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Autore: Milly_Sunshine    29/11/2022    2 recensioni
Aurora, giovane professoressa di matematica, viene invitata a trascorrere un weekend a casa di un'amica di famiglia. Oscar è il figlio della padrona di casa, è un giornalista che ha lasciato il lavoro per inseguire il sogno di diventare scrittore. Tra i due c'è una forte attrazione e sembrano destinati fin da subito l'una altro. Tuttavia, non sempre la realtà è facile come la si immagina e a volte basta poco perché vecchi segreti che dovevano rimanere tali possano venire alla luce: nel passato di Oscar ci sono ombre e segreti dolorosi sui quali Aurora vuole fare luce. Contesto "persone adulte che vivono negli anni '80/90" non esiste come opzione, quindi vada per contesto generale/ vago, l'unica che può essere adatta.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Oscar guardò per l'ennesima volta l'orologio che portava al polso, cercando di non dare l'impressione di essere desideroso di andarsene. Erano appena le dieci e un quarto e tutti i presenti - a parte Aurora che, esattamente come lui, doveva sentirsi spiazzata da tutte quelle chiacchiere - erano impegnati in conversazioni senza né capo né coda. La più scatenata di tutti era zia Loredana, che dopo l'ennesimo bicchiere di vino si stava lasciando andare più del solito. Per qualche strano motivo, sembrava desiderosa di spiegare ai vicini, autori dell'invito a cena, chi fosse esattamente Aurora, il tutto senza descrivere la sua famiglia in termini propriamente gentili.
«...Così, mia sorella e la madre di Aurora si persero di vista, ma la madre di Aurora, di tanto in tanto, continuava a scriverle e a cercarla.» Zia Loredana spostò lo sguardo su Aurora stessa. «Non offenderti, cara, ma non è che tua madre c'entrasse molto con l'ambiente che frequentavano Luisa e suo marito.»
Aurora annuì, distrattamente.
«Lo so.»
Zia Loredana si spinse ancora più in là.
«Diciamo che Aurora è una sorta di parente povera che Luisa ci tiene a invitare... senza offesa, Aurora.»
Aurora non dava segno di ascoltarla con grande partecipazione e, Oscar ne era certo, non era minimamente indignata dal fatto di essere stata definita "parente povera", per una semplice ragione: il giudizio di Loredana, offuscato dall'alcool, era l'ultimo dei suoi interessi. Era molto probabile che a sua volta stesse aspettando che venisse un orario ragionevole per andarsene.
Oscar non si aspettava che sua madre - decisamente più sobria della zia - intervenisse in quella conversazione, ma venne stupito dal contrario.
«Ovviamente non abbiamo mai considerato Aurora come una "parente povera".»
Zia Loredana ridacchiò.
«Certo, non è davvero una parente.»
«Non dire idiozie, Loredana! Io e la madre di Aurora eravamo molto amiche, un tempo. Certo, abbiamo iniziato a frequentare ambienti diversi, come hai detto tu, ma la stai dipingendo come una miserabile da evitare. Non l'ho mai considerata così. Sono sempre stata legata a Costanza, anche quando ci siamo allontanate. Ho anche accettato di essere la madrina di Aurora, al suo battesimo, nonostante fossero anni che io e sua madre ci vedevamo a malapena.»
«Non volevo essere scortese.»
«Sì, invece, volevi proprio essere scortese.»
«Allora vorrà dire che chiedo scusa ad Aurora.» Loredana si girò verso l'ospite. «Mi dispiace per quello che ho detto su di te e su tua madre.»
Aurora rispose, in tono distaccato: «Non c'è problema. So che Luisa ha sempre avuto stima di mia madre.»
«Di tua madre sì, di altre persone che frequentava un po' meno» ribatté Loredana, «Vero, Luisa?»
Oscar fissò sua madre, mentre rimaneva in silenzio per quello che gli sembrava fin troppo tempo. Infine, la sentì replicare: «Non so di cosa tu stia parlando.»
«Ricordo anche un'altra delle tue amiche, mi pare si chiamasse Floriana, quella che poi per un periodo lavorò da te come governante.»
Oscar sussultò. Quella conversazione stava per prendere una piega che non gli sarebbe piaciuta, ne era certo.
«Floriana? Sì, ricordo vagamente, ma sbagli, non eravamo grandi amiche. Per un breve periodo abbiamo abitato nello stesso posto. Non...» Oscar si rese conto che sua madre era in difficoltà. Evidentemente Loredana aveva tirato fuori un discorso che avrebbe di gran lunga preferito evitare. «A un certo punto, dopo essermene andata da casa dei miei genitori, da ragazza, ho affittato una stanza a casa di una vecchia signora che avevo conosciuto per caso. Aveva tanto spazio ed era completamente sola. Floriana era una delle altre ragazze. È stato prima di sposarmi. È così che ho conosciuto Floriana e, anni dopo, quando aveva bisogno di un lavoro, mio marito le ha offerto un posto come governante a casa nostra. A me non sembrava una buona idea, volevo chiudere con il passato... e, di fatto, con quel passato ho chiuso. Ti pregherei, quindi, di smetterla di ammorbare tutti con queste sciocchezze.»
