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Autore: Doux_Ange    06/12/2022    0 recensioni
Una raccolta di one-shot su momenti random tra Anna e Marco durante DM11-12-13, basati sui prompt che danno il titolo ai capitoli.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CIGARETTES
 
“Ti ha mai detto nessuno che fumare fa male alla salute?”
“Tutti quelli che mi hanno visto fumare almeno una volta. Benvenuto nella lista.”
Mi siedo accanto a lei, ridendo.
“Com’è, allora, che ti vedo fumare per la prima volta solo ora? Dopo tutti questi anni...” chiedo, curioso.
“Avevo bisogno di pensare… Come non accadeva da un bel po’ di anni,” risponde lei laconica.
Tu che non pensi per anni? Tu, che sei sempre dentro la tua testa?!” controbatto fingendomi scioccato, prendendola in giro.
“Smettila!” mi intima lei con un sorrisetto, dandomi una spallata bonaria. “Sono seria. Non è un pensare solito…”
“Ti va di condividere con me questi pensieri?” le chiedo allora, circondandole le spalle con un braccio, per scaldarla in un mezzo abbraccio.
Dopotutto è novembre. Da qualche giorno l’aria si è fatta più fresca a Spoleto, ancor più quando comincia a far buio. E Anna è seduta sulle scale, nel piccolo parco davanti casa, a proteggerla dall’aria pungente solo la giacca della divisa. 
Lei resta in silenzio per qualche secondo, soppesando la mia offerta e tenendo gli occhi sulla sigaretta ancora accesa. Poi scuote il capo. “No. Non ti piacerebbe, sapere quello che ho in testa…” risponde infine.
“Allora lascia stare la tua testa….” affermo, sfilandole lentamente la sigaretta dalle dita, “… e parlami del problema che ti ha spinto ad accenderla…” concludo, accennando a quel sottile strato di carta e tabacco che adesso tengo io.

Lei si lascia andare a una risata cupa voltandosi verso di me, con gli occhi luminosi per via della luce del lampione, ma spenti dal troppo pensare. “Credi davvero che io debba partire per la missione in Siria?” mi chiede, calma.
Se mi avessero chiesto tre anni fa che mi sarei ritrovato su queste scale a parlare con lei di questo argomento, avrei riso. Oppure mi sarei infuriato. Non mi aveva incluso nella sua scelta allora, e invece ora è turbata dal fatto che, apparentemente, io voglia che lei parta.
“Io credo solo che tu debba fare la scelta migliore per te…” rispondo sinceramente, limitandomi a fare spallucce.
Anche se la parte egoista in me avrebbe voluto rispondere con un secco ‘no’.
Non voglio che parta.
Ma stiamo parlando di Anna.
Lei ha sempre voluto partire, cogliere quell’occasione più unica che rara che, adesso, le si è inaspettatamente presentata una seconda volta, seppur in modo un po’ diverso.
Anche se ha deciso che vuole giocare con me per tutta la vita.
Osservo l’estremità ardente della sigaretta, il tizzone pronto a cadere da un momento all’altro, mentre lei soppesa le mie parole, ancora una volta, lo sguardo vacuo e fisso davanti a sé.

Accenna una risata, rivolgendomi un’occhiata obliquo. “L’ultima volta che ho fumato una sigaretta è stato al monastero, quando la storia con Giovanni è finita…” mi dice, lasciando fluire i pensieri.
“Aveva scelto Dio, lui. E io avevo scelto di lasciarlo andare, anche se mi faceva male. Perché non volevo essere egoista. Avevo lottato per fargli cambiare idea… ma non sarebbe stato giusto insistere.” Un sospiro interrompe per qualche istante il suo discorso, ma Anna riprende in un tono ancora più cupo di prima, che mi mette addosso una certa ansia. Non capisco dove voglia andare a parare, e non sono certo di volerlo scoprire. Ma non ho scelta, così attendo che continui. “E alla fine mi sono fermata a chiedermi se fosse veramente questione di egoismo. E soprattutto, mi sono finalmente posta la domanda più importante: se lo amassi veramente…” conclude scostandosi da me e chinando la testa. Evitando con ostinazione il mio sguardo.
“Dopo tutto quello che abbiamo vissuto, dopo tutto quello che ho fatto, stai veramente dubitando del mio amore?” le chiedo, non proprio offeso, ma stupito.
Lei alza lo sguardo, incontrando finalmente il mio. C’è stupore anche nei suoi occhi. Perché ho capito cosa la stava consumando dentro, come il fuoco sta consumando la sigaretta che tengo ancora in mano e le ho sottratto.

“Abbiamo mandato tutto all’aria perché non abbiamo parlato del Pakistan e tu non volevi che partissi… Ora invece mi dici che dovrei partire. Io… sono confusa… Cos’è cambiato da allora? Se è cambiato qualcosa,” ammette con tono sconfitto.

