Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: MollyTheMole    10/12/2022    0 recensioni
Londra, 1934: il crimine di Londra ha un nuovo James Moriarty. Quest'uomo, però, ha una nemesi: il nuovo ispettore capo di Scotland Yard, per il quale ha in serbo una triste ed amara sorpresa.
Londra, 1936: il rinnovato castello sul lago Loch Awe, in Scozia, apre i battenti ai turisti. Il passato, però, è come la ruggine: incrosta ed imprigiona. Gli ospiti del castello si troveranno, loro malgrado, a fare i conti con esso, con l'oscuro futuro ormai alle porte e con lo spettro di un criminale che infesta i loro ricordi.
Genere: Mistero, Noir, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

5.

 

Loch Awe, 6 settembre 1936.

 

Non sarò mai in grado di prendere Gordon Van Allen!

 

La notte non gli aveva minimamente portato consiglio, anzi. Si era girato e rigirato nel letto fino ad avvolgersi nelle lenzuola. La pioggia aveva cominciato a battere, violenta ed improvvisa, contro i vetri della sua stanza, e il vento nella torre ululava come un branco di lupi. 

Incredibile. Il giorno prima era stata una bellissima giornata di sole e in meno di ventiquattro ore il tempo era cambiato e si era trasformato in una buia notte invernale.

Bentornato in Inghilterra, William

Il capitano era stato tormentato da terribili incubi. Non appena era riuscito a chiudere occhio, si era ritrovato in un vicolo buio e denso di nebbia. Un uomo senza volto e coperto di sangue si era scagliato contro di lui, mentre una donna dai capelli rossi, disperata ed in ginocchio per terra, non faceva altro che urlargli contro di averlo ucciso, e tutta una serie di altre colpe che lui cercava di razionalizzare, ma che emotivamente sentiva come sue. 

L’eco del suo l’hai ucciso tu! ancora risuonava nella sua mente, mentre cercava di indursi ad attaccare le sue uova.

Aveva provato a convincersi che una certa rossa della camera al primo piano non c’entrava nulla e che quella era soltanto la sua coscienza che lo redarguiva per tutto ciò che il suo lavoro lo aveva spinto a fare nel corso degli anni.

Inutile dire che non c’era riuscito. 

Considerato che non c’era stato verso di dormire, il capitano si era alzato prestissimo, in preda ai morsi della fame nonostante avesse mangiato molto la sera precedente. Si era vestito ed aveva pregato che i signori Smith fossero svegli, per poter mettere qualcosa sotto i denti. 

- Ho una fame che non ci vedo.- aveva detto dopo aver bussato alla porta delle cucine, con i suoi migliori occhi da cucciolo. Emily Smith non aveva resistito, lo aveva fatto accomodare e gli aveva servito uova, pancetta, pane tostato imburrato a puntino e una tazza bollente di English Breakfast, assieme ad una indicibile varietà di panini, marmellate e cereali. Fece anche la conoscenza della graziosa figlia dei signori Smith, Serena, una simpatica creatura dagli occhi verdi brughiera e dai capelli coloro dell’ebano. 

Mentre il suo cervello cominciava a macinare le sostanze nutritive che gli stava procurando e pur di non pensare al suo lavoro, William provò a mettere insieme, di nuovo, tutti i pezzi del puzzle che Danielle gli aveva offerto su un piatto d’argento la sera prima. 

Era davvero una storia complicata. Gordon Van Allen aveva infiltrato Jeremiah Cole, con il nome di James Mill, allo scopo di ottenere informazioni su Scotland Yard o su di lei? L’omicidio di Eric Nicholson era stato un tragico incidente, oppure si era trattato di un omicidio premeditato? Che ruolo aveva avuto il questore Somerset nella dipartita di quel poliziotto? Aveva solo approfittato degli eventi per cacciare Danielle da Scotland Yard?

