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Autore: Verfall    06/12/2022    5 recensioni
«Io e te, solo per questa notte, saremo fidanzati. È solo questo che vuoi, giusto?»
E lui, che cosa voleva?
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23 marzo 1990: Per Ryo inizia una giornata come tante altre, ma non sa che una certa stilista ha deciso di scombinare la sua routine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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IV – Il lungo addio
 
Ryo osservò la ruota panoramica che in lontananza segnava indifferente lo scorrere del tempo. Mancavano quattro minuti alla mezzanotte, sapeva che quell’appuntamento non sarebbe potuto continuare ancora a lungo.
 
“Però…”
 
Si voltò e vide Kaori, rigida mentre si tormentava le mani, con il capo chino, persa in tristi riflessioni. Nonostante la vicinanza al mare che aveva voluto e la suggestiva vista notturna, la donna sembrava non essere riuscita a scrollarsi di dosso quel velo di malinconia che sembrava essersi impossessato di lei dalla loro uscita in discoteca. Sconfortato, Ryo rimise le mani nelle tasche dei pantaloni e calciò con fastidio una pietrolina vicina a lui; no, non voleva che lei continuasse a crogiolarsi nell’autocommiserazione, non dopo tutto quello che avevano fatto quella sera. Iniziò a camminare a passi lenti e, man mano che le si avvicinava, cominciò a pensare a un modo per ridestarla da quel torpore che sembrava inestinguibile. Lanciò un’occhiata alla sua destra, dove l’insegna elegante dell’Hotel New Grand1 catturò la sua attenzione. Forse un modo lo aveva appena trovato. La preferiva sorridente, imbarazzata, perfino collerica piuttosto che così mesta.
 
«Cos’hai, sei di cattivo umore? Non spiccichi una parola…» le disse per spezzare quel silenzio che era durato fin troppo per i suoi gusti.
 
La vide riemergere dai suoi pensieri e negare in modo poco convincente. Non le diede neanche ascolto e, con un veloce movimento del braccio, si scrollò dalla spalla destra il soprabito e lo appoggiò sulla sua testa.
 
«Ormai si è fatto molto tardi… E fa anche freddo» si chinò verso di lei e, appoggiata una mano sulla sua spalla, proseguì con voce calda «Prima di venire qui, ho prenotato una stanza in quell’hotel»
 
«Eh?» emise flebilmente Kaori, irrigidendosi nel sentire quella che non sospettava minimamente essere una bugia.
 
Ryo non si scompose, anzi, quella reazione lo fece proseguire imperterrito col suo piano «Ci penserò io a riscaldarti con calma nella nostra stanza con una splendida vista sul mare»
 
L’uomo aspettò qualche istante, concedendosi solo per un secondo la folle idea che quel programma si realizzasse davvero, e fu certo che anche la sua partner avesse colto l’allusione poco casta. Poi strinse deciso la sua presa sulla spalla.
 
«Allora… Andiamo» le sussurrò suadente, iniziando a camminare.
 
«Waah…! A-aspetta un attimo!» urlò Kaori evidentemente in preda al panico, puntando i piedi ben a terra e liberandosi velocemente dalla sua presa «Ecco… Io… Insomma…» farfugliò sempre più agitata, iniziando ad agitare nervosamente le braccia.
 
Ryo la osservò con espressione sorpresa, chiedendole perché urlasse in quel modo, benché si aspettasse perfettamente una tale reazione; una parte di lui, però, si intenerì nel vederla sbracciarsi in quel modo. Le aveva dato l’occasione per passare la notte come una vera coppia, per dormire finalmente nello stesso letto senza il pericolo che crollasse all’improvviso il pavimento. Qualsiasi altra donna innamorata ne avrebbe approfittato, nonostante il travestimento. Invece Kaori, proprio a causa di quel travestimento rifuggiva quella possibilità e, in fin dei conti, intimamente apprezzò la cosa. Lei era una donna sincera, vera, priva di falsità… Se così non fosse stato non l’avrebbe voluta al suo fianco per così tanto tempo.
 
