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Autore: My Pride    05/12/2022    1 recensioni
~ Raccolta Curtain Fic di one-shot incentrate sulla coppia Damian/Jon + Bat&Super family ♥
» 79. With all my life
Le note di Jingle Bells risuonavano a ripetizione negli altoparlanti del centro commerciale e diffondevano quell’aria natalizia che si respirava in ogni punto della città di Gotham, dai piccoli magazzini, negozi di alimentari e ristoranti ai vicoli che circondavano ogni quartiere.
[ Tu appartieni a quelle cose che meravigliano la vita – un sorriso in un campo di grano, un passaggio segreto, un fiore che ha il respiro di mille tramonti ~ Fabrizio Caramagna ]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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By your side Titolo: By your side
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 1574
parole fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne,
Jonathan Samuel Kent, Thomas Alfred Wayne-Kent (OC)
Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Fluff, Smut
Avvertimenti: What if?, Slash, Hurt/Comfort
Advent Calendar: 202. La tua voce


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved
.

    Fu un canto ad accoglierlo appena rientrato in casa, una nenia che non aveva mai sentito fino a quel momento, parole che si susseguivano le une alle altre e sembravano fondersi col silenzio della grande casa.

    Sbattendo le palpebre, Jon si tolse la giacca e, appendendola all’attaccapanni prima di chiudersi la porta alle spalle, ci mise un secondo di troppo per capire che quella voce era di Damian; in silenzio, si tolse le scarpe per sostituirle alle ciabatte e si guardò intorno, seguendo quel canto fino in camera di Tommy. Seduto sul materasso, con una pezza che strizzava fra le mani e con cui di tanto in tanto bagnava la fronte del bambino, Damian stava cantando una ninna nanna in arabo per conciliare al figlio il sonno agitato, scostandogli di tanto in tanto i ciuffi di capelli ribelli che gli si incollavano al viso. Con le palpebre tremanti e le mani strette intorno ai bordi della coperta, Tommy stava a sua volta mugugnando qualcosa in preda ai deliri della febbre, e a Jon si strinse il cuore nel vederlo così.

    Era stato via per lavoro un paio di giorni e, tutte le volte in cui aveva chiamato, Tommy stava bene – gli aveva raccontato per filo e per segno tutto quello che aveva fatto a scuola, quanto aveva preso nelle interrogazioni e nei compiti in classe, facendo ridacchiare Jon –, vederlo quindi malato faceva soffrire il suo cuore di padre; Damian stava continuando a cantare e Jon non era certo di voler interrompere quel momento, immobile sul ciglio della porta con le braccia abbandonate lungo i fianchi, ma fu proprio il compagno a fargli un cenno, poggiando la pezza umida sulla fronte di Tommy.

    «Bentornato, J», sussurrò, voltandosi verso di lui per rivolgergli un piccolo sorriso stanco. Aveva le occhiaie, simbolo che lui stesso non aveva dormito molto, e i capelli scompigliati, quasi avesse riposato un po’ gli occhi proprio lì, con la testa poggiata sul letto di Tommy per assicurarsi di poter controllare le sue condizioni.

    «Ehi…» lo salutò con un cenno del capo prima di avvicinarsi, rubandogli un bacio a fior di labbra qualche istante dopo nel gettare uno sguardo a Tommy. «Come sta?» chiese subito, vedendo Damian passarsi una mano fra i capelli.

    «Abbastanza bene, adesso. Stanotte è stata… dura».

    «Cos’è successo?»

    «Lamentava mal di pancia, ha dato di stomaco, aveva i brividi… la febbre si è alzata all’improvviso. A quanto pare molti suoi compagni di classe sono a casa nelle stesse condizioni». Damian diede un bacio sulla fronte di Tommy e si alzò in piedi, massaggiandosi la schiena. «Il medico ha parlato di gastroenterite. Mi ha consigliato di tenerlo a riposo e di integrare i sali minerali… come se non fosse ovvio», bofonchiò Damian, issandosi la bacinella fra le braccia. «Sono anch’io un dottore».

