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Autore: Milly_Sunshine    09/12/2022    2 recensioni
Aurora, giovane professoressa di matematica, viene invitata a trascorrere un weekend a casa di un'amica di famiglia. Oscar è il figlio della padrona di casa, è un giornalista che ha lasciato il lavoro per inseguire il sogno di diventare scrittore. Tra i due c'è una forte attrazione e sembrano destinati fin da subito l'una altro. Tuttavia, non sempre la realtà è facile come la si immagina e a volte basta poco perché vecchi segreti che dovevano rimanere tali possano venire alla luce: nel passato di Oscar ci sono ombre e segreti dolorosi sui quali Aurora vuole fare luce. Contesto "persone adulte che vivono negli anni '80/90" non esiste come opzione, quindi vada per contesto generale/ vago, l'unica che può essere adatta.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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In apparenza era solo un lunedì come tanti, ma a Oscar bastava ripensare al fine settimana con Aurora per comprendere che non era un lunedì come tutti gli altri. Nessun giorno, ormai, era più come quelli precedenti, nonostante in apparenza fosse un pensiero banale. Non avrebbe saputo dire fino a che punto la sua vita si fosse trasformata di colpo nell'arco di dieci giorni, ma sentiva dentro di sé i segni del cambiamento. Non si pentiva di nulla, forse solo di avere trascorso l'intero fine settimana insieme ad Aurora senza mai trovare un ritaglio di tempo in cui mettersi al lavoro e produrre qualcosa - qualsiasi cosa - che potesse permettergli di fare bella figura con l'editore, con il quale aveva appuntamento proprio quella mattina.
Il posto era facilmente raggiungibile, non c'era alcun bisogno di chiamare un taxi. Per quella ragione si diresse alla fermata dell'autobus più vicina, controllando quanto mancasse all'arrivo del successivo mezzo utile. Se non ci fossero stati ritardi, otto minuti. Se ci fossero stati ritardi, invece, chissà, forse era ancora in tempo per l'autobus precedente.
Si sedette sulla panchina sotto la pensilina e rimase in attesa, senza pensare. Quando udì un clacson che suonava, pensò per prima cosa a un automobilista che si lamentava a quel modo della manovra azzardata di un ciclista o di un pedone, se non addirittura di un'altra macchina. Poco dopo, però, il colpo di clacson si ripeté.
«Vuoi un passaggio?» chiese una voce femminile.
Oscar alzò gli occhi. Non c'erano altre persone, oltre a lui, alla fermata, quindi la possibilità che quella donna si stesse rivolgendo proprio a lui non solo non era assurda, ma era anche del tutto probabile.
L'automobile era una piccola utilitaria di colore grigio metallizzato e gli servì solo qualche istante - il tempo di mettere a fuoco - per riconoscere la guidatrice.
«Emilia!» esclamò. «Cosa ci fai qui?»
«Sali» lo invitò Emilia.
Oscar si alzò in piedi e, seppure riluttante, si diresse verso l'auto. Udì altri clacson. C'erano un paio di macchine stazionarie dietro a quella di Emilia e da quelle si alzavano le proteste. Si affrettò a salire a bordo: prima si fossero levati di torno e prima la situazione sarebbe tornata alla normalità.
«Dove ti porto?» chiese Emilia, mentre Oscar si allacciava la cintura di sicurezza.
Si mise nuovamente in marcia, anche se fu costretta a fermarsi solo un centinaio di metri più avanti: erano giunti a un incrocio sul quale svettava un semaforo rosso.
«Dovrei andare dal mio editore.»
«Dove si trova?»
Oscar le spiegò in quale zona avrebbe dovuto recarsi.
Emilia comprese al volo.
«Va bene, perfetto, ti ci porto subito, poi magari posso anche rimanere ad aspettarti. Ne avrai per molto?»
«Non so» ammise Oscar. «Dipende da quanto a lungo dovrà lamentarsi e minacciarmi di stracciare il nostro contratto.»