«Ah… No, è che è quasi mezzanotte… E io devo andare in un posto!» proseguì Kaori strappandolo dalle sue riflessioni e, girandosi in direzione della grande imbarcazione attraccata poco lontano da loro, aggiunse «I-in verità stanotte lascerò il Giappone! S-sì, vado a studiare all’estero! Salperò dopo la mezzanotte, devo prendere quella nave, sì!»
 
Lo guardò con una faccia che trasudava ‘una pessima bugia’ da tutti i pori, tesa per l’agitazione, e lui non poté fare a meno di fissarla tra lo scettico e il basito; se quella serata gli aveva insegnato qualcosa, era che Kaori non era fatta per le improvvisazioni e che in futuro doveva ricordarsene nel momento in cui, durante lo svolgimento di un caso, era richiesto.
“Hai deciso di chiudere così la serata allora” pensò, tuttavia strinse gli occhi e decise di correggerla. Nonostante le apparenze era sempre un tipo molto preciso.
 
«Guarda che quella nave non è più in servizio ed è stata trasformata in un ristorante2…» commentò ma venne prontamente interrotto dalla giovane che scattò come una molla appena si rese conto della sua gaffe.
 
«Eh… Ah! Mi sono sbagliata! Non è quella! Ecco… Dunque…» tartagliò una Kaori ormai paonazza.
 
Nel vederla guardarsi intorno alla ricerca di una soluzione alla bugia senza uscita in cui si era cacciata, lo sweeper decise di venirle incontro come aveva fatto altre volte quella sera. Non voleva certo metterla ulteriormente in imbarazzo col rischio di far uscire fuori il suo lato più manesco.
 
«Ah, giusto!» esclamò ingenuamente «Mi pare che la nave passeggeri sul molo dall’altra parte vada in America»
 
Il suo intervento sortì l’effetto sperato. Kaori sembrò illuminarsi e riprese a respirare in modo normale.
 
«E-esattamente!» esclamò rinfrancata «È quella che devo prendere… Sì…»
 
«E perché non me l’hai detta prima una cosa così importante?» non poté evitare di chiederle; doveva pur sempre mantenersi fedele al suo ruolo di ignaro cavaliere e quella partenza così improvvisa avrebbe colto alla sprovvista chiunque.
 
«Be’, vedi… Mi stavo divertendo così tanto con te che…» disse di getto Kaori «Non sono riuscita a dirti che a mezzanotte avremmo dovuto salutarci…»
 
Quelle parole lo colpirono per la loro verità. Aveva visto davvero la sua partner genuinamente felice in sua compagnia e immaginò che, in fondo, soffrisse davvero per quel distacco inevitabile.
 
“Una bellissima fanciulla misteriosa che, dopo una piacevole serata, abbandona precipitosamente il suo cavaliere allo scoccare della mezzanotte” pensò tra sé e, immediatamente, gli sovvenne una fiaba che aveva sentito anni prima, quando la piccola Sonia Field gli raccontava di principi e principesse, che leggeva nei suoi libri, durante le loro passeggiate lungo la spiaggia di Santa Monica.
I suoi occhi furono attraversati da un lampo di nostalgia nel ricordare quel periodo della sua vita, ma durò un attimo. I ricordi si eclissarono e il suo sguardo tornò concentrato sulla donna che aveva di fronte.
 
Si schiarì la voce prima di parlare «Davvero…? Adesso ho capito il tuo nome… Tu sei Cenerentola, eh!» disse e vedendola sorpresa, proseguì specificando «Come Cenerentola, arrivata mezzanotte l’incantesimo si scioglie e devi tornare a essere quella di sempre…»
 
La vide abbassare lo sguardo, gli occhi colmi di una malinconica tristezza e Ryo si chiese se lei avesse colto il messaggio tra le righe. Forse non l’avrebbe fatto – Kaori certe volte era davvero poco perspicace – ma anche se non avesse compreso che lui sapeva chi lei fosse, di certo doveva aver realizzato che dopo la mezzanotte non ci sarebbero state più fanciulle di buona famiglia e cavalieri pronti a difenderle, ma solo Kaori e Ryo. Sarebbero tornati a essere solo loro. La donna si girò lentamente, volgendosi verso il mare, e dopo essersi presa le mani rimase in silenzio per qualche istante.
 