    «“Non quel tipo di dottore”», lo scimmiottò un po’ Jon, ignorando l’occhiataccia con cui lo fulminò Damian prima di borbottare chissà cosa tra sé e sé e uscire dalla stanza senza aspettare.

    Ridacchiando, Jon si prese un momento per carezzare i capelli di Tommy e sussurrargli qualche parola, dandogli a sua volta un bacio sulla fronte prima di raggiungere Damian. Stava riversando l’acqua nell’aiuola che circondava parte della casa per non sprecarla, e Jon lo raggiunse cingendogli i fianchi con un braccio senza che lui facesse una piega; Damian era ormai abituato alle sue improvvisate ed era stato addestrato dai migliori, avrebbe potuto anche sentire un filo passare nella cruna di un ago sfregando contro di esso, se avesse voluto. Lo vide solo rilassare un po’ le spalle, le dita strette intorno al bordo della bacinella e lo sguardo un po’ perso, ma al contempo attento a ciò che lo circondava.

    «Sei riuscito a mangiare qualcosa?» chiese Jon con un soffio al suo orecchio, conoscendo bene il compagno. Quando era preoccupato o troppo impegnato nel fare qualcosa, tendeva a dimenticare di mettere qualcosa sotto i denti esattamente come il resto della sua famiglia; Alfred aveva più volte ammesso di dover controllare che Bruce mangiasse i suoi sandwich con tacchino e jalapeño prima di lasciarlo al suo lavoro, dato che li lasciava lì anche per mezza giornata. Damian, per fortuna, non era arrivato a quei livelli nemmeno durante le notti di pattuglia, ma le vecchie abitudini erano dure a morire.

    «Una frittata al volo e due toast». Damian pose fine al filo dei suoi pensieri e Jon gli lanciò un’occhiata curiosa da sopra la spalla. «Ho avuto da fare anche alla clinica».

    «E le hai mangiate tutte oggi queste cose o durante questi giorni?» domandò di rimando Jon con un pizzico di ironia, ricevendo una breve occhiata prima che Damian gli rifilasse una leggera gomitata nello stomaco e ignorasse il suono goffo che gli uscì dalla bocca.

    «Idiota», bofonchiò, anche se nascose un sorriso quando Jon gli sfiorò un angolo della bocca con un bacio. «Se sei così preoccupato, andiamo dentro e aiutami a cucinare».

    Jon ridacchiò a mezza voce, ma fece un breve cenno col capo e allentò la presa intorno ai fianchi di Damian per lasciarlo entrare di nuovo in casa, entrando a propria volta; lavate le mani e preso tutto ciò che sarebbe servito loro, prepararono una cena veloce composta da carne e verdure alla griglia – Damian aveva optato per del tofu saltato in padella, essendo vegetariano – e la consumarono al bancone della cucina tra una chiacchiera e l’altra, aggiornandosi sugli ultimi giorni e su quanto non si erano potuti dire per telefono. Per quanto si fossero allontanati dalle scene e non fossero più eroi da molti anni, cercavano di tenersi aggiornati soprattutto a causa del fatto che i membri della loro famiglia continuassero a pattugliare le strade, quindi c’era sempre quella preoccupazione che non sarebbero mai riusciti a scacciare. E i momenti in cui potevano parlare di quella parte della loro famiglia si potevano contare sulla punta delle dita, visto che non avevano ancora la minima intenzione di raccontare a Tommy – secondo loro ancora troppo giovane, avendo solo otto anni – tutta la storia.