«Non c'è problema, ti posso aspettare.»
«Non devi andare al lavoro?»
«È lunedì.»
«Appunto.»
Emilia ridacchiò.
«Noi parrucchieri siamo chiusi, al lunedì.»
«Oh, non ci avevo pensato. E tuo figlio?»
«Ci pensa la mia ex suocera.» Emilia sbuffò, perché il semaforo era già verde, ma le auto in colonna davanti a lei non sembravano muoversi. «Stanno tutti dormendo, qua? O c'è qualche fesso che non sa dove deve andare?»
Il probabile fesso in questione decise da che parte svoltare, permettendo al traffico di riprendere a scorrere.
Oscar osservò: «Non sapevo che la madre del tuo ex marito avesse tempo per tuo figlio.»
«La madre del mio ex marito è sempre stata una santa donna» ribatté Emilia. «Mi ha aiutata tantissimo, quando...» Si interruppe, forse per non pronunciare il nome dell'uomo che aveva fatto parte della sua vita e che ne era uscita. «Quando avevo bisogno di soldi per il bambino e il mio ex marito non li aveva, oppure quando avevo bisogno di qualcuno che lo tenesse mentre ero al lavoro, ma i miei genitori non potevano.»
«La madre, quindi, non somiglia al figlio.»
«No.»
«Mi dispiace che tu abbia incontrato un simile stronzo.»
Emilia sospirò.
«Non era così stronzo, a dire il vero. Ha solo fatto tante scelte sbagliate e queste gli si sono ritorte contro.»
Oscar azzardò: «Dov'è adesso?»
«Preferirei non parlarne, se per te non è un problema.»
«No, figuriamoci, perché dovrebbe essere un problema? Anzi, scusa se non sono stato indiscreto. Non avrei nemmeno dovuto chiederti dove fosse tuo figlio. Solo, dato che le scuole non sono ancora iniziate, mi era venuto il dubbio.»
Emilia ribatté: «Non è un problema. Penso sia normale che la gente parli del più e del meno. Non hai idea di cosa mi chiedano le clienti, di tanto in tanto. Se ne escono con le domande più assurde, e il bello in tutto ciò è che vorrebbero sentirsi fare le stesse domande.»
«E tu» replicò Oscar, «Cosa fai? Le accontenti o badi ai fatti tuoi?»
«Una via di mezzo. Cerco di non essere troppo invadente, ma d'altra parte so che loro mi vorrebbero così e che, di conseguenza, mi vorrebbe così anche la titolare, al solo scopo di soddisfarle.»
«Invadente senza esagerare, quindi.»
«Esatto» confermò Emilia. «È un po' come se volessi sapere se, in questi giorni, ti sei incontrato con la professoressa castana di media statura, ma ci girassi intorno chiedendoti che cos'hai fatto nel fine settimana.»
Oscar puntualizzò: «Non è un segreto, ho visto Aurora.»
«Cos'avete fatto di interessante?»
«Venerdì sera siamo andati al cinema.»
«Che film avete visto?»
«Non ricordo nemmeno il titolo. Faceva abbastanza schifo.»
«Tempo sprecato, quindi.»
«Ci siamo rifatti in altro modo.»
Emilia girò lievemente la testa dalla sua parte, per guardarlo con la coda dell'occhio, mentre gli chiedeva: «L'hai portata a casa tua?»
«È un modo per chiedermi se ci sono andato a letto?» replicò Oscar. «Non sono una delle tue clienti, puoi essere esplicita, se vuoi.»
«Siete stati a letto insieme?»
«Sì.»
«A casa tua?»
«No, a casa sua.»
«L'hai già portata a casa tua?»
«No.»
«Posso chiederti come mai? È un bel posto, casa tua.»
«È un po' un buco.»
«Per uno come te posso immaginare.» Emilia tornò a concentrarsi sulla strada. «Dobbiamo andare da questa parte, vero?» chiese, indicando una via sulla loro sinistra. Mentre Oscar annuiva, riprese: «Non voglio essere scortese, ma mi è parso di capire che non te la passi male a soldi. Non mi aspetterei che uno con il tuo status possa abitare in un appartamento così piccolo. È poco più di un monolocale.»
