava l’angolazione perfetta.
Era rigido sotto di me, le sue mani che non mi toccavano e le sue labbra che non si muovevano con le mie. Perché doveva sempre rendermi le cose più difficili? Mi staccai dalla sua bocca e lo guardai esasperata.
«Dovevo esplicitare nell’accordo che dovevi partecipare attivamente, Kaz? Mi va bene anche se devo fare tutto da sola, sappilo», lui deglutì e aveva anche cambiato colorito da quel che potevo vedere.
«Che hai? Parla»
Si portò le mani tra i capelli, tirandoseli indietro come per raccogliere le idee e riprendersi dal mio assalto. Tornai a leccarmi le labbra, il sapore della sua bocca ancora sulle mie.
«Non…non puoi fare così Inej»
«Così come?»
«Non puoi non darmi il preavviso e fare come ti pare.» rifuggiva il mio sguardo, come colpevole. Avevo indagato su di lui, come lui sicuramente aveva fatto con me, conoscevo il suo passato come lui conosceva il mio. E nonostante tutto sembrava che ci incastrassimo alla perferzione. Ma forse lo avevo spinto troppo.
Ma avevo anche guadagnato il mio premio, dannazione.
Posai le mani sul suo petto, sedendomi meglio sulle sue gambe così da non fargli male su quella rovinata. Parve apprezzare il movimento quindi continuai ad accarezzarlo su tutto il busto mentre finalmente le sue mani scendevano e iniziavano a toccarmi. Una discesa dalle mie braccia, alla mia vita, alla mia schiena. Sospirai soddifatta, adoravo le sue mani.
«Così va meglio? Posso procedere a reclamare il mio premio signor Brekker?» chiesi con voce melliflua vicino al suo orecchio. Lui annuì subito. «Bravo ragazzo» e sentii la sua presa stringersi sui miei fianchi. Ma volevo sentirlo di più.
Gli presi le mani e me le misi sotto la maglia, lo sentii sospirare di piacere. Quante cose che gli avrei dovuto insegnare.
Tornai alla sua bocca, facendo forza affinché mi facesse entrare, cedette subito. Approfondii il bacio mentre continuavo a spingermi più contro di lui, la mia mano che lo teneva fermo per i capelli e l’altra che cercava l’orlo della sua maglietta per toccargli la pelle. Poi invertii la rotta verso il basso. Un mugolio risuonò nelle nostre bocche, lo scolaretto apprezzava.
Mi bloccò il polso che era sceso fino all’orlo dei suoi boxer, l’altra sua mano che invece era risalita al mio reggiseno e si era fermata sul fianco, il pollice che premeva sul seno.
«Cazzo, Kaz, non fermarti proprio ora» mi ritrovai a implorare frustrata, ancora sulla sua bocca e leccandogli il labbro inferiore per invogliarlo ad andare avanti.
Lui si tirò leggermente indietro, per poi riavvicinarsi, come in un ripensamento, e strappandomi un altro bacio. Infine tirò fuori la mia mano dai suoi pantaloni e la sua da sotto la mia maglia.
Evidentemente la condizione in cui mi trovavo in quel momento gli era gradita, perché il bastardo aveva quel ghigno malvagio stampato sul viso.
«Un bacio, Inej. Solo un bacio. Ora alzati, per domani capitolo dodici e tredici. E in una scrittura più comprensibile»
Mi alzai dalle sue gambe solo perché il mio stomaco aveva iniziato a brontolare. Altrimenti altro che solo un bacio. Presi il telefono e il tema, e dissi «Questo accordo sembra funzionare»
«Finché giova ad entrambe le parti lo manterremo. Ora sparisci, devo pensare ai miei di compiti»
«Se vuoi posso darti una mano, tra poco sarò la migliore in questa casa»
Emise quella che dedussi fosse una risata, Kaz rideva poco, e per mia fortuna, già stavo per buttarmi su di lui per concludere quello che avevo iniziato.
«’Notte Inej e chiudi la porta.»


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Orbene,
se avete letto fin qui bravi voi. E' arrivato alla fine anche questa seconda parte di questa cosa strampalata che ho scritto. Spero che l'abbiate letta con occhio ironico perché il mio intento era solo scrivere di questi due cuori in modo un po' più frivolo e spensierato rispetto a come siamo solito leggerli e vederli.
In teoria questa storia è conclusa, ho qualche altro capitolo pronto ma non so se pubblicarli o meno, ci devo un attimo pensare. Fatto è che scrivere di loro in queste vesti mi ha molto divertita e quindi è probabile che continuerò comunque a scriverne per mio divertimento personale xD
Se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate mi farebbe piacere leggervi e sennò amici come prima e spero che almeno vi siate divertiti almeno un po' nella lettura ^-^
Alla prossima!
Gio


 
  
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