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Autore: crazyfred    03/12/2022    1 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 27


 
 
 
Al Circolo Canottieri Roma Alessandro aveva iniziato ad andare subito dopo il rientro in Italia, grazie a Claudia e ai suoi genitori che erano soci storici e lo avevano in un certo senso patrocinato. Non che fosse interessato minimamente alla canoa, ma era uno di quei posti che urlava classe dirigente a pieni polmoni, con mobili in radica e poltrone Frau, piscina e campi da tennis sul Lungotevere e uno con le sue ambizioni non poteva non farne parte: da che mondo è mondo gli affari passano anche da un terreno in terra rossa e i migliori accordi vengono siglati con un brindisi ad un tavolo del circolo alla fine dell’incontro. Tuttavia uno come lui, con un cognome così ordinario e senza genitori impiegati in un ministero o in qualche stanza dei bottoni, difficilmente poteva presentarsi in un posto del genere e semplicemente dire salve, vorrei diventare socio. Con una moglie borghese, invece, le porte si aprivano in una maniera straordinariamente veloce. Il suo portafogli poi aveva fatto il resto, inclusa la Gold Card per il trattamento migliore – un giovane manager dalle grandi prospettive pretende solo il meglio – e la possibilità di muoversi come voleva, quando voleva e con chi voleva, a discapito delle regole ferree sugli ingressi.
“Non pensavo te la cavassi così bene a tennis!” esclamò, asciugando il sudore con l’asciugamano – messo a disposizione dal circolo, ovviamente. Quando Alessandro non frequentava il circolo per business, generalmente preferiva la piscina, la sala attrezzi o la sauna per rilassarsi; tuttavia, con la giusta compagnia, una partitella di tennis non si disdegnava mai. Si era fatto accompagnare da Paolo che lo aveva appena battuto – o meglio stracciato 5 a 2.
“Dovresti saperlo che noi sportivi sentiamo forte il senso di competizione in qualsiasi sport” decretò l’amico e Alessandro non poté che dargli ragione, avrebbe dovuto prevederlo “e comunque il tennis è arrivato anche a Roma Sud, non viviamo nelle caverne” Paolo omise che per l’occasione Monica lo aveva costretto a prendere un completo da tennis nuovo di zecca per non sfigurare in mezzo a tutti quei signorotti del centro.
Alex sorrise sotto i baffi mentre riponevano le racchette nelle custodie e si preparavano a lasciare il campo e andare a cambiarsi, in tempo per l’apertura del buffet al ristorante del circolo.
“Scusa se mi faccio i fatti tuoi, eh, ma ho sto pensiero da quando siamo arrivati” disse Paolo, mentre percorrevano il viale alberato che li portava verso gli spogliatoi “ma non hai paura di incontrare tua moglie?”
A due passi dal centro, il circolo era un’oasi intima ed accogliente, lontana dalla confusione e dagli eccessi della mondanità nonostante le solite facce e lo snobismo di alcuni suoi membri: andando negli orari giusti, Alex riusciva a ritagliarsi i suoi spazi e a non essere costretto a fare conversazione con vecchie conoscenze dei suoi suoceri o peggio ad incrociare la sua ex signora moglie.
“Nah, se la conosco bene d’estate viene solo per l’aquagym alle 9 di mattina 3 volte a settimana. E non è tipa da sconvolgere la sua routine. E anche se fosse chi se ne frega, mica ha l’esclusiva sulla location …” concluse, tenendo per sé che la tessera di Claudia l’aveva pagata di tasca propria negli ultimi 16 anni, quindi al massimo, se c’era una persona aveva la prerogativa sul posto tra loro due, quella persona era proprio lui.
Se Alex aveva fatto bene i calcoli per evitare Claudia, altrettanto non si poteva dire per una sua vecchia conoscenza. “Direttore carissimo!” alle loro spalle, la voce inconfondibilmente sguaiata e boriosa dell’avvocato De Stefanis. In quei mesi trascorsi da quella cena infausta ovviamente si erano rivisti, ma sempre in situazioni lavorative che non avevano lasciato spazio a un exploit dei suoi. Ora, invece, era proprio il caso di dire che aveva campo aperto.