Dalle finestre poteva percepire il fresco dell’alba ed osservò le splendide nubi cristalline sopra Loch Awe. La vista aveva un poco calmato la sua mente irrequieta, ma non il suo stomaco.

Così, quando arrivò l’ora di colazione, il capitano era già bello ristorato, e decise di sedersi comunque a tavola ad attendere l’arrivo dei vari commensali e socializzare un poco. 

Eventualmente, anche per servirsi una seconda volta.

Era consapevole che si trattava di una scusa razionale per attendere solo una di loro, ma era ben felice di assecondare quell’istinto. 

La signora Rogers - non richiesta, ma sempre presente - si era seduta a mangiare in disparte, l’aria improvvisamente diversa dal solito cipiglio brontolone che sfoggiava sul volto. Sembrava quasi spaventata, fragile e ferita, una foglia nel vento, mentre si guardava intorno inzuppando biscottini nel tè. L’aria sembrava spaccarsi attorno a lei e farle posto, lasciandola come sospesa nel vuoto. 

Il capitano non aveva mai visto nessuno emanare così tanta solitudine. Si chiese quale potesse essere la storia di quella donna, così strana e così sola, che cosa, nel corso della sua vita, l’avesse portata a diventare quello che era diventata. Considerata la sua personale esperienza, se ne era fatto un’idea, ma piuttosto che fare illazioni aveva preferito tenersene fuori. 

Le persone come lei avevano già sofferto abbastanza senza che lui le facesse ricordare l’orrore che aveva passato. 

La sua attenzione fu però catturata dall’arrivo della giovane Estravados, in un simpatico completo rosa e una nuvola di sfavillanti capelli neri. La salutò con un educato cenno del capo e la invitò a sedersi a tavola.

- Sa, i signori Smith sono davvero degli ottimi padroni di casa.- le disse, mentre Mercedes si sedeva davanti a lui con un leggero rossore sulle guance. - Le consiglio la crostata. Una delle più buone che abbia mangiato negli ultimi tempi.-

Mercedes si servì abbondantemente, pensierosa.

- Lei non mangia, senor?- 

- Ho già dato questa mattina presto, ma se proprio desidera, le faccio compagnia con un pezzo di crostata.-

Mercedes attaccò il suo piatto con grinta, come se non mangiasse da giorni. Al capitano quel genere di comportamento era sempre piaciuto. Era cresciuto in una casa dove si mangiavano porzioni piccolissime che costavano quanto l’ira del Padreterno e in cui le ragazze erano sempre a dieta, anche se non ne avevano bisogno. Vedere una bella signorina come Mercedes mangiare di gusto faceva soddisfazione anche a lui, che era già sazio. 

- Mi dispiace, ma la cucina inglese non me gusta.- sentenziò, pulendosi il viso con il tovagliolo e mangiando le ultime briciole che aveva nel piatto.- Le uniche cose che mi piacciono sono i dolci e il salmone scozzese.-

- Credo che abbia ragione. Ho sviluppato una profonda passione per la cucina mediterranea, durante i miei viaggi. Dopo aver assaggiato un ragù di cinghiale italiano o una paella spagnola i pasticci di rognone non piacciono più!- disse sorridendo, e Mercedes non potè fare a meno che approvare.

Tuttavia, il capitano aveva la sensazione che quella conversazione non fosse del tutto casuale. La ragazza lo aveva individuato subito, come se lo stesse appositamente cercando, ed anche in quel momento William aveva la sensazione che stesse prendendo tempo. 

- Così lei è stato in Espana?- pronunciò la parola con una inflessione particolare, che al capitano era sempre piaciuta.

- E’ una parola grossa. Sono rimasto ancorato per un po’ di tempo in porto a causa di un problema ai motori. Non ho visto granché.-

La ragazza sbatté le lunghe ciglia con eleganza, ma i suoi grandi occhi scuri dardeggiavano, intelligenti

- Questo è quello che le è stato detto di dire?-

Ovviamente. Non c’è motivo di mettere il segreto di Stato su una nave con i motori rotti. Lo aveva fatto presente a suo tempo, ai suoi superiori, ma evidentemente la cosa non era interessata loro poi più di tanto. Vivevano in un mondo tutto loro, dove esistono gli ordini e l’obbedienza, e non le domande. 