«Grazie Ryo…» disse infine, chinando leggermente il capo «Per avermi lasciato un ricordo di libertà prima di andarmene dal Giappone… Mi sono divertita moltissimo… Io non dimenticherò mai quello che è successo oggi…» terminò quasi in un sussurro.
 
“Anch’io Kaori. È stata una bellissima serata anche per me, una piccola fuga dalla realtà che serberò dentro di me e ricorderò piacevolmente” le rispose mentalmente, incapace di dar voce ai propri pensieri.
Si perse nel contemplare la figura di spalle della donna quando, impietoso, il fischio della nave squarciò il silenzio che si era instaurato tra i due, decretando la fine di quell’appuntamento così peculiare.
 
«La sirena di mezzanotte» le disse, per poi aggiungere piano, quasi come se stesse parlando tra sé «I rintocchi della campana dell’addio…»
 
In una cadenza inarrestabile, quei suoi sgraziati iniziarono a susseguirsi assieme al vento, che aveva iniziato a soffiare sempre più forte. Ryo avvertì il suo soprabito svolazzare e fissò lo sguardo sulle luci delle navi attraccate che si riflettevano sul mare; i porti lo incupivano, facevano riaffiorare in lui ricordi di una vita passata con cui doveva continuare a fare i conti ogni giorno. Poi fissò la parrucca e l’elegante scialle di lana che ondeggiavano poco lontano da lui. Al suono dell’ennesima sirena si ridestò da quell’attimo di torpore; le si avvicinò rapido e, dopo averla presa fermamente ma con gentilezza per le spalle, la fece voltare verso di lui. Notò la sua espressione sorpresa, ma Kaori non emise un suono, assecondando docilmente i suoi movimenti. Si ritrovò vicinissimo a lei, poteva avvertire il suo seno che quasi lo sfiorava e, senza accorgersene, le mani scivolarono lungo le sue braccia magre, fermandosi all’altezza dell’incavo dei gomiti. Non l’aveva mai avuta così vicina, non aveva mai fermato così intensamente i suoi occhi nei suoi – almeno non senza un’arma puntata contro Kaori.
 
Woooo
 
Ryo poté leggere chiaramente il turbamento nella giovane sul suo viso; la vide spaesata, incapace di prevedere quali fossero le sue intenzioni. Eppure per lui era così semplice. Come nel cartone che aveva visto costretto dal Professore per esercitare la lingua nei primi mesi in Giappone, voleva regalare alla sua Cenerentola un bacio di addio.
 
Woooo
 
Non sapeva se fosse una buona idea, ma in quel momento gli sembrò il modo migliore per chiudere quella serata passata al confine tra realtà e finzione, dove attraverso un travestimento si erano mostrati in un modo che la loro quotidianità rendeva impossibile. Almeno per lui.
 
«No, non così» le sussurrò, chinandosi verso Kaori che, nel frattempo, sembrava scostarsi da lui «Quando ci si bacia, bisogna chiudere gli occhi…»
 
La avvertì trasalire al suono di quelle parole, spalancando gli occhi incredula a ciò che aveva appena detto.
 
Woooo
 
Lentamente sollevò la mano sinistra, portandola in direzione del suo mento e la naturalezza di quel gesto lo sorprese. Ryo si concentrò, cercando di imprimere nella sua mente ogni istante, ogni sensazione di quel momento con la consapevolezza che sarebbe stato irripetibile. Le prese il mento tra il pollice e l’indice, ma quando vide il suo viso riflesso negli occhi di lei, ebbe piena coscienza di ciò che stava per fare. Solo allora gli fu chiaro che…
 
Woooo
 
“No. Non la posso baciare davvero” pensò mentre era intento a osservare gli occhi di Kaori, ormai fattisi liquidi, socchiudersi “Non posso essere un tale stronzo. Baciarla quando crede che io non sappia chi sia. E poi… Alla fine neanche io…”
 
Woooo
 
Kaori ormai aveva chiuso gli occhi, ma nel vedere le sue palpebre tramare leggermente come il suo labbro inferiore, sorrise intenerito. Si chiese se quello fosse il primo bacio per lei, e una parte di lui, quella che inspiegabilmente aveva gestito malamente le attenzioni che Kaori aveva ricevuto durante la serata, non volle pensare a una risposta negativa.
 