“Avvocato!” esclamò Alessandro, tentando di restare impassibile e non dare il minimo cenno di fastidio nel vederlo; del resto, ormai, gli era del tutto indifferente, sperava solo di poter sbrigare quella pratica in breve tempo. “Cosa ci fai da queste parti?” domandò, stringendogli la mano come si farebbe con un estraneo o un cliente.
“La concorrenza mi ha eletto Segretario del Consiglio Direttivo, siamo venuti a presentarci e a parlare di alcuni progetti”
La concorrenza era il Circolo Canottieri Lazio, con cui ogni anno, proprio come nel calcio, sul Tevere si disputava un derby all’ultima vogata. Manco a dirlo, il circolo di Francesco non toccava palla, o remo, da tre anni ed erano assetati di rivincita.
“Ah, congratulazioni allora” si complimentò Alessandro “pensavo che alla fine ti fossi arreso e avessi capito da quale parte stare”
“Come le ho già detto molte volte, direttore, la Lazio è una fede, uno stile di vita, non si lascia solo perché le cose non vanno bene”
Contento tu, pensò Alessandro disinteressato.
“Ma allora, è tanto che non ci vediamo fuori dal lavoro … che racconti a Franceschino tuo?”
A differenza di Alessandro, Francesco si stava comportando – come sempre del resto – come nulla fosse. Alessandro faceva fatica a capire se si trattasse di una sorta di meccanismo di autodifesa, di autoconvincimento che per il vecchio compagno di università contasse ancora qualcosa oltre il suo lavoro di legale per la rivista, oppure se quello che gli aveva detto e il modo in cui aveva chiuso la loro amicizia ventennale per lui non contava un cazzo e tirava avanti per la sua strada.
“Ancora perso per la tua segretaria … come si chiamava … Malia, Magda …?!”
“Maya, si chiama, Maya … e non è la mia segretaria”
“Oddio scusami, sono stato indelicato … sei pure in compagnia…” disse, allusivo, come se quello che Maya per lui fosse solo un affaire da sottacere, Ma per Alex privato e segreto erano due cose ben diverse: non parlarne pubblicamente non era mai stata una scelta dettata dalla vergogna o dallo scandalo. “Non mi presenti?” domandò De Stefanis.
“Paolo Bianchi” si presentò da solo l’amico, immediatamente, stringendo la mano dell’avvocato “io e Alex ci conosciamo da una vita, siamo cresciuti insieme a Testaccio”
Alex studiò l’amico per un istante e vide che era perfettamente in controllo della situazione; sapeva precisamente cosa fare, citando Testaccio e rimarcando la vecchia data della loro amicizia. Francesco conosceva chiunque avesse qualche soldo e un minimo di importanza a Roma e forse al suo occhio Paolo aveva tutta l’aria di un pesce fuor d’acqua, la stessa che aveva Nicola durante le loro rimpatriate. Alex non ci faceva caso a quelle cose, ma uno come De Stefanis che viveva la sua vita come un parassita, costantemente nella speranza di sfruttare la luce riflessa di qualcun altro, a partire dalla carriera del padre, doveva aver capito che non era uno di loro. Ma Paolo, da furbo ragazzo di borgata, aveva giocato una carta migliore: lui era lì perché Alessandro, suo amico, lo aveva voluto lì, e quella era una credenziale sufficiente. 1-0 per Bianchi, palla al centro.
“Ma ho saputo che un altro genere congratulazioni è d’obbligo” Alessandro provò a sviare il discorso, attirando l’attenzione di Francesco; ricordava fin troppo bene quanto sapesse essere vendicativo ed era pur sempre un avvocato: la retorica e le invettive erano il suo pane quotidiano. Se avesse voluto, avrebbe incenerito e umiliato Paolo in un secondo e stava a lui evitarlo. “Non è così … papà?”