Quelle, quando ci sono, si aggirano. 

Mercedes, però, era sveglia, ed anche parecchio. Il capitano sorrise sornione ed allargò le braccia, come a dirle che non poteva né confermare né negare quello che avrebbe voluto sapere. 

La ragazza sorrise a sua volta, come se si aspettasse quella risposta. 

- Non è un problema, capitano.- Poi, lo guardò dritto negli occhi nocciola, facendolo sentire piccolo piccolo in quel mare nero come la pece. - Abbiamo tutti dei segreti, qui.-

Il capitano ponderò per un secondo le sue parole, perplesso. Tutto quello che Mercedes gli era sempre sembrata era una graziosa ragazza in vacanza con il suo vecchio zio adottivo, ma quell’affermazione gli aveva fatto sorgere dei dubbi. 

Altro che vacanza! La sua permanenza in Scozia si stava rivelando una vera e propria miniera di informazioni, e purtroppo anche un passatempo non troppo rilassante per il suo cervello già stanco. Cominciava ad avere la sensazione che, alla fine di quella vacanza, avrebbe avuto bisogno di farne un’altra per riposarsi dalla prima. 

Mentre continuava a sorridere a Mercedes, spostò lo sguardo su Danielle Peters, che scendeva le scale agilmente, forse grazie all’aiuto dei pantaloni color crema, con l’aria di essere una persona molto più felice rispetto alla sera prima. Salutò con rispetto e la donna automaticamente si sedette assieme a loro, addentando senza nemmeno imburrarla una fetta di pane tostato.

- Mercedes! Anche tu già sveglia?- le disse, passandole una mano sulle spalle in segno di affetto. 

- Oh, sì. Il capitano ed io stavamo discutendo della cucina inglese.-

Il capitano abbozzò un sorriso.

- Per quel poco che me ne intendo.-

Danielle si riempì il piatto e spazzolò tutto di gusto, come se non avesse mangiato da mesi. Il capitano cominciava a chiedersi se l’aria delle Highlands stimolasse l’appetito, dal momento che gli ospiti dell’albergo sembravano tutti affamati. Ciò che gli premeva di più, però, era scambiare due parole da solo con Danielle, dopo la chiacchierata confidenziale che avevano avuto la sera precedente. 

Aveva bisogno di capire se si fidasse di lui, se avrebbe avuto ancora modo di restarle accanto, cosa che voleva più di ogni altra cosa. Gli erano bastate ventiquattr’ore per invaghirsi di lei, e la prospettiva che Danielle non volesse più rivolgergli la parola lo turbava nel profondo. 

- Non avevo così fame da tempo.- disse soddisfatta dopo essersi pulita la bocca.

- Dunque, oggi che programmi avete, signorine belle?- disse il capitano, sfregandosi le mani e già pronto per uscire in giardino. - Passeggiatina intorno al lago?-

- Oh, no.- fece Mercedes, scuotendo le mani.- Io torno in camera a studiare.- 

Aveva un modo molto strano di pronunciare la i, quasi come se fosse una e, che il capitano apprezzava molto. Le conferiva un’aria esotica e la rendeva simpatica.

- Che cosa, se posso chiedere?-

-Studio lingue straniere. Sono venuta a trovare il mio amigo dottor Dietrich per poter migliorare il mio inglese. Adesso devo leggere Shakespeare. Riccardo Terzo.-

- Ottima scelta! Una delle mie preferite.- fece Danielle, il sorriso sulle labbra.

Si rese conto che i due la stavano guardando curiosi, non aspettandosi la sua passione per il sommo poeta inglese. 