Woooo
 
Inspirando profondamente si chinò ancora più vicino al suo viso, chiudendo gli occhi. Poteva avvertire il suo respiro solleticargli lievemente le labbra e ciò non fece che accrescere il suo desiderio di baciarla per davvero. Sarebbe stato così facile cedere e allo stesso tempo così sbagliato. Però lui aveva fatto dell’autocontrollo la sua compagna di vita e riuscì a non farsi vincere da quella dolce tentazione: non avrebbe macchiato il ricordo di quella serata. Era stato il sogno di una notte, insperato e imprevisto, ma pur sempre solo un sogno e un bacio gli avrebbe dato la concretezza della realtà.
 
Woooo
 
Come se in quel momento cristallizzato fossero entrati in simbiosi, Ryo poté avvertire distintamente il conflitto interiore che si stava svolgendo all’interno della sua socia, divisa tra slancio e ritrosia, tra desiderio e struggimento.
 
“Anche tu vorresti ma non puoi, vero?”
 
Woooo
 
Ormai il loro tempo era agli sgoccioli e con un tocco lieve come il battito di una farfalla, le sue dita lasciarono quella pelle di pesca. Il distaccò gli fece avvertire per la prima volta il freddo del vento che soffiava libero nel golfo.
 
Woooo
 
Era tempo di risvegliarsi e tornare alla realtà. Mezzanotte era infine giunta e con lei il loro congedo.
 
Woooo
 
«Fine dell’incantesimo»
 
Appena si scostò da Kaori la vide aprire gli occhi di scatto, la sua espressione tradiva un certo stupore.
 
«I rintocchi della campana… Sono finiti… Cenerentola…» mormorò Ryo, sancendo il loro addio.
 
Ora che la sirena della nave aveva smesso di risuonare attorno a loro, il fischiare insistente del vento assieme allo sciabordio delle onde presero il suo posto, gettando un velo di malinconia anche dentro di lui. Osservò la donna davanti a sé e la vide abbassare lo sguardo, un attimo esitante, prima di rialzarlo e guardarlo negli occhi.
 
«A…addio… Ryo…» pronunciò in soffio prima di abbassare la testa e, con rapidi passi, lo superò.
 
Lo sweeper rimase fermo, lo sguardo fisso dove pochi istanti prima c’era stata la sua cara partner, e solo quando avvertì i suoi passi risuonare più lontani si permise di voltarsi. Vide la sua sagoma rimpicciolita dirigersi verso l’ingresso passeggeri del molo turistico, dove erano parcheggiati pochi taxi solitari. Non avrebbe voluto lasciarla andar via sola e sentì una stretta all’altezza del petto nel ricordare con che occhi gli aveva detto addio. Per un istante gli era sembrato che la vera Kaori, quella priva di orpelli e travestimenti, lo avesse salutato definitivamente e quel pensiero lo aveva raggelato. Sospirò pesantemente, rimproverandosi per la stupidità di quella fantasia, senza distogliere lo sguardo da lei; voleva solo assicurarsi che salisse a bordo di una vettura senza problemi ma, allo stesso tempo, non riusciva a interrompere quel contatto visivo. Sorrise debolmente nello scorgerla mentre parlava animatamente con il tassista, probabilmente stava mercanteggiando la tariffa.
“Tipico di Kaori” pensò divertito.
Alla fine, vide il taxi sfumare tra le luci del viale. Era nuovamente solo. Lasciò andare un lungo sospiro mentre portava la mano destra alla fronte; si sentiva prosciugato di ogni energia e ciò lo sorprese non poco. Poi, come ricordandosi improvvisamente di qualcosa, si mosse con passi misurati, raggiungendo un flebile scintillio che proveniva dal pavé poco più avanti. Aveva già capito cosa fosse, non gli era sfuggito quel leggero rumore metallico che era stato coperto dai passi frettolosi di lei. Poteva tranquillamente lasciarlo lì, ma il suo istinto lo aveva portato a inginocchiarsi e a prendere tra le mani il piccolo orecchino che profumava ancora di lei.
“Sei voluta essere Cenerentola fino alla fine, eh?” pensò tra sé chiudendo nel pugno quel sostituto della classica scarpetta di cristallo e, girandosi alla sua destra, si avvicinò alla ringhiera della balconata sul mare.
Il vento continuava a soffiare sempre più impetuoso, muovendo il mare sotto di lui che ruggendo si infrangeva sui frangiflutti, spargendo sottilissime goccioline d’acqua sul suo completo elegante.
Per alcuni muniti lasciò che le immagini di quella serata gli passassero veloci nella mente come fotogrammi di un film muto, fin quando non arrivò al lento in discoteca. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente; se c’era stato un momento in cui aveva sofferto fisicamente era stato proprio quello. Lo aveva turbato, in un certo senso gli aveva provocato una fitta all’altezza dello stomaco l’averla stretta a lui come si era ripromesso di non fare mai. Certo, era salvo grazie al suo fingersi ignaro, ma quell’emozione, quel sentimento che aveva avvertito in quel frangente era stato verissimo, tanto da spaventarlo.
 