«Sono affezionato a quell'appartamento» rispose Oscar. «Ci ho vissuto dei bei giorni.»
«Con un'altra donna? Una che è venuta prima di Aurora?»
«No, con un amico. Ci dividevamo le spese e, di fatto, ci dividevamo la stessa stanza. Non dormivamo nello stesso letto, però.»
Emilia mormorò: «Non mi aspettavo che uno come te abitasse in casa insieme a un estraneo.»
Non aveva un tono molto convinto, ma Oscar preferì non indagare su cosa la turbasse. Si limitò a precisare: «Il mio coinquilino non era un estraneo.»
«Lo conoscevi da molto?»
«In un certo senso. Era un mio amico d'infanzia che a un certo punto ho incontrato per caso.»
«Credi nel caso e nelle coincidenze, quindi?»
«Non saprei darti una risposta. So solo che, di punto in bianco, me lo sono ritrovato davanti e l'ho riconosciuto, dopo tanti anni e quando meno me lo aspettavo.»
«E immagino che ci sia una storia curiosa dietro al vostro incontro.»

******

Oscar diede un'occhiata fugace e si preparò per uscire di casa, ma venne prontamente fermato da sua madre. D'altronde l'aveva chiamato da lei solo ed esclusivamente per fargli vedere come procedessero i lavori di ristrutturazione, non avrebbe avuto molte possibilità di evitare un lungo discorso in merito. Non pensava ci fosse molto da dire: tutto ciò che vedeva era un'impresa di imbianchini che stava tinteggiando le pareti. Non gli era rimasto impresso nulla, a parte uno degli operai dall'aria decisamente più maldestra rispetto ai suoi colleghi. Come fosse finito a imbiancare pareti rimaneva un mistero, era molto probabile che non fosse da molto che svolgeva quel lavoro, né che ci fosse molto portato.
Non c'era molto da dire, ma sua madre voleva assolutamente sentirsi dire qualcosa, quando gli chiese: «Cosa ne pensi?»
Oscar fu piuttosto vago.
«Ho visto delle pareti imbiancate e alcune ancora da imbiancare, tutto qui.»
«E cosa ne pensi?» insisté sua madre. «Come ti sembrano?»
«Mi sembrano pareti dipinte di bianco» rispose Oscar. «Non c'è molto da dire, ti pare?»
«No, certo, ma ti sembra che la ditta stia lavorando bene?»
«Non saprei. Non me ne intendo per niente, sapranno loro quello che devono fare.»
Un uomo di mezza età in tuta da lavoro uscì da quello che doveva diventare il soggiorno. Oscar vide sua madre fargli un cenno, come a chiedergli di avvicinarsi.
«Oscar, ti presento il signor Carletti, il titolare dell'impresa.»
«È un piacere» mormorò Oscar, senza metterci troppa convinzione. «Io sono Oscar Molinari.»
«Sì, l'avevo intuito.»
Prima che l'uomo potesse aggiungere altro - Oscar non aveva la più pallida idea di che cosa dire a un imbianchino - si allontanò, lasciando l'uomo in balia di sua madre, che iniziò a borbottare qualcosa.
Oscar entrò in una delle stanze, percependo subito un odore di fumo. Non solo: l'imbianchino maldestro non doveva essere maldestro soltanto come imbianchino, dato che riuscì a farsi cogliere sul fatto mentre gettava un mozzicone di sigaretta fuori dalla finestra.
Oscar si schiarì la voce per attirare la sua attenzione.
L'altro si girò all'istante, guardandolo con aria spaesata.
«Buongiorno, lei è il figlio della signora Molinari?»