- Sono nata a Stratford upon Avon, a scuola ci facevano recitare alcune opere di Shakespeare.-

- E come andava?- chiese curioso il capitano.

- Per me, male.- fece Danielle, sorridente.- La recitazione non ha mai fatto al caso mio.-

- Per lei, invece, Danielle?- azzardò William con gli occhi bassi, sperando di non ricevere un pugno sul naso.- Passeggiatina?-

La donna comprese che William stava cercando di restare solo con lei e di concludere la discussione che avevano avuto la sera prima. 

- Perché no?-

Ci aveva pensato, quella mattina. Si era svegliata, gli occhi fissi sul soffitto come la sera precedente, ma una sensazione di leggerezza sul cuore che non provava da tempo.

Danielle era una donna intelligente, con delle notevoli capacità introspettive. Era facile per lei entrare nella mente degli altri, lo era sempre stato. Se, però, riusciva a capire se qualcuno soffrisse d’ansia soltanto osservandogli le scarpe, non era mai stata capace di fare lo stesso su di sé. Il suo carattere era l’ostacolo più grosso. Non riusciva mai ad ascoltarsi, a capirsi fino in fondo, così, quella mattina, aveva deciso di provare a fare l’opposto di ciò che faceva sempre ed aveva provato a comprendere come si sentisse. 

Ferma sul letto, aveva avuto modo di elaborare tutto ciò che era accaduto il giorno prima, a cominciare dal suo arrivo ad O’Brennon Hall, ed aveva concluso che, per quanto fosse stato uno dei giorni più duri della sua vita, non era andato poi così male. Era convinta di essere detestabile agli occhi di tutto e di tutti, ed invece aveva trovato diverse persone che la apprezzavano. Il dottor Dietrich le aveva attestato la sua stima, Mercedes stava benissimo in sua compagnia e il capitano Collins sembrava essersi preso una gran bella cotta per lei. Persino il signor Kendall - per quanto inopportuno fosse stato il suo intervento - e il maggiordomo sembravano ammirarla, per non parlare del buon vecchio professor Moore, ed era qualcosa a cui lei non era più abituata da tempo. 

A parte Carl Northwood - che però le era parso di intendere che fosse sempre di animo scontroso e violento - e Mariah Rogers, che non sembrava starci tutta con la testa, il bilancio non poteva che essere positivo. 

Inoltre, come aveva avuto modo di comprendere la sera precedente, il fatto che il capitano Collins fosse nello stesso edificio in cui alloggiava lei rappresentava una incredibile opportunità per chiudere per sempre la porta del suo passato, farvi luce una volta per tutte. Certo, non sarebbe stato semplice, però ne sarebbe valsa la pena. 

E lei? Aveva ancora intenzione di volersene andare quel pomeriggio stesso?

Al momento, propendeva per un no. 

Inoltre, l’insistenza del capitano poteva essere molto produttiva. Parlare con lui durante una gita nelle Highlands le avrebbe chiarito definitivamente le idee, anche se per un secondo aveva pensato di chiedere al giovane Kendall di accompagnarla, in modo da soddisfare la sua curiosità in materia di diritto penale. Tuttavia, in quel momento, seduta a tavola con William, l’idea di avvicinare il giovanotto non le era nemmeno passata per l’anticamera del cervello, ed aveva acconsentito senza battere ciglio. 

In men che non si dica, si trovò fuori al fianco del capitano, in quella bella e rara giornata soleggiata. Soltanto qualche nube dall’aria minacciosa all’orizzonte ricordava loro che la pioggia non era ancora del tutto passata, e che quella parentesi di sereno era soltanto passeggera. Un refolo di vento sembrava presagire il cambiamento atmosferico, e il capitano sollevò il bavero della giacca per evitare che l’aria si insinuasse fin sotto i vestiti. 

Danielle, dal canto suo, attentissima a dove metteva i piedi, stava cercando di non fare una pessima figura e sfracellarsi al suolo, mentre il suo compagno sembrava incredibilmente divertito dalla sua premura.