    Quando finirono, Damian andò a controllare il bambino mentre Jon si mise a pulire i piatti, prestando orecchio nel caso in cui fosse servito; anni addietro si sarebbe concentrato sul battito del cuore di Damian, ascoltato le sue parole e il suo respiro anche a distanza, ma aveva comunque imparato a “sentire” i segnali attraverso i rumori della casa, dagli scricchiolii delle assi di legno al suono più pesante a cui dava vita la protesi di Damian quando sbatteva sul pavimento. E, per quanto non fosse lo stesso, aveva imparato anche il battito cardiaco di Tommy sin da quando era un neonato. Era stato inconscio, una vecchia abitudine che gli era rimasta dal momento in  cui aveva perso i poteri, quella sensazione di vuoto e silenzio nelle orecchie durante la notte che aveva riempito dormendo contro il petto di Damian; e cullare Tommy fra le proprie braccia, stringerlo a sé con dolcezza e sentire la sua testolina contro il petto aveva aiutato Jon ad ascoltare quelle pulsazioni ad ogni abbraccio o ogni qual volta Tommy si intrufolava nel loro letto per dormire in mezzo a loro e accoccolarsi contro di lui. Anche se aveva perso i poteri, quello era qualcosa a cui Jon non era riuscito assolutamente a rinunciare.
   
    «Abbiamo un’ordinazione, signor Kent».

    La voce di Damian lo riscosse dai suoi pensieri per l’ennesima volta e, mentre stava poggiando padelle e quant’altro sullo scolapiatti, si voltò verso di lui con un sorrisetto divertito. «Tommy si è svegliato?»

    «Sì, e forse riesce a bere qualcosa di caldo, dice».

    «Un bel the in arrivo», disse Jon nel fare un cenno con due dita, asciugandosi in fretta le mani prima di afferrare il bollitore e mettere su l’acqua; con la coda dell’occhio vide Damian aprire la credenza e arraffare qualche biscotto, nel caso in cui Tommy fosse riuscito a buttare giù qualcosa.

    Dieci minuti dopo, entrambi entrarono silenziosamente un camera del bambino, trovandolo seduto sul materasso con la schiena poggiata contro la testata del letto; si stava massaggiando un po’ lo stomaco ed era pallido in viso, ma tutto sommato sembrava star meglio di quanto lo fosse stato quando Jon l’aveva visto qualche ora prima.

    «Ehi, campione», lo salutò con un piccolo sorriso, e al suono della sua voce Tommy sollevò immediatamente il capo e diede vita al sorriso più luminoso del mondo.

    «Papà! Sei tornato!» esclamò, gettandogli le braccia al collo quando Jon si avvicinò e prese posto sul materasso. «Mi sei mancato», sussurrò contro l’incavo del suo collo, e Jon ricambiò delicatamente la stretta.

    «Mi sei mancato anche tu, piccolo», mormorò nel ravvivargli i capelli all’indietro per guardarlo poi negli occhi. «Come ti senti?».

    «Mi fa ancora male la pancia, ma… volevo provare a mangiare qualcosa», ammise, sentendo un braccio del suo baba avvolgersi intorno alle sue spalle.

    «Ti ho portato dei biscotti insieme al the, ma non devi sforzarti, eaziz», lo rassicurò nel carezzargli la testa. «Mangia solo quando ti senti sicuro».

    «Noi restiamo qui a farti un po’ di compagnia, va bene?» aggiunse Jon nel sorridergli, tenendolo contro di sé nel sentire il bambino accoccolarsi contro di lui.

    «Promesso?»

    «Promesso», sussurrarono Jon e Damian nello stesso momento, e Tommy annuì piano mentre abbassava le palpebre, cullato da quella mano che gli carezzava i capelli e dal suono delle dolci voci dei suoi genitori.






_Note inconcludenti dell'autrice
Esattamente come lo scorso anno, questa storia è stata scritta per l'iniziativa #AdventCalendar indetta dal gruppo facebook Hurt/comfort Italia.
Qui alla fine fortunatamente non succede niente di male (oh, insomma, un po' di febbricola e qualche mal di pancia non è nulla in confronto a ciò che accade di solito in questa raccolta), ma abbiamo comunque Damian che si preoccupa giustamente per il suo bambino e gli canta qualche ninna nanna per allietare il suo sonno. E ovviamente arriva Jonno, dopo un lungo viaggio, e vuole subito sapere come sta il suo bel bambino
Una volt atanto faccio cose pucciose che meritano di essere vissute anche da questa famigliola, su!
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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