Essere confusa è un problema, per Anna.
Lo è sempre stato. Per questo pensa sempre. Soppesa tutti i pro e i contro. Anche quelli potenzialmente inesistenti.
“Io non ho mai pensato che tu non dovessi partire, all’epoca…” prendo a dirle, mentre lei mi fissa con i suoi occhi verdi, persa.
“Ero arrabbiato perché mi avevi escluso da una scelta che avrebbe condizionato la vita di entrambi. Ma non avrei mai posto resistenza alla tua partenza, se solo me lo avessi chiesto, me ne avessi parlato…” continuo poi. La vedo ritrarsi appena, così cerco di mantenere un tono calmo perché non voglio che si senta attaccata, o in colpa. “… e ora è uguale. Ne abbiamo parlato, discusso. È uno step importante per la tua carriera e credo tu debba considerare la possibilità di partire. Ma devi essere tu a scegliere. Per quanto possiamo affrontare il discorso, puoi decidere davvero solo tu,” le dico, prendendo la sua mano e intrecciando le nostre dita.
“Io ho scelto te. Ho già preso la mia decisione,” mi dice lei interdetta, ancora più confusa.
“Lo so. Ma se partissi per la Siria, la tua scelta non cambierebbe. Avresti comunque scelto me, e io sarei comunque qui per te, al tuo fianco anche se lontano fisicamente. Fiero di essere il futuro marito del Maggiore Anna Olivieri. Perché, alla fine della missione, sono certo, non saresti più un semplice Capitano…” dico sorridendo e stringendo più forte la sua mano.

“Perché mi spingi a partire? La verità. Non questa serie infinita di frasi fatte che mi stai propinando…” mi risponde lei, ora alterata. Ha capito anche lei che non sono stato sincero al cento per cento, così abbasso le difese anch’io.
“Perché so che se restassi, saresti più lontana da me che se fossi davvero in Siria,” rispondo guardandola dritta negli occhi.
“La felicità non dipende da una sola cosa o persona nella vita, Anna. Non è scegliendo me e restando qui che saresti felice. Non è nemmeno partendo e lasciandomi indietro che lo saresti. Sarai veramente felice solo quando accetterai l’idea che una cosa che ti rende felice non deve per forza escluderne un’altra che ti porta altrettanta gioia…” le dico. “Per questo ti sto spingendo a prendere in considerazione l’idea di partire se in te dimora anche quel desiderio… Io non scappo.” aggiungo, ridacchiando. Lei però mi rivolge uno sguardo che, inspiegabilmente, contiene una nota di delusione non troppo nascosta.

“Anche gli altri uomini che ho amato in vita mia avevano promesso di restare, e invece sono scappati alla prima prova. Perché questa volta dovrei essere sicura che non ricapiti? Anche tu sei scappato, in un certo senso, quando mi hai lasciata. Mi hai lasciata libera, ma tu te ne sei andato.”
“Perché sarei potuto andar via davvero duemila volte, invece sono ancora qui. Perché non sono andato via nemmeno quando mi hai cacciato. Perché nonostante ti abbia fatto male, come questa sigaretta fa male alla tua salute…” aggiungo, sollevando la sigaretta che lentamente si sta spegnendo, consumata, davanti ai suoi occhi, “…non hai smesso di volermi con te per quando pensare troppo diventa un peso insopportabile da sostenere da sola.”
Lei mi guarda con la bocca socchiusa, sorpresa dalle mie parole. “E poi perché anche io, dopo il tuo ‘funerale’, ho acceso una sigaretta e mi sono messo a pensare se dovevo continuare a combattere contro Sergio e se ti amassi veramente. Come hai fatto tu al monastero…”
“Che risposta ti sei dato?” mi chiede infine, sorridendo.
“Che le sigarette finiscono molto prima che tu abbia trovato una risposta ai dubbi per cui le hai accese…” replico sornione fissando un punto indefinito davanti a me, mentre con la coda dell’occhio la vedo abbassare lo sguardo sulle nostre mani congiunte perché non è la risposta che andava cercando, e di sicuro non quella che si aspettava.
“E che se non fossi veramente innamorato di te, non avrei commesso tre quarti delle caxxate che ho fatto per cercare di non perderti negli ultimi anni,” concludo, stringendo nuovamente più forte la sua mano.
“Mi ami?” chiede lei con un’espressione che vorrebbe essere seria, ma tradisce il sorrisetto che cerca di emergere.
“Hai ancora dei dubbi?” ribatto, ridendo.
“Non ho più sigarette a cui chiedere risposte,” controbatte, “quindi sei l’unica opzione disponibile, sai com’è...”
“Conosco un modo più salutare per trovare la risposta…” Sussurro mentre avvicino il suo volto al mio con la mano che prima stringeva la sua, “e spero sia più efficace delle sigarette a cui hai affidato finora i tuoi dubbi…”

Manca un soffio tra le nostre labbra, ma prima di unirle non posso non aggiungere un’ultima battuta.
“Ah, non crearti problemi a farti venire dubbi, in futuro. Sarò lieto di risolverli...” concludo, prima di zittire la sua risata con un bacio.
 
   
 
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