«Sì, esatto, e sono d'accordo con mia madre sul fatto che dentro casa nostra non si fuma, ma soprattutto non si gettano mozziconi in cortile dalle finestre. Quindi, per cortesia, queste cose le faccia stasera quando sarà a casa sua, se non vuole tornarsene a casa in anticipo.»
L'imbianchino avvampò.
«Ha ragione, mi scusi, non pensavo che...» Si interruppe, senza sapere cosa dire. «Non pensavo di...»
«Non pensava che io la vedessi.»
«Beh, non volevo dire questo.»
«E ci mancherebbe altro.»
L'altro abbassò lo sguardo.
«No, davvero, le chiedo scusa. L'ho fatto senza pensare.»
«Allora si sforzi di pensare di più» gli suggerì Oscar. «Lo dico per lei. Di solito chi pensa poco non finisce molto bene.» Era sul punto di voltargli le spalle e di andarsene, ma per un attimo gli parve che l'imbianchino fumatore avesse un'aria familiare. «Per caso ci siamo già visti da qualche parte io e lei?»
«Mhm, no, non mi pare» rispose l'altro, senza alzare gli occhi.
Proprio in quel momento, entrò nella stanza il titolare della ditta. Si rivolse a Oscar: «Tutto bene? Per caso c'è qualche problema?»
«Oh, no» rispose Oscar, che non voleva causare alcun problema al dipendente. «Anzi, sono io che sono venuto a curiosare.»
«Meglio così.» Il titolare si rivolse all'operaio, prima di allontanarsi. «Mi raccomando, Pizzi, non fare danni.»
Oscar rimase in silenzio per qualche istante, poi azzardò: «Nico?»

******

Quella di Emilia non era stata una banale osservazione, ma proprio una domanda alla quale aspettava una risposta. Oscar decise che non c'era nulla di male nel raccontarle come fosse andata.
«Una storia da non crederci. Praticamente questo era il figlio di una signora che lavorava come governante a casa nostra, quando ero bambino, e quando non sapeva dove lasciarlo, sua madre lo portava con sé. Diventammo amici inseparabili, anche se poi, a un certo punto, sua madre si licenziò e se ne andò. Non ci vedemmo più, non sapevo nemmeno che fine avesse fatto.»
Emilia osservò: «Del resto non mi stupisce, il figlio di una governante non doveva frequentare le stesse persone che frequentavi tu.»
Oscar ignorò il suo commento.
«Poi, circa tre anni fa, mia madre ha comprato una casa al mare, per passarci le vacanze. È il posto in cui ho rivisto Aurora dieci giorni fa, tra parentesi. Comunque ha chiamato una ditta a imbiancare ed è venuto il titolare insieme a tre suoi dipendenti. Due di loro erano bravi, ce n'era un terzo che non sembrava assolutamente del mestiere. Mentre stavo facendo un giro di perlustrazione l'ho beccato mentre fumava in casa, nonostante mia madre gliel'avesse sicuramente vietato, e quando ha finito la sigaretta ha anche buttato quello che ne restava dalla finestra.»
Emilia osservò: «A volte lo faceva pure mio marito. Non hai idea di quanto mi incazzassi: ogni volta i vicini si venivano a lamentare con me del fatto che fosse un incivile. Per fortuna, con il tempo, ha iniziato a comportarsi in modo un po' più decente.»
Oscar proseguì: «Anch'io, ovviamente, mi sono lamentato. Allora l'imbianchino ha iniziato a balbettare qualche scusa. Siamo praticamente stati colti sul fatto dal titolare, che mi è comparso dietro all'improvviso.»
«Non oso immaginare cosa sia successo dopo. L'avrai fatto cacciare via a calci come minimo.»
«No, per niente, non ho l'abitudine di mettere nei casini le persone, anche se si comportano in maniera non proprio ortodossa. Non ho detto niente al titolare, anzi, quando ha chiesto se il suo aiutante stesse dando problemi, ho negato nel modo più assoluto. Quando si è rivolto a lui chiamandolo per nome, mi è venuto un dubbio. O meglio, avevo già dei dubbi, mi sembrava di averlo già visto da qualche parte, ma finalmente ho avuto l'illuminazione. Allora gli ho chiesto se per caso era Nico, il mio amico d'infanzia... ed era lui.»