«Floriana aveva un figlio, giusto? Un figlio che non era stato riconosciuto dal padre.»
«Sì, e non ha detto a nessuno chi fosse il padre.»
«A volte giocava con Oscar, me lo ricordo.» Zia Loredana si rivolse proprio a lui. «Non so se te lo ricordi tu, era un bambino che, per un certo periodo, passava un sacco di tempo con te.»
Oscar mentì: «Me lo ricordo vagamente, ma sono passati tanti anni. Ero bambino. Ci sono tante cose che non ricordo, di quando ero bambino, specie quelle che sono stato scoraggiato dal ricordare.» Se la prima parte di quell'affermazione era falsa, la seconda corrispondeva a verità. «La casa di quella signora trasformata in una sorta di pensione penso di ricordarmela.»
Sua madre si voltò di scatto verso di lui.
«Oh, no, è impossibile.»
«Io invece ti dico che è possibile» ribatté Oscar. «È possibile che tu mi ci abbia portato, a un certo punto?»
«Perché avrei dovuto?»
«Non saprei. Magari per andare a trovare quell'anziana signora, oppure Floriana, se abitava ancora là, o qualcun'altra delle coinquiline.»
Vide sua madre annuire, un po' come se le avesse messo in bocca la scusa perfetta, alla quale non aveva pensato in precedenza.
«Oh, è possibile. Sono tornata più di una volta, dopo essermi sposata con tuo padre, a trovare qualcuna di loro, ma non ricordavo di averti mai portato con me. Non so, forse mi hai sentito parlarne e ti sei costruito dei ricordi. Eri piccolo, dopotutto.»
«Può essere» replicò Oscar. «Io, però, sono sicuro di esserci stato, e non solo una volta. Ho dei ricordi abbastanza vividi. Comunque capisco, se quello era un periodo poco bello della tua vita, che volessi dimenticare. Anzi, ti dirò, non è possibile che ne sia venuto a conoscenza per caso. Non ti ho mai sentito parlarne, perché non ne parlavi mai. Anzi, non sono sicuro che la zia stasera abbia fatto una bella cosa, tirando fuori l'argomento.»
«Tua zia stasera ha bevuto un po' troppo, vero, Loredana? Non sa quello che dice, non sa tenere a freno la lingua. Ad ogni modo non ha importanza. A chi interessa della casa della signora Caterina e delle sue pensionanti? Chissà che fine hanno fatto, ormai. le ragazze, intendo, la vecchia ormai sarà morta da anni.»
Era chiaro che per zia Loredana il discorso non era chiuso.
«Quella Floriana conosceva la verità?»
«Quale verità?»
«La verità.»
«Non so di cosa tu stia parlando.»
«Lo sai, Luisa. Quella Floriana sapeva quando ti eri sposata davvero.»
Oscar decise di intervenire a sostegno della madre, anche se non era certo che la versione dei fatti che gli era stata comunicata molti anni prima dal padre corrispondesse totalmente a verità. Si trattava comunque di una versione ufficiale, seppure riservata al loro nucleo familiare, quindi riteneva potesse essere divulgata senza troppi problemi. Ciò che poteva essere considerato uno scandalo negli anni '50, aveva fortunatamente perso il potere di indignare la morale pubblica a distanza di trentacinque anni.
«Non c'è niente di segreto, zia. Io stesso l'ho scoperto da papà, che lui e mamma si sono sposati qualche anno dopo che vivevano insieme e dopo la mia nascita.»
Oscar si ritrovò con gli occhi di sua madre fissi su di lui.
«Cosa ti ha raccontato?!»
«Che si era sposato, in giovane età, e che quando vi siete conosciuti era già separato dalla sua prima moglie da anni, che ti amava, ma che non poteva sposarti, almeno finché quella donna era in vita. Era la figlia del suo socio in affari.» Oscar vide che Aurora appariva improvvisamente interessata. «Immagino che non sia esattamente questa la versione che racconti tu, ma non c'è niente di male, ti pare? Io sono nato prima che voi vi sposaste e se la sua prima moglie non fosse morta non avrebbe potuto sposarti, tutto qui.»
Gli parve di scorgere almeno un po' di sollievo sul volto di sua madre. Forse c'erano altri dettagli della storia che non conosceva, ma la situazione era stata salvata. I vicini si misero in gran fretta a parlare d'altro e ben presto quella parte di conversazione venne dimenticata, almeno in apparenza.
Oscar attese ancora un po'. Erano le dieci e quaranta, quando annunciò che sarebbe andato a farsi una doccia e poi a dormire. Aurora avrebbe dovuto, a quel punto, rimanere seduta a tavola ancora un po', per non destare sospetti.
Rientrò in casa e si diresse verso il bagno. Mentre l'acqua gli scrosciava addosso, andò a cercare nei cassetti della propria memoria tutti gli accenni che aveva sentito, anche prima della "confessione" di suo padre, a proposito della cosiddetta oscura vicenda che riguardava il suo concepimento e la sua nascita.