- Sa, si dice che più giù della terra non si possa andare, quando si cade.-

- Anche la terra per me è sufficiente, grazie, William.-

- Se posso permettermi…-

- Ho scelto le scarpe sbagliate. Me ne sono accorta.- brontolò, cercando di combattere con le zolle erbose e la suola di cuoio delle sue scarpe francesi. 

La riuscita della sua impresa però non fu ottimale, perché mise un piede in fallo e dondolò pericolosamente, in equilibrio su una gamba sola, prima di recuperare la stabilità.

- No, va bene, è stata una scelta pessima.-

Il capitano decise di osare e le offrì la mano. Era già pronto per un secco so cavarmela da sola grazie tante, quando la donna gliela strinse e lasciò che la sorreggesse almeno nel passaggio che le risultava più difficile. Sentì una grossa farfalla librarsi in volo dalle parti dello stomaco, e si chiese se non si stesse innamorando sul serio. 

Comprendendo che il pericolo era scampato, William pensò che sarebbe stato corretto lasciarla camminare da sola, ma con sua grande sorpresa, Danielle gli passò un braccio sotto il suo, continuando a guardare per terra più per non fissarlo negli occhi che per il bisogno di controllare i suoi passi. Il capitano, anche se preso alla sprovvista, non si fece sfuggire l’occasione e trattenne il suo braccio. Poi, traendo un profondo sospiro, cercò di condurre la conversazione dove voleva che arrivasse.

- Vorrei scusarmi con lei per ieri sera. E’ stata una lunga serie di indelicatezze nei suoi confronti, da parte di ogni membro della comitiva. In particolare il giovane Kendall è stato incredibilmente inopportuno.-

Danielle fece spallucce, l’aria noncurante.

- E’ giovane ed appassionato di cronaca, è normale che commetta errori. Non gli porto rancore. Mi stupisce però che frequenti la facoltà di legge. Mi sembra più portato per il giornalismo d’inchiesta che per il diritto.-

Il capitano aggrottò le sopracciglia, cercando di dare un senso a tutti i dubbi che lo avevano assalito fin dalla mattina presto. In particolare, ce n’era uno che l’aveva lasciato proprio perplesso, e per quanto ci avesse rimuginato sopra durante la sua notte quasi insonne, non era riuscito a trovare una spiegazione plausibile. 

- Posso chiederle una cosa, Danielle?-

- Naturalmente.-

Deglutì, sperando di scegliere bene le parole. Non aveva di certo intenzione di causare un’altra esplosione come quella della sera prima.

- Non che voglia tornare sull’argomento, ma ieri sera ha detto una cosa che mi ha lasciato sinceramente di stucco. Come fa a sapere che la squadra che aveva richiesto era arrivata da Tarragona, esattamente?-

Sul volto della donna si stese un sorriso furbetto.

- Oh, molto semplice. Si tratta di una missione sotto segreto di Stato, e il che significa che c’era qualcosa di importante che dovevate tenere sotto controllo, forse più importante di quanto credevamo all’epoca. Persino le nostre comunicazioni erano controllate, e non sono mai riuscita a scoprire dove tu fossi ancorato. Credimi, ci ho provato - gli disse, dondolando la testa come se stesse confessando un piccolo reato.- ma avete fatto un ottimo lavoro. Inoltre, la Marina ha detto che la vostra nave aveva avuto un guasto nel Mediterraneo, e che vi eravate ancorati al porto più vicino per delle riparazioni. Ha anche detto che si era trattato di un guasto ai motori che vi ha tenuto fermi per molto tempo. Ora, a parte il fatto che nessuna nave sta ferma in porto per anni per via di un guasto, di per sé mettere il segreto di Stato su una nave in riparazione non ha senso. Volendo comunque perderla per buona, in quel caso avreste avuto bisogno di numerosi mezzi di sostentamento, dal carburante per la nave ai pezzi di ricambio per il motore, per non parlare poi dei viveri per i vostri marinai. Essendo una missione segreta, probabilmente avreste avuto bisogno anche di tutta una serie di mezzi di comunicazione, e i contatti con altre navi inglesi devono essere stati assolutamente limitati. Avevate bisogno di un porto grande, con numerose risorse. Escluse quindi le varie città minori, quelle sull’Atlantico per ovvi motivi, e Madrid, che non ha sbocchi sul mare, l’unica che resta è Barcellona, e il porto di Tarragona è il più vicino.-