Un paio di settimane prima era comparsa sui social una foto in bianco e nero di Francesco che abbracciava una ragazza di un’età verosimilmente compresa tra i 18 e 25 anni, la quale sfoggiava un pancino arrotondato sotto una vestaglia trasparente. Alla fine era successo proprio quello che Alessandro aveva previsto: che per un incidente di percorso, per salvare la sua reputazione, sarebbe stato costretto a mettere la testa a posto. Se fosse stato immaturo come lui avrebbe gongolato di fronte a quella notizia, perché fino a poco tempo prima gli raccomandava di spassarsela e di trattare le donne come un piacere temporaneo, come se fossero oggetti, da cambiare appena ci si stufa.
“Che ti devo dire direttore … me so fregato co' le mani mia. Ti ricordi quando dicevo che te’nculano sempre con le SmartBox? Beh … le amiche je vanno a regala’ la Smart Box Notte Romantica per il compleanno, solo che nel pacchetto se so’ scordate i preservativi” spiegò, con la sua solita becera ironia che però non a lui non faceva più ridere “Ora m’aspettano come minimo 18 anni di mansioni usuranti, per altro non retribuite. C’è margine per una vertenza sindacale?” E lasciò andare ad una delle sue risate rozze e sfacciate, che non ricordava essere così sgradevoli. “Scherzi a parte, direttore” provò a recuperare, notando lo sguardo di disapprovazione di Alessandro, dandosi un tono “hai davanti a te un uomo nuovo. È una profonda lezione di coraggio”
Sì, lo era, ci voleva proprio coraggio ad accogliere una vita completamente dipendente da te, soprattutto in questi tempi bui e completamente folli. Alex si augurava, per quella creatura, che il suo vecchio amico lo capisse, ma non ci sperava troppo.
Degli uomini in cima alla gradinata che portava alla casina del circolo richiamarono l’avvocato, impedendogli di continuare la conversazione per la gioia di Alessandro e Paolo che poterono finalmente andare a fare un’agognata doccia e a proseguire la loro giornata tra amici.
“Aveva ragione il tuo amico…” esordì Paolo mentre sedevano al tavolo dopo essersi serviti al buffet.
“Non stare a sentirlo quello” troncò in fretta Alessandro “oggi non mi capacito di come abbiamo fatto ad essere amici per oltre vent’anni. Dovevo capirlo quando l’ho scelto come testimone di nozze che il mio matrimonio con Claudia non partiva con le migliori premesse”
Battute a parte, erano quanto di più diverso ci fosse sulla carta. Ma ad Alex di venticinque anni prima, uscito dal quartiere, catapultato tra la gente che contava e con sogni di gloria difficili da realizzare solo con le proprie forze, concentrato sul suo obiettivo di diventare qualcuno nell’editoria, poco interessava della gente che aveva intorno, purché soddisfacesse i suoi bisogni. E Francesco, con la villa all’Olgiata e lo studio da ereditare vicino a Villa Borghese era l’amico perfetto così come Claudia era la moglie ideale per il suo cursus honorum. Sprezzante e calcolatore per alcuni, a lui compiaceva di definirsi machiavellico. Per fortuna, però, si era svegliato, anche se con almeno una decina di anni di ritardo.
“Sì, ok, però sulla cosa della paternità aveva ragione. Cazzo se ci vuole coraggio…”
“A chi lo dici” confermò Alessandro, versando ad entrambi del vino. Poi, si fermò un’istante mentre riponeva la bottiglia nel cestello del ghiaccio: una lampadina si accese. “Mi devi dire qualcosa, Paole’?” domandò, guardandolo inquisitorio.
“Monica m’ammazza se te lo dico, non abbiamo ancora fatto la prima ecografia … oh cazzo!”
Alessandro rise sotto i baffi alla gaffe del compagno che, con la mano davanti alla bocca, aveva tutta l’aria di chi avrebbe volentieri ripreso quelle parole appena dette con le mani e rimetterle al loro posto, nella sua bocca. Prese allora il bicchiere e lo alzò in aria. “E tu infatti non mi hai detto niente, me lo direte quando vi sentirete pronti. Alla salute ragazzi!” proclamò, strizzando l’occhio, sagace.
“Grazie!” rispose l’amico, seguendolo nel veloce brindisi e buttando giù il vino in un sorso solo “avevo bisogno proprio di sputare questo rospone”
“Dai, sfogati, ti vedo nervosetto …”
“Non mi fraintendere, era da tanto che lo volevo … che lo volevamo, ma c’era sempre qualcosa che ci faceva rimandare e quando è arrivato il momento non arrivava” iniziò “ora però detto tra me e te me la sto facendo letteralmente addosso”
“Perché?”
