Molto
meglio di un bacio
Draco si rigira il calice di
spumante tra le mani, chiedendosi che ci faccia lì.
Non è la prima volta che
visita Grimmauld Place, ma è la prima volta dalla morte di Walburga Black e ha
difficoltà a conciliare ciò che vede con il luogo dei suoi ricordi. Non è solo
il senso che sia tutto molto più piccolo, come capita a tutti i bambini
crescendo; è un cambiamento più profondo. Forse sono le decorazioni natalizie,
forse la musica bassa diffusa in ogni stanza da un incantesimo, forse i
maglioni colorati di molti degli invitati: qualunque sia la ragione, Grimmauld
Place oggi gli sembra accogliente come non è mai stata.
È accogliente, certo, ma lui
si sente ugualmente fuori posto.
Teddy – l’unico motivo per
cui ha accettato l’invito alla festa di Natale dei Potter – l’ha salutato tutto
contento al suo arrivo, ma non appena è arrivata la sua amica del cuore – “zio,
zio, lei è Victoire! Dopo posso insegnarti a pronunciarlo, se vuoi” – è
sparito a giocare in una delle stanze al piano di sopra. Draco si è allora
avvicinato ad Andromeda, iniziando un’interessante conversazione, ma l’ha conclusa
pochi minuti dopo l’arrivo di Molly Weasley, preferendo lasciare le due donne a
discutere delle preoccupazioni causate dai nipoti senza la sua presenza
francamente inutile in quel contesto. Così ora vaga per le stanze messe a nuovo
della residenza dei Black, consapevole di dover rimanere almeno fino allo
scarto dei regali se non vuole deludere terribilmente il cugino, e si chiede di
cosa potrebbe parlare con Potter o uno dei mille Weasley presenti in mezzo a
invitati che non conosce. Si ferma sulla soglia tra una stanza e l’altra,
prendendosi un momento per studiare gli ospiti presenti intorno al bizzarro
albero di Natale – è una Poinsettia viola, quella in cima? – e
sorseggiare il suo spumante.
Quando scorge Luna Lovegood
venirgli incontro a passo deciso, il suo cervello si spegne. Diviene di colpo
fin troppo consapevole di ciò che pende proprio sopra la sua testa; prima l’ha notato senza
soffermarcisi, grosso errore di distrazione da parte sua. Avrebbe dovuto
evitarlo e passare da un’altra parte. Muoversi ora non sembra un’opzione
possibile. L’idea che Luna stia venendo a… Draco deglutisce.
“Attento, Draco!” Luna lo
raggiunge e lo spinge, in modo gentile ma fermo, indietro di tre passi.
“Ma che—?”
Luna si è fermata e lo fissa con uno sguardo intenso. Draco torna in sé, sentendosi sotto scrutinio. Sta per
interrogarla, ma lei lo anticipa. “Stai bene?”
“Sto…? Sì, io sto
bene! Tu, piuttosto? Perché mi hai spinto via?”
Lei si volta e indica in
alto, verso il rametto di vischio. “Avevo detto a Harry di non appenderlo, ma
non mi ha dato retta. Ha praticamente invitato i Nargilli a entrare in casa, è
pericoloso!”
Draco sbatte le palpebre, confuso
e ancora un po’ sconvolto dalla spinta inaspettata. “Temevo mi volessi
baciare,” si lascia sfuggire.
È il turno di Luna di
apparire confusa. “Perché avrei dovuto?”
Draco inspira, attende un
istante, espira. “È tradizione baciarsi sotto il vischio,” spiega. “Davvero non
lo sapevi?”
“Oh.” Luna scrolla le
spalle. “Non mi interessano i baci o le loro tradizioni. Non devi temermi,”
dichiara sorridendogli divertita. “E poi te l’ho detto, il vischio è
pericoloso.”
Draco scuote la testa, ma
non è l’ultima frase ad aver calamitato la sua attenzione. “In che senso, non
ti interessano i baci?”
“Sono asessuale. Oh, è un
termine babbano, probabilmente non lo conosci. Non mi piacciono né i ragazzi né
le ragazze, non dal punto di vista fisico, significa questo.”
Draco la fissa, fulminato
dalla spiegazione. “Ed è normale, tra i Babbani?” domanda.
Luna annuisce. “Dipende cosa
intendi per normale,” chiarisce, “ma molti Babbani sanno almeno che
l’asessualità esiste. Non tutti la accettano, però,” conclude con un sorriso
triste.
Draco manda giù a vuoto.
“Capisco.”
Lo sguardo di Luna si fa
curioso. “Davvero?”
“Usciamo
da tre mesi, Draco! Volevo aspettare prendessi tu l’iniziativa, ma insomma, ti
decidi a baciarmi?”
“In
che senso, non vuoi fare nient’altro? Cos’è, non sono abbastanza attraente per
te?”
“Apprezzo
che non guardi mai le altre, ma non mi dispiacerebbe se guardassi più me, sai?
Ti hanno educato proprio bene, i tuoi.”