Il capitano sbatté le palpebre, senza sapere che cosa dire.

Avrebbe dovuto riferire a Morris che la loro copertura era stata una mezza disfatta?

- Vi siete prodigati così tanto per nascondere le tracce, che ne avete create di evidenti. Questa, poi, era solo la via più difficile. Ce n’è anche una più facile, sai?-

Pure?

- Ah, davvero? E qual è?-

Danielle rise divertita. 

- Chiedere agli uomini che mi hai mandato.-

Giustamente.

- Che domando a fare?- fece il capitano, ridendo.- Prova semplicemente che non mi ero sbagliato sul suo conto, nemmeno a suo tempo.-

Danielle sentì le guance colorarsi leggermente. 

- Sei stato uno dei pochi, evidentemente. E’ un merito che non ti nego.-

Continuarono a camminare in riva al lago, in silenzio. Era così bello, così trasparente e così brillante. Danielle poteva scorgere le rocce che lentamente digradavano verso il fondale, profondo e buio. Si chiese se fosse troppo freddo per poterci fare il bagno, e si chiese fin dove si spingesse, giù in profondità, ed immaginò che procedendo verso il basso sarebbe potuta arrivare fino al centro della Terra. 

Ah, Verne. Avrebbe dovuto rileggerlo, una volta a casa.

- Immagino che non sia stato facile.- fece il capitano, sperando di non essere indiscreto così tanto da meritarsi quel famoso pugno sul naso.- Voglio dire, un caso risolto, certo, però la difficoltà di una perdita così grande, il giudizio delle persone, la cattiveria, sono tutte cose molto difficili da gestire. Devo ammettere che è stata molto brava. Qualcun altro al posto suo avrebbe completamente perso la lucidità.-

Danielle lasciò che lo sguardo vagasse sull’acqua cristallina del lago. Sicuramente era troppo freddo per i suoi gusti, altrimenti si sarebbe volentieri tuffata per fare un bagno. 

- Ho rischiato di perderla, più di una volta, e più di una volta sono stata convinta di averla persa. Forse, non sono nemmeno riuscita a recuperarla del tutto, persino in questo momento. Per quanto riguarda il caso, invece, non c’è assolutamente niente di risolto. Jeremiah Cole era solo la punta di un iceberg troppo grosso per essere scoperto senza una testimonianza diretta, e, considerato che è morto, la possibilità di riuscirci è ridotta ai minimi termini. Per non parlare poi del fatto che, prima di morire, avrà sicuramente spifferato tutti i metodi di indagine di Scotland Yard a Gordon Van Allen. Ormai, sa come lavorano. Per prenderlo ci vorranno anni, e forse non ce la faranno mai.- 

Poi, la donna sospirò, come se un dolore sordo fosse risorto dalle profondità del suo cuore.

- Non sarò mai in grado di prendere Gordon Van Allen!-

Il capitano non aveva mai avuto bisogno di vendicarsi. Non sapeva provare rancore, nemmeno per il suo più acerrimo nemico. Fu però sorpreso di scoprire che ciò che brillava negli occhi di Danielle non era sete di vendetta. Sarebbe stato comprensibile che provasse quel sentimento, in un caso come il suo. Sembrava, più che altro, un gran bisogno di giustizia, come se arrestare Van Allen fosse l’unica possibilità per mettere a posto le cose, per evitare che tutto ciò che era successo a lei succedesse di nuovo a qualcun altro. 