“Come perché Alessa’? Le donne … loro sono fortunate, hanno 9 mesi per prepararsi, li sentono crescere, i calcetti … ma a noi un bel giorno di punto in bianco ce li mettono in braccio e buona fortuna, quando fino a poco prima tutto ciò che vediamo è un pancione e un video dell’ecografia.”
In pochissime parole Paolo aveva descritto esattamente come Alessandro aveva vissuto l’arrivo di Edoardo. Tutto preso dalla sua carriera, aveva ceduto alla richiesta di Claudia pigramente, convinto che ci sarebbe voluto più di qualche tentativo per avere un test positivo. In più quella gravidanza aveva cambiato Claudia. D’improvviso tutti i bei progetti di carriera non le interessavano più: date le dimissioni nello studio dove lavorava, era determinata a diventare madre e a fare di quello la sua principale vocazione. Ad Alex sembrò strano ma non obiettò visto che aveva accettato che lui continuasse a lavorare per Vi Menn: questo però significava dover fare la spola tra Oslo e Roma, dove Claudia aveva voluto a tutti i costi trascorrere la gravidanza, vicino alla sua famiglia, e così quel bambino gli era sembrato reale solo quando lo aveva tenuto per la prima volta tra le sue braccia.
“Lo so, ma sono sicuro che te la caverai alla grandissima” lo incoraggiò.
“Come fai a dirlo? Mamma è morta che ero un bambino, papà lavorava di notte e dormiva di giorno … sono cresciuto da solo, non ho esattamente dei modelli a cui ispirarmi”
“Innanzitutto, lascia perdere i modelli che i ragazzini di oggi non hanno proprio niente a che fare con noi. Giulia è molto più sgamata di me alla sua età, figuriamoci delle nostre compagne di scuola” disse Alessandro, ridacchiando orgoglioso. Al di là di quel linguaggio da ultra della curva sud che ogni tanto le veniva fuori a causa di cugini troppo più grandi e molto più irruenti di lei, era una bambina estremamente sveglia e precoce per la sua età, le maestre dell’asilo lo dicevano sempre che la scuola materna le stava stretta ed era impaziente di vedere cosa avrebbe combinato alle elementari. “E poi non è vero che sei cresciuto da solo” continuò “casa nostra e casa Rossi erano sempre aperte per te. Se proprio vuoi ispirarti a qualcuno, mia madre e la signora Elisabetta sono modelli perfetti”
“E tuo padre?”
“No, lui no, è un impiccione complottista di prima categoria”
“Complottista?” domandò Paolo, perplesso ma divertito.
​“Non nel senso che crede alle teorie complottiste, nel senso 
che i complotti  li fa. Ti ho detto che si è organizzato con Maya per far avere un regalo di compleanno a mia figlia? E l’ha fatta pure conoscere a mamma, ti rendi conto?” Paolo scoppiò a ridere, incredulo, eppure quella cosa era così da Cesare. Solo lui avrebbe potuto fare una cosa simile. “Lui dice che è stato un caso, ma non porti mia madre dalla signora Elisabetta sapendo che Maya abita lì di fianco”
“A proposito di Maya…” lo interruppe Paolo “non mi hai raccontato niente di Capalbio. Dopo che ce ne siamo andati tu sei rimasto …”
“Non cambiare argomento … stavamo parlando della tua imminente paternità” Alex cercava di evitare quel fosso in cui Paolo lo stava costringendo.
“Non è poi così imminente, abbiamo i prossimi 9 mesi per parlarne e tu manco dovresti sapere nulla ancora, quindi passiamo a cose più urgenti. Allora, com’è andata?”