Era abbastanza certo che la parte relativa al primo matrimonio di suo padre corrispondesse a verità e che fosse davvero stato sposato con la figlia del suo socio in affari.
"Ovviamente, se fosse venuto fuori il discorso in qualche circostanza, mamma avrebbe negato, dato che hanno sempre fatto credere, a chiunque non potesse sapere il contrario, di essersi sposati un anno prima che io nascessi."
Tutto il resto, la separazione e il fatto che, al momento della sua nascita, i suoi genitori vivessero già insieme, non poteva provarlo in alcun modo. Quello che era certo era che, dopo la morte della prima moglie, suo padre si era risposato con sua madre. Il suo socio in affari, a quel punto, era già morto a sua volta e non vi era più nessuno a cui dovesse rendere conto delle proprie azioni.
"Ma la madre di Nico cosa c'entra in tutto ciò?"
Sua zia Loredana aveva menzionato Floriana e il fatto che potesse conoscere verità scomode. Non era forse una verità di cui anche altre persone erano al corrente? Era plausibile che una vecchia coinquilina di sua madre sapesse che aveva iniziato una relazione con un uomo che viveva separato dalla moglie, ma si trattava di un segreto condiviso.
"Non è possibile che sia andata così, se davvero mamma voleva liberarsi di lei deve esserci sotto qualcos'altro. Però, più probabilmente, sono solo vaneggiamenti alcolici della zia."
Oscar smise di riflettere e si limitò a pensare che, di lì a poco più di un'ora, avrebbe potuto dimenticare tutto, così come un giorno più tardi avrebbe potuto andarsene e lasciarsi alle spalle quella parentesi trascorsa nella casa al mare.
Quando uscì dal bagno, si rese conto di avere ancora molto tempo a disposizione. Si infilò il pigiama più elegante che avesse portato con sé, anche se era un po' troppo pesante per quella stagione, e si sedette sul letto, chiedendosi se Aurora si sarebbe davvero presentata o se ci avesse ripensato. Se così fosse stato, la colpa poteva essere attribuita a quella svitata di sua zia, che l'aveva definita senza mezzi termini "parente povera". Possibile che non avesse nemmeno un minimo di contegno? Si poteva dare la colpa all'alcool che le aveva sciolto la lingua, ma chi avrebbe avuto l'indecenza di definire un'ospite con quelle parole, se non l'avesse pensato anche da sobria?
Oscar rimase seduto sul letto per parecchi minuti, ma l'attesa era straziante. Si spostò alla scrivania e si mise a sfogliare il suo blocco di appunti. Sentiva la mancanza della sua macchina da scrivere, ma ne avrebbe potuto fare a meno, per quella sera. Prese una penna e si mise a scarabocchiare distrattamente il bordo di una pagina sulla quale aveva a suo tempo steso una scaletta di un progetto sul quale intendeva lavorare. Poi si mise alla ricerca di una bianca e le parole gli vennero fuori di getto.
Più tardi, non si accorse dell'arrivo di Aurora fintanto che la porta non si scostò e non la sentì chiedere: «Posso entrare?»
Trattenne a stento un sussulto e rispose: «Sì, vieni pure.» Non fece in tempo ad allontanarsi dalla scrivania, né gli venne in mente di chiudere il blocco, anche perché c'era una faccenda più urgente da risolvere. Aurora indossava un paio di sabot con il tacco alto, che rimbombavano a ogni passo. «Togliti le scarpe, le due svitate potrebbero sentirti.»
Aurora se le sfilò, richiudendo la porta alle proprie spalle.
«Scusa, non ci avevo pensato.»
Oscar non poteva fare a meno di fissarla. Portava un indumento difficile da definire, troppo sexy per essere una camicia da notte, ma allo stesso tempo inadeguato per essere considerato una sottoveste. Le stava benissimo, come del resto qualunque cosa sarebbe stata bene addosso a lei.
«Wow, sei uno schianto.»
Aurora sorrise.
«Grazie.»
Gli si avvicinò e Oscar ci tenne a puntualizzare: «Mi dissocio da tutto quello che ha detto mia zia... e magari anche da quello che ha detto mia madre, ma non penso che almeno lei ti abbia insultata.»
Aurora alzò le spalle, con indifferenza.
«Ho sempre saputo cosa pensa Loredana di me. Tua madre è sempre stata molto più gentile. Voglio dire, probabilmente pensa davvero a me come una sorta di "parente povera", ma per lei non ha una connotazione negativa.» Non doveva essere molto interessata a quell'argomento, dato che il suo sguardo andava a posarsi sul blocco ancora aperto. «Ho interrotto qualcosa?»
«No.»
«Stavi scrivendo?»
«Stavo abbozzando una cosa, ma avevo già finito, per il momento.»
«Posso leggere?»
Oscar sospirò.
«Non penso di poterti dire di no.»
«Una poesia di Olivia Passante?» azzardò Aurora, prendendo in mano il blocco.
«Una poesia di Oscar Molinari, per il momento, e destinata a non essere letta da nessuno, se non da te.»