«E come era finito a imbiancare casa a tua madre?»
«Cercava lavoro ed era riuscito a spacciarsi per un imbianchino competente. Non è durato molto in quella ditta, ovviamente.»
«Poi cos'è successo? Voglio dire, dopo che ti ha confermato di essere proprio lui.»
«Gli ho detto che ero felice di vederlo e l'ho abbracciato. Era un po' spiazzato, ma ne è stato felice. Gli ho chiesto come mai non mi avesse detto nulla e avesse fatto finta di non conoscermi. In un primo momento ha detto di non avermi riconosciuto, poi mi ha spiegato che si sentiva in imbarazzo. Pensava che ormai le nostre strade si fossero separate definitivamente e che la mia vita non c'entrasse niente con la sua.»
Emilia azzardò: «Ma infatti era proprio così, la sua vita non c'entrava niente con la tua.»
«Su questo non hai tutti i torti» convenne Oscar, «Ma è anche grazie a lui che ho capito che non ero soddisfatto fino in fondo della mia esistenza e che c'erano alcune cose che volevo cambiare.»
«E le hai cambiate?»
«Sì.»
«Ne sei stato soddisfatto, poi?»
«Diciamo di sì.»
«E Aurora?» volle sapere Emilia. «Si incastra bene nella tua vita attuale?»
«Aurora si incastrerebbe bene in qualsiasi vita» replicò Oscar. «Su questo non ho dubbi.»
«A proposito, siamo rimasti a venerdì, quando avete fatto sesso a casa sua» ricordò Emilia. «Com'è andata sabato?»
Oscar precisò: «Siamo quasi arrivati. Devi prendere quella strada a destra, poi proseguire per duecento o trecento metri e...»
Emilia lo interruppe: «Va bene, va bene, ma sabato cos'avete fatto?»
«Siamo stati a cena insieme.»
«E poi siete finiti a letto insieme di nuovo?»
«No, siamo finiti a letto insieme prima di andare a cena.» Oscar ridacchiò. «È sempre meglio mettersi avanti con i lavori, non ti pare?»
«E ieri?» volle sapere Emilia. «Cos'è successo ieri?»
«Niente di che, solo una passeggiata in centro.»
«Niente sesso?»
«Lungo le vie del centro non era possibile.»
«Quando vi rivedrete?»
«Presto. È qui che devi svoltare.»
«Sì, l'avevo capito.»
«Non si sa mai.»
Emilia si finse offesa.
«Guarda che un'autista migliore di me difficilmente la trovi. Dove mi fermo?»
«Un po' più avanti.»
«Va bene, ti aspetto in macchina.»
«Davvero, non importa» le assicurò Oscar. «Dopo posso prendere un autobus, o al più un taxi. Non mi sembra bello farti aspettare per almeno un'ora.»
«Puoi sempre trovare un modo per farti perdonare» ribatté Emilia. «Non saprei, magari possiamo andare a pranzo insieme.»
Oscar le fece un cenno.
«Fermati qui.»
Emilia accostò.
«Allora, ci stai? Va bene il pranzo insieme?»
«Va bene il pranzo insieme» accettò Oscar, «Ma offro io. Mi pare il minimo dopo che hai stravolto i tuoi impegni per me.»
Si guardarono ed Emilia fece un radioso sorriso.
«Non avevo impegni.»
«Allora cosa ci facevi in giro in macchina vicino a casa mia?»
Emilia gli strizzò un occhio.
«A ciascuno i suoi segreti... perché tutti abbiamo dei segreti. Anche tu, ne sono certa.»
Oscar fu scosso da un brivido, ma non lo diede a vedere.
«Ci vediamo, Emilia. Vado a sentirmi dire che sono un fallito che meriterebbe di essere messo alla porta, poi torno.»

 

   
 
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