- Chi lo sa.- fece il capitano, cercando di tirarla su di morale.- Non tutto è perduto!-

Danielle apprezzò il tentativo, ma da tempo, ormai, aveva preso la sua decisione. 

- Anche se fosse, non ho intenzione di rimettere piede a Scotland Yard. Quella parentesi, per quanto bella, è chiusa da un pezzo, ormai.-

L’ora di pranzo si stava avvicinando, ed i due decisero che sarebbe stato meglio tornare verso il castello per tempo, così avrebbero avuto modo di chiacchierare ancora un po’ prima di mangiare. 

Fu a quel punto che il capitano decise di togliersi un ultimo sassolino dalla scarpa, un tarlo che lo aveva perseguitato da quella mattina.

- Danielle, scusi se chiedo, ma la sua amicizia con la signorina Estravados, come è nata?-

La donna aggrottò le sopracciglia, pensierosa.

- L’ho conosciuta in treno. E’ una ragazza solare, di grande talento.-

- Non ha avuto la sensazione che ci fosse qualcosa in lei? Qualcosa di diverso?-

Questa volta la donna lo guardò con una luce sorniona negli occhi e un sorriso malizioso sul viso.

Tutto sommato, lei e il capitano si intendevano davvero, ed abbastanza bene, anche. 

- Se trovo sospetto che una giovanissima spagnola che studia lingue sia amica di famiglia di un tedesco purosangue che ha sempre vissuto di medicina? Naturalmente. Se trovo sospetto che una spagnola e un tedesco vengano proprio in Scozia per migliorare l’inglese? Altrettanto. Sono due persone che non condividono niente, nemmeno la lingua, almeno in apparenza. E poi, mala tempora currunt. Sicuramente, se me lo chiedi, devi aver trovato qualche indizio che ti ha convinto di questo.- 

Non sapeva se fosse tutto merito di William o meno, ma in quelle poche ore che aveva trascorso in sua compagnia aveva sentito risvegliarsi in lei l’istinto di caccia, quella che l’aveva spinta a diventare ispettore. Un istinto che aveva erroneamente ritenuto sopito da tempo, perduto come molte altre emozioni che aveva provato una volta e che adesso sembravano annebbiate, coperte da un velo che le impediva di vedere correttamente. 

Danielle Peters, la volpe, era ancora lì da qualche parte, come ferro sotto la ruggine, ed adesso cominciava a fare nuovamente capolino, a svegliarsi dal suo torpore.

Quanto le piaceva quella sensazione. 

- Mi ha fatto parlare della mia missione in Spagna, per poi aggiungere che non sono l’unico ad avere dei segreti, qua dentro.-

Ah, quella sì che era una notizia!

Una luce brillantissima si accese negli occhi della donna.

- Ah, interessante. Davvero interessante.-

William cercò di cogliere la palla al balzo. Se avesse potuto trascorrere tutta la vacanza con lei, in sua compagnia soltanto, sentiva che sarebbe stato l’uomo più felice del pianeta. 

- Potremmo indagare insieme.- azzardò, tenendole stretto il braccio anche con l’altra mano libera, mentre l’albergo torreggiava sopra di loro ed era pronto ad accoglierli per il pranzo. 

Danielle sogghignò, cogliendo con celia malcelata le implicazioni della proposta del capitano.

- Perché no. Potrebbe essere divertente. La risposta corrisponde alle tue aspettative, William?-

Questa volta fu il turno del capitano di ghignare.

Anche lui aveva i suoi assi nella manica.

- Non avevo dubbi, Danielle. Non so se si è resa conto, ma mi sta dando del tu da un pezzo, ormai.-

La donna aprì la bocca per rispondere e la richiuse, senza parole. 

Questa volta l’aveva presa con le mani nella marmellata, decisamente.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: MollyTheMole