So che ti affascino
Da quando ti ho detto
Che vivere è uno stato d'animo,
Rischi di impazzire,
Di non volere vedere,
Sai che finché mi ammiri
Allora vivi, anche se non respiri.

Poi bruci,
Tutto è distrutto,
Il tuo sguardo è vuoto
Quanto ti vesti a lutto,
Poi te ne vai,
Mi dici: dimenticami,
Non tornerò mai.

Avevamo in mano le carte,
Tra la gloria e il potere,
Gli applausi costruiti ad arte,
Dolceamara malinconia di vita,
Non so più chi ha deciso
Di truccare la partita,
Ci credevamo determinati e accorti,
Ma abbiamo perso tutto
E mi hai detto: presto saremo morti.

Non ti trattengo,
Ma ci penso per ore,
Non so cosa provo, se odio o amore,
Sfuggi al mio sguardo,
Vorrei inseguirti,
Ormai sono in ritardo:
Chiudi gli occhi,
Scivoli via,
Mi trascini nella tua follia.

Mi dici: per me non sei più niente,
Ma non dimenticherai,
Tormenterò la tua mente,
Cercherai di scappare,
Mentre piove a dirotto
Sentirai la mia voce
Come un nastro rotto,
Proverai a fuggire in volo,
Ma nessuno di noi sarà mai solo.

A volte ti immagino
E ancora mi dico
Che vivere è uno stato d'animo,
Magari avrò torto,
Ma non penso che respirare
Significhi sempre non essere morto.

In questo finale amaro
Ancora non vedo chiaro,
Sento la tua voce,
Non so più se il tempo
Scorre lento o veloce,
Vorrei tornare a quando eravamo felici,
Non voglio più fuggire,
Ti ascolto mentre dici:
Adesso stai per morire.