«Mai più…» mormorò al vento che, come se fosse contrario alla sua decisione, gli scompigliò selvaggiamente i capelli.
 
Lui, però, non voleva più concedersi simili momenti di debolezza: la sua vita glielo impediva, lui era uno sweeper e non poteva permettersi il lusso di indugiare sui sentimentalismi. Restava però la realtà, innegabile nel suo animo, che non rimpiangeva di aver trascorso la serata con lei in quel modo. Per quelle poche ore gli era sembrato di non sentirsi più addosso l’odore della polvere da sparo, la mente era stata sgombra dalle ombre ricorrenti di morte e violenza che albergavano come spiriti inquieti in lui. Si era sentito semplicemente un uomo, pulito, felice di essere con la donna che lo amava. Fissò intensamente lo sguardo sulle luci che filtravano dagli oblò illuminati della Hikawa Maru attraccata alla sua destra: lo sapeva già da tempo, anni, ma ormai non poteva in alcun modo eludere la verità. Kaori lo amava, in un modo così esclusivo e totalizzante da essere doloroso, e quella sera glielo aveva dimostrato in ogni gesto, in ogni sguardo e nei molti non detti.
E lui?
Lasciò che i suoi occhi abbandonassero le luci per concentrarsi sul movimento ipnotico delle onde oscure. Chissà perché ogni volta che ci pensava si sentiva soffocare.
 
“Io… Certo le voglio bene, è ovvio che ci tenga a lei. In fin dei conti viviamo insieme da così tanto tempo. Sì, alla fine per me è come una sorella…”
 
Proprio mentre stava formulando quell’ultimo pensiero, a tradimento gli tornarono alla mente varie immagini di Kaori; in abiti di casa, in costume da bagno, con la tutina aderente da assalto e avvertì distintamente un certo movimento verso le parti basse.
 
«Ehi!» esclamò incredulo, rivolgendosi al suo amico che si ricompose immediatamente.
 
“Roba da non credersi… Davvero mi basta così poco adesso per…”
 