“Io… Sì.” Lui e Luna non si
conoscono bene. Questa potrebbe essere la conversazione più lunga – senz’altro
è la più importante – che abbiano mai avuto, quindi forse non ha senso aprirsi
con lei, ma è anche la prima persona che l’abbia mai fatto sentire compreso su questo
aspetto; l’istinto gli dice di fidarsi. Prima, però… “Ti spiace se ci spostiamo
da qui per parlarne?” chiede, mentre qualcuno – un Weasley, a giudicare dai
capelli – sfreccia accanto a loro.
Luna annuisce e gli tende la
mano. Dopo un attimo di esitazione, Draco l’accetta e si lascia guidare su per
le scale, fino ad arrivare in soffitta. Luna chiude la porta, accende la luce –
una delle tre lampadine del lampadario è fulminata –, sposta un paio di
scatoloni e sfrutta lo spazio così creato per sedersi a gambe incrociate sul
pavimento polveroso.
Draco
non la segue subito,
ma alla fine – dando mentalmente la colpa a tutto lo spumante
ingerito per
combattere il disagio nelle due ore precedenti – decide che,
lontano dagli
occhi di chiunque altro, per stavolta può permettersi di
imitarla. Una volta seduto, mette in ordine i pensieri che gli girano
in testa da quando l’ha
sentita dichiarare che l’assenza di attrazione è qualcosa
di normale. “L’unica
persona da cui mi sia mai sentito attratto è Pansy, ed è
successo solo dopo
mesi che ci frequentavamo. Poi ha smesso di capitarmi anche con lei.
Quello che
mi hai appena detto è…” Si ferma, prende fiato (e
tempo).
Luna gli sorride gentile. “È
come la risposta a una domanda che non sapevi di avere?”
Draco annuisce. “Qualcosa
del genere, sì.” Vede comprensione, nel suo sguardo, ed è come se si fosse
tolto un peso che neanche sapeva di portarsi dietro. Forse non dovrebbe essere
così rassicurante, sentirsi compresi dalla donna che a Hogwarts tutti
chiamavano Lunatica (e dai Babbani), ma Draco non riesce a far sì che
gli importi. Non si è mai fermato seriamente a riflettere sulla barriera
invisibile che sembra esserci tra lui e gli altri ogni volta che l’argomento di
conversazione verte sul sesso, si è abituato a ignorare il senso di disagio che
lo pervade in quelle occasioni, ma in fondo ha sempre saputo che esisteva. Se
ne è vergognato, non capendone il perché, ma Luna gli sta donando un’altra
opzione.
“Per indicare chi riesce a
provare attrazione sessuale solo verso persone con cui ha un forte legame
emotivo,” inizia nuovamente lei, “i Babbani usano il termine demisessualità.”
Oh.
Draco sbatte le palpebre. Questo spiegherebbe Pansy.
“Se quel legame viene meno,
per qualsiasi motivo, smette anche l’attrazione; è tutto molto fluido, sai?”
Draco non capisce del tutto,
in realtà, ma le parole di Luna rispecchiano le sue esperienze. Annuisce. “Io…
È interessante. Grazie.”
Lei gli sorride, di nuovo. “Non
abbiamo mai davvero parlato, dopo quella volta a Hogwarts,” dice. “Mi
piacerebbe conoscerti meglio, se ti va.”
Quella volta a Hogwarts, Draco
se la ricorda bene. È la volta in cui ha provato a scusarsi a nome della sua
famiglia, la mattina dopo la sconfitta di Voldemort, nonostante sapesse
benissimo che delle scuse a parole non risolvessero niente. Luna – il suo nome
l’ha imparato dopo, sollevato di poter smettere di pensarla come la ragazza
prigioniera – non gliel’ha permesso, fermandolo subito con determinata
gentilezza. “Piacerebbe anche a me.” Mentre lo dice, si rende conto che è vero.
Il sorriso di Luna si amplia. Lei poi si alza, piano, e stavolta Draco non esita prima di imitarla e seguirla fuori
dalla soffitta e giù in salotto, vicino all’albero addobbato con un improbabile
miscuglio di festoni e palline. (Pensare che Teddy abbia contribuito a quell’incubo
estetico lo porta a essere leggermente più indulgente, ma è dura per qualcuno
educato a cercare la perfezione sempre.) Distratto dall’albero, non si accorge
subito della persona verso cui l’ha guidato Luna.
“Malfoy,” lo saluta Neville
Paciock con un cenno del capo. “Buon Natale.”
“Paciock.”
Luna si volta verso il
Grifondoro, il volto illuminato dal sorriso con cui Draco ha iniziato a
familiarizzare nell’ultima ora. “Siamo diventati amici,” dichiara.
Neville non appare sconvolto
dall’affermazione, accenna anzi un sorriso divertito. “Davvero?”
Draco annuisce. Si aspetta
qualche domanda, o forse anche che Luna racconti della conversazione che hanno
avuto, ma non succede nulla di tutto ciò. Succede, invece, che Neville fa un
complimento al fermaglio giallo che chiude la treccia di Luna – e che Draco non
aveva nemmeno notato, prima – e lei lo ringrazia lanciandosi in una spiegazione sul
perché abbia scelto proprio un’ape e quali materiali abbia utilizzato per metterlo
insieme. Draco si ritrova presto a commentare lui stesso, ritrovandosi
coinvolto in continui cambi d’argomento che è impossibile descrivere in modo
diverso da chiacchiere tra amici.
Non è male, riconosce tra sé
dopo un po’. Non è male per niente.