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Autore: Francyzago77    26/11/2022    5 recensioni
Amicizia, amore, famiglia, sfide, passione. E un pallone.
Quanto basta per raccontare una storia semplice ...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Anche l’ultima partitella di allenamento era terminata, quasi tutti si erano ormai diretti negli spogliatoi, il mister aveva sciolto le righe da già una ventina di minuti abbondanti ma Holly ancora era in campo a provare qualche tiro in porta.

-Meglio smettere ora! – lo esortò Bruce desideroso di andare a casa per gustare la cena preparata con cura da sua madre.

Il capitano annuì salutando l’amico con una pacca sulla spalla e attendendo Benji che anche lui si era attardato più del dovuto.

-Complimenti – gli disse Holly dopo averlo raggiunto – sei in forma perfetta! Hai fatto delle parate eccezionali.

Price sorrise compiaciuto, mostrando sicurezza e determinazione.

-L’infortunio è un lontano ricordo – asserì il portiere – mi ha fatto bene riprendere a giocare con voi e, quando tornerò in Germania, potrò ricominciare alla grande! Però adesso il mio pensiero è tutto per la partita di domenica, per me è come fosse una finale mondiale.

Holly, a quelle parole, divenne più serio e domandò:

-Senti molto la sfida con Mark?

-Secondo te? – ribatté Benji piccato – Lo distruggerei se me lo trovassi ora qua davanti!

Il capitano scosse la testa e disse:

-Non riesci proprio ad accettare la situazione?

-Sono fin troppo calmo! – replicò l’altro – Se non sono andato ancora a prendere Chris e riportarla a casa è soltanto perché mia madre mi ha supplicato di non farlo. Si è stranamente chiusa in se stessa, è immobile, non ha avuto la reazione che mi aspettavo da lei.  

Erano ora arrivati a bordo campo, dovevano dirigersi agli spogliatoi, Holly si fermò e dichiarò all’amico:

-Patty mi ha detto che Chris sarà presente alla finale, verrà allo stadio con la madre e i fratelli di Mark.

-Lo immaginavo – ammise Benji non molto sorpreso – vedremo se avrà il coraggio di parlarmi, al termine della partita e dirmi realmente cosa ha intenzione di fare.

-Non hai mai pensato – lo incalzò allora Holly – che tua sorella sia felice con Mark e che lui le voglia bene seriamente? 

Certo che lo aveva pensato ma non riusciva ad accettarlo.

-Spero – continuò il capitano – che possiate chiarirvi il giorno della finale, tu con Chris e Mark.

-Con lei forse – affermò subito Price – ma con Lenders non credo riuscirò a rapportarmi tanto pacatamente. 

-Proprio non vuoi dargli una possibilità! – a questo punto Holly fu categorico – Questa tua avversione nei confronti di Mark è quasi ridicola.

Benji non sopportò quell’affermazione da parte del capitano e ribatté con vigore:

-Si vede che non hai una sorella, Holly!

E chiuso il discorso così bruscamente andò diretto negli spogliatoi.





 

Si cambiò dopo una doccia veloce e uscì per tornare a casa senza aver parlato più con nessuno. 

Aveva voglia di starsene da solo.

Amava la solitudine, era abituato anche se, in quegli ultimi giorni, aveva spesso cercato invece la compagnia del capitano soprattutto per sfogarsi e confrontarsi.

Holly era un amico, leale e sincero, ma lui ultimamente non si sentiva compreso.

Da nessuno. 

Era a piedi quel giorno e, invece di prendere un mezzo, preferì incamminarsi per tentare di rilassarsi.

Era stanco ma non troppo e decise di allungare il percorso scegliendo una strada meno trafficata. 

A passo non molto rapido avanzava  guardando avanti, quasi schivando le persone che incontrava, evitando di fermarsi.

Era pomeriggio inoltrato, l’aria era mite, si sentiva il profumo della bella stagione alle porte.

Camminando era giunto nei pressi del parco, fece una deviazione e vi entrò dentro.

Si fermò, fece una pausa, poi riprese a muoversi.

Delle grida lo fecero voltare, dei bambini giocavano a pallone.

Uno zaino e un giubbotto buttati in terra a fare da porta, le squadre formate da una conta casuale, l’entusiasmo di chi vuole vincere ad ogni costo.

-Tocca a te fare il portiere oggi! – ordinava un ragazzino a un altro che, un poco imbronciato, rispondeva:

-A me? Credevo di poter giocare in attacco!

Deluso si sistemò tra quei due pali improvvisati attirando però l’attenzione di Benji che, incuriosito, si fermò non molto distante da loro per osservare quella partita.

-Chissà perché – pensò Price – la maggioranza dei bambini non ama giocare in porta. Io da sempre ho voluto ricoprire quel ruolo, il ruolo del portiere.

Lui amava stare lì e difendere la porta, tra i pali si sentiva il padrone del mondo.

Seduto, in disparte, seguì il gioco.

Passaggi, tiri, assist e qualche parata. 

Erano imperfetti, a volte scoordinati ma si divertivano, si percepiva.

Benji sorrideva mentre i suoi occhi erano puntati, soprattutto, sui due portieri.

Distanti, opposti, non si scontravano mai.

Fu un attimo, una distrazione della difesa ed ecco un goal.

L’esultanza di chi ha segnato, la felicità dei compagni, l’abbraccio.

Eppure, anche in quel caso, lo sguardo di Benji si posò sul piccolo portiere che, per terra, si stava rialzando ormai battuto.

Un segno di delusione sul giovane volto, la mano tesa di un altro che lo aiutava a tirarsi su per poi tornare velocemente a centro campo.

Tra le grida felici di chi, giustamente, ancora gioiva, a Benji non sfuggì l’espressione dell’altro portiere, quello della squadra in vantaggio.

Rimasto presso la rete inviolata era solo anche se, da lontano, partecipava all’euforia dei compagni. Applaudiva all’amico autore del goal, sentendosi anche lui parte della festa.

Era solo. 

Un portiere è sempre da solo, pensò Benji, sia in caso di sconfitta che in caso di vittoria.

Ed è per questo che lui, tra i pali, si sentiva a casa.

Per la solitudine. 

È quella solitudine che lo spinge a riflettere, a seguire il pallone, a prendere decisioni.

Nelle mani di un portiere ci sono le sorti di tutto l’incontro.

E il portiere è l’unico che può toccare il pallone con le mani.

Un portiere non è come gli altri giocatori, un portiere è un mondo a parte. 

E lui, in quel mondo, ci sta molto bene.

Lasciò quel campetto senza sapere il risultato finale della partita.

Lentamente si avviò tenendo in mente i due giovani portieri, opposti in campo ma entrambi soli.






 

Arrivato a casa si buttò subito sul divano.

Non chiamò sua madre, neppure si curò di capire se ci fosse.

Rimase lì per un po’, a riflettere ancora.

Era abituato a riflettere, a prendere decisioni, era un portiere!

Si alzò e si diresse verso lo studio.

Aprì la porta, entrò.

Andò al telefono e sollevò la cornetta.

Compose quel numero e attese.

Molti squilli, poi, finalmente, una risposta.

Sentire la sua voce lo rassicurò, era l’unica persona che avrebbe potuto risolvere la situazione.

Era l’unica telefonata che avrebbe potuto fare.

Era l’unica e saggia decisione che avrebbe potuto prendere.

Adesso, Benji, si sentiva meno solo.

   
 
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