Ti ho qui davanti,
Non te ne sei mai andato,
Ci fissiamo come gemelli
Con il cuore spezzato,
Sospesi tra la gloria e il potere,
Tu con le ali bianche,
Io con le ali nere.

Tu inseguivi i sogni
Che io sempre distruggo,
Mi dici: sono qui,
Stavolta non ti sfuggo,
Nonostante tutto
Ti voglio ancora bene
E ancora non ci credo
Che adesso siamo insieme.


Aurora parve immersa nel testo, ma Oscar era sicuro che ben presto si sarebbe concentrata su altro.
«La trovo molto profonda» commentò Aurora, dopo avere terminato la lettura, dimostrandogli che si sbagliava. «Davvero, mi ha colpito, nel profondo dell'anima. Parli di anime gemelle, ma dopo un amore finito?»
«Non lo so nemmeno io di cosa parlo» mentì Oscar. «Pensavo a due lati della stessa persona, che convivono in un solo corpo. Quello più innocente tende a soccombere, ma senza spegnersi totalmente e senza arrendersi al lato più oscuro, che cerca di riemergere e di annientare la parte che ha cercato di cancellarlo. Non so se mi spiego, tu sei una prof di matematica, magari sei più razionale di me e tutto quello che viene da chiederti è se sono ubriaco.»
«Oh, no, per niente» replicò Aurora, appoggiando il blocco sulla scrivania. «Anzi, mi piace questo lato romantico di te. Però c'è dell'altro, vero? Questa spiegazione sui due lati della stessa personalità è bella, ma non mi convince. Ci leggo qualcosa di più personale.»
«Forse» ribatté Oscar, «Faresti meglio a leggere altre cose. Non so, equazioni e disequazioni.»
«Ci leggo una dedica a una persona cara che non c'è più, e forse quello che penseresti se potessi rivederla» insisté Aurora. «È quel tuo coinquilino figlio della governante, vero?»
«Non ti ho invitata qui per parlare di Nico. Anzi, proprio non mi va di parlare di Nico.»
«Cos'è successo?»
«Non ti arrendi mai, vero, prof?»
«Non finché non ho risposte. Eravate amanti?»
«Amanti? Io e Nico? No, era come un fratello per me. E poi a me piacciono le belle donne, non gli uomini dall'aspetto nella media.»
«Però eri molto legato a lui.»
«Ti ho detto che lo consideravo come un fratello.»
«È morto, vero?»
Oscar sbuffò.
«Sì, è morto. Sei contenta, adesso che lo sai?»
«No, anzi, mi dispiace molto» rispose Aurora, con tono sincero. «Mi dispiace per lui, ma anche per te.»
«Non devi dispiacerti per me» obiettò Oscar. «Io ho solo fatto dei casini e, se Nico non c'è più, in parte è anche colpa mia. Ha fatto delle scelte sbagliate, verso cui io stesso l'ho spinto. Però non ti ho chiamata qui per parlarti dei miei deliri interiori.» Chiuse il blocco. «Questa è solo una bozza, ci lavorerò su in un altro momento. Adesso ho qualcosa di più importante di cui occuparmi, sempre ammesso che tu non preferisca trascorrere la notte a discutere di amicizie terminate tragicamente e di poesia.»
Si alzò in piedi, allungò una mano e fece per abbassarle una spallina dell'indumento non definibile che portava.
«No, aspetta» lo pregò Aurora, «Non con tutta questa luce. Tua madre e tua zia potrebbero vederla dal cortile. Non devono pensare che tu sia venuto nella tua stanza a dormire?»
«Va bene, spegniamo la luce, ma almeno l'abat-jour me la concedi?»
Aurora andò a spegnere l'interruttore.
«Sì, certo.» Mentre Oscar andava ad accenderla, si diresse verso il letto. «Io sono pronta. Tu?»


NOTE: la poesia "Gemelli con il cuore spezzato" è inserita nella mia raccolta "Elogi e necrologi nascosti in cassaforte". L'interpretazione originale a cui avevo pensato, prima di inserirla in questo capitolo, al quale ho pensato si potesse adattare, era quella che viene fornita inizialmente da Oscar, ovvero il contrasto tra due aspetti di una stessa personalità.
   
 
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