Già, com’era andata? Se lo era chiesto anche lui durante il viaggio di ritorno quella notte e la conclusione che era riuscito a darsi, la più semplice e quella che soprattutto gli avrebbe risparmiato notti insonni e bruciori di stomaco era che tutto sommato era andata bene. Era partito senza sapere cosa aspettarsi da quella serata, consapevole che c’erano miriadi di possibilità da contemplare tra un calcio ai testicoli e una notte d’amore in una camera d’albergo e non poteva scartarne nessuna. Lui, che era un cervellotico calcolatore, aveva pensato a lungo a cosa dire durante il viaggio, ma una volta arrivato lì aveva dimenticato tutto, aveva dimenticato persino cosa ci era andato a fare lì: era per Giulia? Per impressionare Maya facendo quel favore a sua madre? O solo ed esclusivamente per sé stesso? Alla fine si era messo a condurre lui il gioco e lei nemmeno se ne era accorta, convinta di star guidando quella ideale partita, c’aveva flirtato ed era stato bello perché non era stata solo seduzione fisica, ma molto di più. Aveva ritrovato Maya nel suo lato più bello, quello dove era possibile parlarsi a cuore aperto senza neanche rendersene conto, quello del dirsi le cose timidamente ed un attimo dopo ridere di quello stesso impaccio. C’era mancato veramente poco che non cedesse ma forse era stato meglio per tutti e due, perché Maya non era ancora pronta e avrebbero fatto lo stesso errore di quando tutta quella storia era iniziata.
“Bene” concluse, conciso.
“Bene? Che me rappresenta bene? Bene non mi vuole più mettere le mani addosso per evirarmi quando mi vede o bene mi ha messo le mani addosso per...” si interruppe un attimo per guardarsi intorno – erano pur sempre in un club estremamente chic “… va beh m’hai capito, famo i signori”
“Nessuna delle due” disse Alex, scuotendo la testa e vergognandosi di essere arrossito come una scolaretta per quell’insinuazione “bene che m’ha lasciato un portone aperto, avevi ragione tu”
“Ooooh ci sei arrivato finalmente” Paolo spalancò le braccia, vittorioso ed estenuato “lo vedi che quei due neuroni con la laurea se ti ci metti d’impegno funzionano ancora come a noi comuni mortali?!”
“Solo che ha detto di avere bisogno di tempo”
“Stronzate!” commentò Paolo lapidario, mentre iniziava a lavorare sul suo piatto con coltello e forchetta “Cioè … non è una stronzata quella che ti ha detto, lei ci crede davvero, ma è una cazzata dettata dalla paura e sta a te convincerla del contrario. Altrimenti campa cavallo che l’erba cresce”
“E che dovrei fare, sentiamo?”
“Riconquistala, ma non come hai fatto finora, come un cane bastonato che implora perdono e riga dritto. Adesso devi ricordarle quanto era bello stare insieme, falle capire che le mancano le cose che facevate insieme, roba così…”
“Ti dovrei affidare una rubrica per cuori infranti, Paole’, sei incredibile … il dottor Stranamore , l’allenatore dei cuori
“Per carità, con Monica in piena tempesta ormonale mi manca solo quello” dichiarò, scoppiando a ridere insieme al suo amico.
Paolo però aveva ragione, quella sera a Capalbio si erano ritrovati precisamente perché avevano ricordato quei giorni, i sogni e i piani per la bella stagione che non erano stati in grado di realizzare. Tutto era andato distrutto perché la vita si era infranta su di loro come un’onda su un castello di sabbia e ma l’idea, la sostanza e la voglia di ricostruire c’era in entrambi, bisognava solo trovare il coraggio di ricominciare.

 
Spero possiate perdonare il leggero ritardo nella pubblicazione, ma con il lavoro non ero nemmeno sicura di riuscirci. Ad ogni modo questo capitolo è più leggero: ritroviamo una vecchia conoscenza e vediamo che fine ha fatto rispetto all'ultima volta che lo avevamo visto. Chi la fa l'aspetti è il caso di dire...
Poi abbiamo un momento tra uomini che serve a chiarire meglio le idee ad Alessandro che, si spera, ora avrà le idee più chiare. Ma anche Paolo aveva decisamente bisogno di un incoraggiamento. Io li trovo tanto carini insieme come amici, molto meglio di quel grezzone dell'avvocato, non trovate?
Appuntamento a martedì prossimo,
Fred ^_^
   
 
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