Scosse la testa sconsolato nel rendersi conto di quanto iniziasse ad essere difficile continuare a negare a se stesso l’evidenza, e si ripromise di impegnarsi con tutte le sue forze per non tradirsi mai di fronte a lei. Dopo aver osservato di sfuggita l’orologio della ruota panoramica, decise di avviarsi verso la macchina, quando si fermò di colpo, sollevando la mano sinistra chiusa a pugno. Si era dimenticato di avere ancora quell’orecchino. Soppesò il da farsi, indeciso se lanciarlo nelle profondità marine, come a seppellire definitivamente il ricordo di quella sera nelle profondità del suo animo, o tenerlo con sé. Aprì le dita e fisso il sottile pendente per qualche istante prima di scrollare le spalle.
Infine, con uno sbuffo mise l’orecchino nel taschino della giacca e, dopo un’ultima fugace occhiata al mare, si diresse lentamente verso la sua vettura. Era giunto anche per lui il momento di tornare alla realtà e dismettere i panni del principe; ora che si ritrovava solo, faccia a faccia con i suoi pensieri, si sentiva ridicolo in quelle vesti che non lo rispecchiavano davvero. Dopo aver guidato per una manciata di minuti, accostò la Mini all’ingresso di un angusto vicolo cieco e una volta uscito dall’abitacolo si tolse in fretta il completo elegante, rimettendo i suoi vestiti che si trovavano nel bustone preventivamente sistemato nel bagagliaio. Mentre stendeva l’impermeabile sgualcito con ampie manate, cercò di mettere ordine trai i suoi pensieri, sentendo il suo spirito pian piano tornare in sé, ritrovando così la sua stoica calma.
Dopo aver cercato di ripiegare alla meno peggio il completo e soprabito, li mise nell’elegante bustone che buttò con malagrazia sul sedile passeggero. Si rimise in marcia verso Harajuku, permettendosi di spingere l’auto più veloce del solito. All’ennesimo semaforo rosso che rallentò la corsa decise di accendersi una sigaretta; man mano che espirava le sottili volute di fumo sentiva i muscoli distendersi. Decise così di proseguire con più calma, come a volersi gustare lentamente lo scenario della città notturna e quella sigaretta che lo stava rimettendo al mondo. Quando arrivò nei pressi del palazzo di Eriko erano quasi le tre di notte e la strada era semi deserta, fatta eccezione per altri sporadici nottambuli come lui. Accostò senza spegnere il motore e con un balzo si diresse verso l’ingresso secondario, quello da cui l’assistente zelante lo aveva fatto uscire, e vi poggiò davanti il bustone.
“Fine dell’incantesimo…” pensò osservando per un istante il soprabito che fuoriusciva dall’involucro di carta.
Poi, rapido, tornò in macchina senza guardarsi indietro. Sapeva per certo che Kaori doveva essere a letto da un bel po’, perciò senza ulteriori indugi si diresse verso casa.
 
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1 Nel manga vediamo l’immagine di un Yokohama Hotel, ma proprio di fronte lo Yamashita Park, lungo la Yamashita Koen-dori, si trova il New Grand, uno dei più antichi hotel del Giappone. La versione attuale risale al 1927 ed è in stile occidentale, a cui si affianca la Grand Tower, la parte più moderna della struttura completata nel 1991. Ho deciso perciò di citare direttamente il vero hotel, dato che mi sembra essere il riferimento usato da Hojo.

2 La nave ristorante è la Hikama Maru. Attualmente è la più antica nave cargo-passeggeri giapponese, risalente a prima della II Guerra Mondiale. Varata nel 1930, venne impiegata per la linea verso Seattle ma allo scoppio della guerra funse da nave ospedale. Continuò a essere utilizzata sino al 1961, anno in cui venne ormeggiata definitivamente al Yamashita Park. È diventata subito un’attrazione famosa, diventando anche un ristorante che, però, ha chiuso definitivamente nel 2006. Attualmente è una nave museo.

Altra piccola nota: nel 1990, anno in cui si svolge il racconto, non esisteva ancora la fermata metro che collegava quella parte di Yokohama verso Shinjuku (ma anche se ci fosse stata la metro sarebbe stata chiusa dopo la mezzanotte), perciò mi è sembrato più logico far tornare Kaori in taxi. Sicuramente non è una scelta economica, ma molto più probabile che tornare a piedi.
Anche il titolo di questo capitolo è un omaggio a un’altra opera che amo particolarmente, ovvero l’omonimo albo di Dylan Dog (il numero 74): un episodio di rara bellezza, dove l’onirico, il reale e il sovrannaturale si fondo in modo struggente. Sarà l’ambientazione notturna, sarà che l’avevo riletto poco prima di scrivere, sta di fatto che è stata la prima scelta per il titolo.
   
 
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